Nota ~ Da quando ho
visto Avatar, un film che mi ha veramente colpita, ho deciso che dovevo
assolutamente essere la prima (almeno qui) a scrivere una fan-fiction
su Tsu'Tey. Tsu'Tey è il mio personaggio preferito,
nonostante ovviamente ami anche Jake e Neytiri. E' coraggioso e leale,
ed è in grado di mettere da parte l'orgoglio quando
necessario. Guardando in giro per internet in cerca di informazioni in
più su questo personaggio fantastico, mi sono imbattuta
nelle famose "scene tagliate" ed ho così scoperto che quella
che vediamo durante il film non è la vera morte di Tsu'Tey.
C'è una scena ulteriore, più avanti, ed io ho
deciso di decscriverne una a modo mio prima di vederla realizzata
(credo
che la includeranno nel DVD, quindi probabilmente non sarà
un mistero XD). Comunque, quello che racconto non è l'evento
completo ma solo una parte. Non voglio dare per scontato che Tsu'Tey
sia morto perché non sono ancora certa di voler interrompere
qui la storia. Se mi dite che vi è piaciuta, la potrei anche
continuare... ~ minaccia XD.
In ogni caso, le parole in corsivo sono in Na'vi (ve le traduco
infondo, tranquilli XD) e le frasi tra ‹ questi
› sono anche quelle
in Na'vi (ma non sapendo come tradurle dovrete immaginarlo XD). Adesso
non mi resta che augurarvi buona lettura e... ah, il "marine" di cui
parlo è Lyle Waynfleet, quello pelato che si vede
ogni tanto assieme a Quaritch. E' effettivamente lui a compiere le
azioni che descrivo, quindi ho cercato di mantenermi il più
"canon" possibile con la descrizone dei fatti reali. ^^"
Enjoy ~
Tsu'Tey osservava la foresta molti metri sotto di lui,
ascoltando il clangore metallico delle macchine umane che avanzavano e
distruggevano qualsiasi cosa si parasse sul loro cammino. Il vento
scompigliava i suoi capelli raccolti in una miriade di piccole trecce
secondo l'usanza dei Na'vi,
emettendo un sibilo sordo ogni volta che sfiorava le ali dell'Ikran.
Era tardi: troppi guerrieri erano già caduti, i loro corpi
abbandonati tra gli alberi e dilaniati dall'infuriare della battaglia.
Le creature venute dal cielo possedevano armi potenti, capaci di
spazzare via un esercito di cavalieri in un colpo solo; tuttavia, non
avevano il favore di Eywa.
Spronando il suo Ikran,
Tsu'Tey socchiuse gli occhi nel tentativo di mettere a fuoco quello che
stava accadendo proprio di fronte a lui, molti metri più
avanti.
Un gigantesco velivolo militare stazionava poco lontano da una delle
montagne fluttuanti, apparentemente immobile ed in attesa. In
realtà, attraverso il portellone spalancato si scorgevano i
minuscoli esseri umani – dall'aspetto così
fragile, a giudicarli con una prima occhiata – che si
affrettavano ad ammassare una pila di oggetti indefiniti su quella che
sembrava una pedana di lancio.
Senza pensarci due volte Tsu'Tey si lanciò verso il
velivolo, flettendo i muscoli delle gambe mentre si chinava sul dorso
dell'Ikran
per acquistare velocità. Con la mano destra stringeva il suo
arco; la sinistra si mosse verso la faretra che portava sulla schiena
per afferrare una freccia: nel tempo che incoccava, poteva
già scorgere la fisionomia dei volti umani sulla pedana.
"Morite, maledetti
tawtute!"
L'Ikran
planò di fronte al portellone del Valkyrie, chinando
leggermente il muso in avanti per fendere l'aria. Tsu'Tey premette i
piedi contro le staffe per darsi la spinta e si scagliò,
rapido e letale, contro la squadra di alieni al lavoro. Questi di
voltarono immediatamente, stupefatti, mentre un'ombra inaspettata si
frapponeva fra loro ed il sole.
- Ma che diav...?
Tsu'Tey prese la mira e, ancora sospeso a mezz'aria, piantò
la prima freccia dritto nel cuore dell'avversario più
vicino; questi si accasciò a terra senza un gemito, troppo
stupito per poter reagire in alcun modo. Il Na'vi
balzò a terra, appoggiando appena i piedi per poi gettarsi
di nuovo addosso ai nemici.
Non c'era tempo per pensare, soltanto per combattere. Inebriato
dall'infuriare della lotta, Tsu'Tey si rese conto a mala pena del primo
proiettile che trapassava la sua carne. Il contraccolpo lo
sbilanciò leggermente all'indietro, costringendolo ad
interrompere la sua avanzata. Cercando di mantenere l'equilibrio mosse
qualche rapido passo senza smettere di attaccare.
La seconda e la terza pallottola lo colpirono più da vicino,
tracciando un percorso infuocato nella pelle nuda. Il Na'vi oscillò
per un istante, respinto verso il bordo della pedana, cercando di non
scivolare. Il bosco, così lontano sotto il Valkyre, adesso
sembrava soltanto una macchia verde e confusa. Indietreggiò
arrancando, mentre tentava di curvare la schiena in avanti per
recuperare l'equilibrio perduto.
I piccoli fori rossi che si aprivano sul suo petto irradiavano un
dolore lancinante attraverso ogni singolo nervo del corpo.
Tsu'Tey non riusciva a credere che delle ferite dall'apparenza tanto
innocua potessero provocare una sensazione così sgradevole,
tanto intensa da fargli quasi perdere la concentrazione.
Senza riflettere indietreggiò di qualche passo appena,
brandendo di fronte a sé il proprio arco nel tentativo di
continuare a lottare. La sua vista si faceva annebbiata, la testa aveva
preso a girare. Niente di tutto questo aveva senso: un guerriero Omaticaya non
poteva mollare la battaglia a causa di qualche stupida pallottola, non
ad un passo dalla fine. Un unico momento di distrazione ed i suoi piedi
toccarono il vuoto.
Nessun suono uscì dalle sue labbra mentre precipitava;
Tsu'Tey percepì chiaramente il proprio corpo che scivolava
all'indietro, l'aria gelida che gli graffiava il volto, la sensazione
della velocità che gli faceva sentire il cuore in gola. Per
un breve istante si domandò come sarebbe stato l'impatto, e
capì che forse avrebbe dovuto provare paura; tuttavia la
paura non venne, sostituita da una sensazione di calmo torpore. La
caduta sembrava infinita, lunga quanto la sua stessa esistenza. E
presto sarebbe tornato alle braccia accoglienti di Eywa.
I ricordi presero a fluire davanti ai suoi occhi, in un susseguirsi di
immagini nitide ma troppo rapide per poter essere apprezzate appieno.
Il Na'vi
si coprì a pensare che davvero era giunta la fine, il
momento che conclude e completa la vita di qualunque creatura. Si
sentiva in pace come se stesso: se non altro sarebbe morto da
guerriero; era un modo molto onorevole per lasciare la scena.
Era un bambino. Suo
padre sembrava altissimo di fronte a lui, l'arco stretto in pugno ed un
sorriso orgoglioso sulle labbra. Tsu'Tey lo aveva atteso a lungo
sbirciando il bosco attraverso le fronde dell'Albero Casa, domandandosi
quanto tempo avrebbero impiegato i guerrieri a fare ritorno e, quando
finalmente li aveva visti comparire, si era precipitato incontro ad
Ateyo pregandolo di raccontargli ogni cosa.
Il Na'vi gli aveva sfiorato il capo con
una mano, scompigliandogli i capelli raccolti in una cascata di
sottilissime treccine.
‹ Devo
parlare con l'Olo'eyctan, adesso. ›
Tsu'Tey
annuì, serio. Fin da piccolo gli era stato insegnato a
rispettare l'autorità dei suoi superiori. Tuttavia era
soltanto un bambino, e non poté impedirsi di lanciare al
padre un'occhiata colma d'inquietudine.
‹ Quando
potrò venire a cacciare con voi? ›
domandò a bassa voce, rendendosi conto di quanto dovessero
suonare infantili le sue parole. Ateyo tuttavia non se ne accorse,
oppure finse di non averlo notato. Si voltò verso il
bambino, e sul suo viso apparve un'espressione gentile che raramente
mostrava alle altre persone.
‹ E' ancora
presto, Tsu'Tey, lo sai bene, › rispose pacato riprendendo a
camminare. Poi sorrise fra sé, come immerso nei propri
pensieri. ‹ Ma quando il tuo momento verrà, sono
convinto che sarai un grande guerriero. ›
Tsu'Tey chiuse gli occhi, abbandonandosi alla tempesta di
memorie in attesa dell'impatto col suolo. Non c'era più
nulla da fare. L'Ikran
era lontano chissà dove, in volo, e anche se lo avesse
notato difficilmente avrebbe fatto in tempo a fermare la sua caduta. E
poi c'erano quei proiettili piantati fra le sue costole, poteva
sentirli uno per uno. Sarebbe sopravvissuto fino al termine della
battaglia? E, in tal caso, sarebbe riuscito a sopportare l'idea di
attendere in un angolo la fine, senza poter lottare?
Il colpo lo raggiunse inaspettatamente, lasciandolo per un attimo
stordito. Il guerriero sentì la propria schiena collidere
con una superficie solida, ed il suo campo visivo si fece
improvvisamente buio. Il dolore arrivò solo qualche istante
dopo: una sensazione lancinante alla colonna vertebrale, come se ogni
singolo osso gli fosse stato strappato. Tuttavia non aveva perso
conoscenza: le grandi foglie degli alberi avevano attutito la caduta,
rallentando la velocità con cui aveva raggiunto il manto
erboso.
"Sono ancora vivo," considerò Tsu'Tey appena la sua mente si
fu schiarita, osservando la chiazza azzurra di cielo molti metri
più in alto. Tutto il suo corpo gli faceva un male
terribile; questo significava se non altro che non aveva subito danni
alla spina dorsale.
Rimase sdraiato per un po', respirando a fatica, in cerca di un modo
per dimenticarsi dei proiettili che si conficcavano un po'
più in profondità ad ogni respiro. A braccia
aperte, distese le dita e strinse i pugni costringendo i muscoli
doloranti a funzionare. Era impaziente di alzarsi, cercare il proprio Ikran e tornare in
battaglia, a morire con onore.
Il suo ruolo di Olo'eyctan
gli era stato strappato dal nuovo Toruk'Makto,
il ragazzo del cielo che aveva conquistato l'amore della futura Tsahik. Adesso che
non aveva più un posto dove stare all'interno del clan, un
posto che valesse la pena difendere, la cosa più giusta da
fare sarebbe stata abbandonare quel mondo combattendo per la propria
gente e per il proprio onore.
Socchiudendo gli occhi nella luce che si faceva sempre più
fastidiosa Tsu'Tey piegò la testa da un lato: lontani, i
rumori dello scontro squarciavano la quiete naturale di quella foresta
meravigliosa. Portate dal vento, le ceneri della Casa Albero
vorticavano ancora, leggere, sopra di lui. L'universo avrebbe
continuato ad esistere, e Pandora sarebbe sopravvissuta. Trovando di
nuovo la forza in quell'unico, fragile pensiero il Na'vi premette i
palmi a terra e si alzò a sedere, seppure a fatica.
Il sangue macchiava di rosso l'erba sotto di lui; i muscoli erano
deboli, come se non riuscissero a reggere il peso delle ossa e fossero
sul punto di cedere. Un'ondata di nausea lo assalì,
costringendolo a soffermarsi per un attimo: la radura in cui si trovava
prese a vorticare confusamente di fronte a lui, lanciando sinistri
bagliori laddove il sole colpiva la superficie liscia e lucida delle
foglie.
- Che cosa...?
Tsu'Tey sollevò lo sguardo, stringendo i denti ed
aggrottando la fronte nel tentativo di mettere a fuoco. Di fronte a lui
una macchia scura stagliata contro il vivace sottobosco si avvicinava a
rapidi passi.
- Guarda guarda cosa abbiamo qui!
L'umano si soffermò a pochi passi da lui, le mani sui
fianchi ed un ghigno crudele dipinto sul volto pallido. Tsu'Tey
ricambiò l'occhiata con astio, premendo i palmi sulla fredda
terra nell'ennesimo tentativo di alzarsi in piedi.
‹ Maledetto faketuan!
› ringhiò il Na'vi,
tentando di afferrare il coltello che teneva legato alla cintura. Il
marine scosse la testa, guardandolo con espressione canzonatoria. Con
la canna del mitra colpì svogliatamente il polso del
guerriero: le dita di Tsu'Tey cedettero immediatamente contro la sua
volontà.
Era troppo debole per lottare: l'umano sembrava praticamente indenne,
come se fosse appena sceso in battaglia. La sua testa completamente
glabra – eccezion fatta per le sopracciglia chiare sollevate
in uno sguardo di scherno – ondeggiava di fronte a lui come
un fantasma assetato di sangue. Il mitra ondeggiava pigramente nella
sua mano, quasi fosse troppo pesante per lui: in un rapido, terribile
istante il Na'vi
si rese conto che non gli avrebbe sparato.
Il suo ghigno si era fatto più largo, mentre si chinava a
raccogliere il pugnale da terra senza staccare gli occhi da lui.
Tsu'Tey si scagliò in avanti, costringendo i muscoli delle
braccia ad obbedire; era come tentare di smuovere una montagna, ma non
sarebbe mai morto senza prima lottare. Infondo, quello che aveva
davanti era soltanto uno stupido umano: se quella era davvero la fine,
allora lo avrebbe portato con sé.
Il marine si scansò con facilità dal debole
attacco del guerriero; mosse qualche passo indietro perfettamente
tranquillo, poi voltò la testa da un lato.
- Alla buon'ora! - esclamò sguaiato in direzione degli
alberi alla propria sinistra. Dal folto del bosco apparve un manipolo
di soldati.
Tsu'Tey scorse con la coda dell'occhio quattro uomini armati che si
avvicinavano. La rabbia prese a ribollire nelle sue vene, folle e
letale. Potevano essere così vigliacchi da voler attaccare
in cinque un unico avversario ferito? I Na'vi, una cosa del
genere, non l'avrebbero neppure potuta pensare. Con la forza della
disperazione, si lanciò contro il gruppo di umani
completamente disarmato. Dalle sue labbra sfuggì un grido
animalesco mentre, le dita arcuate come artigli, graffiava e mordeva
qualunque cosa gli capitasse a tiro.
Non fu troppo difficile per i militari afferrarlo e bloccargli le
braccia, inchiodandolo a terra con la schiena premuta sull'erba
bagnata. Tsu'Tey sollevò lo sguardo verso di loro, sibilando
insulti in una lingua che non potevano capire. Era spacciato, ma
– notò con soddisfazione – almeno era
riuscito a lasciare qualche segno sulla pelle di quei maledetti alieni.
- Non sparategli! - ordinò il primo marine ai soldati che
avevano già sollevato i mitra. - Ho in mente qualcosa di
meglio per lui.
Si avvicinò lentamente, facendo cenno agli altri di
sollevarlo per poterlo guardare. Gli umani lo costrinsero a raddrizzare
la schiena, spingendolo in ginocchio finché non si
trovò faccia a faccia con il suo avversario. Non potendo
liberare le braccia dalla stretta dei quattro soldati – era
ancora troppo debole persino per stare in piedi da solo – si
limitò a fissare il marine infondendo nel proprio sguardo
tutto l'odio che poteva mostrare.
‹ Puoi uccidere me, Tawtute,
ma il mio popolo continuerà a vivere e vi
sconfiggerà, › sibilò tra i denti,
lottando contro il senso di vertigine che non lo abbandonava. Il marine
rise forte, facendo oscillare davanti agli occhi la lama del coltello
che gli aveva sottratto.
- Questo lo vedremo, - commentò allegramente prendendo a
camminare. Percorse un semicerchio attorno a Tsu'Tey, fermandosi alle
sue spalle dove lui non lo poteva vedere. Nell'attimo di quiete che
precede la tempesta, il Na'vi
si domandò se il marine non avesse deciso di
finirla lì e tagliargli la gola; tuttavia scacciò
immediatamente quel pensiero: sarebbe stato troppo semplice, quel
sadico umano non si sarebbe accontentato.
Un brivido gelido attraversò la sua schiena quando si
sentì afferrare per la lunga treccia scura che, dalla sua
nuca, arrivava quasi alle ginocchia. Il guerriero rimase immobile per
un istante, come congelato, in attesa di capire che cosa il marine
intendesse fare.
- E questa a cosa serve? - domandò l'uomo, la malvagia
curiosità che trapelava attraverso le sue parole. - E' molto
importante per voi Na'vi,
non è vero?
Tsu'Tey restò in silenzio, senza muovere un muscolo
né dire una parola, ma il leggero tremito che percorse le
sue membra non sfuggì all'occhio attento del soldato.
- Chissà cosa succederebbe se adesso la tagliassi...? -
premette la lama fredda del coltello alla base della treccia scura,
scoprendo i denti in un ghigno di puro divertimento. Il Na'vi prese a
divincolarsi disperatamente, senza tuttavia riuscire a liberarsi dalla
salda stretta dei soldati.
‹ Vrrtep!
Vi faranno a pezzi, morirete tutti in ogni caso! ›
ringhiò Tsu'Tey senza smettere di lottare. Il marine scosse
la testa perfettamente tranquillo: cosa poteva mai fare adesso quel
singolo alieno contro tutti loro? I Na'vi avevano perso
la battaglia, gli umani avevano armi più potenti. Avrebbero
eliminato tutti quegli indigeni uno per uno, e finalmente avrebbero
potuto estrarre l'unobtanium dal suolo di Pandora.
- Non hai ancora capito? - domandò con voce melliflua,
aggiustando la presa sull'elsa del pugnale. - Avete già
perso da un pezzo, inutili alieni.
Con un movimento secco del polso, spinse la lama verso l'alto
tranciando di netto la spessa ciocca di capelli scuri. Tsu'Tey
gridò con tutto il fiato che gli era rimasto, un lamento
straziante che si innalzò fra le fronde degli alberi
mescolandosi al rumori della battaglia lontana.
Il marine lasciò cadere a terra la lunga treccia, poi fece
segno ai soldati di allontanarsi. Gli umani obbedirono lasciando la
presa sulle braccia del guerriero, che cadde riverso a terra respirando
a fatica. Stavolta non c'era davvero più niente da fare.
Tsu'Tey udì gli alieni allontanarsi attraverso il
sottobosco, ridendo e vociando fra loro. Il suo petto si alzava e si
abbassava appena, impercettibilmente, spingendo nei suoi polmoni
un'aria che bruciava come il fuoco. Tentò di aprire gli
occhi, ma vide soltanto un intrico di chiazze sfocate, verdi e marroni.
Eywa era
lontana, e lui non riusciva più a percepire la sua voce.
Aveva perduto tutto ciò per cui valesse la pena lottare
– l'onore, il suo posto fra gli Omaticaya, il
legame col suo dio – e adesso non era altro che un guscio
vuoto abbandonato sul suolo di Pandora. Mentre le forze lentamente lo
abbandonavano, lasciando il posto ad un senso di quieta incoscienza,
Tsu'Tey ripensò con un vago rimpianto a tutto quello che
avrebbe perduto.
Lontano, il fragore della battaglia sembrava in qualche modo attutito.
Il sole prese a tramontare placidamente al di là delle
Montagne Halleluia, stendendo un sipario stellato sui resti dello
scontro appena concluso. Domani la vita avrebbe ripreso a scorrere,
dapprima lenta e stentata e poi sempre più forte, per
ricostruire sulle proprie macerie. Forse il guerriero non avrebbe visto
tutto questo, ma il mondo avrebbe continuato a girare anche senza di
lui.
Cercando in quel pensiero un conforto che non riuscì a
trovare, Tsu'Tey chiuse gli occhi sul bosco dov'era nato e cresciuto.
Adesso che la gente del cielo gli aveva sottratto tutto ciò
che possedeva, non c'era più niente di cui preoccuparsi
davvero. Con un sorriso amaro, ripensò alla malvagia ironia
della sua attuale condizione: non aveva alcun senso, a pensarci bene.
Con le ultime forze, allungò un braccio e sfiorò
la propria treccia recisa con la punta delle dita. Era immobile, morta
come lo sarebbe stato lui tra poco. Le sue labbra si dischiusero
appena, emettendo un debole suono.
‹ Ripongo il mio destino nelle mani di Eywa. ›
Na'vi ~ il popolo di
alieni che abita su Pandora.
Ikran ~ l'animale
alato che tutti i guerrieri Na'vi cavalcano.
Eywa ~ Il dio dei
Na'vi, che è connesso alla natura, una specie di "Madre
Terra".
Tawtute ~ persone del
cielo, ovvero gli umani.
Ateyo ~ il padre di
Tsu'Tey.
Olo'eyctan ~ il capo
del villaggio.
Toruk Makto ~ colui
che è in grado di domare il Toruk, il grande Ikran rosso.
Tsahik ~ la "sciamana"
del villaggio.
Faketuan
~ alieno. Mi piaceva l'idea che gli umani potessero essere
definiti "alieni".
Vrrtep ~ demone.
Omaticaya ~
è il nome della tribù di Tsu'Tey.
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