La solitudine di una caffeinomane
La
solitudine di una caffeinomane.
Storia
di folletti e caffè.
Lungimirante: di persona dotata di
penetrazione, saggezza ed apertura
nei confronti dei futuri sviluppi di una
situazione.
Dal dizionario della
lingua italiana.
Giona infilò le mani nel cespuglio di rovi e si
fece spazio, per spiare oltre. Il tintinnare gentile sentito dal sentiero che
passava tangente alla villa lo aveva attirato fin lì. Fra le more ancora acerbe
intravide un giardino coperto di piante di fragoline di bosco. Strabuzzò gli
occhi e si portò le mani graffiate al viso, pizzicandosi la guancia. Le fragole
erano ancora lì, rosse come le ferite sulle sue mani. Erano così tante che le
lumache, voraci e insaziabili, ciondolavano loro attorno nell’attesa che la
fame tornasse.
Alla fine del giardino poteva intravedere una villa, dai muri coperti
d’edera. Il portico si protendeva verso il campo di fragole come una trapunta
su un letto in inverno. Giona alzò lo sguardo e scoprì la provenienza del
tintinnio: lungo tutto il portico correva una fila di cucchiaini da caffè
appesi, uno affianco all’altro, ad uno spago; alla minima brezza cozzavano fra
loro producendo un suono simile alla risata di un folletto.
Il sole aveva passato la metà del suo percorso e
Giona decise che era il momento di fare merenda. Allungò le manine grassocce
oltre i rovi nel tentativo di afferrare una fragola quando una voce lo fermò:
«Ehi, tu, bambino, non toccare le mie fragole»
esclamò la vocina, squillante. Giona allargò ancora di più i rovi e spiò con
attenzione. Sotto il portico, seduta al tavolo, stava la bambina più grassoccia
che avesse mai visto e reggeva in mano una tazzina fumante.
Giona provò a nascondersi, ma ormai era stato
visto. Così si alzò in piedi, si spolverò le ginocchia, e guardò verso la
bambina. «Guarda quante fragole hai! Non riuscirai mai a mangiarle tutte.»
«Oh, non ho nessuna intenzione di mangiarle»
rispose lei, girando il cucchiaino nella tazzina e soffiandoci dentro.
«Ma allora…»
«Quelle fragole sono per le mie lumache» disse.
Giona abbassò lo sguardo, appena in tempo per vedere una lumaca adagiarsi sopra
una piantina fino ad inglobare la fragola.
«E’ molto stupido.»
«Oh no, non lo è affatto» ribatté lei. «Tuttavia,
riconosco che sia scortese non offrirti nulla quando è chiaramente ora della
merenda. Quindi entra e siediti con me.»
Giona, ancora timoroso, esitò. Si fece largo fra
i rovi e alzò il piede. Mentre lo abbassava, le piante di fragole si
discostarono, aprendo un sentiero. Giona appoggiò il piede, poi sollevò
l’altro e poi lo riabbassò e così via, fino a che non raggiunse la bambina
sotto il portico. Da vicino poté vederla meglio: era davvero grassoccia,
infilata in un vestito verde che non copriva le gambe bianche come due caciotte.
Non calzava scarpe e le dita dei piedi si muovevano come funghetti. Aveva gli
occhi grigi e il capo era coronato da un cappello dello stesso colore del
vestito. I capelli castani uscivano a ciocche.
Si sedette sulla sedia si fronte a lei e dondolò
le gambe. Gli allungò un vassoio colmo di pasticcini alla crema. «Come ti
chiami?»
«Giona» rispose lui.
«Io mi chiamo Lungimirante» rispose lei,
avvicinando le labbra alla tazzina.
«Ma…non è un nome da bambina.»
«Infatti io non sono una bambina» disse lei,
posando la tazzina con stizza.
Giona scosse la testa: «E allora cosa?»
«Io sono un folletto.»
A Giona venne da ridere. «I folletti non
esistono.»
«Se i folletti non esistessero ora io non sarei
davanti a te e tu non staresti per mangiare le mie paste alla crema.»
Giona esitò. Si schiarì la voce e chiese: «E ci
sono altri folletti come te, Lungimirante?»
«Come me no, Giona. Ce ne sono di diversi, ma
come me proprio no. Come me ci sono solo io» disse scotendo la testa.
«E non ti senti sola?»
«Non sono sola» disse lei. «Con me vive il
giardiniere: Occasione.»
«E dov’è?» chiese Giona curioso.
«E’ lì, in mezzo al campo. Sta curando le mie
piante di fragole.»
Giona si voltò e scrutò il campo in lungo e in
largo: «Ma non c’è nessuno!»
«C’è, ma tu non lo puoi vedere» disse
Lungimirante. Avvicinò di nuovo la tazzina alle labbra ma poi esitò.
«Non ce l’hai una famiglia?» chiese Giona.
«No.»
«E non ti senti sola?»
«A volte. Ma con me c’è sempre Occasione.»
Spinse ancora verso di lui il vassoio: «Assaggiane uno.»
«Non mi va» rispose lui. «Vorrei delle fragole.»
«Non si può. Te l’ho già detto: non sono per
te quelle fragole.»
«Ma…»
«Niente ma…sorseggia un po’ di caffè, allora»
disse, spingendo verso di lui una tazza, un cucchiaio ed una caffettiera
fumante.
«La mamma dice che non posso bere il caffè»
disse Giona. «E neppure tu potresti berlo.»
Lungimirante sorrise e alzò lo sguardo verso un
mondo che poteva vedere solo lei. Si morse le labbra e quando parlò sembrò sul
punto di piangere: «Grazie al caffè riesco ad andare avanti. Se io non lo
bevessi mi addormenterei e se io mi addormentassi scoprirei quanto sia bello
dormire e dimenticare questa lancinante solitudine che ogni giorno mi attanaglia
sempre di più, come l’edera che attanaglia la mia villa. Se mi addormentassi
una volta non desidererei mai più svegliarmi. Piccolo Giona, tieni bene a mente
le mie parole: dal momento in cui nasci al momento in cui muori sarai solo; il
segreto sta nel trovare un trucco, uno stratagemma per tirare avanti. E il mio
è il caffè.» Spinse ancora di più verso di lui la tazzina e la caffettiera.
Giona si alzò di scatto. «Bevi.»
«No!» gridò. «Lo so, hai fatto qualche
maleficio al tuo intruglio. Io lo berrò e sarò per sempre tuo schiavo o morirò
o…»
«E non è forse questo che più di ogni altra
cosa puoi agognare?» parlò atona Lungimirante. Si alzò sulla sedia, salì sul
tavolo e prese il cucchiaino dalla tazzina. Lo leccò con un piacere perverso
negli occhi e lo appese ad uno degli spaghi, ancora libero. Giona approfittò
del momento di distrazione e cominciò a correre verso il giardino. «Hai fame,
non è vero, Giona?» disse lei.
Il bambino non si fermò e continuò a correre.
Cadde, rotolò fra le piante di fragole, che si richiusero sopra di lui.
«E’ ora di merenda, non hai toccato nulla. Di
sicuro avrai fame» disse, serrando il nodo che avrebbe legato il cucchiaino.
Giona vide intorno a sé nient’altro che
fragole, fragole ogni dove. Allungò la mano, con stanchezza, arrancò fino ad
un frutto rosso. Lo portò alla bocca e masticò e deglutì. E prese un altro
frutto e masticò e deglutì. E così via fino a che tutte le sue mani non si
furono macchiate di rosso. Cominciò a piangere ed anche le sue lacrime si
fecero rosse.
«Te l’avevo detto che non potevi mangiarle»
mormorò lei, scendendo dal tavolo. «Occasione, occupati di lui» disse.
Occasione, trascinandosi dietro la scia di bava,
si avvicinò a lui con la lentezza che si addice agli animali della sua specie.
Il corpo di Giona era stato sostituito dalla
viscida figura di una lumaca, già sporca di fragole. Occasione si avvicinò a
lui e mosse le antenne nella sua direzione.
«Ora sì. Ora può mangiare le fragole del mio
giardino» disse Lungimirante e si sedette.
Prese in mano la tazzina di caffè e scosse la
testa con tristezza. «Alla fine anche tu hai ceduto. Peccato, mi sarebbe
piaciuto avere un amico. Ma che ci posso fare: è nel destino degli umani
bramare il proprio male. Nessuno di loro comprenderà mai le mie ragioni.»
Sorseggiò finalmente il suo caffè e si leccò le
labbra soddisfatta. La brezza fece tintinnare i cucchiaini come fossero i denti
di un bambino che trema. Davanti a lei si formavano infiniti mondi e ciascuno di
essi ne conteneva altrettanti che a loro volta fluivano nei primi, senza regole,
senza alcuno schema. Chiuse gli occhi estasiata.
Nessuno poteva capire la solitudine di una
caffeinomane.
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Erano tre anni che desideravo scrivere un racconto
su delle fragole avvelenate e un anno che desideravo scrivere un racconto con un
personaggio di nome Lungimirante che coltivava fragole ed allevava lumache e
viveva col giardiniere. Che soddisfazione!
Non cercate significati nascosti in questa storia,
se non una mia totale dipendenza dal caffè.
Ringrazio niobbe88 (Onigiri su EFP) per la
stupenda idea che ha avuto proponendo il concorso per il quale ho scritto questo
racconto. Davvero, mi hai dato l'ispirazione!
I risultati del concorso sono qui --> http://freeforumzone.leonardo.it/discussione.aspx?idd=8732867&p=10
Poi ringrazio tutti quelli che la leggeranno e
commenteranno, la mia shore (MeMedesima) che legge ogni mia cazzata e la mia
compagna di banco (AL) che ha un cugino che si chiama Giona.
Adios!
ireat
PS: non credo esista la parola "caffeinomane"
(almeno sul mio dizionario non c'è, ne ho uno vetusto) ma non credo ci siano
dubbi sul suo significato, no?
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