Titolo: // Rating: Arancione Personaggi:
Cina (Yao Wang), Giappone (Kiku Honda), Corea del Sud (Im Yong Soo),
Taiwan, Inghilterra (Arthur Kirkland), Francia (Francis Bonnefoy),
Russia (Ivan Braginski) Pairing Cina/Giappone Genere: Guerra, Drammatico, Angst Avvertimenti Non per stomaci delicati Note: 1.Il
primo capitolo è a tutti gli effetti un introduzione. Ho deciso di
mettere la narrazione in prima persona solo a questo capitolo per dare
più enfasi, ma già dal secondo userò la terza. E' così, sono fatta alla
rovescia e non ci posso fare niente U_U 2. Il titolo è composto da
due parole cinesi che rispettivamente significano 'Fiore di loto' e
'Crisantemo'. Mi é sembrato un paragone perfetto per rappresentare Cina
e Giappone. D'altronde Cina chiama Kiku Crisantemo (Kiku significa,
appunto, Crisantemo) 3. Aniki in coreano credo significhi fratello maggiore 4.
Per le informazioni sulla guerra Sino-Giapponese ho preso spunti dalla
pagina dedicata su Wikipedia, che vi consiglio di leggere per una
migliore comprensione della storia buona lettura
Il Fratellone Promette...
Corri, fuggi, non ti fermare. Non voltarti indietro, non guardare. Ci sono morti dietro di te, case incendiate, soldati che ti sparano contro, cadaveri ovunque. Non permettere che loro vedano questo scempio.
“Aniki...” Ti chiama la lieve voce spaventata del tuo fratellino minore. “Non
ti fermare Corea, corri, aru!” Sibili stringendo la sua piccola mano
nella tua, piena di ferite, continuando a correre, i muscoli che ti
cedono, che chiedono di fermarti e lasciarli riposare, di avere pietà
per le tue gambe. Ma tu le ignori. Non puoi permettere che te li
portino via. Non ancora, no. Sono ancora troppo piccoli. Reggi
Taiwan sulla tua spalla, reggendola forte a te, mentre con l'altra mano
tieni quella di Im Yong Soo e lo tiri con forza per incitarlo a
correre, a non fermarsi. Non è più il tempo dei giochi, dei
tentativi del piccolo di palparti il seno, della risata argentina di
Meimei che ti rasserena il cuore.
Corri, fuggi, non ti fermare. Non
voltarti indietro, ignora i loro lamenti, ignora i muscoli doloranti.
Ma non puoi ignorare le grida della tua gente che soffre e che muore
mentre tu stai vigliaccamente fuggendo.
No non stai fuggendo, in realtà vuoi solo metterli al sicuro. Vuoi che, almeno loro, non vedono ciò che li circonda.
Non vedano ciò che vostro fratello sta facendo alla vostra terra.
Finalmente eccola, la casa dove saranno al sicuro per un po'. “Forza
sbrigatevi! Dentro, aru!” Li inciti, mentre Yong Soo ansima piegandosi
in due e reggendosi sulle ginocchia dalla stanchezza, e appoggi Taiwan
delicatamente sui tatami, per quanto la rabbia che hai in corpo ti
permetta di rimanere lucido. “Perchè siamo qui?” domanda la ragazza, non più tanto bambina. Com'è cresciuta. “Dovete rimanere in questa pagoda. Qui i nemici non verranno. Siete al sicuro, e non vi faranno del male” “E'
Kiku?” Chiede Corea, titubante, ma con tanta rabbia in quel suo corpo
ancora troppo giovane per conoscere sentimenti come l'odio. “E' Kiku
che sta facendo tutto questo! Lui ha distrutto la nostra terra!” Le sue
parole non hanno più nulla di interrogativo, sono affermazioni, e per
quanto tu cerchi di convincerti che no, non è vero, sono soltanto
bugie, più sai che quella è la verità. Cruda e amara, fredda. Il tuo Ju
Hua, il tuo Crisantemo, il tuo piccolo Kiku, ha mosso guerra contro di
te. Ha cercato di conquistare il piccolo Yong Soo pochi mesi fa, ma
tu lo hai strappato via dalle sue mani che già erano convinte di averlo
in pugno e lo hai portato in Mancuria insieme a Taiwan, dove pensi sia
ora al sicuro. Ma nessun posto è al sicuro dall'avanzata Giapponese, e
lo hai testato sulla tua pelle, con tutte le sconfitte della tua
armata, che era ancora provata dalle guerre contro gli Europei.
Hai miseramente perso anche quelle.
“Yong Soo... sono certo che Giappone ha qualche motivo per...” Ricevi
una botta negli stinchi non appena pronunci il nome dell'altra nazione
asiatica, proprio dal piccolo Corea, che ti guarda con astio. Senti il
sangue ferroso in bocca, quella piccola botta è solamente il colpo di
grazia dopo le innumerevoli ferite da battaglia, ma sai che in fondo te
lo meriti. “Kiku... Kiku non ci vuole più bene! Ci odia! E tu continui a dire che c'è un motivo, Aniki!” Taiwan è in un angolo, inginocchiata, piange disperata con le mani nei capelli. “Io... continuo a credere che Kiku ci voglia ancora bene, aru!” “E allora perchè! Perchè ha fatto questo alla mia terra, perchè ha fatto questo al mio Aniki!”
Una bomba, esplosa poco lontano, ti fa ricordare che fuori si sta ancora combattendo una guerra. Una guerra a cui loro non devono assistere. Ma tu la devi combattere.
“Corea,
Taiwan. Voi rimanete qui, ok? Quando riuscirò ad allontanare i
giapponesi dalla Mancuria cercherò di mandarvi da Vietnam o da
Thailandia, aru...” “Ma noi non vogliamo andare da Vietnam! Vogliamo
rimanere con te, ge-ge!” Esclama in lacrime la piccola Meimei
aggrappandosi ai tuoi pantaloni, laceri e sporchi di fango e sangue,
tuo e quello dei tuoi nemici.
Sai che se rimani ancora un po' in quella stanza piangerai anche tu. Ma non devi versare lacrime, non in questo momento in cui devi sembrare forte davanti al tuo popolo, davanti a Kiku.
Vorresti
rimanere lì sempre. Eppure sai che il tuo posto non è al sicuro, al
caldo, ma al freddo tra la gente, a cercare di salvare il più alto
numero di persone innocenti possibili, tra fiamme, macerie e cadaveri. Non riusciva ancora a concepire perchè il suo fratellino gli avesse dichiarato guerra.
“Prometto che tornerò, aru! Voi dovete solo rimanere al sicuro...” Le
loro piccole braccia ti cingono vita e schiena. Non vogliono che tu te
ne vada, che li lasci soli, ma è inevitabile. Dopo avergli donato un
amorevole carezza sulle loro teste, scompigliando ad entrambi i capelli
sporchi e già spettinati, li spingi dentro e ti chiudi la porta
scorrevole alle tue spalle. Quella carezza per te era un gesto di
amore, ma anche di speranza per loro, una promessa che saresti tornato
prima possibile, che li avresti rivisti, coccolati ancora, e poi
sareste di nuovo andati a giocare per le risaie e i boschi di gelso. Una promessa che è quasi impossibile mantenere del tutto.
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