Titolo:
Non voglio perderti
Autore:
Goten
Beta:
Giusy
Capitoli:
Non so proprio dirlo... ^^
Paring:
Edward – Bella
Dedicato
a: Tutti coloro che amano il mondo di Twilight, ed in particolare
alla mia mamma che sta leggendo questa storia ^_^ ancora prima che la
pubblichi. E al mio papà che mi ha mostrato una foto dalla rivista
di Focus, è grazie a quella foto se questa storia ha preso vita
nella mia testa ^^
Capitolo
1
Non
riuscivo ancora a capire il perché di quella decisione. Sospirai
appoggiandomi alla parete di mattoni del palazzo. Perché dovevo
andare fino a Forks in America per sorvegliare Swan? Non era più
semplice portarlo qui in Italia e obbligarlo a lavorare per noi?!
<<
Ancora pensieroso? >> La voce calma e pacata di Carlisle mi
raggiunse poco prima della sua figura.
<<
Sì, non capisco perché. >> Mi staccai leggermente dal muro.
<< Perché non possiamo semplicemente andare lì e obbligarlo a
venire con noi? >> Ero sinceramente confuso, non avevano mai
avuto un trattamento diverso per le altre persone, perché lui era
così importante?
<<
Edward, capisco che la situazione possa sembrarti strana. Tutta la
tecnologia di cui disponiamo, le armi, le attrezzature... tutto, sono
state inventate da lui. >> Osservai Carlisle attentamente.
<<
C'è un ma... vero? >> Sentivo che qualcosa mi era celato.
<<
Esatto, c'è un ma... da qualche tempo Charlie Swan non si è più
fatto sentire. So per certo che stava lavorando a un progetto molto
particolare, ma non so esattamente cosa fosse. Temiamo che qualcuno
sia arrivato a lui. >>
Sospirai.
<< Capisco, volete evitare che il clan di Denali s’impossessi
delle sue conoscenze. Dico bene? >>
<<
Dici bene... partirai domani, da solo. I tuoi fratelli e sorelle
rimarranno qui, ma Alice ti terrà comunque d'occhio. >> Posò
la sua mano sulla mia spalla.
<<
Come vuoi. >> Potevo rifiutare qualcosa a mio padre? No, non
potevo.
Partii da
Volterra ancora quella sera stessa, il mio compito principale era
sorvegliare e proteggere Charlie Swan. Era grazie alle sue
incredibili invenzioni se avevamo il controllo sul mondo dei vampiri
e finché noi avremmo avuto il potere, la pace fra umani e vampiri
era assicurata.
Il nostro
mondo era celato agli occhi degli umani, non sapevano nulla della
nostra esistenza. C'era ancora chi si ostinava a nutrirsi di sangue
umano, ma la maggior parte di noi si era convertita al sangue degli
animali. Questo non placava del tutto la nostra sete, ma di sicuro ci
faceva sentire meno mostri di quello che già non eravamo.
Sospirai
mentre l'aereo sorvolava l'oceano, mancavano ancora cinque lunghe ore
al mio arrivo in America. Non avevo nulla che potesse indicarmi chi
fosse Charlie Swan, dovevo solo fare affidamento sul mio potere di
leggere nella mente. Avevo come unico indizio il nome della
cittadina: Forks.
Sfogliai
distratto la rivista che l’hostess mi aveva portato. I suoi
pensieri non m’interessavano, erano vuoti, come quelli della
maggior parte del popolo femminile.
Ero
felicemente single, non avevo mai trovato la mia anima gemella. Ed
essendo nato nel 1901 avevo una certa educazione. Avrei cominciato a
frequentare colei che avrei scelto come moglie e basta, non
condividevo il codice morale che i giovani avevano di questi tempi.
Erano completamente stupidi e menefreghisti.
Nonostante
fossi nato a Chicago, mi ero trasferito con la mia famiglia vampira
in Italia, più precisamente a Volterra, il luogo, dove da secoli si
ergeva il potere della nostra specie.
Aro,
Caius e Marcus erano i fondatori della nostra civiltà, stanchi e
annoiati, avevano ceduto a noi Cullen le redini di tutto questo, con
la condizione che in ogni momento avremmo potuto rendere a loro il
potere.
Osservai
le nuvole che coprivano il cielo, Alice aveva previsto tutto, con lei
andavo sempre sul sicuro.
Mi
mancavano terribilmente Alice, Jasper, Rosalie, Emmett, Carlisle ed
Esme, odiavo separarmi da loro. Erano tutto ciò di più caro che
avevo al mondo: la mia famiglia.
La
rivista ormai giaceva dimenticata nel sedile accanto al mio, passai
nervoso una mano fra i capelli, non capivo, se ci fosse stato
qualcosa di grave, Alice l'avrebbe visto, invece niente. Charlie Swan
era completamente sparito dalle sue visioni, l'unica cosa che era
riuscita a vedere mia sorella, era stata la visione di una ragazza,
pallida, capelli lunghi mossi dal colore castano. Graziosa, ma non
capivo cosa c'entrasse.
Qualche
ora dopo il comandante ci avvisò che eravamo finalmente giunti a
destinazione, ero in America, più precisamente a Seattle.
Sbrigai
con rapidità tutte le pratiche burocratiche e ritirai il mio
bagaglio, Alice non aveva tralasciato nulla, a mio nome aveva
prenotato un’auto, dalla concessionaria più vicina, una Volvo C30
argento metallizzato.
Caricai
l'unica valigia che avevo portato con me, ero certo che Rosalie
assieme ad Alice l'avessero riempita con ogni capo umanamente e
vampiramente indossabile. Sorrisi a questo pensiero.
Infilai
la chiave nel quadro di accensione e partii, destinazione: Forks.
Il cielo
era una nuvola unica, a metà strada accesi i tergicristalli per la
forte pioggia che stava scendendo, certamente il verde la faceva da
padrone in questo posto sperduto da Dio.
Cominciai
a vedere i primi segni di vita poco dopo la visione del cartello di
benvenuto... decisamente era meglio Volterra!
C'erano
un piccolo supermercato, un bar, una scuola e un distributore di
benzina. Sospirai, sapevo che Swan viveva appena fuori dal piccolo
centro abitato, perciò mi lasciai alle spalle quel piccolo sprazzo
di civiltà e m’inoltrai in una strada quasi nascosta dalla folta
vegetazione, ero sulla statale 101.
Proseguii
a velocità normale, finché mi trovai davanti ad un immenso spiazzo
verde e alla sua fine una deliziosa casa in stile coloniale,
completamente bianca. Carina, molto carina, ma anche molto isolata.
Parcheggiai di fronte all'ingresso e scesi, la pioggia battente si
era tramutata in pioggerellina, non mi curai di bagnarmi, ora dovevo
scoprire che fine avesse fatto Charlie Swan.
Salii i
tre gradini e davanti alla porta di legno color noce bussai. Attesi.
Non venne
nessuno, allungai lo sguardo e notai che non c'era nemmeno la
macchina parcheggiata. Sbirciai attraverso le tendine della finestra,
la casa sembrava vissuta e in buono stato.
Che fosse
fuori? Probabile.
Forse era
meglio però che lo osservassi prima di presentarmi. Sì, era la
scelta migliore. Tornai in macchina e ripartii. Per prima cosa
dovevo trovare un posto, dove lasciare la Volvo. Nel tornare verso il
piccolo centro di Forks, incrociai solamente un vecchio pick up
rosso, il suono di quel motore era assordante, sicuramente aveva
bisogno di un buon meccanico.
Proseguii
e non mi curai di altro. Parlai con la barista, i suoi pensieri mi
confermarono uno dei miei dubbi: non esistevano parcheggi custoditi
in quel piccolo paese.
Chiamai
Alice, attesi solo mezzo secondo prima che rispondesse al telefonino.
<< Lasciala al centro commerciale, non succederà niente. >>
Ottimo, mi recai subito lì e lasciai la macchina nella parte più
lontana del parcheggio, rispetto all'ingresso del piccolo centro.
Camminai
a velocità umana per non destare sospetti e quando fui sicuro che
nessuno potesse vedermi, m’infilai nel verde, felice finalmente di
poter correre alla mia velocità. Sentire la pioggia scivolare lungo
il mio collo bianco era una sensazione piacevole, la stessa che avevo
a casa, questo pensiero mi mise addosso un po' di buon umore. In
pochissimi minuti mi ritrovai appollaiato su un albero, ben nascosto
dal verde fitto della vegetazione, avevo un'ottima visuale di casa
Swan.
Notai un
piccolo cambiamento, adesso, parcheggiato nel posto auto c'era un
vecchio pick up rosso, assomigliava in maniera impressionante a
quello che avevo visto prima in strada.
La luce
di una stanza si accese, senza problema potevo osservare quello che
accadeva al suo interno; una ragazza stava camminando con delle buste
della spesa in mano. Sapevo che era la stessa della visione di Alice.
Che
diavolo ci faceva li? Era la domestica?
Mi
sistemai meglio sull'albero e continuai a osservarla. Mise una buona
parte della spesa nel frigo e tenne fuori solo un barattolo di sugo e
della pasta. Notai con piacere che accese il gas e vi posò sopra una
padella con dell'acqua. Se stava preparando il pranzo, voleva dire
che Charlie Swan sarebbe tornato.
La
ragazza aveva preso un pugnetto di sale e l'aveva buttato nella
pentola, poi aveva preso un’altra padella e vi aveva versato dentro
il sugo, potevo tranquillamente sentire l'odore del pomodoro mentre
si scaldava, afferrò una tovaglia dal secondo cassetto e la distese
sul piccolo tavolo della cucina, afferrò un piatto dalla credenza e
un bicchiere di vetro, disponendoli sul tavolo. La osservai
attentamente, sembrava che si concentrasse più del dovuto per fare
quei semplici movimenti.
Il
piacere che avevo provato svanì alla svelta, non appena la vidi
sedersi e mangiare quello che aveva preparato. Dannazione, speravo
che Charlie Swan arrivasse, invece niente. Non sembrava neppure che
lei lo stesse attendendo.
Sospirai.
Non potevo far altro che stare lì buono e osservarla, forse prima di
sera lui sarebbe giunto, o almeno lo speravo.
Per tutto
il resto della giornata, la ragazza pulì e rassettò, ogni tanto
dava una sbirciatina a qualche rivista che giaceva in salotto, ma
oltre a questo non accadde nulla.
L'unica
nota positiva era che aveva smesso di piovere, ma il cielo rimaneva
comunque nuvoloso.
Adesso
era tranquillamente sdraiata sul divano con un sacchetto enorme di
pop corn davanti e faceva zapping con il telecomando. Ormai era sera,
mi sembrava tutto tranquillo, potevo concedermi un po' di tempo per
me. Saltai da un ramo all'altro e corsi veloce verso il centro del
bosco, dovevo nutrirmi se volevo evitare spiacevoli incidenti.
Scovai un
piccolo gruppo di cervi e mi dissetai con il loro sangue, sentivo la
loro linfa vitale scorrere giù per la mia gola. Il cielo era ormai
nero, osservai distratto le stelle, era un peccato che non si
vedessero, ma era comunque piacevole il fatto di poter uscire di
giorno, grazie a quei nuvoloni enormi che coprivano il sole.
Sorrisi,
era giunto il momento di tornare a casa Swan. Feci il percorso
inverso e pochi minuti dopo mi trovai davanti ad uno spettacolo
inatteso... le grandi vetrate della casa erano completamente
sigillate. Mi avvicinai piano, cercai con lo sguardo eventuali
trappole o sistemi di sicurezza; non ne trovai.
Passai la
mano su quella parete liscia e fredda quasi quanto me, sembrava una
specie di lega ferrosa, ma dava l'impressione che fosse più
resistente di quanto sembrasse. Sollevai lo sguardo e notai che tutte
le finestre, porta compresa, erano state sigillate in quel modo.
Charlie
Swan doveva essere rientrato. Nonostante lo avessi mancato, ero certo
che al sorgere del sole sarebbe dovuto uscire da quella casa fortezza
e allora lo avrei incontrato.
Per tutta
la notte potei sentire grazie al mio udito un lavorare frenetico, ma
c'era un semplice fatto che mi aveva colpito, ed ero quasi sicuro che
non fosse colpa della barriera ferrosa, ma qualcosa stava impedendo
al mio potere di funzionare a dovere. Non riuscivo a leggere nei
pensieri del creatore di tutte le nostre armi. Era un fatto che mi
stava irritando molto.
Mi
riposizionai sul grande albero, esattamente dove ero prima e attesi
la venuta del nuovo giorno.
Per tutta
la notte non avevo fatto altro che pensare e ripensare a quello
strano giorno, avevo visto che il pick up rosso era ancora li, questo
voleva dire che anche la ragazza di quel pomeriggio era ancora in
quella casa. Ma fatto strano non sentivo neppure i suoi pensieri.
I miei
capelli stavano subendo la tortura da parte delle mie mani, era un
tic che avevo quando ero nervoso, senza rendermene conto passavo le
dita fra i capelli scompigliandoli ancora di più di quanto già non
fossero. Il nuovo giorno intanto era iniziato, i rumori dentro la
casa erano cessati da pochi minuti e poi, a un tratto... le lastre
cominciarono a ritirarsi facendo tornare la casa al suo aspetto
normale.
Adesso
cominciavo sinceramente a essere curioso, chissà che razza di uomo
era Charlie Swan. Avvertii il rumore dell'acqua provenire dal piano
di sopra, sicuramente era una doccia, sospirai, volevo tornare a casa
alla svelta. Scesi dall'albero e attesi che finisse i suoi bisogni
umani, avevo intenzione di incontrarlo subito e se fosse stato
possibile, lo avrei portato via con me ancora quella stessa mattina.
Certo che
per essere un uomo ce ne metteva di tempo sotto la doccia, erano già
ventisei minuti buoni che stava sotto quel getto. Magari si era
sentito male... no, il suo cuore batteva forte e armonioso.
Decisi di
attendere ancora un po'.
Finalmente
sentii chiudere la manopola dell'acqua e il suo ciabattare al piano
superiore. Aveva un passo leggero per essere un uomo, notai.
Contai
mentalmente fino a mille, prima di bussare gentilmente alla sua
porta, quando questa si aprì, mi trovai di fronte lei, la donna
delle pulizie.
CHIEDO IMMENSAMENTE SCUSA PER ESSERE SPARITA COSÌ PER TANTO TEMPO, MA GLI IMPEGNI DEL LAVORO ERANO AUMENTATI A DISMISURA... SCUSATE. PER EVITARE DISGUIDI, SAREBBE MIA INTENZIONE AGGIORNARE 1 VOLTA ALLA SETTIMANA. DIREI CHE DI MARTEDÌ POTREBBE ANDARE BENE... CHE DITE? ^^