IL
SOGNO DEL GRIFONE
Camminava per
le strade trafficate di Parigi Hermione Jane Granger o Jane
Dubois come si chiamava ora, diretta a Montmartre … e
ripensava, ripensava agli
ultimi anni con sentimenti contrastanti che si succedevano nel suo
animo;
nostalgia, per Harry, per Ron, per quel passato così
difficile che l’aveva
tanto cambiata… erano passati sei anni da quando si erano
diplomati con un anno
di ritardo a causa della guerra, e tutto quello che aveva pensato per
il suo
futuro era scomparso, la realtà l’aveva travolta
in maniera talmente violenta,
a partire dalla morte di sua madre da non rendersi nemmeno lei conto di
come da
un giorno all’altro si fosse ritrovata a Parigi con un nome
nuovo, una speranza
nuova, una vita nuova assolutamente incerta, cosa non da lei, eppure
con una
speranza nuova nel cuore… Ripensava alle facce di Harry e
Ron quando otto mesi
prima aveva dato le dimissioni da Auror, per scegliere di cambiare
città, aria
e cosa più folle stravolgere completamente la propria vita
inseguendo quel
sogno folle che la perseguitava da quando era bambina, quel sogno
magico che
aveva ereditato da sua madre e che suo padre aveva cercato di spezzare
in lei
insieme al suo carattere, alla sua dignità, come
già aveva fatto con la moglie…
ma Hermione era forte, Hermione era orgogliosa e soprattutto, si diceva
a
volte, era completamente pazza: aveva lasciato la carriera da Auror al
ministero della magia per inseguire il suo babbanissimo sogno di
cantare nei
teatri lirici…. Una vera follia!
Eppure, la sua
presenza in quella città meravigliosa poteva ricondursi a
quello, quello che inconsapevolmente era stato l'inizio di tutto e la
sua
salvezza.
Cantava da che
era bambina, quell’amore lo aveva ereditato da sua madre che
anni prima aveva tentato la carriera artistica cominciando anche ad
avere un
certo successo, ma si era dovuta ritirare per amore: il suo gelosissimo
e
possessivo marito non avrebbe mai accettato che sua moglie gli stesse
lontana
per il suo lavoro, e l’aveva rinchiusa nel suo studio
dentistico assieme a lui;
ma la donna non si era arresa e aveva trasmesso quell’amore
per la musica che la
animava a sua figlia, facendole studiare canto, e la passione di sua
madre era
diventata anche la sua. Hermione aveva continuato a coltivare questo
suo amore
anche negli anni di Hogwarts studiando, senza che nessuno dei suoi
amici ne
fosse al corrente, col direttore del coro della scuola, era il suo
piccolo
prezioso segreto quello. Aveva una bellissima voce, anche se quasi
nessuno
l’aveva mai sentita cantare… o meglio nessuno
l’aveva vista cantare, perché
udita sì, l’avevano udita tutti in occasione del
funerale di Silente e quando
Fanny si era unita al suo canto e aveva sorvolato la folla presente,
avevano
tutti pensato che quella voce melodiosa appartenesse solo alla
meravigliosa
fenice.
Dopo la guerra
magica aveva frequentato l’ultimo anno a Hogwarts, e aveva
conseguito i M.A.G.O. con ottimi voti, più una menzione
speciale per il canto,
poi aveva iniziato l’addestramento e la carriera di Auror, ed
era tornata a
casa a vivere con i suoi, anche se spesso desiderava andarsene a causa
di suo
padre dispotico e autoritario e sarebbe stato anche violento se non
avesse
temuto la magia della propria figlia e quindi era rimasta in quella
casa per
sua madre, per proteggerla.
Ma sua madre
era morta improvvisamente per una malattia fulminante che se
l’era
portata via in poco più di un mese. Tre giorni dopo il
funerale suo padre
abbruttito ulteriormente dal dolore, si era dato all’alcol e
al gioco d’azzardo
e una sera si era giocato casa, e tutti i risparmi in una partita a
poker,
aveva perso e per non restare senza casa l’aveva barattata
con la figlia.
Tornato in quella che era ancora casa sua nel cuore della notte,
l’aveva
svegliata bruscamente dicendole di alzarsi perché si sarebbe
dovuta trasferire
immediatamente da un suo compagno di bisca perché ora lui la
possedeva, l’aveva
vinta a carte; ancora seduta sul letto Hermione l’aveva
guardato stranita,
incredula, ma lui senza vergogna, senza pietà le aveva detto
di muoversi perché
l’uomo la stava aspettando; ancora sgomenta gli aveva chiesto
che cosa sarebbe
accaduto se lei non avesse accettato e dopo una risata beffarda si era
sentita
rispondere che non poteva non accettare, perché lei era sua
figlia, gli
apparteneva e doveva obbedirgli, e che lui non poteva rischiare che
l’uomo che
aspettava di sotto gli portasse via la casa e gli spezzasse le gambe
per
quell’ulteriore cambio di programma solo perché
lei faceva i capricci e l’aveva
strattonata bruscamente per farla alzare. Hermione veloce come solo un
auror
poteva essere aveva estratto la bacchetta da sotto il cuscino e lo
aveva
schiantato, non troppo forte però, perché
l’uomo anche se intontito dalla botta
potesse ancora capire che cosa stava accadendo poi come niente fosse
aveva
fatto apparire per magia un paio di stampelle e le aveva adagiate sul
letto -
Credo che queste ti serviranno! – erano state le ultime
parole che gli aveva
rivolto schifata, prima di smaterializzarsi alla Tana dove sapeva di
potersi
sempre rifugiare in caso di bisogno.
Da quel
momento in poi era stata una corsa precipitosa di eventi, dopo giorni
di apatia, confusione e dolore per la morte di sua madre e per
l’orrore di
quello che era stato capace farle suo padre si era resa conto che non
riusciva
più a vivere a Londra, non sapeva nemmeno più lei
che cosa volesse, e così
aveva deciso di partire, aveva adottato il cognome di sua madre e
sempre in suo
onore aveva scelto come meta Parigi che la donna le aveva sempre
descritto come
una città dall’atmosfera magica, dove forse un
sogno poteva ancora essere
inseguito e afferrato.
Forse…
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