Titolo:
Festeggiamo, ma a modo mio
Pairing:
Francia/America
Rating:
R/NC15
Conteggio Parole:
2226
Warnings:
AU, Yaoi, Lime, Oral!sex, Bondage
Spoiler:
Nessuno
Note: Scritta
per la challenge Meme
di
San Valentino indetta da Michiru-kaiou7
con il prompt "Rose, velluto e cioccolato".
Meno male che, dopo il p0rn fest avevo detto basta p0rn. o_ò
Però il prompt mi ha fin da subito ispirato Francis e, si
sa, da lui a calarsi i pantaloni il passo è breve...
Disclaimer: Hetalia,
America e Francia appartengono a Himaruya e a lui vanno i diritti, i
soldi e la gloria. A me resta solo un gran divertimento, ah ah.
-:-:-
Francis accavalla le
gambe e sospira, accarezzando pigramente il petalo vellutato di una
delle rose del centro tavola, mentre finge di non sentire la voce
squillante del suo giovane amante inveire contro la cornetta
perché qualcuno ha rovinato i suoi piani
per San Valentino e adesso lui si trova senza neanche uno schifoso
regalino da presentargli a cena.
Naturalmente non gli dirà di essere stato lui ad annullare
la prenotazione al ristorante, dopo essersi assicurato di persona che
non vi fossero altri posti disponibili e a cancellare con un paio di
efficaci telefonate tutti i – ridicoli, pacchiani e sciocchi
– programmi che Alfred aveva preparato appositamente per loro.
Guarda la rosa con un sorriso estasiato dipinto sulle labbra. Non
avrebbe potuto permettere ad Alfred di rovinargli la serata con qualche
assurda novità proposta dal mercato o da qualche rinomata
rivista femminile: fosse stato Natale, Capodanno o il suo compleanno lo
avrebbe lasciato fare senza problemi, gustandosi con aspettativa le
sorprese che l’altro gli avrebbe preparato, ma San Valentino
era una festa troppo importante. Non poteva permettere che un Americano
esaltato infarcisse di sciocchezze e banali luoghi comuni la festa
degli Amanti.
Dopotutto, qual era la città più romantica del
mondo? Springfield?
Lascia il fiore e solleva gli occhi quando Alfred entra nel grande
salone sbattendo la porta e lo segue con uno sguardo lievemente
contratto mentre lui si siede dall’altra parte del tavolo,
oltre il grande mazzo di rose. Francis appoggia una guancia sul palmo
della mano e lo guarda con gli occhi brillanti.
«Va tutto bene, mon cher?»
Alfred si caccia le mani nei capelli, frustrato e Francis non riesce ad
impedire ad un moto di entusiasmo di scorrergli per tutta la colonna
vertebrale. Sposta il vaso, solo di un poco, giusto per poter vedere
meglio il viso del suo amante.
«Che cosa c’è che non va?»
«È un disastro!» Alfred si passa le mani
nei capelli e poi lo guarda, da dietro le lenti, con i suoi occhi da
cucciolo ferito. Francis gli afferra una mano tra le sue, incitandolo a
continuare, e lui sospira. «Avevo organizzato tutta la
serata, sai, per farti una sorpresa…»
Non può sorridere, deve assolutamente impedirsi di
sorridere. «E cosa è successo?»
«Che è successo? È successo che qualche
imbecille ha rovinato tutto e ora mi trovo senza prenotazione al
ristornante – maledizione, avevo prenotato dei mesi fa, ora
non hanno più nemmeno un ripostiglio libero! – e
tutti i miei progetti sono andati in fumo! È un
disastro!» geme e affonda la testa nell’incavo dei
gomiti, sbattendo la fronte sul tavolo.
Francis sospira, fingendosi affranto e fa il giro attorno al tavolo per
andargli accanto. Gli accarezza i capelli biondi, dolcemente e gli
solleva il mento per poterlo guardare negli occhi. «Grazie, mon
amour.»
«Grazie di cosa? Ho rovinato…»
«Sh,» gli appoggia un dito sulle labbra.
«Sono certo che la tua serata sarebbe stata meravigliosa,
Alfred.» Sa di star mentendo spudoratamente ma spera che il
suo affranto compagno scambi il leggero tremolio della sua voce per
dispiacere piuttosto che per mal celata soddisfazione.
Alfred sbuffa e si riaggiusta gli occhiali sul naso, riprendendo un
po’ di contegno. «Be’, sì,
sarebbe stato veramente fantastico, il miglior San Valentino della tua
vita,» Oh ti prego! «ma, ormai,
non se ne fa più niente.»
Francis si alza e si accarezza la barbetta con una mano fingendo di
pensare ad una soluzione dell’ultimo minuto che aveva
già pronta da settimane. Esala drammaticamente, attirando
l’attenzione degli occhioni blu di Alfred a cui sorride
mestamente, prima di accarezzargli una guancia. «Mon
trésor, mi addolora vederti in questo
stato.» Si china a baciargli le labbra. «Facciamo
così: tu non pensare più a nulla, e questa sera
vieni a casa mia, cucino io.»
Alfred lo guarda con le sopracciglia inarcate e l’espressione
poco convinta, prima di concentrare tutte le sue attenzioni su un
angolino del ricamo del centrotavola. «Oggi doveva essere una
giornata veramente speciale.»
Francis solleva gli occhi al soffitto pensando, tra le altre cose, che
dopo tutti gli anni che sono stati insieme – due, che per
l’Americano sono una sorta di record – Alfred non
aveva ancora capito il vero senso non solo di quella festa, ma
dell’amore in generale.
Gli poggia una mano sulla spalla e gli sorride, accattivante.
«Sarà speciale.»
Alle otto e diciassette in punto – esattamente diciassette
minuti dopo l’orario che avevano pattuito – Francis
apre elegantemente la porta del suo lussuoso appartamento su un Alfred
in giacca e cravatta nascosto da un voluminoso mazzo di rose rosse. Si
scosta per lasciarlo entrare e, appena riesce a raggiungere il suo
viso, gli accarezza le labbra con le sue, impadronendosi dei fiori e
mettendoli in un grosso vaso decorato a ricami celesti e blu che,
casualmente, si trova già a portata di mano.
«Grazie mille, non dovevi disturbarti.»
Alfred si stringe nelle spalle. «Era il minimo, dopo che la
mia meraviglio…»
«Ma non stiamo nell’ingresso,
accomodati.» Gli prende il cappotto e lo ripone accanto al
suo, facendogli poi strada verso la cucina permeata dal profumo
delizioso di carne arrosto. Alfred guarda la tavola apparecchiata
elegantemente e il suo occhio cade su una bottiglia lucida di buon vino
non ancora stappato, mentre la mente già immagina il
delizioso dessert che apparirà magicamente dal frigorifero.
Suo malgrado, sorride. «Hai fatto tutto per bene,
eh.»
Francis apre il forno e porta le pietanze calde sul tavolo, prima di
stappare con grazia il vino che versa nei loro calici. «Come
ho potuto.» Solleva il suo bicchiere, imitato da Alfred.
«Buon San Valentino, amore mio.»
L’Americano fa tintinnare i loro bicchieri con un eccesso di
entusiasmo, facendo quasi rovesciare il liquido cremisi.
«Buon San Valentino!»
La cena è deliziosa, come è delizioso il vino che
il suo amante ha fatto arrivare direttamente dalla Francia e il
cioccolatino ripieno che Francis gli ha appoggiato sulle labbra,
l’ennesimo di una lunga serie. Alfred è
leggermente stordito e ricambia quasi impacciato il bacio caldo e
profondo del suo amante che è già riuscito a
sbarazzarsi della sua cravatta e della sua giacca. Francis si solleva e
si lecca le labbra, prima di afferrare un altro cioccolatino dalla
scatola mezza vuota. Alfred schiude la bocca, ma Francis si sofferma a
carezzargli le labbra col dolce prima di lasciarglielo leccare via
dalle sue dita.
«Vuoi farmi ingrassare, a furia di cioccolata?»
Francis gli bacia la mandibola e inizia a sbottonare la camicia del suo
amante. «Non, mon cher, voglio solo che la
tua bocca sappia squisitamente di cioccolato, prima di portarti a
letto.»
Alfred ride, forse solo a causa del vino, o del ripieno alcolico dei
dolcetti. «And purquà?»
«Come perché? Perché il cioccolato
è il sapore di questa festa, naturalmente.»
«Cliché.»
«Lo sarà ben diventato per una ragione, non ti
sembra?»
Alfred sbatte le palpebre, per un attimo incapace di ribattere e apre
la bocca per accogliere la lingua esperta di Francis, le cui dita
continuano a scendere sul suo petto insieme ai bottoni cedevoli della
sua camicia. Alfred gli appoggia una mano sul petto e lui si lascia
guidare via docilmente, continuando ad accarezzargli la pelle.
«La sai una cosa, Francis? La tua bocca non sa per niente di
cioccolato.»
Il Francese inarca un sopracciglio, sottilmente compiaciuto, e mette
tra le dita di Alfred un cioccolatino scuro prima di afferrargli il
polso e guidarlo fino alla sua bocca. Apre le labbra voluttuosamente e,
con la lingua, accarezza le dita callose, le nocche, prima di prendere
in bocca il bolerino e lasciarlo sciogliere lentamente, senza togliere
gli occhi da quelli leggermente appannati del suo amante.
«Così va meglio?»
Francis gli lascia la mano e prende un altro cioccolatino che si infila
tra le labbra. Afferra il viso di Alfred con entrambe le mani e lo
porta vicino al suo, passandogli il dolcetto direttamente dalla sua
bocca, accompagnandolo con la sua lingua. Il bacio è lento,
sensuale, fin troppo caldo per lui che non riesce più a
capire se la cosa che gli piace maggiormente è il gusto del
cioccolato fondente o il sapore di vino della bocca
dell’altro, oppure le due cose insieme.
Francis si scosta da lui lentamente, per riprendere aria, e si alza in
piedi, afferrandogli la mano. «Coraggio, amore.»
Alfred si alza, tremolante sulle gambe e lui lo stringe tra le sue
braccia, accarezzandogli la schiena e sfiorandogli il collo con la
bocca. «Ora sai abbastanza di cioccolato.»
La sua camera da letto è in fondo al corridoio e la distanza
non gli è mai parsa esigua quanto quella sera. La porta si
apre senza un cigolo e Alfred sente i suoi polmoni riempirsi di un
profumo ovattato e pungente che si mescola al vino e al cioccolato e
gli entra dentro, stordendolo. Quando può guardare dentro
spalanca gli occhi e sorride. «Rose?»
Sono ovunque, petali scarlatti sparsi ai lati del letto, sulla
scrivania, sul copriletto e le lenzuola di seta del letto a baldacchino
rivoltate all’indietro con finta negligenza. Francis lo
afferra per un braccio e lo porta con sé fino ai piedi del
letto; lo fa sedere e si libera delle sue scarpe prima di prendergli il
viso tra le mani e baciarlo, guidandolo a stendersi sotto di lui. I due
non smettono di baciarsi e scivolano sui petali fino ai grandi cuscini
bianchi, dove Francis adagia dolcemente il suo amante, continuando a
baciargli il viso e il petto.
«Vuoi farlo sulle rose?»
«Mais naturellement.»
Alfred prende un petalo tra le dita e ne saggia la consistenza,
studiandolo da dietro le lenti degli occhiali e gli occhi appannati.
«Non dirmelo: anche questo è un cliché
fondamentale?»
Francis sorride, indulgente e prende un braccio di Alfred, iniziando a
baciargli il polso. «Ma certo.»
«Giusto. Dopotutto anche io ho pensato subito alle
rose.» Alfred è troppo stordito dal profumo, o
forse dall’alcol che ha in circolo, ma resta beatamente steso
sui cuscini a sognare ad occhi aperti, rendendosi conto marginalmente
della bocca e delle mani di Francis che volano su di lui e non si
preoccupa nemmeno quando si rende conto di essere steso a braccia
aperte, impossibilitato a muoversi con le braccia legate al baldacchino
da due spessi nastri.
Francis gli toglie gli occhiali e li adagia sul comodino, prima di
tornare a cavalcioni su di lui. Alfred contrae i muscoli sotto la
camicia che ha ancora indosso e fa un cenno con la testa verso la sua
mano. «E questa? Seta?»
«No, velluto. »
Alfred sa che vorrebbe ribattere qualcosa, ma la sensazione che sta
iniziando ad impadronirsi del suo stomaco e delle sue viscere
è troppo calda ed avvolgente perché lui possa
articolare un solo pensiero coerente. La bocca di Francis è
sulla giugulare, sotto il pomo d’Adamo e lui freme dal
desiderio di toccare i suoi capelli biondi e la sua pelle. Contrae i
muscoli delle braccia e si inarca quando le mani del Francese gli
accarezzano lente l’addome, risalendo piano, stimolando ogni
centimetro di pelle tesa sotto i muscoli guizzanti, mentre le labbra
vanno loro incontro, soffermandosi appena sui capezzoli già
turgidi ed esitando sull’ombelico. Le dita scorrono lungo i
fianchi solleticandolo e facendolo contorcere e supplicare di smetterla
e di liberargli le mani. Francis si solleva appena e gli appoggia un
dito sulle labbra, come quella mattina.
«Sh, lascia fare a me.» Gli accarezza il viso e
raccoglie un petalo dal copriletto, esaminandolo prima di appoggiarlo
su una clavicola di Alfred e di farlo scorrere sul suo petto. Si china
a baciargli la pelle mentre fa scorrere il petalo scarlatto sui suoi
pettorali tesi e intorno al suo capezzolo, tormentandolo dolcemente e
stuzzicando l’altro con la lingua, piano, perché
non vuole ancora che perda il controllo.
Lo sente gemere forte e si muove ancora più lentamente,
facendo scivolare il petalo sui suoi addominali contratti per lo
sforzo, e appoggia la mano sul suo addome, scendendo appena con le dita
oltre l’orlo dei pantaloni che sa essere già
troppo scomodi. Sorride contro la sua pelle e scende con il viso a
baciargli l’ombelico mentre li libera della cintura e dei
calzoni del suo amante.
Si lecca le labbra facendo scivolare oltre le ginocchia
l’orlo dei boxer e si pente di non aver portato con
sé dell’altro cioccolato da strofinargli
sull’eccitazione che svetta orgogliosa tra le sue gambe
tornite. Gli accarezza il membro con il petalo, quasi distrattamente,
dalla punta alla base e guarda il suo viso contorto dal piacere
dibattersi sui cuscini a causa dei nastri che bloccano le sue mani.
Alfred si inarca e annaspa quando lui lo tocca in modo più
audace e, anche se non oserebbe mai rinfacciarglielo – non
direttamente, almeno – sa perfettamente che nessun ristorante
esclusivo e nessun programma per innamorati preparato a tavolino
potrebbe dargli le stesse sensazioni folli che lo spingono a sollevare
il bacino verso di lui e a gemere in quel modo assolutamente delizioso.
Continua a toccarlo, stimolandolo appena e, quando sente che ormai
è ad un passo dal perdere la ragione abbassa il viso e gli
prende la punta tra le labbra, iniziando a muoversi subito,
velocemente, stimolandolo con le labbra e la lingua fino a che lui non
gli viene direttamente in bocca, esalando lentamente e rigettandosi
esausto sui cuscini.
Francis ingoia, ripulendo anche gli angoli della bocca e si stende
accanto a lui, ancora vestito, continuando ad accarezzargli il petto
con i fiori.
Alfred guarda il soffitto, estasiato. «La sai una
cosa?»
«Mh?»
«Avevi ragione. Insomma, il mio programma era straordinario
ma… È fantastico.»
Francis sorride e gli bacia una guancia. Probabilmente non
imparerà mai che solo raramente la spettacolarizzazione
è sinonimo di successo ma, per il momento, può
ritenersi soddisfatto.
«Ora mi sleghi?»
Ma non per questo deve smettere di giocare.
«Neanche per sogno.»
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