Buon
San
Valentino
Vagavo
per il campus dell’università come
un’anima
in pena; Gretchen stava seguendo una lezione, perciò ero
sola e, cosa peggiore
di tutte, era il giorno di San Valentino: dovunque, attaccati ai muri
dei
corridoi, disegnati sulle lavagne nelle aule, c’erano
giganteschi cuori rossi;
sul fazzoletto di prato dove spesso io e Gretchen studiavamo quando
c’era bel
tempo, mi era anche sembrato di vedere dei fogli sparsi con smielate
frasi
d’amore scritte sopra; e, addirittura avevo sentito da alcuni
studenti che,
nella serra della facoltà di botanica erano state fatte
crescere delle rose,
appositamente per quella festa.
Non
che la detestassi, anzi, quando ero una
cheerleader, ad Odessa, il mio amico Zack per quella ricorrenza mi
regalava dei
cioccolatini squisiti; ma, quella volta, per la prima
volta nella mia vita, quel giorno mi sentii fuori posto,
assolutamente e profondamente sola.
Odiavo
la solitudine. A dire il vero non mi ero
mai soffermata a pensarci troppo ma, in seguito all’incontro
con Sylar, quella
parte buia dei miei pensieri, sembrava essere illuminata costantemente,
a
giorno, da una luce accecante.
Ogni
volta che chiudevo gli occhi, le sue
parole, le sue supposizioni
machiavelliche su quanto fossimo simili, mi risuonavano nelle orecchie
e,
inevitabilmente, sentendo una fitta al cuore, mi ritrovavo a dargli
ragione:
nonostante fossimo cresciuti in due realtà diverse,
circondati da famiglie
diverse, che ci avevano plasmati in maniera diversa, facendo di noi due
persone
apparentemente antitetiche; molti elementi ci accomunavano.
Quando
lo avevo incontrato a quel falso gruppo di
studio, lo avevo sospettato: nel suo sguardo, mentre parlava, avevo
scorto la
stessa intensa paura della solitudine che faceva tremare il mio cuore.
Inoltre,
nel momento in cui ci eravamo chiusi in
quel buio stanzino, ed io credevo di parlare con Gretchen, ne avevo
avuto la
conferma: lui non aveva detto quasi nulla, ma io mi ero ritrovata a far
uscire,senza sosta, dalla
bocca un fiume
di parole che erano lo specchio dell’incertezza di entrambi,
della nostra paura
di restare soli nella vita, del disperato bisogno, sia mio che di
Sylar, di
sapere se un giorno avremmo avuto la fortuna di trovare qualcuno con
cui
condividere le nostre gioie e i nostri dolori.
Poi,
quando avevo scoperto che sotto le sembianze
di Gretchen si nascondeva lui, dapprima mi ero sentita defraudata della
mia
anima, ma in seguito, elaborando il tutto, avevo capito che era suo il
merito
dell’improvviso ordine che c’era nella mia testa e,
che per la prima volta
mentre parlavo con l’assassino di mio padre, mi ero sentita
davvero capita.
Forse
allora, eravamo veramente simili.
Con
un sospiro cercai di farmi forza per
riemergere da quelle riflessioni, ed aprii la porta della mia stanza.
Il
cuore mi guizzò in gola, dove sembrò rimanere
incastrato, ed iniziò a battere veloce, con impeto, fuori
controllo, perché ciò
che vidi mi tolse il respiro…
Sylar
era davanti alla finestra della mia stanza
e, illuminato dalla luce del sole, mi dava le spalle.
-
ciao,
Claire Bennet.- sussurrò, voltandosi.
Ero
come paralizzata e non riuscivo a rispondere,
quindi notai appena che aveva chiuso la porta, dietro di me, con un
movimento
della mano.
Rimasi
in silenzio, ancora e solo allora lui si
avvicinò:
-
mi
dispiace, non volevo spaventarti…- il suo viso era una
maschera di tensione e
pentimento.
Prese
la mia mano, agitato, e, lasciandomi guidare
scoprii che voleva mi sedessi sul mio letto.
Sentendo
il materasso morbido sotto di me, mi
rilassai un pochino, anche se sapevo che la postura della mia schiena
restava
rigida.
Squadrai
Sylar dall’alto in basso.
Con
fare impacciato aprì appena l’elegante
cappotto nero che aveva addosso, e ne estrasse una bella rosa dai
petali
vermigli. Disse:
-
l’ho
trovata nella serra della facoltà di botanica…ho
pensato che potesse
piacerti…buon San Valentino, Claire.- e me la porse.
Sorrisi
timidamente mentre la prendevo; ero
completamente sconcertata dai suoi modi di fare, non sembrava uno
psicopatico,
ma qualcuno cui serviva perdono, accettazione…amore.
Tanto
per fare qualcosa, e non farmi sorprendere a
fissarlo, annusai il delicato profumo del fiore. Ma la tensione era
tanta tra
noi, da essere tangibile.
Sylar
si schiarì la voce, e fece per andarsene,
ma, sentendo una scossa a fior di pelle, saltai in piedi, svelta e gli
afferrai
il braccio.
-
aspetta…-
lo pregai, e quando i suoi occhi scuri si persero nei mie, avvertii un
brivido
lungo la schiena.
Lasciai
indugiare una mano sulla sua guancia, in
una flebile carezza e, d’un tratto mi apparve in mente,
chiara come il sole,
una certezza che non avevo mai osato ammettere, neppure a me stessa: da
quando
c’eravamo incontrati, non avevo mai smesso di pensare al
bacio che mi aveva
dato mentre ero distesa sul divanetto dell’aula del
“gruppo di studio”.
Era
stato un bacio delicato, appassionato ma anche
disperato, e forse, oltre che per conoscere i miei pensieri, mi aveva
baciata
nella speranza di trovare conforto dalla confusione che gli
imperversava
dentro.
Fissai
Sylar con un sorriso sicuro, stringevo
ancora il suo braccio nella mia mano. Ora che avevo preso coscienza di
quella
certezza, sapevo cosa dovevo fare...
-
buon
San Valentino, Gabriel…- replicai, poco prima di unire le
mie labbra alle sue.
ANGOLO
AUTRICE
Ciao
a tutti! Ecco qui la mia prima storia su
“Heroes”! spero vi piaccia, anche se mi scuso per
eventuali ripetizioni.
Un
baciotto
Marty23
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