Note:
quella che state per leggere è una ff ben diversa delle mie
solite. La troverete diversa nello stile, nei contenuti, nei
significati. Non so perché mi sia venuta quest'ispirazione,
ma così è stato, e io ho scritto. Il personaggio di Val mi è stato palesemente (o credo) ispirato da Lady Gaga, artista che ammetto di conoscere ben poco, dato che la sua musica non rientra nei miei giusti, ma che mi suscita simpatia istintiva per il suo modo di essere e di fare. Il rating è arancione perché alcune parti sono abbastanza "rosse", ma non tanto, secondo me, da meritare un "Vietato ai minori". ^^
Spero che
saprete leggerla con lo spirito giusto e amagari apprezarla. In
qualunque caso, ben sapete, ormai, che un commento è sempre
ben accetto. Ringrazio Lady Vibeke per l'artwork in apertura e Irina e
Loryherm per aver fatto da cavie. ;)
And when you go, I
will remember
I must remember to say
I never really loved you anyway
No, I didn't love you anyway
[I Never Loved You
Anyway, The Corrs]
***
12
Maggio 2014,
Amburgo
La casa vuota. Silenzio. La pioggia
che cadeva di fuori.
L’orologio della cucina che ticchettava imperterrito. La TV
accesa. Una
bottiglia di birra in mano.
Erano usciti tutti. Come sempre. Lui
ne aveva perso la
voglia, già da diversi mesi, senza un perché
preciso. Amava l’isolamento, da
qualche tempo.
Sedeva scompostamente sul divano del
salotto, facendo
zapping badando a stento ai programmi trasmessi. Passò ZDF,
Viva, passò MTV… e
qualcosa lo risvegliò improvvisamente dal suo stato di
assoluta apatia.
Anzi, qualcuno.
Tornò indietro,
risintonizzandosi su MTV. Il suo cuore ebbe
uno sgradevole tuffo. C’era lui, sullo schermo, e non era
solo. Con lui c’era
una ragazza, e non una qualsiasi.
Era lei.
Val.
Val von
Himmel – all’anagrafe
Eva Liebke – nasce a Colonia il 19 Settembre 1990 e fin dalla
più tenera età i
genitori la iscrivono a una scuola inglese. A undici anni, Val mostra
già i
primi segni di stravaganza: le piace tingersi i capelli e truccarsi in
modo ben
poco consono a una ragazzina della sua età e il suo gusto
nel vestire non è
visto di buon occhio, né dai genitori né dai suoi
coetanei. Ma lei non si
lascia toccare dalla loro disapprovazione e continua a testa alta per
la sua
strada.
A quindici anni,
inizia a scrivere le sue prima canzoni, accompagnandosi con la sua
chitarra,
che studia da quando aveva otto anni. Scrive in inglese,
perché, come
racconterà anni più tardi, sentiva di esprimersi
meglio in quella lingua, più
musicale e poetica del tedesco.
A diciannove anni,
mentre suona alla festa di un amico, viene notata da un produttore
musicale,
che le propone di firmare un contratto con la sua casa discografica.
Due anni
dopo esce il suo album di debutto dall’irriverente titolo:
Whore-ible,
preceduto dall’irriverente singolo Male For Sale, che entra
direttamente alla
numero tre nelle chart tedesche e in sole due settimane raggiunge la
numero
uno, incassando il disco d’oro. La fama di Val cresce
rapidamente anche
all’estero grazie a un fitto passaparola nella rete e
così in pochi mesi…
Tom non riusciva a crederci. Era un
intero servizio su di
lei. Una monografia dedicata a Val.
E quella parte di monografia aveva
tutta l’aria di essere
riservata a loro.
Ricordava fin troppo bene il giorno
che l’aveva incontrata
per la prima volta. Era stato nei camerini degli Echo Awards del 2011,
nella
zona fumatori. Si erano ritrovati entrambi in quella saletta minuscola
con una
sigaretta in bocca, soli. Tom aveva scordato l’accendino.
“Hai da
accendere?” le aveva chiesto, avvicinandosi
svogliatamente. La conosceva di fama – chi non la conosceva,
ormai? – e poteva
affermare con una certa sicurezza che non fosse il suo genere di
ragazza.
Non c’era assolutamente
niente di ordinario in Val von
Himmel: dai capelli rosa caramella all’assurdo abbigliamento
steampunk, dai
piercing ai lati degli occhi al rossetto verde e rosa, dalla carnagione
albina agli
sfregi tatuati sulla schiena. Forse i suoi occhi sarebbero potuti
apparire ordinari
– castani, appena allungati, orlati da folte ciglia scure
– se solo non
avessero avuto quella viva scintilla di malizia pura ad illuminarli.
Val non si poteva nemmeno dire bella.
Aveva un fisico ben
tornito, asciutto e proporzionato, ma questo non faceva di lei una
bella
ragazza.
Era strana. Solo strana.
Gli fece accendere e si
infilò l’accendino nella scollatura
del corpetto attillato, continuando a fumare come se lui non fosse
stato
nemmeno lì. Tom, invece, la studiò a lungo.
“Che cazzo hai da
guardare?” gli sbottò contro dopo un paio
di minuti, occhieggiandolo con puro disgusto.
“Niente,” rispose
lui, indifferente. “Non sei esattamente un
belvedere.”
Lei emise una risatina roca,
soffiando una boccata di fumo
verso l’alto.
“Guarda altrove,
allora.”
Tom incassò il punto a
proprio sfavore senza battere ciglio.
Si appoggiò con la spalla alla parete e prese a fissare un
poster scolorito dei
Deep Purple sulla parete.
“Il tuo nome
d’arte fa schifo, per la cronaca.”
Esordì a un
tratto, lanciando alla ragazza uno sguardo ostile.
“Il tuo nome di battesimo
anche, per la cronaca.” Replicò lei semplicemente.
Il primo
incontro con
Tom Kaulitz, però, non è destinato a restare un
caso isolato.
Due mesi più tardi,
Val e i Tokio Hotel si incontrano di nuovo, questa volta in occasione
dei Comet
Awards, nel corso dei quali Val viene eletta Miglior Artista Emergente
e i
Tokio Hotel incassano invece il Miglior Band, Miglior Performance Live
e
Miglior Canzone. Appare fin da subito evidente che tra Val e Tom
Kaulitz ci sia
del feeling naturale.
Si incontrarono
all’after-show party dei Comet, ma si ignorarono
deliberatamente. Poi Tom uscì per prendere una boccata
d’aria, e la trovò lì,
sulla immensa terrazza del locale, a fumare.
Lei si girò e quando lo
vide sollevò un sopracciglio chiaro.
“Guarda guarda chi si
vede…”
“Il dispiacere è
tutto mio.” Bofonchiò lui, infastidito. Di
tutte le persone che avrebbe potuto trovare, lei era l’ultima
che era disposto
a sopportare.
“Allora,” gli
chiese Val, senza alcun interesse. “Come va?”
“Peggio, adesso che ci sei
di mezzo tu.”
Non c’era stato una vera e
propria causa scatenante di
quella loro ostilità. L’avevano sentita a pelle
fin da subito e non si erano
sprecati a tentare di nasconderla.
Una cosa tirò
l’altra, però, e, senza nemmeno rendersene
conto, finirono per intavolare una conversazione fatta di insulti e
provocazioni,
e più parlavano, più in Tom si consolidava
quell’astio velenoso verso di lei.
Se ne accorse in particolar modo quando, faccia a faccia con lei, ebbe
il folle
istinto di premerle una mano sulla bocca e sul naso, per farla smettere
di
esistere, e soprattutto di parlare.
Ma nell’esatto istante in
cui questo pensiero si formava in
lui, lei si era improvvisamente zittita e lo aveva guardato dritto
negli occhi
con una strana espressione indagatrice.
Nonostante non fosse bella in senso
canonico, Tom dovette
segretamente ammettere che era molto sensuale.
“Fallo.” Gli
disse.
“Che cosa?”
replicò lui, benché sapesse perfettamente cosa
intendesse, poiché, suo malgrado, le sue fantasie omicide si
erano già
trasformate in fantasie di bel altro tipo.
“Lo sai cosa.”
“Che
presuntuosetta!”
“Il linguaggio del corpo
non mente.”
“Non sei proprio il mio
tipo, von Himmel.”
“I tuoi begli occhioni
incollati alle mie labbra dicono
tutt’altro.”
“Hai delle belle
labbra.” Le concesse allora lui. “L’unica
cosa di te che io trovi attraente. Senza offesa.”
“Non pensare che io mi
creda Miss Universo.”
“Sei così sicura
di te…”
“Bellezza e autostima non
vanno necessariamente di pari
passo, e tu lo sai sicuramente meglio di me.”
“Sai che punti toccare, a
quanto pare.”
“Oh,
sì,” rispose lei, sottovoce, avvicinandosi a lui
tanto
da toccarlo con il proprio corpo. “In modo più
letterale di quanto immagini.”
“Credi di potermi sedurre
con un po’ di voce roca?” la sfidò
Tom. I suoi sensi, però, stavano già rispondendo
agli stimoli da lei lanciati e
non sarebbe stato in grado di nasconderlo a lungo.
“Ti ho già
sedotto, Tom Kaulitz. Tre ora fa, quando ti ho
sfiorato sul red carpet.”
“Ammettiamo per un secondo
– per assurdo – che questa tua ridicola
teoria sia fondata… Adesso cosa succede?”
Val gli posò le mani sul
petto e gliele fece scivolare fino
al collo. Erano fredde e sottili, con lunghe unghie viola.
“Adesso,” gli
sussurrò lei all’orecchio. “Ci
divertiamo.”
C’è
chi sostiene che
già al party che ha seguito lo show, tra Val e Tom fosse
successo qualcosa.
Tutto ciò che si sa di certo è che, a un certo
punto, entrambi gli artisti sono
stati persi di vista, per poi ricomparire all’incirca nello
stesso momento.
“Tom, ma dove cazzo sei
stato?”
“Da nessuna parte,
Bill.”
A nessuno però sfuggirono
i vistosi segni che Tom aveva sul
collo. Gli stessi che tutti notarono sul collo di Val, quella sera
stessa.
Da lì in poi, i
pettegolezzi si sprecarono.
Per circa un
anno la
gente segue con attenzione ogni singola mossa dei due ragazzi,
rintracciando
segni di possibili relazioni anche in scene che normalmente sarebbero
quasi
passate inosservate. Val e Tom diventano oggetto di avide speculazioni di mezzo mondo e i media
fanno a gara per
aggiungere carne al fuoco. Stampa e Tv diffondono fotografie
compromettenti che
testimoniano quanto i due siano diventati intimi in pochi mesi.
Non vengono mai
sorpresi in incontri privati, ma agli eventi mondani dove
c’è uno c’è sempre
anche l’altra. Sono centinaia gli scatti rubati che li
ritraggono in
atteggiamenti fin troppo confidenti.
A ottobre dello stesso
anno, si incontrano nuovamente. Stavolta lo scenario è
Londra, che ospita gli
MTV Europe Music Awards, dove lei vince il premio come Miglior Artista
Tedesco
e i Tokio Hotel si portano invece a casa il Best Band per la terza
volta
consecutiva e un meritatissimo Best Song per la loro Humanoid.
Non ricordava bene nemmeno lui come
avessero iniziato a
frequentarsi, lui e lei. Si incontravano sporadicamente ma con
regolarità, e
tutto ciò che facevano quando erano insieme era del volgare
sesso di
convenienza.
La sua storia con Val era stata un
passatempo senza
significato, iniziato per scherzo. Tutto quello che aveva fatto con
lei, lo
aveva fatto per noia. Per riempirsi in qualche modo la vita.
Aveva assecondato le sue
provocazioni, per noia.
Per noia, le aveva permesso di
trascinarlo nel suo mondo
dove niente era normale, e ci aveva vissuto, andandosene e tornando,
senza mai
dire addio.
Per noia, l’aveva usata e
si era lasciato usare.
Per noia, per quasi due anni, aveva
vissuto di lei.
Ma non l’aveva amata.
Non avrebbe avuto alcun motivo di
amarla.
La relazione
tra Val e
Tom è ormai un fatto di pubblico dominio. Sulla bocca di
tutti indugia una
sola, semplice domanda: “Quanto durerà
ancora?”. Le malelingue pronosticano una
rottura imminente, ma i mesi passano e i paparazzi continuano a
sfornare
fotografie compromettenti.
Val sembra sicura e
disinvolta quando risponde alle domande dei curiosi: “Io e
Tom? L’amore non
c’entra niente. È un tipo che sa divertirsi, tutto
qui.”
Tom invece è reticente
a rilasciare dichiarazioni. Quando gli si nomina Val, preferisce non
commentare.
I due si ostinano a
negare che esista qualsiasi tipo di coinvolgimento sentimentale tra
loro, ma le
prove dicono il contrario. È il novembre del 2012 quando,
per i nuovi EMAs, che
si tengono ad Amsterdam, si trovano entrambi, come molti altri artisti,
ad
alloggiare al Ritz. Fonti attendibili riveleranno poi che la suite
riservata a
nome di Tom resterà praticamente intatta, mentre quella di
Val verrà trovata
in condizioni fin troppo vissute per
aver ospitato una persona sola.
Tom si lasciò cadere sul
cuscino, esausto. Accanto a lui,
sudata, Val fece lo stesso.
“Avevamo detto che la volta
del mio concerto ad Amburgo
sarebbe stata l’ultima.” Ansimò.
“Lo avevamo detto anche a
Berlino.”
“E a Londra.”
“E a Milano.”
“Mi pare di ricordare che
lo avessimo detto già la prima
volta, a Oberhausen.” Rifletté Val.
Tom schioccò noiosamente
la lingua.
“Quando mai uno di noi ha
ascoltato qualcosa che ha detto
l’altro?”
“Mai.”
Affermò lei. “Per questo non ti
sopporto.”
“Mi chiedo
perché io stia ancora perdendo le mie notti con
una come te.”
“Perché non hai
un cazzo di meglio da fare.”
“Prima o poi lo
avrò.”
“Se vuoi di meglio dalla
vita, vattelo a cercare, anziché aspettare che ti
caschi dal cielo.”
“Non ho chiesto il tuo
parere.”
“Se l’avessi
fatto, non te l’avrei dato.”
“Chiudi il becco, fammi
dormire!” berciò Tom, voltandola la
schiena.
“Vattene a dormire in
camera tua allora!” berciò lei di
rimando, allungandogli un calcio.
Tom le strappò le coperte
di dosso.
“Non rompere,
troia!”
Val gli si gettò addosso,
a cavalcioni su di lui, e gli
afferrò il collo con una mano.
“Troia dillo a tuo
fratello!”
A Tom non ci volle nulla per
togliersela di dosso e
invertire le posizioni.
Da quello, come molte altre volte,
finirono col ripetere ciò
che avevano da poco concluso.
Per la rete
iniziano a
sorgere due schieramenti: da un lato i sostenitori di questa bizzarra
coppia,
dall’altro gli invidiosi che gridano alla montatura
commerciale.
Val e Tom, nonostante
le sempre più numerose evidenze, continuano a smentire le
voci sulla loro
presunta relazione segreta. Ogni loro comportamento, però,
è un’aperta
contraddizione verso queste dichiarazioni, come le foto scattate al
party
organizzato da Jay-Z a Berlino, che li sorprendono
a scambiarsi effusioni non proprio innocenti
sul retro dell’hotel.
Nel frattempo esce il
nuovo singolo di Val, Tainted Elysium, che contiene una traccia, Fucked Up, dal testo
decisamente
provocatorio, che fa subito discutere:
I
stole your bitch-boy and made him mine
He played with me, we touched the sky
I stole your guitar-hero and spent him onto my
bed
You eyes can watch as my hands touch
Your heart can envy as my lips fuck
I ate your forbidden fruit and swallowed all
the seed
He came, my ladies
He came for me
Tom si sbatté la porta
alle spalle e attraversò la stanza
come una furia. Non era la prima volta che andava a casa di Val, a
Bremen –
aveva addirittura una copia delle chiavi – ma sarebbe stata
l’ultima, se l’era
giurato.
Trovò Val seduta a terra
su un tappetino, davanti alla
finestra, con solo una lunga e larga maglietta indosso. Stava facendo
yoga.
Quando lo vide, si alzò immediatamente in piedi, affatto
allarmata.
Tom non le permise nemmeno di aprir
bocca:
“Ma sei
impazzita?!” urlò, fuori di sé.
“Cosa cazzo ti è
saltato in mente di pubblicare quella canzone?!”
Lei incrociò le braccia,
imperturbabile.
“Che male
c’è? È la pura verità. E poi
non ho fatto nomi,
no?”
“Fottiti! Che bisogno
c’era di provocare in questo modo le
mie fans?”
“Ho goduto come un riccio a
incidere quel pezzo!” sbottò
lei, soddisfatta. “E tu non hai idea dell’orgasmo
che avrò la prima volta che
lo canterò dal vivo!”
Tom era al limite. Non riusciva a
capacitarsi di come lei
avesse potuto fargli una cosa simile.
“Scrivi canzoni oscene su
tutti quelli con cui fai sesso?!”
“Solo con quelli con fans
divertenti da torturare.”
“Sei una troia di
merda!”
“Urla più forte,
quelli del piano terra ancora non ti hanno
sentito!” Lo canzonò lei.
Accecato dalla rabbia, Tom la
colpì con violenza al volto,
facendole sanguinare il labbro inferiore. Dopo un istante di stupore,
Val tornò
a guardarlo con un ghigno insolente, il sangue che le colava sul mento,
sul
collo, sul decolleté.
“Ti è piaciuto,
vero?” sibilò tagliente. “Dillo che ti
è
piaciuto!”
“Sta’
zitta!” strepitò lui, e con una spinta brusca la
scaraventò con la schiena al muro. Val batté la
testa e per diversi secondi non
respirò, ma questo non bastò a cancellarle
quell’odiosa espressione.
“Sei solo una
stronza!”
Val gli rise in faccia.
“E tu sei uno stronzo come
me e come chiunque altro!”
“Non paragonarmi a te,
puttana!”
“Oh, per favore! Non mi
sono certo intrattenuta da sola in
tutto questo tempo, non credi? Sei una puttana quanto me!”
Uno nuovo schiaffo di Tom la
colpì sulla guancia. Quando
Val, tremante, si voltò di nuovo, i suoi occhi erano lucidi
e pieni di odio.
Respirava a fatica, schiacciata tra lui e la parete, in trappola.
Tom restituì con perverso
piacere lo sguardo di odio, poi le
insinuò una mano tra i capelli e la attirò
brutalmente a sé, baciandola avido.
La spinse contro il muro, con tutto il suo peso, una mano che si faceva
strada
con prepotenza tra le sue cosce, incontrando nient’altro che
pelle nuda. Le
fece sentire tutta la sua eccitazione, mentre con l’altra
mano la teneva
stretta a sé. Il labbro di Val era gonfio e turgido e
sanguinava ancora mentre
la lingua di Tom lo leccava e oltrepassava per cercare la lingua di lei.
Val ansimava. Gli slacciò
i jeans e gli abbassò i boxer. Tom
non attese oltre. La prese con forza, premendola al muro, e ognuno dei
gemiti
di dolore e piacere che le uscivano dalla bocca aumentavano la sua foga.
Val si inarcava sotto di lui. Lacrime
silenziose le rigavano
il viso arrossato, ma le sue braccia stringevano Tom possessive, le
unghie penetravano
nella carne al di sotto del tessuto della maglietta.
“Ti odio!”
Sussurrava tra i denti a ogni spinta, piena di
rancore. “Ti odio! Ti odio! Ti odio!”
Dopo
un’estate trascorsa
assieme ai Tokio Hotel tra concerti e Maldive, Tom torna in Germania,
ma lui e
Val non si vedono più in giro insieme. Lei è in
tour con il suo secondo album, Mindless
Self Deception, e i suoi fans notano subito che
c’è qualcosa che non va: Val
appare stanca e più pallida del solito e i suoi corsetti non
riescono a
nascondere un cambiamento nella sua forma fisica. Sommando tutti i vari
fattori, saltare alle conclusioni non è difficile: presto
comincia a circolare
il rumor che Val sia incinta.
Entro il settembre del
2013, anche i media danno man forte ai gossip e diffondono foto in cui
è
impossibile non notare la pancia decisamente rigonfia di Val, il tutto
accompagnato
da accurate analisi di specialisti che, valutando i sintomi, sostengono
che
questa ipotetica gravidanza sia praticamente certa.
“Sei una maledetta puttana!
Perché non me l’hai detto?!”
La afferrò per le braccia,
scuotendola con rabbia.
“Vaffanculo!” gli
gridò contro lei, tentando inutilmente di
divincolarsi.
Furibondo, Tom se la tirò
davanti al viso, fissandola dritta
negli occhi con disgusto:
“È
mio?” pretese di sapere, da una parte temendo un
‘Sì’ di risposta,
dall’altra quasi inconsciamente sperandoci. “Val,
guardami!” ruggì,
strattonandola. “È mio il bastardo che
aspetti?”
Lei era un blocco di ghiaccio tra le
sue braccia.
Impassibile, lo guardava distante anni luce da lui.
“Non
c’è nessun bastardo, Tom.”
Non era quello che lui si era
aspettato.
“Non dire stronzate! Lo sa
il mondo che sei incinta!”
“Lo sa il mondo che ero
incinta!”
Un battito saltato. Sangue che gelava
nelle vene. Apnea. Un
sussurro strozzato:
“Cosa?”
Val si strappò dalla sua
presa con uno scatto d’ira:
“Non
c’è più nessun bastardo,
maledizione!”
Tom boccheggiò,
interdetto. Non si era aspettato nemmeno
quello. Quella era, anzi, l’ultima cosa che si sarebbe
aspettato.
Si rifiutava di credere che lei
avesse potuto fare una cosa simile alle sue spalle.
“Hai…?”
Non riuscì nemmeno a pronunciarlo ad alta voce. Era
già troppo
raggelante come pensiero. “Dio, ma come hai
potuto?!”
“Non me ne fregava un
cazzo, va bene? Non me ne fregava un cazzo del tuo
bastardo, così come non me ne frega un cazzo di te e a te
non frega un cazzo di
me! Non me ne fregava un cazzo! Non me ne fregava un cazzo del nostro
bastardo!”
Val non lo disse mai esplicitamente,
ma Tom lo capì dal suo
dolore. Non il dolore di un rimorso, ma il dolore di una perdita.
Nessuno ha
mai saputo
con esattezza cosa sia successo. Tutto ciò che si sa per
certo è che a ottobre
Val sparisce dalle scene per qualche settimana e al suo ritorno il suo
girovita
è di nuovo sottile come una volta. La verità
resta tutt’oggi un mistero: a chi
le domanda se fosse veramente incinta e, se sì, cosa ne sia
stato del bambino,
Val replica con incorruttibili silenzi. I benpensanti puntano subito il
dito,
accusandola di essere un pessimo esempio per le migliaia di ragazze che
la
prendono a modello. Per quanto riguarda la paternità della
sospetta gravidanza,
i dubbi sono pochi: l’unico uomo con cui Val sia stata vista
di recente resta
Tom Kaulitz, ma tra loro due sembra ormai che sia tutto finito. I
paparazzi
continuano a pedinarli, nella speranza di immortalare un loro nuovo
incontro,
ma restano a bocca asciutta.
La coppia più
chiacchierata della Germania sembra essere giunta al capolinea definiti-
Tom spense la TV. Non ce la faceva.
Aveva passato due anni a sopportare
che tutti si facessero
gli affari suoi, ficcando il naso nella sua vita, seguendo ogni suo
passo,
speculando sui suoi sentimenti.
La verità era che di
sentimenti, tra lui e Val, non ce n’era
mai stata l’ombra, se non quando si era trattato di urlarsi
addosso, di
insultarsi, di picchiarsi, di soffocarsi a vicenda, e quelli non erano
certamente
il tipo di sentimenti a cui si riferivano i pettegoli.
C’era sempre e solo stato
il sesso, alla base di tutto. La
violenza che si muovevano l’un l’altra ogni volta
che si guardavano in faccia.
La nausea reciproca, verso se stessi e tutto il resto.
L’insofferenza
capricciosa di due star che non ne potevano più delle
rispettive gabbie dorate.
Erano trascorsi sei mesi
dall’ultima volta che aveva visto
Val. non si erano più sentiti, né incontrati.
Improvvisamente, dove c’era uno,
non c’era più l’altra, e viceversa.
Da quando aveva tagliato
definitivamente i ponti con lei,
tuttavia, Tom aveva iniziato ad avvertire una sorta di incrinatura
aprirsi
dentro di lui. Non ci aveva badato, all’inizio,
perché all’inizio era stato
facile ignorarlo. Poi l’incrinatura era diventata una crepa,
e la crepa aveva
scavato un solco, e il solco aveva aperto una voragine, e quella
voragine,
ormai, era tutto ciò che restava a pulsargli nel petto.
E non era colpa della birra il sapore
amaro che si sentiva
in bocca.
Si alzò, diretto in cucina
per un bicchiere d’acqua, ma fu
interrotto dal trillo del campanello. Non perse tempo a chiedersi chi
fosse.
Bill scordava sempre le chiavi. Aprì la porta con un
movimento svogliato, ma
oltre la soglia non trovò chi aveva creduto.
Vide i capelli rosa. Mossi,
disordinati, raccolti in una
coda distratta.
Vide il viso pallido, lungo e scarno,
più di quanto
ricordasse.
Vide le belle labbra piene, rovinate
da una leggera
screpolatura.
E vide gli occhi. Quegli occhi
così normali e così assurdi, spogli
del trucco marcato che era sempre stato abituato a vedere lui.
I suoi
occhi.
Gli occhi di Val.
“Che cosa vuoi?”
le chiese, glaciale. Non portava i suoi
abituali vestiti bizzarri. Solo un paio di jeans e una felpa nera.
Lei gli rivolse quello che Tom
suppose volesse passare per
un sorriso.
“Sono passata a
salutarti.”
Tom non batté ciglio. Non
la voleva lì. Non la voleva e
basta.
“Ciao.”
Mugugnò, e fece per richiuderle la porta in faccia.
Lei, però, lo fermò.
“Salutarti per
l’ultima volta, Tom.”
Lui non capiva. Non capiva
perché lei dovesse andare da lui,
e perché proprio adesso. Non aveva senso. Ma, del resto,
niente, con lei, aveva
mai avuto senso.
“Che cazzo
significa?”
Gli occhi di Val si velarono di
un’opacità indecifrabile. Le
sue labbra si forzarono in un sorriso vitreo.
“Sto morendo.”
Ridere sarebbe stato fuori luogo.
Fingere dispiacere sarebbe
stato inutile. Tom si limitò quindi a prendere atto
dell’informazione con il
maggior distacco possibile.
Non la invitò ad entrare e
lei non glielo chiese. Rimasero
lì, sulla porta, all’aria fredda della notte.
Quando Val menzionò la parola
‘cancro’, Tom avvertì una strana fitta
allo stomaco.
“Come l’hai
scoperto?”
Val abbassò lo sguardo, e
non era cosa da lei.
“Quando… Quando
ho perso il bambino… Mi hanno fatto delle
analisi. Una semplice tac di routine, che però ha
individuato un tumore ai
polmoni.”
Tom non badò alla morsa
che gli prese il cuore nel rivangare
certi ricordi.
“E quanto
–?”
“Mi resta?” lo
precedette lei. “Nove mesi, giorno più giorno
meno.”
“Ma… Insomma,
non ti puoi curare? Un intervento, una
chemio…”
“Ho deciso di non
curarmi.”
“Cosa?! Sei impazzita? Val,
hai ventitrè anni, la tua
vita sta iniziando adesso!”
“Ho già avuto
più o meno tutto ciò che avrei voluto
ottenere. Non ho nessuna voglia di lottare per una vita che per me non
significa
niente.”
“E ai tuoi fans cosa
dirai?”
Lei scrollò le spalle con
incuranza.
“Qualcosa tipo
‘Addio, è stato un piacere’,
immagino.”
“Non sei
spiritosa.”
“Non era una
battuta.”
“E la tua famiglia cosa ne
dice?”
“Non lo sanno. E non lo
sapranno.”
Per Tom, che aveva sempre visto la
famiglia come il cardine
essenziale della propria esistenza, quel discorso suonava inconcepibile.
“Tu sei malata!”
“Sì, Tom, il
punto è un po’ quello.”
Ribatté Val, acida e
dura.
A corto di repliche, Tom
cercò di leggere nei suoi occhi.
Val lo guardava con un’espressione insolitamente morbida,
adombrata da tanta
malinconia. Una malinconia che, si rese conto Tom, c’era
sempre stata, ma lui
non aveva mai compreso. E quando lei sollevò lentamente una
mano e gliela posò
sul viso, lui credette che il cielo sarebbe crollato in
quell’esatto istante.
Era un gesto così
spontaneo, così pieno di tenerezza, che
non riuscì a sembrargli reale.
O forse lo sembrò troppo.
“Sarai l’unica
cosa che mi mancherà, nonostante tutto.”
Mormorò Val, mentre le sue dita fredde lo accarezzavano
delicatamente. “Ne
abbiamo fatte di tutti i colori, ma dobbiamo ammettere che ci siamo
divertiti.”
Era surreale. Ma così
vero…
“Perché vuoi
buttarti via così?”
“Perché mi sono
guardata bene intorno, prima di prendere la mia decisione, e
non ho visto niente che mi dicesse ‘Non
morire’.”
Le labbra di Tom si mossero prima del
suo cervello:
“Non morire.”
Stupì perfino se stesso.
Aveva parlato quasi senza
rendersene conto. E non era stata una richiesta, né un
ordine. Era stata una
preghiera.
Ma poi perché lo stava
facendo? Non gli era mai importato
nulla di lei. Val non aveva mai contato niente per lui. Mai.
In lei vedeva ancora la stessa
ragazza insulsa che aveva
visto la prima volta. Era ancora l’odiosa popstar sfrontata
che lo aveva
nauseato quella sera, ai Comet. Era sempre lei, identica. Non era
cambiato
niente.
Non era cambiato niente…
Non c’era alcuna valida
ragione per cui dovesse
interessargli qualcosa di lei.
Gli stava antipatica.
La trovava snob e presuntuosa.
Lo irritava in ogni suo gesto.
La odiava con tutto se stesso.
Non l’aveva mai amata.
Non aveva motivo…
Non aveva alcun motivo di amarla.
Non ne aveva.
No, non ne aveva…
Ma poi… Gliene serviva
veramente uno?
“Cosa?”
“Non morire, Val.”
“Cosa te ne importa se io
muoio o no?”
“Non lo so. Ti giuro che
non lo so e non me lo so nemmeno
spiegare. So solo che… Mi importa e basta.”
“Tu mi detesti.”
“Sì.”
“Io detesto te.”
“Sì.”
“Ho perso il conto delle
volte che ci siamo presi a sberle.”
“Anch’io.”
“Ti sei augurato che io
morissi tra sofferenze atroci dal
nostro primo incontro.”
“Sì.”
“E ora vuoi che io
viva.”
“Sì.”
“Perché?”
Che domanda stupida.
Impossibile.
“Perché…
Perché, in un modo o nell’altro, hai occupato gli
ultimi tre anni
della mia vita, e io non… Non riesco a immaginare di dover
andare avanti senza
di te.”
Non si era reso conto di pensarlo
finché non lo aveva detto.
E adesso che lo aveva detto… Era fottuto.
Val sospirò.
“Dovrai fartene una
ragione.”
No, così non andava bene.
Era sbagliato. Era tutto sbagliato.
Nessuno urlava, nessuno si arrabbiava, nessuno aveva lividi o graffi.
Tom rivoleva tutto come era sempre
stato.
“Non credo
proprio.”
“Tom, ho scelto di non
tentare cure perché le possibilità
sarebbero state comunque molto scarse. Non mi interessa guadagnare
qualche mese
di vita, se lo devo passare a letto come un vegetale.”
Lei e le sue filosofie senza capo
né coda. Lei e la sua comoda
cecità. Non la soffriva proprio.
“Stupida!” le
ringhiò, afferrandola per le spalle. “Stupida,
maledetta egoista!”
Val sbarrò gli occhi,
colta alla sprovvista.
“Tom…”
“Mi fai schifo! Hai sempre
e solo pensato a te stessa! Non
te ne frega un cazzo di chi hai intorno! Conta solo quello che pensi
tu, quello
che vuoi tu, come lo vuoi tu!”
“Tom…”
“Vattene a fare in culo,
Val!”
La strinse. La strinse a
sé con tutta la forza che aveva in corpo,
una mano artigliata tra i capelli sulla nuca, l’altra sulla
schiena. La strinse
per non doverla vedere. Per non dover stare a sentire tutte quelle
follie.
“Tom,” lo
supplicò Val in un tremulo anelito. “Mi stai
facendo male…”
“Allora siamo
pari.”
“Tom…”
“Ti odio.”
Sibilò lui, stringendo gli occhi fino a farseli bruciare.
“Ti odio
con tutto il cuore.”
Val non si mosse. Non
parlò, non respirò. Una lacrima
solitaria le abbandonò gli occhi, cadendole sulle labbra,
mentre Tom, con il
viso premuto contro il suo collo, sussurrava a denti stretti:
“Ti odio,
cazzo…”
Ed erano lacrime quelle che si
sentiva sulla pelle.
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