Sono le otto si sera,l'ora che prediliggo in assoluto,poichè il
sole tramonta e l'oscurità si fa largo.
Finalmente posso camminare indisturbato per le strade della città per procurarmi un pasto decente.
Sono un vampiro ormai da duecento anni,ma non riesco a stare al passo con i tempi, un esempio lo sono i miei abiti; come di consueto
indosso il frac, che ha il petto convesso e le maniche gonfie in
alto, con le falde corte e piccoli bottoni dorati, calzoni a tubo e
mocassini con la punta quadrata tutto rigorosamente nero.
Sono solito spostarmi ogni settimana per non attirare troppo
l'attenzione, questa settimana mi trovo a Roma.
Cammino distrattamente per Via Condotti quando improvisamente il
mio olfatto viene colpito da un' irresistibile fragranza; cerco di
capire da dove o per meglio dire da chi proveniene quella fragranza e così la vedo.
E' una piccola e fragile umana dalla pelle olivastra in contrasto
con i suoi capelli, corti, dal colore del grano.
Mi avvicino, per avere la conferma che l'odore sia realmente il
suo,le porgo le chiavi che le sono cadute e che sta cercando.
"Stavi cercando queste?" cerco di utilizzare un tono più seducente
possibile "S...s..si,g-grazie"balbetta confusa.
Per lo stupore e per l'imbarazzo abbassa i suoi grandi occhi neri e
noto che le sue gote si sono colorate di un adorabile rossore.
"Ciao" dice e se ne và.
-Non posso lasciarla andare via così- mi dico e perciò la seguo.
Abita in un palazzo rosso di quattro piani e dall'aspetto deve
essere molto vecchio, o comunque poco più giovane di me.
Aspetto acquattato su di un albero difronte alla sua finestra,
quando si addormenta entro -fare irruzione nelle abitazioni degli
esseri umani è veramente, per mia fortuna, la cosa più facile
del mondo- penso soghignando.
Mi avvicino senza fare rumore e mi inginocchio accanto al letto.
Lentamente avvicino il mio volto al suo per poter assaporare al
meglio quella fragranza.
Lei gira leggermente il viso dal lato opposto, offrendomi così la
superficie della sua gola. Sul mio viso compare un ghigno soddisfatto, da cui si intravedono
i miei bianchi, affilati e mortali denti.
Avvicino i miei denti alla sua tenera carne, che si lacera;dal
taglio ne usce una goccia si sangue. L’assaporo come fosse il più prelibato elisir,una strana frenesia
si impossessa di me.
Non riusco più a trattenermi e la mordo.
Il suo sangue caldo, denso mi inonda la gola lasciandomi un sapore
zuccherino,ma allo stesso tempo, salato.
Succhio avidamente quel dolce nettare e mi accorgo che il suo volto
sta diventando sempre più pallido, segno che la vita la sta
lentamente abbandonando.
Il suo respiro si fa sempre più lento insieme ai battiti del suo
cuore.
Devo fermarmi, se avessi bevuto il sangue di un morto sarei
morto anch’io.
E così silenzioso come ero arrivato me ne andai sfruttando la mia
amica e compagna di sempre : l’oscurità. |