La
prima vota che ho capito davvero cosa significava “San
Valentino” è stato in quarta elementare: avevo 9
anni ed ero alle prese con la mia prima cotta. Si chiamava Filippo, ed
era un mio compagno di classe. Era bellissimo: occhi azzurri, capelli
biondi e un sorriso fantastico. Ogni volta che mi rivolgeva la parola
non potevo fare a meno di sorridere. Ma fino a quel momento ero stata
troppo timida per dichiararmi. Mi vergognavo troppo! La mia migliore
amica, Elena, mi costrinse a comprare una scatola di
cioccolatini, come aveva visto fare in alcuni film, e quel giorno la
tenevo stretta nelle mani, e la nascondevo sotto il banco. Il
pomeriggio precedente lo avevamo passato a pianificare tutto:
nell’intervallo io mi sarei avvicinata a lui sorridendogli,
gli avrei dato il regalo e gli avrei augurato Buon San Valentino.
Avevamo pensato ad ogni piccolo particolare, e passato a rassegna tutto
il mio guardaroba prima di scegliere i vestiti adatti. Avevo indossato
una gonnellina in velluto color cioccolato, a cui avevo abbinato un
copri spalle panna e una camicetta dello stesso colore.
<< Si
questo sarà perfetto! Ha un’aria romantica
>> Aveva commentato Elena osservando la nostra scelta.
In quel momento mi ero
trovata pienamente d’accordo con lei; ma in quel momento non
ero poi così sicura di voler essere romantica. Infondo
c’erano molte mie amiche che erano assai più
carine di me, e non c’era nessuna ragione per cui Filippo
avrebbe dovuto preferirmi. Io ero anonima. Di bassa statura, con
capelli castani e occhi marroni. Una qualunque, comune. Anonima
appunto. E poi io non sapevo sorridere e cinguettare come faceva Rosa
con il suo fidanzato: lei era perfetta. Io no.
Elena stava seduta sul
muretto della finestra con la sua merenda ancora intatta accanto a lei,
e le mani che si muovevano in gesti plateali alla disperata ricerca
della mia attenzione. Quest’ultima l’aveva ottenuta
appena aveva iniziato a lanciarmi occhiate interrogatorie, ma io avevo
finto di non averle notate, ostentando indifferenza. Avevo cambiato
idea, non mi sentivo pronta, non volevo farlo. Non più. La
campanella suonò di nuovo, segnando così la fine
dell’intervallo: io non mi ero mossa dal mio posto, non avevo
preso la mia merenda e non avevo dato il regalo a Filippo. Un completo
insuccesso, in pratica.
Quando Elena
tornò al suo posto, accanto a me, mi lanciò una
delle sue occhiate irose, e non mi rivolse la parola. Un insuccesso che
mi aveva anche fatto litigare con la mia migliore amica: Grandioso!
<< Bene
bambini! Per oggi può bastare potete anche andare a casa!
>> Non appena la maestra finì di salutarci,
iniziò il rumore di sedie che si spostavano e di
libri che finivano alla rinfusa negli zaini. Finalmente quella giornata
si era quasi conclusa, anche se Elena non mi aveva ancora parlato.
Nonostante i miei tentativi di spiegazione, lei non si era nemmeno
degnata di lanciarmi uno sguardo, continuando a mostrarsi indifferente.
Avevo continuato a parlare anche fuori scuola mentre aspettavamo il
pulmino che ci avrebbe portato a casa.
<< Mi
dispiace, ok? Ma non ci sono riuscita! Io ho paura! E mi vergogno!
>> Ormai avevo ripetuto quelle parole già
parecchie volte, e come le precedenti, non avevo avuto alcuna risposta.
Ero stanca e frustata di quel comportamento, ma lo sapevo: Elena era
tremendamente testarda, e l’unico modo per farle passare la
delusione era fare come voleva lei. O come volevo anche io fino al
pomeriggio precedente.
Presa da non so quale
coraggio, presi i cioccolatini dallo zaino, e iniziai a camminare a
passo deciso verso Filippo, anche lui in attesa del pulmino. Quando gli
arrivai di fronte però, tutta la carica che mi aveva portato
fino a lì andò scemando, e iniziai a sentire
forte il desiderio di allontanarmi da lì. Ma ricordavo lo
sguardo di Elena, avevo tradito la sua fiducia, e volevo recuperarla. E
poi a me piaceva: perché non avrei dovuto provarci ? Mi
schiarii la voce per ottenere la sua attenzione, che infatti rivolse
verso di me. Mi guardò con uno sguardo interrogativo,
spostando gli occhi dal mio viso e dal piccolo pacchetto che avevo tra
le mani.
<< Ciao
>> sussurai, pentendomene subito dopo.
1. Perché
sicuramente non mi aveva sentito.
2. Perché
in quel modo ero sembrata una scema che stava lì a fissarlo
senza nemmeno il coraggio di rivolgergli la parola.
Ma evidentemente
doveva avermi sentito visto che mi sorrise.
<< Ciao,
Erica >> disse, ricambiando il saluto.
Come quello di un
ebete, un sorriso mi spuntò involontario sulle labbra, e le
mie gote si scaldarono, arrossendo. Ci fu un momento di silenzio, in
cui sentivo solo il mio cuore battere furioso nel petto e vedevo il suo
viso davanti al mio. Non c’era nient’altro.
<< Ecco,
Io volevo augurarti Buon San Valentino. Ehm … Si, tieni
>> balbettai in più punti arrossendo ancora di
più e porgendogli il pacchetto, la cui carta era ormai
stropicciata in diversi punti, con mano tramante. Avevo fantasticato su
quel momento in più di un’occasione: mi ero
immaginata il suo volto illuminato da un sorriso, gli occhi brillare,
sorpresi e stupidi dal mio gesto. L’avevo figurato titubante
all’inizio, incerto sul da farsi, ma poi sicuro, consapevole
dei suoi sentimenti, che rispecchiavano i miei, e allora avrei potuto
sentire le sue labbra sulle mie, per il mio primo bacio.
Avevo vissuto molte
volte quella scena nella mia testa, con varianti e altre situazioni, ma
nessuna di quelle aveva mai rispecchiato quello che successe realmente.
Lui scoppiò
a ridere. Lui-scoppiò-a-ridere. Non prese il mio regalo, non
mi disse niente. Semplicemente si voltò e si
avvicinò ai suo amici, lasciandomi lì come una
scema a fissare il vuoto. Dopo qualche istante mi voltai, lentamente e
mi tornai da Elena, che mi guardava scioccata con la bocca semi-aperta:
di certo quella non era nemmeno la scena che lei si era figurata.
<< Mi
dispiace >> sussurrò quando fui abbastanza
vicina. Mi voltai verso di lei ma non dissi nulla. Avrei voluto
piangere, lo desideravo con tutta me stessa. Ma non lì, non
davanti a tutti. Mi morsi il labbro inferiore cercando di trattenere
quelle lacrime che mi stavano inondando gli occhi.
Riuscii a tornare a
casa con il viso ancora asciutto, salutai mia madre velocemente e andai
diretta verso la mia cameretta. Elena mi seguiva, ma non parlava. E non
parlò neppure per le seguenti ore in cui io mi svuotai di
tutto il mio dolore riempiendo il cuscino di tutte le mie lacrime,
stretta tra le braccia della mia migliore amica.
Visti i risultati
della mia prima esperienza, non avevo più voluto tentare
nessun approccio con i ragazzi. Le mie amiche mi bastavano, loro non mi
ridevano in faccia facendomi sentire meno di zero. Anche se ancora un
po’ di quella sensazione era viva dentro di me. Infondo mi
trovai al San Valentino di terza media, in una pizzeria, circondata da
sei coppiette felici, a fare il tredicesimo incomodo: un ragione ci
doveva pur essere, no ? E mentre fissavo un punto tra la testa di Elena
e quella di Camilla - appiccicate ai loro ragazzi- pur di non
aumentare la mia glicemia, fatta salire alle stelle da tutte le loro
frasette sdolcinate e quei sbaciucchiamenti, incontrai uno sguardo
d'onice: due occhi profondi e scuri come il fondo di un pozzo stavano
guardando .. Me! Il proprietario di quelle pupille che mi avevano fatto
aumentare il battito, era seduto ad un tavolo di soli ragazzi, che
probabilmente di erano fermati a mangiare qualcosa e a progettare la
caccia della nottata.
Rimasi a guardarlo per
molto tempo, tra un morso e l’altro della mia margherita,
sempre attenta a non farmi scoprire. I suo lineamenti erano davvero
belli: non erano ancora marcati, come quelli di un uomo, ma aveva ormai
abbandonato la forma arrotondata dei bambini. Non poteva avere
più di 16 anni, e oltre a possedere due occhi incantatori,
aveva anche un sorriso mozzafiato. Seguii tutti i suoi movimenti, e
quando si alzò, mi sentii quasi delusa dal fatto che andasse
via così preso. Per fortuna però, si diresse al
bagno, e tornò poco dopo.
<<
Potremmo andare in centro dopo, no? Cosa ne dici Ery ? >>
sentii Elena parlare, e forse anche nominarmi ma ero troppo attenta a
guardare altro, per avere davvero voglia di prestarle la dovuta
attenzione. Ma qualcuno non sembrò molto d’accordo
con la mia decisione, ed infatti mi pizzicò un braccio.
<< Cosa
guardi, Bell’Addormentata ? >> chiese la mia
migliore amica. Mi voltai dopo qualche istante verso di lei,
interrompendo il mio contatto visivo.
<<
Niente, non guardo niente >> risposi prontamente,
arrossendo. Non volevo che gli altri mi cogliessero in fallo.
<< Si
certo. Allora cosa ne pensi? Ci andiamo? >> mi
domandò, prima di prendere un sorso di cola dal suo
bicchiere.
<< Dove?
>> ribattei allarmata, spaventata dal fatto di dover
abbandonare il mio cavaliere nero.
<< In
centro!! >> esclamò quasi esasperata,
lanciando un’espressione agli altri che sembrava voler dire
“Siamo alle solite”. Elena infatti mi accusava di
essere sempre con la testa tra le nuvole, io invece mi consideravo solo
leggermente distratta.
<< Oh ..
Ok >> risposi con poco entusiasmo. Ma a quanto pareva
stavano tutti aspettando una mia risposta, visto che subito dopo che la
ottennero tornarono a prestare la loro attenzione ai rispettivi
compagni.
Sbuffai, ma non persi
tempo e subito tornai a cercare quelle iridi nere. Ma mi
bastò una sola occhiata per constatare che erano sparite.
Agitata, controllai anche gli altri posti del suo tavolo, sperando che
si fosse semplicemente spostato. Ma non c’era. Ero delusa,
non sapevo nemmeno io da cosa, ma mi sentivo delusa. Forse era
più una delusione nei miei confronti, per aver passato
un’intera serata a fissare un ragazzo senza però
fare niente.
Mi concentrai sulle
bollicine del mio bicchiere, continuando a pensare a quello che avrei
potuto fare, crogiolandomi del malumore che era tornato, più
vivo di prima, in me. Sobbalzai quando sentii una mano posarsi sulla
mia spalla. Mi voltai di scatto e il cuore mancò un battito
quando vidi chi c’era dietro di me: era il ragazzo
occhi-pozzo!
<< Ehi,
vieni >> disse andando a prendere la mia mano posata sul
tavolo e stringendola. Era stato diretto, non aveva avuto
particolarmente intonazioni. Non sapevo cosa fare: era uno sconosciuto,
non avrei dovuto seguirlo. Ma quando mi sorrise capitolai: fino a
qualche istante prima ero lì a pensare a quello che avrei
potuto fare ora che avevo davvero l’opportunità di
fare concretamente qualcosa, perché non buttarsi ?
Ricambiai il sorriso e
mi alzai, il ragazzo sembrava soddisfatto e veloce si voltò
e iniziò a camminare. La mia mano era ancora stretta nella
sua, e fui quindi costretta a seguirlo. Questa era una sorta di scusa:
io volevo seguirlo, volevo andare con lui.
Si fermò
quasi vicino all’uscita: eravamo leggermente distanti dal
resto dei tavoli, ma la sala era ancora visibile. Potei vedere lo
sguardo di Elena che mi guardava curiosa, stava sicuramente
pensando a tutte le domande che mi avrebbe fatto dopo. Ma non era
quello il momento: adesso ero con lui. Sembrava nervoso, spostava il
peso da un piede all’altro, e mi fissava. Non sapevo cosa
fare, non ero un’esperta di quelle situazioni.
<< Io
sono Er- >> iniziai dopo qualche istante, per rompere il
silenzio, ma le mie parole furono soffocate dalle sue labbra che si
posarono sulle mie. Fu come toccare il cielo con un dito:
più sentivo la sua bocca premere e muoversi sulla mia,
più sentivo l’euforia montarmi dentro. Stavo
baciando un ragazzo!
Dopo poco
però si staccò, troppo poco. Avevo appena
iniziato a godere appieno di quelle sensazioni, non potevo smettere
adesso. I nostri volti erano ancora vicini, e lo stomaco fece qualche
capriola quando sentii il suo respiro vicino il mio orecchio.
<<
Grazie per avermi fatto vincere la scommessa >>
sussurrò prima di allontanarsi del tutto, e tornare dai suoi
amici con un sorriso vittorioso,
Una scommessa. Quel
bacio era stato una scommessa. Io ero stata una scommessa.
Ancora una volta a san
Valentino, sentii i miei occhi riempirsi di lacrime.
Per tutto il corso
della mia adolescenza mi ero convinta che Cupido, il 14 febbraio, si
mettesse in spalle l’arco, prendesse le frecce e ogni volta
che gliene si spezzava una, la scagliava contro di me. Ed infatti fu
così anche il San Valentino dei miei 16 anni: dopo 5 mesi,
il mio ragazzo mi lasciò. Avevamo passato la serata insieme
a tutte le altre coppie della compagnia, con Elena che non faceva che
dirmi << Te l’avevo detto che sarebbe arrivato
anche il tuo momento >>. In quella circostanza non potevo
fare a meno di sorriderle, consapevole di quelle parole. Ero felice,
entusiasta e mi sentivo bene, come non mi sentivo da molto tempo.
Peccato che tutta quella magia finii sotto casa mia, quando al momento
dei saluti mi sporsi per baciarlo e lui si scansò.
<< Io
non credo di amarti. Non più >>
così disse, prima di voltarsi ed allontanarsi veloce da me.
Erano state poche
parole, ma che mi avevano lasciato in lacrime di nuovo.
Chissà se
anche quest’anno sarebbe finito in lacrime. Era un pensiero
che mi attraversava la mente fin da quando mi ero svegliata e non mi
aveva ancora abbandonato. Davanti allo specchio faccio una piccola
giravolta, per controllare che sia tutto apposto. Voglio che questo
giorno sia perfetto. Voglio che il mio 25° San Valentino mi
renda felice, per una volta. Quasi come un bambina a Natale, avevo
avuto la folle idea di scrivere una lettera a Cupido, per chiedergli di
risparmiarmi, almeno per una volta. Per fortuna ci avevo ripensato, ma
l’imbarazzo di averci solo pensato mi aveva fatto arrossire.
Che sciocca!
<< Aaaa
tesoro sei bellissima! >> commenta Elena battendo le
mani. Viviamo insieme da qualche anno, abbiamo realizzato il nostro
sogno. Da piccole infatti avevamo già arredato il nostro
appartamento, facendo degli schizzi. Durante il trasloco abbiamo
trovato i nostri progetti, ma abbiamo constato che era meglio non
seguirli: il colore predominante era il rosa e di certo non volevo
andare ad abitare in una casa delle bambole.
Il campanello inizia a
suonare, e il suo rumore dura per qualche istante. E’ lui.
<< Ok ..
Io vado allora! Augurami buona fortuna e incrocia le dita per me!
>> urlo con il cappotto su un braccio, vicino alla porta.
<< Ma
non essere sciocca e divertiti! >> ribatte Elena che mi
ha raggiunto vicino alla porta, e la tiene aperta mentre io aspetto
l’ascensore.
<<
Fallo! >> le ordino prima di entrare
nell’ascensore. Lei mi fa una linguaccia, ma vedo comunque le
sue dita incrociate: con gli anni si è convinta anche lei
che per me quel giorno non è tanto fortunato.
Il tempo che impiego
per arrivare nell’atrio lo passo a controllare ancora una
volta il trucco nel piccolo specchietto che ho portato con me. Le porte
si aprono ed io esco, raggiungendo veloce l’esterno. Il mio
fidanzato è lì, appoggiato accanto alla sua
macchina, ed è bellissimo nel suo completo. Appena sente il
rumore del portone chiudersi porta lo sguardo verso di me. I suoi occhi
si spalancano leggermente, e non posso fare a meno di sorridere
compiaciuta: il rosso fa sempre la sua figura. Si avvicina, troppo
lentamente per i miei gusti. Sono pronta a sentire le sue
labbra sulle mie ma mi sorprende: infatti afferra una mia mano tra le
sue lascia una leggero bacio vicino all’anulare destro, dove
fa bella mostra l’anello di fidanzamento.
<< Sei
stupenda>> sussurra dopo aver rialzato il capo, e averlo
portato accanto al mio. I nostri respiri si mescolano e, desiderosa, lo
bacio.
Si, questo San
Valentino sarà perfetto.
Ok .. Esperimento concluso XD
Mi è venuta questa stramba idea è l'ho messa
giù ^^
|