Un giorno come tanti altri.
Ti alzi dal letto ancora semiassonnato e, prima di rendertene conto,
vieni assorbito da pensieri riguardanti i tuoi problemi e quello che
dovrai fare quel giorno. Ti vesti e fai colazione, come fai sempre;
sono gesti meccanici, che non devi nemmeno pianificare. Esci di casa,
convinto che la vita sia là fuori ad aspettarti; pareva un
giorno come tanti altri, eppure alla vita si sostituisce la morte.
Quel giorno, apparentemente identico a tutti gli altri, diviene invece
il giorno finale della tua vita, ma perché? Tutto quello che
eri prima, tutto quello che eri diventato in anni di crescita, non solo
fisica ma anche psicologica, viene sradicato di colpo da una
stupidaggine: un albero che ti cade in testa, un incidente con l'auto,
una esplosione a seguito di una fuga di gas, una malattia incurabile...
ci sono infinite cause di morte, una più sciocca dell'altra.
Sono tutte sciocche perché assolutamente ridicole in
confronto a quello che è costato essere diventati delle
persone. Hai impiegato anni per farti una cultura, per diventare
responsabile, per imparare a vivere in mezzo agli altri, per sapere
come comportarti, per distinguere le cose giuste da quelle sbagliate.
Basta un secondo, a volte anche meno, e tutto questo svanisce. Diventi
un semplice ricettacolo di mosche, vermi e altri esseri schifosi; ti
fanno un funerale, se sei fortunato qualcuno piange per te, poi quel
che rimane del tuo corpo resta a marcire in una cassa di legno
sottoterra, finché il tempo non lo dissolve. Sopravvivi solo
nei ricordi altrui, se hai saputo farti ricordare.
La cosa più assurda è che ne abbiamo paura;
eppure la morte mette fine ai nostri pensieri, alle nostre sofferenze,
anche ai piaceri, certo, ma che bisogno di piaceri può
esserci una volta che non li si può più provare
né se ne sente la necessità?
|