Epilogo
Epilogo
E' passato un anno dal giorno in cui le nostre vite sono cambiate per sempre.
Papà e mamma sono in piedi di fronte alla folla che si è
riunita nella valle che è stata il teatro dello scontro che ha
visto spegnersi le vite e le speranze di così tante persone.
Molti di quei morti, la maggior parte a dirla tutta, erano persone
cattive, che hanno pagato il giusto prezzo per la condotta disdicevole
delle loro orribili vite. Ma questo non ha importanza. Non ora. Non
più. E forse, ma solo forse, non ne ha mai avuta davvero.
Quel che importa è che sono morte, che non potranno più
ridere insieme ad un amico, guardare con occhi innamorati il
proprio compagno o la propria compagna, o confortare quelli che sono
rimasti a piangerli. E che sono qui, insieme agli altri, per porgere
loro un ultimo saluto e assicurarsi che niente di simile possa
più accadere.
Perché di fronte alla Morte, di fronte all'inesorabile
Mietitrice che non guarda in faccia a nessuno e sembra ridere beffarda
di quanti ritenevano di averla sconfitta per sempre, siamo tutti
ugualmente piccoli e indifesi e tutti abbiamo bisogno di conforto, di
sentirci dire che, nonostante l'evidenza dei fatti dimostri chiaramente
il contrario, tutto andrà bene, o quanto meno andrà
meglio.
Vedere Nauhel stretto in un abbraccio con le sorelle a piangere Teresa
ed Alexandra, mi fà uno strano effetto, specie considerando che
i poteri di Teresa hanno ucciso mia nonna e che Alexandra mi ha rapita
e tenuta in ostaggio per giorni, prima che Jake venisse a salvarmi, con
l'aiuto dei lupi di La Push e di Benjamin del clan egiziano.
E ancora più strano è vedere Caius e Jane in piedi
accanto ai miei genitori, le teste basse e i volti deformati da una
smorfia di dolore che sembra destinata a non scomparire mai più.
I quattro oratori che si sono incarcati del triste compito di celebrare
la commemorazione, attendono che tutti i convenuti trovino posto e
facciano silenzio. Ne approfittano per porsi le reciproche condoglianze
e per stabilire l'ordine degli interventi. E per quanto irreale possa
sembrare, sono condoglianze sincere e sentite.
Poi si scambiano un cenno di assenso con la testa e la commemorazione ha finalmente inizio.
Il primo a parlare è mio padre
- Un anno fà, in questa valle, si è svolto l'epilogo di
una faida sanguinosa che ha privato tutti noi dei nostri affetti
più cari. Non è importante chi l'abbia inziata, non siamo
quì per puntare il dito contro nessuno. Continuare ad odiarci a
vicenda sarebbe facile, ma sarebbe anche molto pericoloso.
Perché la verità è che siamo tutti ugualmente
colpevoli. Ci siamo arroccati nelle nostre posizioni senza sforzarci
più di tanto di capire le posizioni degli altri e abbiamo
portato il nostro dissidio all'estremo. Certo, col senno di poi
è facile parlare, analizzare la situazione e dire: Ecco! E' qui
che ho sbagliato! Se avessi reaggito in maniera differente tutto questo
si sarebbe potuto evitare e mio padre e mia madre sarebbero
ancòra qui, a darmi tutto l'amore e i buoni consigli di cui
avrei tanto bisogno. Il difficile è fermarsi a riflettere quando
le nostre azioni possono fare davvero la differenza. Perché la
rabbia e l'orgoglio danno pessimi consigli, ma lo fanno a voce alta e
perentoria ed è così dannatamente difficile ignorarli. Ma
difficile non vuol dire impossibile. Quindi dobbiamo continuare a
provarci e quando falliamo, dobbiamo prendere atto della nostra
debolezza e impegnarci maggiormente per il futuro.
Le parole di mio padre colpiscono nel segno e per un attimo ci
ritroviamo tutti a guardarci dentro, per cercare il momento in cui
abbiamo fatto la scelta sbagliata. Ma nonostante quel che ha detto mio
padre, anche col senno di poi, non è affatto facile individuare
quel momento, perché
nella maggior parte dei casi non c'è un singolo momento, ma
tutta una serie di scelte una più sbagliata dell'altra e
risalire la corrente fino ad arrivare alla fonte può rivelarsi
davvero difficoltoso.
Ma dobbiamo rimandare a più tardi il momento dell'autoanalisi, perché Caius ha appena preso la parola
- I pensieri di Edward sono i miei. Quando il mio mondo è
crollato su se stesso, ho avuto molto tempo per fare dell'autocritica e
cercare di capire dove avevo sbagliato e cosa avrei potuto fare per
evitare che si giungesse al punto di scendere in guerra per annichilire
una parte così grande della nostra comunità. A distanza
di un anno, non riesco ancora a condividere la vostra scelta di
rinnegare la nostra natura e nutrirsi di animali. Sarà
perché considero anche gli esseri umani dei semplici animali, a
malapena più evoluti di quelli cui date la caccia voi, o forse
dipenderà dal fatto che ho vissuto molto più a lungo di
quasi chiunque altro qui a parte Stefan e Vladimir; e quando hai avuto
secoli per abituarti a fare le cose in un certo modo, è
parecchio difficile cambiare le proprie abitudini. Sia come sia, il
punto è che una differenza così stupida e insignificante
non avrebbe mai dovuto causare una simile frattura tra di noi. Per
secoli io e i miei fratelli ci siamo assunti l'incarico di vigilare
sulla nostra comunità, circondandoci di seguaci che
condividevano le nostre convinzioni e prendendo tutte le contromisure
necessarie affinché la nostra esistenza rimanesse un segreto per
gli esseri umani. Alcune delle nostre scelte ci hanno resi impopolari e
a volte i nostri metodi potrebbero essere sembrati discutibili, ma
ancora una volta non posso fare a meno di pensare che il tempo abbia
giocato un ruolo fondamentale nel corromperci. Siamo stati il clan
dominante per così tanto tempo da credere che ogni nostra
decisione fosse giusta per principio e da non fermarci più a
vagliare altre linee di condotta. Ci siamo trasformati in dittatori, ma
vi prego di credere che non sono mai state queste le nostre intenzioni.
Pur con tutto il rancore
che possono nutrire nei nostri confronti, Stefan e Vladimir
dovranno comunque ammettere che prima di noi la situazione stava
diventando ingestibile e le stragi mascherate da epidemie e disastri
naturali, stavano aumentando a ritmo esponenziale.
Fa una pausa e tutti ci voltiamo verso i due vampiri rumeni che confermano le sue parole con un cenno riluttante della testa
- Ora il mio clan è stato distrutto. In buona parte siamo stati
noi stessi gli artefici della nostra sconfitta e quindi non posso e non
voglio prendermela con chi mi è stato nemico nella guerra che ha
causato la nostra fine. Ma anche se abbiamo commesso degli errori,
svolgevamo comunque con efficenza il compito di controllare tutti quei
vampiri poco assennati che rischiano di esporre il segreto della nostra
esistenza all'attenzione degli umani. E' un fatto che dopo la nostra
caduta gli omicidi siano aumentati e anche se la situazione è
ancòra relativamente tranquilla e gestibile, il rischio di
essere scoperti è abbastanza concreto. "Carnivori" o
"vegetariani", mezzi-vampiri o vampiri "puri", siamo tutti ugualmente
in pericolo ed è nostra responsabilità comune controllare
la situazione al fine di mantenere segreta la nostra esistenza. E
quindi dobbiamo tutti tenere d'occhio le mine vaganti e fare in modo
che non diventino un problema.
Il discorso di Caius ha preso una piega inaspettata e a giudicare dagli
sguardi carichi di dubbio degli altri convenuti, non sono l'unica ad
essere rimasta perplessa di fronte a questo cambio di rotta. Quindi
è con una certa dose di curiosità mista ad apprensione
che mi appresto a seguire le parole di Jane
- Quando io e mio fratello ci siamo uniti al clan dei Volturi lo
abbiamo fatto mossi dalle migliori intenzioni. Non vi mentirò: Io adoro usare i miei poteri.
Vedere le mie vittime che si contorcono in preda agli spasmi di dolore
quando li investo con le mie scariche mentali è una sensazione
molto appagante. Provare piacere nell'infliggere dolore al prossimo
fà di me un mostro? Forse si. Ma provate a negare il piacere che
vi provoca affondare i denti nel collo della vostra vittima (che sia un
animale o un essere umano non fà molta differenza) e manderete in tilt il radar
rivela-cazzate della rossa in prima fila.
Perché la verità è che siamo tutti mostri. Tutti
noi, nessuno escluso. O forse non lo è nessuno. Siamo
semplicemente il gradino più alto della catena alimentare e non
c'è niente di innaturale o morboso nel prenderne atto ed
accettarlo, magari godendosi anche i vantaggi che la situazione porta
con sé. Sia come sia, quando Aro ha chiesto ad Alec e me di
unirci al clan dei Volturi, ho creduto di aver preso i classici due
piccioni con una fava. Finalmente potevo usare liberamente i miei
poteri e non sentirmi intimamente un mostro per questo. Perché
le mie vittime meritavano di provare tutto il dolore che infliggevo
loro per i crimini di cui si erano macchiate.
Per più tempo di quanto abbia voglia di ricordare ho vissuto
come in un sogno. Uno di quei bellissimi sogni in cui tutto ti
và nel verso giusto e ti senti in grado di fare qualunque cosa.
Poi, un anno fa il mio sogno è finito. Mi sono risvegliata nel
modo più traumatico possibile, con mio fratello fatto a
pezzi davanti ai miei occhi mentre io non potevo fare nulla per
aiutarlo. Ho passato mesi a nutrire dell'odio più profondo e
viscerale i miei propositi di vendetta nei confronti di chi mi aveva
portato via mio fratello. Finché un giorno, veloce com'era
venuto, l'odio se ne è andato; lasciandosi dietro solo il dolore
per la perdita, che è stato un fidato compagno nel mio personale
percorso di autoanalisi. Alla fine sono riuscita ad accettare il fatto
di aver avuto delle responsabilità nella tragedia che mi ha
colpito, nella tragedia più grande che ha colpito tutti noi. Ma
non è stato facile. Non è stato facile arrivare a
prendere in considerazione il quadro generale, quando tutto ciò
a cui riuscivo a pensare era che mio fratello, il mio migliore amico,
l'unica persona al mondo per cui io avessi mai provato sentimenti
d'affetto, di tenerezza, d'amore era scomparso per sempre e non
avrei potuto riportarlo indietro come avevo fatto in passato,
quando l'A.I.D.S. lo stava consumando lentamente e io lo avevo
trasformato in un vampiro. No, non è stato affatto
facile! Ma ci sono riuscita. E oggi posso stare in piedi di fronte
alla persona che me lo ha portato via e non provare l'impulso
irrefrenabile di staccargli la testa e ridurre il resto del suo corpo
in frammenti microscopici. Perché sò che non è
stata tutta colpa sua. Sò che ha fatto quel che ha fatto per
proteggere i propri cari e non posso certo fargli una colpa del fatto
di essersi dimostrato un combattente migliore di Alec. Lo sò,
come sò che se non avessimo spinto le nostre divergenze al punto
di trasformarle in aperta ostilità e farle in fine sfociare in
una guerra, Alec sarebbe ancora al mio fianco e oggi nessuno di noi si
troverebbe qui a piangere i morti. Ma quel che è stato
è stato. Non ci siamo riuniti qui, a un anno dalla tragedia che
ci ha visti protagonisti, per perdonarci a vicenda i nostri peccati. Ci
siamo riuniti per testimoniare il dolore che hanno causato, in modo da
non commetterli nuovamente in futuro.
E improvvisamente, vedere lei e Caius in piedi al fianco dei miei
genitori non mi sembra più così strano. E non mi sembra
strano vedere Nauhel che tiene per mano sua sorella Nelindra.
Inprovvisamente il vero significato di questa commemorazione mi diventa
chiaro. Non siamo venuti a piangere i nostri morti. Siamo venuti a
vedere gli altri piangere i loro. Per poter finalmente superare le
differenze che ci distinguono e riuscire ad empatizzare con il dolore
che ci accomuna. Ed è in questo clima di fratellanza
che stà nascendo tra di noi, che mia madre inizia il proprio
intervento.
- Quando avevo diciassette anni, il marito di mia madre ha ottenuto un
ingaggio in una squadra di Baseball. Era una grande occasione, ma
avrebbe dovuto viaggiare molto con la sua nuova squadra e mia madre era
dilaniata tra i suoi doveri di madre, che la trattenevano al mio fianco
e il suo amore per Phill, che la spingeva a seguirlo nelle trasferte.
Così, seguendo l'impulso del momento, ho deciso di trasferirmi a
Forks e vivere con mio padre. Dopo aver preso la mia decisione, ho
passato giorni interminabili a maledire il mio altruismo, ma non mi
sono mai veramente pentita della mia scelta. Perché pensavo, e
lo penso ancòra oggi nonostante tutto, che la parte difficile
sia prendere una decisione. In seguito, si tratta solo di restare
fedeli alle proprie scelte ed accettarne le conseguenze, buone o
cattive che siano. Ma se seguiamo la nostra coscenza, difficilmente le
nostre scelte si riveleranno totalmente sbagliate. Potranno esserci
degli ostacoli e a volte potremmo trovarci a pensare che se avessimo
fatto una scelta differente le cose sarebbero andate meglio, per noi e
per quelli che abbiamo intorno. Ma alla fine, se siamo stati onesti con
noi stessi e abbiamo preso le nostre decisioni in accordo con i
principi che governano il nostro cuore, le nostre scelte si riveleranno
sempre giuste e non avremo mai nulla di cui pentirci. Per questo non
posso condividere in pieno l'invito all'autoanalisi di Edward.
Perché in fondo credo che sia un esercizio inutile e il
più delle volte dannoso, capace solo di insinuare dubbi oziosi
nelle nostre menti. Il mio invito è piuttosto a riflettere bene
sulle possibili conseguenze delle nostre scelte prima di prenderle, di
fermarci ad ascoltare la voce del nostro cuore e di segure i suoi
consigli. Può essere molto difficile da sentire, perché
spesso viene sovrastata da una voce più forte e ammaliante,
che ci invita a prendere la strada facile, promettendoci benefici
maggiori e gratificazioni immediate, ma quella è la voce della
paura, dell'odio e dell'egoismo, la strada che ci suggerisce di
prendere porta alla Dannazione della nostra anima e anche se sembra
migliore, nel lungo periodo non porterà mai niente di buono.
Quindi dobbiamo diffidare delle soluzioni semplici, prenderci il tempo
di riflettere, svuotare la nostra mente di tutte le voci e aspettare
fiduciosi che il cuore ci indichi la strada migliore. A volte lo
farà con la voce di un amico che sussurra buoni consigli al
nostro orecchio, più spesso avrà la nostra stessa voce e
dirà quello che in fondo già sappiamo: che per le cose
veramente importanti non ci servono consigli, che la stada giusta
è sempre stata davanti ai nostri piedi e che dobbiamo solo
prenderla e non guardare più indietro. Ho scelto così di
assecondare i miei sentimenti per Edward, disinteressandomi del fatto
che era un vampiro: lo amavo, quindi non poteva essere una persona
cattiva. E' così che ho deciso di portare a termine la mia
gravidanza e dare alla luce mia figlia, quando tutto e tutti mi
dicevano che ero pazza, che sarei morta e che la mia morte avrebbe
distrutto la mia nuova famiglia. Ma sapevo di aver preso la decisione
giusta. Era mia figlia, la figlia dell'uomo che amavo più della
mia stessa vita, dalla sua nascita non poteva venire altro che bene.
La vista mi si appanna e quando sbatto le palpebre una lacrima di
commozione mi riga la guancia. Passo così tanto tempo con mia
madre che a volte dimentico quanto sia straordinaria.
- Non ho mai rimpianto di averla messa al mondo e neanche per un attimo
ho rimpianto la mia scelta di difenderla contro tutto e tutti. Mi
dispiace che Carlisle ed Esme abbiano pagato con la vita per le mie
scelte? Certo che sì! Mi mancano terribilmente e non passa
giorno senza che pensi che se avessi agìto diversamente forse
sarebbero ancòra vivi. Ma la verità è che non
avrei mai potuto fare una scelta diversa. Quando si tratta di mia
figlia, non ho veramente possibilità di scegliere: devo
proteggerla con le unghie e con i denti e fare tutto ciò che
posso per garantirle un futuro migliore. E quando si tratta di me,
anche le scelte dei miei famigliari sono molto limitate: devono darmi
il loro supporto incondizionato, sostenendomi nelle mie scelte anche se
non le condividono. E' per questo che siamo una famiglia e questo
è il motivo per cui ci circondiamo di spiriti affini e diamo
loro il nome di famiglia: per ricevere sostegno nei momenti difficili e
per fare la nostra parte quando loro hanno bisogno di noi. Avrei dato
la mia vita per loro senza esitazione e sò che loro hanno dato
le proprie vite per me allo stesso modo: senza esitazioni né
rimpianti. Quindi piango la loro morte, ma non intendo insultare il
loro sacrificio rinnegando le mie convinzioni. La guerra che me li ha
portati via è stata una tragedia. Ma combatterla è stato
giusto, perché le alternative erano inaccettabili. E questo mi
riporta al motivo che ci vede riuniti qui oggi, nel primo anniversario
della tragedia: come ha detto Jane siamo qui per accettare le
conseguenze, per testimoniare il nostro dolore ed essere testimoni del
dolore degli altri. Siamo qui per accettare il fatto che tutte queste
morti erano inevitabili, per capire fino in fondo quanto male abbiano
causato e per assicurarci di non doverci più trovare in futuro
in una situazione simile. E per fare questo, come ha suggerito Caius,
dobbiamo capire che i tratti che abbiamo in comune sono più
importanti delle differenze che inevitabilmente ci distinguono.
Perché siamo individui, ognuno con i propri gusti e le proprie
aspirazioni, ognuno con le nostre particolarità che ci rendono
unici e irripetibili, ma siamo anche una comunità, se non
proprio una famiglia e dobbiamo proteggerci e sostenerci a vicenda. Non
voglio essere il leader intorno a cui si stringe la comunità e
non voglio proporre nessuno per tale ruolo. Perché a mio avviso
è stato questo l'errore di fondo: lasciare che qualcuno si
assumesse il gravoso compito di proteggerci tutti dai rischi legati
all'esposizione del segreto della nostra esistenza al resto del mondo.
La guerra dell'anno scorso e il dolore che ha causato provano al di
là di ogni dubbio che il compito di proteggere il nostro segreto
è troppo pesante perché qualcuno se ne faccia carico per
tutti. Che sia stata una sua iniziativa personale o che tale compito
gli sia stato imposto di comune accordo dalla comunità non
cambia la sostanza dei fatti: proteggere il nostro segreto è una
responsabilità comune e dobbiamo farcene carico tutti. La
soluzione che proponiamo è difficile e troveremo sicuramente
molti ostacoli sul nostro percorso, ma se ascoltate la voce della
vostra coscenza, saprete anche voi, come sò io, che è la
strada giusta e che le alternative, anche se sembrano così
allettanti, sono profondamente sbagliate e pericolose e possono portare
solo al ripetersi della tragedia dell'anno scorso.
Per un lungo momento sulla valle scende una cappa di silenzio assoluto
ed impenetrabile, mentre i convenuti riflettono sulle parole della
mamma e degli altri che hanno parlato prima di lei. Eravamo venuti a
partecipare ad una commemorazione funebre e ci siamo ritrovati a fare
introspezione e ad assumerci l'onere dei nostri doveri nei confronti
della comunità. Una cosa del genere lascerebbe sfasato chiunque!
Poi qualcuno inizia a battere le mani e un attimo dopo gli scrosci degli applausi riempono tutta la valle.
I miei genitori e i rappresentanti del clan dei Volturi restano in
piedi di fronte alla folla, a ricevere l'applauso che viene loro
tributato.
Poi, improvviso come è iniziato l'applauso si spegne e i quattro oratori raggiungono i propri famigliari e amici.
Le strette di mano e le pacche sulle spalle si sprecano, come le dichiarazzioni di fratellanza e amicizia imperitura.
In mezzo a tutte le persone che si scambiano abbracci e strette di
mano, avviene la più improbabile delle riconciliazioni (e
nemmeno per un secondo mi sfiora l'idea che zio Jasper possa averla
"favorita" coi suoi poteri).
Jane si avvicina a zio Jasper, si ferma un attimo, poi gli porge esitante la mano, che lui stringe prontamente.
Si scambiano uno sguardo pieno di significato, poi annuiscono entrambi, mentre un sorriso identico si disegna sui loro volti.
"Pensavo veramente quello che ho detto prima: sò che la morte di Alec non è stata colpa tua"
"So che lo sai, ma mi ha fatto piacere sentirtelo dire, perché davvero, non era niente di personale"
Probabilmente si sono detti qualcosa del genere, parola più
parola meno. Potrei chiedere conferma a papà, ma non sono sicura
che me lo direbbe anche se avesse origliato la loro "conversazione".
Un paio di braccia calde e muscolose mi cingono la vita, mentre Jacob
mi posa le labbra sul collo, facendomi perdere il filo dei miei
pensieri.
Un assemblamento così imponente di vampiri poteva diventare
pericoloso e anche se si è tenuto in disparte per tutto il
tempo, Jake non avrebbe mai potuto lasciarmi venire quì da sola.
- Hai sentito tutto?
Volto la testa per guardarlo negli occhi, per fissare lo sguardo calmo
e pieno di calore che mi ha fatta innamorare così perdutamente.
Mi fissa a sua volta, poi fa un cenno affermativo con la testa
- Parola per parola. E devo dire che non sono rimasto sorpreso da quello che è stato detto.
Smette di parlare per un attimo, ma il mio sguardo interrogativo lo spinge a spiegarsi meglio
- Conosco i tuoi genitori da abbastanza tempo da riuscire a prevedere
dove andranno a parare i loro pensieri. Anche se può sembrare il
contrario, è sempre stata tua madre quella forte. Procede dritta
per la sua strada come un treno sui binari, fermandosi solo di fronte
ad uno scambio per scegliere il binario giusto su cui continuare la
corsa. E una volta scelto non torna mai indietro. Per questo quando
è venuta a trovarmi dopo la storia di Victoria, ho capito
subìto che era finita. Era già passata per quello scambio
e anche se le era costato fatica, perché Dio solo sà se
non mi sono giocato tutte le carte che avevo per renderle difficile la
scelta, era rimasta sul binario della relazione con Edward.
Normalmente, sentirlo parlare della sua relazione con la mamma mi
provoca "una punta di gelosia", per usare un eufemismo, ma oggi mi
sembra la cosa più naturale del mondo
- La scelta più azzeccata della mia vita! A volte mi domando cosa diavolo ci avessi visto in te.
La voce cristallina di mia madre risuona nell'aria avvertendoci che i miei genitori stanno venendo a unirsi a noi
- Attenzione! Quì volano pugnalate al cuore!
La replica di Jake non si fa attendere.
Quella della mamma invece dovrà aspettare, perché ora lei
è impegnata a stringermi in uno dei suoi abbracci "sei il mio
tesoro più prezioso e non smetterei un attimo di farti le
coccole".
Jacob dal canto suo stà scambiando una stretta di mano e
una pacca sulla spalla con mio padre. Il giorno in cui quei due
decideranno di dimostrarsi veramente l'affetto che provano l'uno per
l'altro all'inferno nevicherà.
- Ed è esattamente per questo che non ci vedrai mai farlo!
Sussurra al mio orecchio papà, mentre mi abbraccia, prendendo il posto lasciato libero dalla mamma.
Nel frattempo mia madre ha abbracciato Jacobb e gli ha sussurrato qualcosa all'orecchio.
Nonostante il mio superudito, non riesco a carpire il contenuto dei
suoi bisbigli, più tardi dovrò chiedere a Jake.
Ma evidentemente doveva essere qualcosa di divertente, perché
ora stanno ridendo entrambi, scambiandosi uno sguardo complice.
Terminati gli abbracci, Jacobb si porta nuovamente dietro di me,
cingendomi la vita con un braccio e appoggiando la testa alla mia
spalla, imitato da mio padre che assume con la mamma una posa speculare
alla nostra
- Desolata di aver interrotto il vostro scambio di pettegolezzi su di
noi, ma Edward ed io dobbiamo dirvi una cosa che vi farà fare
salti di gioia!
Potremo sposarci e andare a vivere da soli?
- No, per sposarvi e andare a vivere da soli dovrete aspettare ancora
qualche anno. Non meno di dieci, tanto per porre dei limiti alla tua
fantasia.
A volte è così difficile voler bene a mio padre...
- Quella che vogliamo proporvi è una lunga vacanza nell'isola di
Esme. Io e tua madre abbiamo bisogno di una seconda Luna di Miele,
visto che la prima si è conclusa abbastanza in fretta. E ci
è sembrata un'idea carina invitare anche voi. L'isola è
abbastanza grande perché possiamo avere tutti l'intimità
che ci serve e pensavamo fosse giusto che tu vedessi il posto in cui ha
avuto inzio la tua storia.
A volte invece è così facile!
FINE
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E questo era l'Epilogo
Non posso quasi credere di aver concluso la mia storia T__T
vi è piaciuta?
vi ha fatto schifo?
se volete farmi sapere cosa ne pensate questa è la vostra ultima occasione
mi raccomando, lasciatemi una recensioncina
saluto tutti quelli che hanno avuto la pazienza e il buon cuore di seguirmi e per l'ultima volta vi dico
CiaoXD
kylebroflowski81 (Aka Marco)
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