Parte: 1/2
Genere: drammatico, sovrannaturale
Avvertimenti: AU in cui Aphrodite è un
angelo e Diemme un diavolo, WTF all'ennesima potenza, yaoi, blasfemume
vario, litri di sangue, linguaggio da portuali (un giorno o l'altro
taglio la lingua a Cancer), narrato prima persona alternativamente dai
due (ribadisco la mia intenzione di tagliare la lingua a quel
dislessico di Cancer. Giuro, io non scrivo così! Ma da
quando levyrasputin
mi ha detto che il mio Death Mask è quasi pulp ho dato di
matto, e poi è stato Novecento di Baricco a farmi iniziare
questa storia assurda, quindi capitemi...), variazione di POV
Coppia: Aphrodite/Death Mask
Conteggio parole: 8386 (totale dei due capitoli)
Note: Doveva essere solo una PWP per il p0rnfest #3
@ fanfic_italia
col prompt Saint Seiya, Aphrodite/Death Mask, la rabbia di
amare, ma si è trasformata in questo mostro di
dodici pagine, un parto di una settimana. Gracious God!
*faints*
L'angelo a cui fa riferimento Deathy all'inizio è una cosa di
questo genere.
Colonna sonora: direi quasi obbligatoria, visto che
senza tutti questo non sarebbe mai nato: Cirque du
Soleil - Alegria (è cantata in spagnolo, inglese
ed italiano).
Lui,
il cretino coi capelli azzurri, era stato un angelo una volta. Non si
capiva chi cazzo gliel'avesse fatto fare ad uno così di
strapparsi le ali. Voglio dire: era bello, bello come... be', un
angelo. E da una faccia -e un corpo, eterni dei, che corpo!-
così ti aspetteresti tutto il bene del mondo. Invece no:
quello poteva avere il paradiso e se n'è andato pur di poter
fare il bastardo in santa pace. Mi piace credere che l'abbia fatto
anche per me, ma chi cazzo lo capisce a quel cretino coi capelli
azzurri?
#
Ce n'erano molti,
di modi per perdere le ali, ma non si era mai certi; comunque era un
processo lungo ed estremamente doloroso. Non c'erano leggi scritte,
precise. La volontà divina, quella era perfetta e
immutabile, ma a noi semplici angeli non era dato conoscerla. Certo,
mettere un cartello col regolamento interno all'ingresso avrebbe
facilitato le cose a tutti, ma non è che si potesse andare
da Dio -il Dio onnipotente dei monoteisti- a lagnarsi di simili
quisquilie. Ogni tanto ne avevamo parlato con Atena, che anche se era
in pensione restava una con cui si poteva ragionare, una che sapeva
cosa voleva dire Giustizia.
Fatto sta che mi ero stufato. Mi ero già stufato prima
ancora di conoscere quello stupido diavolo, ma fu proprio lui a darmi
la spinta definitiva.
Bisogna dire che ci eravamo proprio trovati: lui che ne aveva
abbastanza dell'inferno e io del paradiso. Non che non fosse un emerito
stronzo, beninteso: diavolo era nato e diavolo sarebbe morto -se
fossimo stati mortali. Era solo che torturare le anime dei peccatori
aveva iniziato a dargli sui nervi, forse proprio perché si
comportava come loro.
“Sono solo dei poveracci, staminchia”, mi diceva
sempre, “Per qualche scopata di troppo, qualche abbuffata o
dei soldi spesi male bisogna tormentarli così in
eterno?”
Ero d'accordo.
Insomma, eravamo sin troppo umani per i nostri ruoli. Ma non
è sempre stato tutto facile; non furono, come si suol dire,
tutte rose e fiori.
Alegria
I see a spark of life shining
Alegria
I hear a young minstrel sing
Alegria
Beautiful roaring scream
Of joy and sorrow,
So extreme
There is a love in me raging
Alegria
A joyous, magical feeling
[Allegria
Vedo luccicare una scintilla di vita
Allegria
Sento cantare un giovane menestrello
Allegria
Meraviglioso ruggente grido
Di gioia e dolore
Così estremo
C'è amore in me che infuria
Allegria
Una sensazione gioiosa, magica]
#
Ricordare
il nostro primo incontro sembra proprio una roba da checche melense, ma
devo ammettere che fu una gran figata. Una cosa che vale la pena
raccontare, insomma.
Avete presente quegli angeloni della scultura barocca, armati come
antichi greci con tanto di gonnellino di pelle, schinieri, spadone in
mano e sguardo non proprio pacifico? Ecco, Phro era esattamente
così. Uno spettacolo. Ed era venuto giù per me:
stavo facendo casino sulla Terra, e il suo Capo aveva mandato lui. Che
poi a pensarci bene, se Dio è onnisciente avrebbe anche
dovuto saperlo come sarebbe finita fra noi. E allora perché
minchia ha mandato proprio lui, eh? Si vede che o non è poi
così onnipotente o era quello che voleva. Ma onestamente la
seconda mi pare piuttosto improbabile. Far finire uno dei suoi preziosi
angioletti nelle grinfie -e nel letto- di un diavolo? Naaa, non ci
credo neanche se me lo viene a raccontare Lui in persona. Insomma, mi
sa che il Vecchiaccio perde colpi. Sarebbe da far sapere a Zeus, magari
ci fa un pensierino sull'idea di detronizzarlo come ha fatto con suo
padre Crono. Così chiudono l'inferno, che è una
vera merda, e riaprono l'Ade, i Campi Elisi e compagnia bella. Non che
ci fossi già, all'epoca: sono giovane, io. Ma da quello che
racconta Proserpina sembra un posto interessante. Ok, forse lei non
è propriamente obbiettiva, visto che è innamorata
del re di quel posto -e non me la smenate con la sindrome di Stoccolma:
alla fine si è innamorata davvero, fine della storia.
Ma sto di nuovo divagando. Sono secoli -secoli, non scherzo- che non
metto insieme un discorso coerente. Mi sa che tutto quel torturare
anime in pena deve avermi urtato i nervi. Era anche divertente,
all'inizio, solo che tutto alla lunga stanca. Cioè, quasi
tutto: Phro non mi ha ancora stufato.
Comunque, tornando a noi. Il nostro primo incontro. Io ero in giro a
spargere pestilenze, in Sicilia se non ricordo male, e tutt'a un tratto
mi trovo davanti 'sto pezzo di ragazzo tutto luccicante di grazia
divina -a guardarlo bene mi sarei accorto che iniziava già
ad incrinarsi- che, giuro, sembrava glitter spalmabile, di quello che
trovi in quelle rivistacce tipo Top Girl. C'aveva un sorriso angelico
che però tendeva al ghigno, e una rosa fra i capelli. Invece
di preoccuparmi, che uno così a lasciarglielo fare mi
riempiva di mazzate, la prima cosa che feci fu mettermi a ridere. Non
era pazzia -cioè, forse sì, ma in misura
limitata. E poi non si dice che chi sa di essere pazzo non
può essere veramente pazzo? Comunque, lasciando perdere i
ragionamenti che si mordono la coda, il fatto era che quella
fottutissima rosa era indegnamente ridicola. Voglio dire: ti ritrovi
davanti uno armato di tutto punto con tanto di spadone a due mani,
pronto a combattere per l'ancestrale scontro fra Bene e Male... con una
rosa rossa fra i capelli?
Ma la cosa più assurda fu che il cretino in questione non si
offese minimamente per il mio scoppio di ilarità. Se ne
stette fermo sbuffando appena un po'.
- Fa' ritorno all'inferno che ti ha vomitato, o demonio! -
esclamò. Ma nella sua voce c'era qualcosa che non tornava:
era come se stesse ripetendo una cantilena ormai venutagli a noia. - In
nome del Signore, lascia vivere questi innocenti!
- Ma chi ti credi di essere? L'arcangelo Gabriele?
Non ho mai scoperto se fosse vero, ma dalle mie parti Gabry era
conosciuto come il più cazzuto delle schiere celesti, quello
che ti faceva a fette in meno di un battito di ciglia con una mano
mentre con l'altra sgranava il rosario. Il classico nemico che non
vorresti ma incontrare, insomma.
- Tsk, figurati se scomodano un Arcangelo per uno come te!
#
Quello che mi
annoiava tanto era la mancanza di nemici alla mia altezza. Un angelo
come si deve in realtà ama la pace, e lotta solo quando
è strettamente necessario.
Dopo il primo assaggio dell'eccitazione della battaglia però
io non avevo più potuto farne a meno. Mi piaceva combattere.
Forse proprio per questo venivo sempre mandato in missioni che
somigliavano a scampanate per la Terra più che a scontri con
il Maligno. Altri angeli tornavano su coperti di sangue e ferite, ossa
rotte, ali strappate; io niente, fresco come una rosa. Fu per quello
che iniziai a mettermi quel fiore fra i capelli ogni volta che
scendevo. I miei nemici non riuscivano neppure a spettinarmi. E poi
commettere un po' il peccato di vanità era una cosa che
aveva il suo fascino, all'epoca. Ero come un ragazzino alle soglie
dell'adolescenza, che si bea delle prime minuscole ribellioni,
inconsapevole delle vere stronzate che compirà poi in vita
sua.
Ah, sì, ogni tanto mi scappa qualche parolaccia. Ovviamente
è tutta colpa della pessima influenza di Death.
Dunque il giorno in cui lo incontrai lo credetti un nemico come gli
altri, inutile.
- E' diventata un'abitudine far combattere le ragazzine o ci sei solo
tu così, lassù? - mi sbeffeggiò, per
nulla intimorito. Non che avessi mai visto un diavolo dar segni di
paura.
Comunque, tecnicamente, noi angeli -gli angeli, maledizione, gli
angeli!, parlo ancora come se fossi uno di loro- non avrebbero sesso,
ma per muoversi nel mondo terreno hanno bisogno di un corpo, che viene
assegnato appena nati, e al quale spesso l'anima si lega, soprattutto
se trascorrono giù molto tempo. Era per quello che spesso le
ferite riportate sulla Terra erano così profonde da lasciare
cicatrici vere.
Essere chiamato 'ragazzina' allora non mi colpiva più di
tanto. Ero abbastanza certo di non essere una femmina, ma in via del
tutto teorica il mio corpo non avrebbe dovuto contare molto. In effetti
era più che altro una questione di abitudine, credo: non
erano cose su cui riflettevo molto, in quel periodo.
- A dire il vero, - risposi - di così bello ci sono solo io.
Prima ancora di finire la frase, mi gettai in avanti per colpire, e una
parte di me fu felice di sapere che sarei stato l'ultima cosa sulla
quale quegli occhi si sarebbero posati.
Ebbi una sorpresa.
- Ah ah ah! Hai i riflessi di un putto! - ghignò il diavolo,
ora a distanza di sicurezza dalla mia spada, che gli aveva solo
sfiorato il petto bruno e muscoloso.
Invece di prendermela gli sorrisi con aria di sufficienza. Almeno era
in grado di schivare qualche colpo. Chissà che magari non mi
ci sarei potuto divertire per qualche minuto.
#
Insomma,
il cretinetto non fa altro che sorridermi. 'Fanculo ai suoi sorrisi! Io
volevo combattere, e lui non mi prendeva sul serio! Mi era montata una
rabbia assurda in meno di un secondo, il che non era neanche tanto
strano, ma insomma, ero pronto a massacrarlo come si deve.
Feci roteare pigramente il forcone come fosse stato il bastone da
passeggio di un qualche dandy londinese per mostrare che nemmeno io lo
stavo prendendo troppo sul serio. Ma poi scattai in avanti mirando al
petto. Mi sarebbe piaciuto giocare un po' al gatto e il topo, ma avevo
imparato che è molto stupido non colpire un avversario
quando se ne ha l'occasione, per quanto debole questo ci sembri. E
Aphrodite non mi sembrava nemmeno un combattente da quattro soldi.
Infatti tutto quello che riuscii a fare fu di lasciare un graffio sulla
sua corazza, mentre l'aria bruscamente spostata dalle sue ali mi
schiaffeggiava la faccia.
Ringhiai piano, mentre la sua spada fischiava a pochi millimetri dal
mio orecchio. Dover evitare i colpi così in fretta da non
avere il tempo di rispondere o bloccare l'arma del nemico è
snervante. Tentai di attaccare da sotto, ma il mio tridente
incontrò fragorosamente la sua spada.
- Tsk. - fu lo spregiativo commento dell'angelo. Ma una luce selvaggia
brillava dietro il sorriso di superiorità, in fondo ai
sottili occhi azzurri.
- “Tsk” un bel paio di balle! Continuo a pensare
che tu sia lent-
- Dicevi? - mi prese in giro comparendomi improvvisamente vicinissimo.
Ma che, si era teletrasportato? Beh, peggio per lui, pensai, emanando
una fiammata.
Lui se la prese in pieno. E non gli lasciò un graffio.
Immobile, mi guardava sorridendo, e faceva no no con l'indice. - Il
Maligno dev'essere a corto di guerrieri se manda gente come te.
Pareva divertirsi come un bambino a prendermi in giro. Si vede che era
uno a cui piaceva giocare col fuoco. Interessante: non pensavo che ci
fosse gente come lui nell'alto dei cieli.
Riprovai ad attaccarlo, sogghignando di soddisfazione. Feci per
muovermi verso destra, ma poi scattai a sinistra. L'angelo rimase
disorientato per meno di un secondo, e parò ancora il colpo
con la spada, trovandosi però in una posizione alquanto
scomoda. Allora gli scatenai le mie fiamme in pieno viso.
Riuscì a scansarsi appena in tempo. O quasi. La parte
sinistra del suo viso era appena annerita dal fumo, mentre la rosa che
mi aveva fatto tanto ridere era bruciata insieme a qualche ciocca dei
suoi capelli. Nel complesso però non sembrava uno che stava
combattendo con me. Insomma, di solito i miei avversari dopo tutto quel
tempo erano come minimo stremati e mezzi morti!
Senza contare la fastidiosa flemma di quell'angelo. Si pulì
la guancia con una mano, poi si risistemò i capelli dietro
l'orecchio, volando a distanza di sicurezza. Però a
guardarlo bene sembrava incazzato. Non era mica per quella stupida rosa?
Fatto sta che meno di un secondo dopo mi ritrovai a dover scansare una
saetta, seguita immediatamente dalla spada di Aphrodite che mi
lasciò un graffio sul collo.
- Se il primo in molti anni che riesce a colpirmi. - ammise. Poi
cercò di staccarmi di netto la testa.
Ovviamente non ci riuscì. Ma si prese un'unghiata in un
braccio, e il suo preziosissimo sangue macchiò la manica
candida della tunica.
- Ti toccherà passare in lavanderia. Uh, come mi dispiace!
- Tu invece non ci passi da una vita, vero? Secondo me una volta anche
i tuoi pantaloni erano bianchi. Poi te la sei addosso quando ti hanno
detto che dovevi combattere.
Insomma, per farla breve, visto che la nostra forza era pari, finimmo a
tentare colpi qua e là senza convinzione, insultandoci nei
modi più idioti del mondo. A ripensarci mi chiedo come sia
stato possibile. Voglio dire: a rigor di logica, se eravamo entrambi
tanto forti, avremmo dovuto ridurci male a vicenda, e a quest'ora forse
non sarei qui a raccontarla.
E anzi, per ulteriore insulto ad ogni logica, alla fine ci fermammo
pure, stremati. Restammo a guardarci negli occhi senza più
voglia di fare niente.
- Di solito gli esseri umani quando incontrano un nemico degno alla
fine dello scontro si stringono la mano. - proposi infine, tanto per
dire una cazzata provocatoria. Però sarebbe stato divertente
stringere davvero la mano ad un angelo. In realtà ogni
contatto in teoria era severamente proibito, ma vedi mai che facevo
cadere quello strano tipo e lo facevo diventare uno dei nostri. Se era
successo una volta, poteva capitare ancora, no? Non dovevamo essere
fatti di materia tanto diversa, in fondo.
- Non si può. - rispose lui senza convinzione.
- In culo alla legge.
Aphrodite scosse il capo. - Non è questione di legge,
intendo proprio che non si-
Imprudentemente, gli tranciai a metà la frase e gli afferrai
una mano. Bruciò. Bruciarono. Le nostre mani, intendo. Un
dolore atroce. Gridai e scattai indietro. - Stronzo! Pensavo che il
combattimento fosse finito!
L'angelo sbuffò. - Non sono stato io. - spiegò
con invidiabile pazienza, reggendosi la mano ustionata con l'altra ma
senza la minima espressione di sofferenza nella voce - E' quello che ti
stavo dicendo prima. Non può esserci alcun contatto fra noi
e voi. È per questo che anche se siamo creature immortali ci
possiamo uccidere a vicenda. E grazie alla tua stupidità
sarà un miracolo se non mi resteranno cicatrici sulla mano.
- Tanto a voi i miracoli li danno un tanto al chilo come le mele, no? -
sbottai, immaginando Dio come un gigantesco fruttivendolo e
deprimendomi per non essere riuscito a sconfiggere il dipendente di un
fruttivendolo. Comunque, si dice “saperne una più
del diavolo”, ma posso assicurarvi che Phro ne sapeva sempre
più di me. Su tutto.
- Voi di mele non dovreste neanche parlarne. - ribatté
Aphrodite sarcastico - Quella serpe del tuo capo ha combinato con una
sola più guai di quanti tutti voi messi insieme non ne
combinerete mai.
Non potei trattenermi dal ridere, e alla fine ce ne andammo entrambi
pressoché illesi.
#
Ma credete che su
me l'abbiano fatta passare liscia? Eh, no. Le mie stranezze erano
tollerate, ma superati certi limiti iniziavo a diventare un pericoloso
sovversivo. E non era tanto il fatto di non aver sconfitto il mio
nemico, che era obbiettivamente forte, quanto l'inconfondibile
bruciatura sulla mia mano destra.
Temetti persino di non poter più tornare sulla Terra, ma
fortunatamente la mia punizione non durò a lungo. Quando mi
ci rimandarono però non fu per combattere, ma per annunciare
ad un vecchio religioso dalla vocazione ormai arrugginita che la grazia
divina era con lui. Normale amministrazione, insomma, ma sempre meglio
che restarmene lassù per il resto dell'eternità.
Ora, è necessaria una precisazione: c'è un motivo
se il paradiso è il paradiso e l'inferno è
l'inferno, e certamente casa mia era un posto meraviglioso, o almeno
così mi era sempre parso; il fatto è che se stavo
fermo troppo a lungo iniziavo a sentirmi prigioniero. Era per questo
che amavo tanto scendere sulla Terra, non perché la trovassi
obbiettivamente più bella del Cielo.
Quando giunsi al convento dove si trovava l'anziano frate
però avvertii subito che c'era qualcosa di sbagliato. Puzza
di zolfo. Avrei dovuto essere preoccupato e invece non potei trattenere
un sorriso: forse avrei avuto occasione di combattere.
Mi precipitai verso la cella del frate, nella quale proprio in quel
momento stava entrando un demonio. Ah-ah, credeva
di avermi battuto sul tempo!
- In nomine Patris, vade retro, servus Satanae! -
gli gridai. Un essere umano forse avrebbe esitato chiedendosi se
colpirlo alle spalle o meno, ma nella mia mente quell'opzione
semplicemente non esisteva. Un angelo non è autorizzato ad
essere sleale nemmeno se il suo avversario è un diavolo; a
me poi l'idea ripugnava come guerriero oltre che come servo del Signore.
Il diavolo in questione si voltò stupito.
Se fosse stata mia abitudine avrei imprecato pesantemente: era lo
stesso con cui avevo combattuto anni prima, colui che mi aveva fruttato
un lungo esilio dalla Terra. Coincidenza bizzarra e sfortunata, se si
fosse venuto a sapere. Di tutti i demoni che l'inferno poteva vomitare,
perché proprio lui?
Poco male, mi dissi, stavolta l'avrei sconfitto in men che non si dica.
Perché l'avrei sconfitto, vero?
Ecco, esatto: no. Un altro nulla di fatto che però distrusse
per il nostro divertimento un'intera ala del monastero. E ovviamente a
chi toccò rimettere a posto tutto, dopo? Chi dovette
ricostruire le mura e manipolare le menti perché
dimenticassero quello spettacolo?
Comunque in un modo o nell'altro riuscii persino a portare a termine la
mia missione originaria, e stavolta senza bruciature imbarazzanti.
Sperai che quella fosse l'ultima volta in cui vedevo Death Mask. Pregai
che fosse l'ultima.
Ma quando mai le preghiere vengono esaudite? Giuro che se non l'avessi
visto coi miei occhi avrei iniziato a dubitare dell'esistenza di Dio;
mi limitai a dubitare della sua utilità quando rividi quel
diavolo per la terza volta.
Ero in cima ad una montagna, sulle Alpi. Non avevo un particolare
motivo per essere lì, avevo appena sconfitto un diavolo
nelle vicinanze ed avevo pensato di trattenermi a godermi lo
spettacolo. Adoravo i picchi rocciosi che emergevano cupi in mezzo al
bianco della neve, troppo scoscesi perché questa avesse
potuto depositarvisi.
Stavo fissando una cima in lontananza, quando un rumore sotto di me mi
distrasse, e mi accorsi di una valanga che si stava staccando proprio
dal costone che sorvolavo in quel momento, accompagnata dal sempiterno
odore di zolfo. Non crediate che tutte le disgrazie siano causate da un
demone in agguato: era semplicemente la mia sfortuna -o fortuna?- a
farmi capitare sempre in presenza degli emissari di Lucifero.
- Ma porcaccia di una miseria! Non c'è rimasto secco nessuno
in 'sta cazzo di valanga! E allora che l'ho staccata a fare? - stava
urlando una voce poco sotto di me. Una voce ormai preoccupantemente
familiare.
- Ancora tu? - sbottai planando verso il picco sul quale si era
bellamente appollaiato, simile ad un uccello rapace con le grandi ali
nere ripiegate quasi a guisa di mantello.
Mi scoccò uno sguardo appena un po' sorpreso. - Io? Sei tu
che sei sempre fra le palle.
- Bontà divina! - esalai - Credo di aver sentito
più parolacce ora che negli scorsi duecento anni.
- Che c'è, vuoi lavarmi la bocca col sapone? -
ghignò lui.
- Vorrei disintegrartela, la bocca, insieme a tutto il resto. Ma sembra
disgustosamente difficile. - non era codardia, la mia, ma il sapere che
saremmo finiti di nuovo in parità mi
sembrava quasi più noioso che il non combattere affatto.
- Non è che in realtà non vuoi?
Lo fissai sbigottito. Perché mai io non avrei dovuto
desiderare la morte di un diavolo?
- Magari ti sto simpatico. - ghignò Death Mask.
Fu allora che mi resi conto del fatto che quello era completamente
matto. Curiosamente però quella frase mi si
installò in testa con fastidiosa insolenza, quasi fosse
stata vera.
- Beh, senti angioletto, mi piacerebbe molto restare qui a parlare con
te, ma ho degli innocenti da sterminare, delle anime da comprare e
altre commissioncine per il Capo. Una noia, sai, ma mi tocca. -
spiegò le ali, e mentre se ne andava -mentre io,
più pazzo di lui, lo lasciavo andar via-
si voltò per gridarmi, ridendo: - Ah, comunque io mi chiamo
Death Mask, in caso volessi venire a cercarmi.
- E io mi chiamo Aphrodite, in caso volessi sapere il nome di quello
che ti farà la pelle!
See, come no. Basta guardare come siamo finiti.
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