L'altro lato del fiume

di EhiJoe
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La riva splendeva del riflesso rosso arancione del tramonto, crando un gioco di colori di cui Sole amava godere. Le piaceva molto andare nella casa in campagna dei nonni durante l’estate, così la sera poteva andare a giocare con la sua palla vicino al fiume divertendosi a guardare i riflessi che prendeva la natura circostante in quel particolare momento della giornata. L’aria soffiava leggera accarezzando il viso della bambina, muovendone i lunghi capelli castani che le arrivavano alle spalle. Tutto accade in poco tempo: Sole stava giocando con la palla di cuoio trovata nel ripostiglio pieno di cianfrusaglie del nonno, quando per un tiro azzardato il nuovo gioco le cadde in acqua e il fiume velocemente lo portò via, scomparendo alla vista. Grosse lacrime salate cominciarono a rigarle le guance rosse, e i singhiozzi le rompevano la voce. La luce stava scomparendo, lasciando il paesaggio alla tranquillità notturna mentre la bambina continuava a piangere seduta sul terreno stringendo al petto il suo piccolo orsacchiotto Pandino. Non si accorse che nell’altra sponda un altro bambino, con i capelli colore nero pece la stava osservando curioso, stringendo i grandi occhi verdi per capire meglio cosa stava accadendo alla piccola creatura che vedeva. Le spalle le tremavano, ma non poteva avere freddo in una sera di giugno come quella, ma cosa poteva esserle accaduto? Doveva riuscire ad attirare la sua attenzione, così il piccolino cominciò ad urlare a gran voce. Inizialmente la bambina distratta dai suoi pensieri tristi nemmeno lo sentì, ma poi finalmente alzò gli occhi e guardò stranita un bambino che muoveva insistentemente le braccia urlando qualcosa che non capiva. Aveva i capelli così neri che sembravano finti. Ma che stava dicendo? Forse era meglio rispondergli. “Ciao!” “Ciao! Perché stai piangendo ?” “Ho perso la mia palla nel fiume, era così bella!” Che bambina strana, piangeva per un giocattolo. Di palloni se ne potevano comprare o costruire in grandissima quantità e quella tipa assurda piangeva addirittura. “Se vuoi ti regalo la mia!” le urlò, tenendo le mani a coppa davanti alla bocca. E subito le lanciò una bellissima palla rossa, di plastica con una scritta nera in miuscolo. “Michele”. Forse si chiamava così. “Grazie!” e gli sorrise.




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