Ho deciso. Dopo tanto pensarci ho deciso di farlo.
Adesso non si torna più indietro.
Quest'oggi sono rientrata a palazzo prima del previsto, ho chiamato la
vecchia governante e l'ho informata che avrei preso parte ad un ballo a
Versailles, indossando un abito da donna. La sua reazione è
stata spropositata, l'ho guardata gettarsi sulle ginocchia, le mani
giunte, ringraziare Dio per aver esaudito le sue preghiere, una
reazione esagerata, non c'è che dire.
Ora sono seduta davanti ad un'enorme specchio nella vecchia stanza di
una delle mie sorelle, guardo la mia immagine riflessa, eccomi qui, il
soldatino, il capitano, l'erede della famiglia Jarjayes, mi guardo e
non posso fare a meno di scorgere dei tratti di mio padre sul viso, il
naso, la forma del volto, e quel rigore che conferisce durezza ad ogni
tratto del mio corpo, o fascino, come ostinatamente sottolinea il
grande generale Jarjayes, parlando di se stesso.
Guardo la mia immagine riflessa e vedo il soldato che sono sempre
stata, e che tra qualche minuto lascerà il posto ad una
persona che non conosco, che potrebbe non piacermi, ma che con
ostinazione degna di mio padre ho deciso di
“incontrare”.
Mi soffermo ancora qualche istante su Oscar, su questa me stessa che ha
fatto parte della mia vita per tanto tempo, osservo i miei lunghi
capelli biondi, così disordinatamente mossi, non me ne sono
mai curata, osservo la pienezza della mie labbra rosee, l'azzurro di
questi occhi che spesso sono stati freddi come ghiaccio, osservo tutto
questo e mi è difficile scorgervi una donna, non
è così che dovrebbe essere una dama, nessun uomo
vorrebbe corteggiare ed interessarsi a questa Oscar, a questo soldatino
freddo ed ostinato. Nessuno vorrebbe, tanto meno il conte di Fersen.
Fersen... è per lui che questa sera imprigionerò
la vecchia Oscar e renderò libera Madamigella Oscar, faccio
tutto questo per lui, Hans Axel di Fersen, l'unico uomo che potrei mai
amare.
Ancora un'occhiata allo specchio. Mi guardo attorno e mi chiedo che
fine abbia fatto la governate, sospiro e poggio le mani sul grembo,
stanno tremando, ho paura.
Ho tremendamente paura del giudizio delle persone che hanno vissuto con
me per tutta la vita, provo imbarazzo nell'immaginare i loro volti, i
loro giudizi, una volta che avranno visto la vecchia Oscar travestita
da donna, perchè è quello che
sembrerò, una donna soldato travestita da donna in
abito da sera, ridicola. Ho commesso un terribile errore, adesso alzo i
tacchi e me ne vado.
Troppo tardi, sento i passettini veloci della vecchia governante...
farfuglia qualcosa, sento la voce di André mescolarsi alla
sua... André... cosa penserà il mio amico di
sempre? Cosa sarò ai suoi occhi? Riesco solo a provare
vergogna. Vorrei scappare ma non c'è più via
d'uscita.
“Oscar, bambina, quest'abito ti starà
stupendamente... io lo sapevo che un giorno ti saresti decisa ad
indossarlo... io ne ero certa, ho fatto bene a cucirtene uno!”
“Tu hai cucito questo per me? Quando?”
“Quando sei diventata una signorina, Oscar.”
Sono spiazzata di fronte all'amore di questa piccola vecchina, e sempre
più stupita dalla sua grande ostinazione. La guardo
sistemare il vestito su un manichino, con cura, e sollevare gli
occhiali per asciugare le lacrime che le rigano il volto.
“Oscar, avvicinati...” la voce della vecchia
governante è tornata quella di sempre, stridula e
squillante, quasi autoritaria.
Le sono vicina, mi sta guardando con un'espressione strana.
“Oscar, bambina, levati immediatamente quegli orrendi
abiti.” non gli è mai andato giù il
fatto che mio padre mi abbia educata come un maschio, odia questi abiti
maschili, lo so, me lo fa capire ogni volta con un'espressione del viso
o con un tono differente della voce, credo che li brucerebbe se potesse
farlo.
Io ho sempre amato questi abiti, sono la mia pelle, il mio caldo
rifugio, camicie e pantaloni mi hanno sempre fatta sentire a casa, ed
in qualche modo vicina a mio padre, ed ora eccomi qui, pronta a
rinnegare tutto ciò che sono sempre stata. Guardo le mie
mani tradire il mio corpo. Guardo le mie mani tradire mio padre.
Sono nuda e non provo imbarazzo, non l'ho mai provato di fronte a
Nanny, lei mi ha vista crescere, ha assistito con me ad ogni
cambiamento del mio corpo. Non provo vergogna di fronte a lei, che non
ha mai giudicato ne preteso dal mio corpo, l'ha accettato come nessun
altro, più di quanto abbia fatto io.
Ho freddo, cerco di darmi un po' di calore stringendo le braccia
attorno al petto e incrociando le gambe, muovendomi da un piede
all'altro. Non funziona.
Ho paura. Ho paura di indossare uno stupido abito da donna, io che non
ho timore di duellare con la spada o battermi contro un uomo, tutto
ciò è assurdo. Cosa sto facendo? Davvero voglio
fare questa follia?
Ho freddo.
Cosa vuoi farmi indossare? Che diavoleria è mai questa?
Nanny mi porge delle lunghe calze trasparenti e dei nastrini di seta,
sono spiazzata, non ho idea di cosa dovrei fare con queste cose. Nanny
mi rimprovera, mi intima di non fare la sciocca e di infilare le calze,
come ho sempre fatto con quelle da uomo, che ogni giorno indosso.
Ci provo.
Infilo lentamente la calza di questo strano tessuto delicatissimo e
trasparente, la faccio scorrere sul piede, lungo la caviglia,
oltrepasso il polpaccio e poco più su del ginocchio finisce
la sua corsa. Mi blocco, guardo Nanny con aria interrogativa in attesa
di un aiuto, lei alza gli occhi al cielo farfugliando qualcosa, mi
toglie il nastrino dalle mani e lo avvolge attorno alla mia coscia,
poco sotto il bordo della calza, un piccolo fiocco ed ecco compiuta
l'opera.
Osservo la mia gamba avvolta in quella che ancora giudico una
diavoleria, la guardo, è così che dovrebbe essere
la gamba di una donna? Sembrerebbe di si.
Lo stesso trattamento è riservato all'altra gamba, anche
questa è andata, mi dico.
La vecchia governante si appresta a sfilare l'abito dal manichino
dirigendosi pericolosamente verso di me.
Ecco, ci siamo. Oscar devi essere impazzita.
Nanny mi aiuta ad infilare l'abito, posso sentire chiaramente la stoffa
morbida e leggermente fredda accarezzarmi la pelle nuda, sento l'abito
scivolarmi lungo le gambe, i fianchi, il busto... è fatta.
Sono una donna ora?
No non ancora.
Nanny armeggia dietro la mia schiena con poco delicatezza, mi stringe
le mani attorno alla vita, sposta ed alza il bustino dell'abito,
è una tortura.
“Ahi! Basta non stringere più, così mi
impedisci di respirare”
“Stai dritta! So io come vanno certe cose!”
Ho finalmente un po' di pace, l'opera è conclusa, sono
felice di non aver dovuto subire tutto questo fin da bambina, l'essere
cresciuta come un uomo ha avuto i suoi vantaggi.
Sono una donna ora?
No, non ancora.
“Co... cosa stai facendo ai miei capelli?”
“Silenzio! È così che dovresti
pettinarli sempre.”
Nanny sta letteralmente torturandomi i capelli, li spazzola con forza,
li punta con quegli strani aggeggi che lei chiama
“forcine”, quelle strane “armi”
che sembrano bucarmi la testa.
Un po' di pace, la vecchia governante mi ha appena informata che siamo
quasi al termine, manca solo un tocco di belletto. Belletto? Nanny non
vorrai dire che dovrò mettermi sul viso...
Nanny ha osato imbrattarmi il volto con qualcosa a cui non so neppure
dare un nome. Devo essere proprio impazzita per permettere a qualcuno
di farmi questo.
Sembrerò uno spaventapasseri col volto dipinto da un pessimo
pittore.
Sono una donna ora?
Nanny mi trascina di fronte allo specchio.
Si ora sono una donna.
L'immagine che mi rimanda lo specchio è...
così... bella. Dove sei Oscar? Dove si è nascosta
la Oscar di sempre? Dove sono finita? E chi è quella donna
che mi guarda con occhi così simili ai miei?
Ho paura.
Ho paura di abituarmi a tutto questo. Ho il timore di non riuscire,
dopo questa sera, a far tornare la vecchia Oscar.
Mi chiedo cosa farei se Fersen si accorgesse di me questa notte, sarei
disposta a rivelarmi a lui? Troverei il coraggio di diventare, per
sempre, la donna che sono in questo istante?
Ho paura, quando invece dovrei essere felice, quando invece dovrei
sentirmi a mio agio tra questi abiti, quando invece dovrei sentirmi
normale. Questa è la mia vera natura eppure mi sento come se
stessi facendo qualcosa di sbagliato.
Padre, cosa pensereste di me se mi vedeste in questo momento?
Infliggerei al vostro cuore lo stesso dolore che provaste il giorno in
cui venni al mondo?
Padre, non dovrete mai vedermi in questo stato, mai.
“Oscar, è ora di andare, vieni.”
Nanny mi distoglie da questi folli pensieri, è ora di
andare. Varcata la soglia di questa stanza sarà tutto reale,
non potrò più tornare indietro, una volta uscita
da questa stanza sarò, per chi incrocerà il mio
sguardo, Oscar Francois de Jarjayes, una donna.
Sono pronta, cammino lungo il corridoio, eccomi in cima alla grande
scalinata...
“André vieni. Viene a vedere la nostra Oscar
vestita da donna.”
Nanny, no, non farmi questo, non chiamarlo, non voglio che mi veda.
André non voglio che tu mi veda avvolta dalla mia stessa
debolezza, non potrei sopportare la vergogna, che so, si
presenterà come fuoco sulle mie gote.
Eccolo li, il mio migliore amico, il mio attendente, il compagno di
giochi, lo vedo arrivare distrattamente verso la scalinata, sorride,
muove le labbra come se stesse dicendo qualcosa tra sé e
sé.
Non guardarmi André. Non giudicarmi. Non ferirmi.
Sta alzando la testa, lo sento ridere e non ne capisco il motivo, e
dopo un tempo che mi sembra interminabile posa lo sguardo su di me ed
il sorriso gli muore sulle labbra.
Sono ridicola, vero André? Per questo hai smesso di
sorridere.
Sento dolore al cuore quando mi sforzo di continuare a guardare
André.
Cosa fai ora André, dischiudi le labbra ed i tuoi occhi
verdi si fanno più grandi, perchè lo fai?
È stupore quello che leggo sul tuo viso?
Nanny mi stringe il braccio, si sta facendo tardi, la carrozza mi
attende, ma questa sera non sarà André ad
accompagnarmi, nessuno dovrà conoscere la mia
identità, questa sera sarò una misteriosa donna
venuta da un paese straniero, un altro inganno, l'ennesima maschera.
Tutto ciò è sbagliato? Forse, o forse no, chi
può dirlo. Ho voluto seguire il mio cuore di donna, voglio
tentare, voglio dare una possibilità al mio lato femminile,
glielo devo dopo tutti questi anni.
Il cuore mi sta scoppiando nel petto, la bocca è un deserto.
L'intera sala da ballo si è fermata, percepisco ogni singolo
sguardo sulla pelle. Sono a disagio, io che sono cresciuta con gli
occhi della gente addosso, io che non ho mai avuto problemi nello stare
al centro dell'attenzione, anzi, la cosa mi ha sempre compiaciuta.
Adesso, per la prima volta in vita mia sono a disagio. Queste persone
non stanno guardando Oscar, il capitano delle guardie reali, no, queste
persone mi stanno guardando dentro, ho mostrato al mondo la mia
fragilità.
Mi guardo attorno, metto un piede di fronte all'altro, uno di fronte
all'altro, fisso il pavimento, da brava Oscar cammina.
Un tuffo al cuore.
“Perdonatemi. Mi concedete l'onore di ballare con
voi?”
Fersen.
“Perdonatemi Duchessa, posso sapere da dove
venite?”
Se solo sapeste Fersen.
“Sapete, conosco una persona che vi somiglia
molto.”
Possibile che mi abbia riconosciuta?
“Bella come lo siete voi, bionda come lo siete voi, e
generosa e colta e decisa, darebbe la vita per i suoi ideali. Di solito
nasconde il suo corpo bellissimo dentro un'uniforme. E fai di tutto
perchè gli uomini non si interessino a lei. Questa ragazza
di cui vi parlo è il mio migliore amico.”
Il vostro migliore amico... il vostro migliore amico... Oscar, cosa hai
fatto? Cosa hai fatto?
Mi sento mancare, le gambe hanno smesso di sorreggermi, inciampo nelle
lunghe gonne di questo maledetto abito, sto cadendo, indietro... una
mano mi afferra il polso, un altra mi cinge la vita... Fersen mi sta
stringendo a lui, siamo così vicini, corpo contro corpo,
petto contro petto, non mi lascia andare.
Non mi guardate Fersen, lasciatemi andare via.
Fersen ha iniziato a fissarmi e stringermi sempre più forte,
ha capito, ha scoperto l'inganno. Sono persa.
“Ma... ma... non posso crederci. Voi... voi
siete...”
Si Fersen sono io, il vostro migliore amico, Oscar, una donna vestita
da uomo che questa sera ha indossato gli abiti da sciocca. Ora
lasciatemi andare.
Sto correndo via, corro in questa sala da ballo, che per la seconda
volta questa sera si è bloccata al mio passaggio. Non mi
curo delle mezze parole che le dame si stanno sussurrando, voglio solo
andarmene e dimenticare.
Raggiungo la carrozza. Cocchiere portatemi a palazzo il più
velocemente possibile. Lotto con tutte le mie forze contro le lacrime
che mi infuocano gli occhi.
Eccomi a palazzo, finalmente a casa, non ho mai amato questo posto come
in questo momento. Scendo dalla carrozza, faccio qualche passo e i
tacchi troppo alti mi fanno inciampare.
Maledizione!
Tolgo le scarpe, le abbandono sulla soglia del palazzo, entro senza far
rumore, richiudo il portone alle mie spalle.
“questa ragazza di cui vi parlo è il mio migliore
amico”
Ancora queste parole, ancora questa frase. Non posso più
fermare le lacrime.
Sei una stupida Oscar, cosa credevi di fare? Cosa pensavi sarebbe
successo? Pensavi davvero che Fersen si sarebbe accorto di te? Pensavi
davvero che un uomo avrebbe potuto cambiare la tua vita? Pensavi
davvero che un uomo avrebbe potuto interessarsi, o addirittura
innamorarsi di te? Illusa, stupida, ridicola.
Le sue parole sono state chiare, ciò che prova per me
è limpido, solo amicizia.
Devo rinunciare a lui.
Devo dimenticarlo.
Cammino a fatica nel palazzo, trascino dietro di me i resti di un
dolore che credo mi seguirà per molto tempo, così
come sto trascinando dietro di me quest'abito che mi provoca un
fastidio insopportabile.
Corro lungo la scalinata, voglio sbarazzarmi di tutta questa stupida
stoffa.
Poggio la mano sulla maniglia, un respiro profondo, lacrime che mi
bruciano le guance.
Voglio dimenticare.
Un sussulto, qualcuno mi sta chiamando.
“Oscar...”
André... No, André, non tu, non adesso.
“Oscar...”
No, André, vattene.
Vieni da me quando sarà tornata la vecchia Oscar.
Sento le tue mani posarsi sulle mie spalle, mi inviti a voltarmi verso
di te.
Mi volto.
Mi guardi.
Ti guardo con il viso sconvolto dalle lacrime, vorrei contraccambiare
il sorriso ma non ne ho la forza.
Non guardami André, ho sbagliato lo so, tu lo sapevi vero?
Se te ne avessi parlato mi avresti fermata, ne sono certa, se ne avessi
parlato con te mi avresti evitato tutto questo.
Non chiedermi nulla André, te ne prego. Ti guardo con occhi
imploranti.
Mi sorridi, uno dei tuoi sorrisi, così dolci,
così calmi.
Non chiedermi nulla.
“Oscar...”
Dannazione André non farlo. Guardami. Non capisci che non
posso parlare con te in questo momento?
“Vai a riposare Oscar. Ci vediamo domattina.”
La mia voglia di piangere aumenta, sono distrutta André, lo
vedi? Riesci a sentirlo? Non ho più barriere questa notte,
ho toccato il fondo, non mi importa cosa penserai dopo che
avrò fatto ciò che sto per fare.
Mi getto tra le tue braccia, nascondo il viso sul tuo petto e piango
senza freni.
“Oscar...”
Non ti rispondo.
“Sei bellissima stasera.”
Ti ringrazio André.
Ma devo andare.
Me ne vado perché tu, purtroppo, non sei lui.
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