capitolo 18
eccomi
a voi, dopo una settimana di assenza dal sito, ma purtroppo sono stata
fuori casa per la gran parte delle mie gironata e a sera ero
troppo stnza per mettermi al pc. Poi ho voluto revisionare al meglio il
capitolo, perché è quello finale, e forse il più
importante. Sappiate, come ho già detto in precedenza, che ho
intenzione di dare un seguito a questa ffan-fiction. Sono infatti
già pronti diversi capitoli. Questo è un po' lunghetto,
un po' tanto a dire il vero, lo so, spero di non annoiarvi troppo...
buona lettura e ci sentiamo a fine capitolo! Ricordatevi di lasciare un
commento!!! Vi voglio numerosissimi!!!
Capitolo 18 - Finale
P.O.V. Kristen
Così Richard mi aiutò ad accomodarmi … è incredibile come la
conoscenza di una sola notizia possa sconvolgere l’intero comportamento di una
persona nel giro di 24 ore! Ecco, mio suocero non era cambiato come il giorno e la
notte, con me è sempre stato gentile, ma avevo l’impressione che le sue premure
fossero aumentate. Non ero però sicura che la gravidanza fosse la reale, o
almeno unica, ragione del suo atteggiamento. Forse si era accorto dei miei
timori, forse Rob si era confidato con lui. Fatto sta che mi invitò a sedere
accanto a lui, con Rob alla mia destra.
Se fossero stati degli angeli custodi, avrebbero certamente ricevuto la
medaglia d’oro .
A capotavola, ovviamente, andò Lei. L’altro capo, pur apparecchiato,
non ospitava nessuno. Cercai, benché fossi decisamente distante, di sbirciare
il segnaposto col nome. “E’ il posto di mio suocero, buon’anima”. Che
maniaca!!! Ha disposto la tavola anche per un morto!!! Roba da matti … o da
innamorati … “erano così uniti, e per lui questa era la festa più importante.
Lei non vuole che lo dimentichiamo in questo giorno di festa!!!” Senza preavviso mi sentii gli occhi lucidi:
poteva esistere un amore tanto grande? Mi chiesi se il mio cuore potesse essere
in grado di contenerne. Forse iniziavo a capire la sua ossessione per Robert,
quel nipote così somigliante al suo bene più grande, che troppo presto l’aveva
lasciata sola. Probabilmente aveva paura di affrontare l’abbandono, di nuovo. O
forse, peggio ancora, aveva subìto l’annuncio del matrimonio e della mia
gravidanza come fosse un tradimento. Mi sentii quasi in colpa, per un attimo.
Ora che sapevo di più di lei, ora che le avevo letto un po’
nell’animo, il suo sguardo, per quanto impenetrabile, non sembrava essere più
di ghiaccio. Eppure, con il solito savoir-faire, e la solita pienezza di sé ci
invitò ad alzare i calici e brindare al Natale tutti insieme. Sembrava
tollerare abbastanza bene la mia presenza a quel tavolo, così come il gelo
iniziale con il resto della famiglia, con mia somma gioia, sembrava svanito.
Tutti erano premurosi ed attenti con me: che non mi mancasse una portata, che i
cibi fossero di mio gradimento, che non esagerassi con il vino e lo champagne.
Eppure l’atmosfera non era esattamente rilassata. Avvertivo uno sguardo
inquisitore fisso, costantemente, su di me. Una spada di Damocle puntata sulla
mia testa, a giudicare ogni mio singolo movimento. Forse la conversazione di
qualche ora prima costituiva solo la prima parte del mio processo, ed il pranzo
era il vero banco di prova. Al termine, il verdetto. Dunque, ecco spiegati i gesti
di attenzione di tutti. Questo mi rese, come evitarlo, nervosa ed instabile, le
mie mani e la fronte iniziarono a sudare freddo, quasi avessi avuto un febbrone
e la temperatura fosse calata repentinamente. Robert e suo padre si accorsero
del mio malessere perché, per quanto cercassi di tenerlo nascosto, dovevo avere
l’aspetto di una che ha appena visto un fantasma … o forse dovevo sembrare io,
il fantasma!
Non avevo la minima intenzione di dar modo a quell’arpia di
parlare ancora male di me, perché avrebbe significato dare altri pensieri al mio amore, ma la
pressione che mi aveva messo addosso, aveva mandato all’inferno ogni mio
pensiero razionale.
Sentii da sotto il tavolo una stretta forte alla mia mano
destra: quella mano grande, forte e calda l’avrei riconosciuta tra mille.
Cercai il suo sguardo per esserne abbagliata, ma i suoi occhi rimasero discreti
e distanti dai miei, per evitare che le occhiate attente del parentado si
fissassero ancor di più su di me. In più, il mio sesto senso aveva visto giusto:
Rob doveva aver palato davvero con suo padre, il quale cercò di rasserenarmi “Vedrai,
le passerà … “ mi disse. “No, non le passerà, Richard. Tu non l’ hai vista, tu
non c’eri in quella stanza con noi!” “Non sarò stato lì con voi, ma conosco lei
da molto più tempo di te … e credimi, non mi stupirebbe se a fine giornata il
suo umore fosse all’opposto di come sembra essere in questo momento!” “Ma ..” “Niente
ma! Ora ti racconto una cosa. Sai che quando è nato il tuo fidanzato mi ha tenuto
il muso fino al suo primo compleanno?” “Cosa?” domandai, stupita. Ero
totalmente allibita; d’altronde, ero convinta che Rob fosse il suo nipote
preferito: “ … e perché mai?" “Perché era convinta che il nome di suo nipote sarebbe stato
quello che lei stessa aveva stabilito, come era accaduto già per Lizzie. Per
Vicky invece riuscimmo a svincolarci perché le piaceva il nome di mia madre. Ma
per lui … tu sai, ormai, che nella mia famiglia c’è una tradizione ben precisa
da rispettare ”. Allora mi tornò in mente l’avvertimento della sera precedente,
e cioè che i nomi degli uomini della famiglia Pattinson, almeno i primogeniti,
erano trasmessi di generazione in generazione, fissati chissà quanto tempo. Un
lampo mi fece pensare che dovevo abituarmi all’idea di avere nella pancia,
forse, un piccolo Thomas Richard … non mi dispiaceva come nome. In fondo anche
suo padre si chiama Thomas … era incredibile quanto potessi distrarmi
facilmente in gravidanza. Poi tornai in me e a prestare la mia attenzione al
racconto di Richard, che intanto proseguiva: “Era furiosa. Ma ciò che mi stupì
maggiormente fu che la persona che si sarebbe dovuta offendere maggiormente, in
realtà rimase indifferente a tutto quel trambusto.” “In che senso? Chi si
sarebbe dovuto arrabbiare?” “Beh, vedi” sul suo viso nacque un sorriso che mano
a mano si ingrandiva “il nome di Robert doveva essere quello di mio suocero“
fino a sfociare in una grassa risata, anche se non ne capivo il motivo. Robert non
si era mai degnato di dirmi il nome del nonno scomparso. Probabilmente era un
nome talmente antico e curioso, per non dire … improponibile, che povero il mio
amore si era risparmiato una bella condanna per l’eternità. Continuò mio
suocero: “A conti fatti, per come sono andate poi le cose a Rob, gli è andata
proprio bene” “Scusa ma come si chiamava il nonno, io proprio non ti seguo
Richard …” “Possibile che Rob non te l’abbia mai detto?” “Nn,nn” scossi la
testa. Ridacchiò ancora “Beh, mio suocero portava il nome di suo padre, nato
nei primi del Novecento, allora era un nome molto in voga …” ecco, i fatti
stavano avvalorando la mia tesi … già immaginavo qualcosa del tipo Sigmund, Siegfried,
Algernoon, Fitzwilliam … passavo in rivista tutti i nomi più strambi dei
personaggi della letteratura anglofona e provavo ad abbinarli al volto del mio
angelo … come stonavano!!! Intanto mio suocero sogghignava ancora “… Edward!”
Stooooooooop!!!
Il mio cervello subì un’improvvisa frenata. Robert si
sarebbe dovuto chiamare Edward!!!
Fissai mio suocero ammutolita “Mi stai prendendo in giro
vero?” sperai che la sua risposta fosse affermativa, e che scoppiasse a ridere
come al suo solito, compiaciuto dall’espressione che era riuscito a farmi
assumere; ma la sua risposta fu negativa, non era mai stato così serio come in
quel momento. Mi girai verso Rob e lo fissai, impallidita: il nome Edward non
gli stava male, in fondo c’era un Edward in lui, marchiato a fuoco per giunta e
a voler fare una battuta … il sangue di Edward scorreva nelle sue vene … ma non
si trattava più del famoso Cullen. Non potei trattenere un sorriso, e capii
cosa intendeva dire Richard con l’espressione “in fin dei conti gli è andata
bene”: se Edward fosse stato davvero il suo nome, il ruolo di vampiro gli
sarebbe rimasto attaccato addosso per tutta la sua esistenza; i due, persona e
personaggio, sarebbero diventati davvero una cosa sola …
A fine pranzo, dopo aver mangiato il famosissimo e
tipicissimo pudding natalizio inglese, nonna Elizabeth abbandonò il suo posto a
sedere, ordinandoci di non muoverci. Dopo breve tempo, eccola di ritorno. Aveva
con se un vassoio d’argento, con tanti pacchetti regalo, tutti uguali nel
decoro: carta da regalo rossa e fiocco argenteo. Ben aderente al fiocco, ogni
pacco portava con sé un bigliettino, sicuramente con una frase benaugurante al
suo interno. Li consegnò a tutti, ma proprio tutti: ebbene sì, mi incluse nella
sua lista, doveva pur significare qualcosa … la parte più negativa di me, mi
fece balenare in mente l’ipotesi che il regalo altro non fosse che uno scherzo
per prendermi in giro davanti a tutti: ahimè, la ritenevo capace di tanta
cattiveria. Ma la parte che invece vedeva il bicchiere costantemente mezzo
pieno, mi tranquillizzò: suo nipote non glielo avrebbe mai perdonato, quindi
non avrebbe mai azzardato una manovra simile. Il mio pacco sembrava essere più
grande rispetto agli altri, strano! La scatola era quadrata, ma mi tremavano le
mani e così cercai di rilassarmi un attimo prima di scartarlo. Bevvi un sorso
della tisana di tiglio e rose che la zia Jenny mi aveva preparato al posto del caffè:
aveva detto che era una mano santa per le donne in stato interessante, e aveva
ragione. Calda, dal sapore e dal profumo inebrianti, ebbe il potere di
rilassarmi sufficientemente, placando l’impercettibile ma fastidiosissimo
tremore delle mie mani. Intanto sbirciai i regali che aveva fatto agli altri.
Fermagli per capelli impreziositi da cristalli Swarovski per le gemelle Wendy
ed Angela, un ciondolo d’argento alla più glamour Clarissa, degli orecchini di
brillanti a Lizzie, un braccialetto di pelle, impreziosito da perline pendenti,
alla più sportiva Vicky. Non osai guardare oltre; certo non aveva badato a
spese. Vidi però, un luccichio nelle mani di Rob: nella scatola di un
gioielliere facevano bella mostra di sé un paio di gemelli da polso, in oro
bianco, con un brillantino ciascuno. “Mi ero stufata di vederti degli insulsi
bottoni sulle camicie che indossi sui red carpet. Così ho deciso di porvi
rimedio!” spiegò così a Robert il regalo; era sempre molto attenta ai
particolari, bisognava dargliene atto “ e poi guarda che fortunata coincidenza,
sono anche riuscita a farti un regalo adatto per il fidanzamento: questi potrai
indossarli con l’abito del matrimonio, saranno perfetti.” A dire il vero, avrei
da obiettare: Robert è perfetto comunque, con o senza gemelli d’oro ai polsi. La
cosa che più mi sbalordì, fu il sorriso che le vidi stampato sulle labbra: non
più una forzatura, una paresi di circostanza, ma un sorriso vero, dedicato a
quel nipote per cui aveva tanta cura ed apprensione … poi, con mia sorpresa, mi
rivolse la parola per la prima volta
dall’inizio del pranzo “e tu, Kristen, non lo apri il tuo regalo?” il
suo tono di voce non era severo e acido come lo ricordavo; chissà, i dolci che
si era pappata l’avevano ammorbidita … sembrava piuttosto in apprensione, come
se temesse che il suo regalo potesse non piacermi. Abbozzai una smorfia di
consenso, e mi affrettai ad aprire il mio pacchetto. Era una custodia di
velluto nero. Sicuramente anche il mio regalo proveniva, come quello delle
altre ragazze, da una gioielleria. Riprese a parlare, prima che l’aprissi: “Ad
essere sinceri, è un regalo dell’ultimo minuto …” Allora si era ricordata di me
solo perché suo nipote non aveva gradito la sua ostilità: ma come potevo
pensare che le cose potessero essere andare diversamente. Continuò: “ … non
fraintendermi, non voglio dire che ho deciso di farti un regalo solo adesso”
stava cercando di salvare un po’ la faccia, dopo la figuraccia che stava
facendo, si vedeva che arrancava “è solo che ho capito all’ultimo momento che
il regalo che avevo deciso per te mi sembrava troppo poco … avanti, ora puoi
aprire.” Mi guardava con occhi diversi, più attenti, ma anche più dolci. Forse
dovevo darle fiducia, forse quello che mi aveva detto corrispondeva alla verità.
Aprii la custodia e quel che vi trovai andava aldilà di ogni mia aspettativa.
Un meraviglioso filo di perle bianche, a girocollo. Rimasi senza parole. Tanta
la confusione mentale che non mi accorsi del vociare che si era alzato attorno
a me. Di sfuggita intravidi la zia Hailey portarsi una mano davanti la bocca,
come a reprimere lo stupore “Mamma … la collana che ti ha regato papà … quella
del tuo matrimonio?” ... o forse invidia, forse avrebbe desiderato vederla al
collo di sua figlia, Clarissa. Ma lei le rispose per le rime: “Che sposa
sarebbe, senza un filo di perle al collo!” Robert mi guardava soddisfatto, come
se fosse stato certo che quel dono avesse appianato le nostre divergenze. Sperava
forse di comprarmi, di comprarci? A mio modo di vedere era ancora troppo poco,
nonostante il valore che potesse avere quella collana, sia materialmente che
affettivamente. Intanto Rob mi porse il biglietto che accompagnava il regalo;
ero talmente stordita che me ne dimenticai completamente. Si vedeva che era
stato scritto di fretta, perché a differenza degli altri la calligrafia non era
precisa e minuziosa, ed era stata usata una penna normale, anziché la
stilografica, per evitare macchie e sbavature: aveva avuto, quindi, poco tempo
per scriverlo. Forse lo aveva preparato dopo il nostro incontro.
Carissima Kristen,
ti scrivo qui quello
che, per colpa del mio pessimo carattere, non il coraggio di dirti di persona.
Ho cercato il meglio
per mio nipote, ma mi sono dovuta capacitare che la completezza non esiste. Allora
ho tentato di scovare qualcosa che ti rendesse giusta per lui ai miei occhi.
Guardavo … ma non osservavo davvero. Poi
ho capito il mio errore. Mi sono soffermata all’esterno senza esplorare la tua
anima. È stato lì che ho compreso cosa dovessi indagare. Ho scrutato i vostri
occhi, e vi ho visti riflessi l’uno in quelli dell’altro. Ecco il segno: lui ti
ha scelta, cosa potrebbe renderti meno perfetta?
Buon Natale,
nonna Elizabeth
Ero senza parole. Ero felice.
Era davvero tutto finito.
FINE
ANGOLO DELL'AUTRICE
Grazie!!!
Un
grazie di cuore a tutti quelli che nel tempo hanno seguito, chi con
più costanza, chi di meno, la mia prima fan fiction. spero di
essere stata una discreta autrice, di non avervi annoiato troppo, e di
essere degna delle vostre attenzioni, anche per il futuro. Grazie a
chi, indegnamente, ha inserito questa storia tra le sue seguite, e
ancor di più a chi l'ha posta tra le preferite.
Ringrazio
chi, con i suoi commenti , mi ha dato preziosi consigli o ha esternata
le sue emozioni ed impressioni. Non avete l'idea di quanto sia
importante tutto questo per un autore. E' motivo di crescita, di
miglioramento. E' tensione positiva, come dico io.
arrivederci alla prossima storia, e mi raccomando...commentate numerosi!!!
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