Once
for
Life
Sole e cinguettare di uccelli condivano la tarda primavera in una Santa
Domenica. Era il 4 giugno dell’anno 1469. Il Signore aveva
chiamato a raccolta in Chiesa i suoi fedeli e Firenze taceva
silenziosa. Fuori dalle Cappelle, dove la gente stava a pregare, le
strade erano deserte, le bandiere a sventolavano nel vento, pigri
piccioni stavano appollaiati su tetti e cornicioni, scrutando in basso
là dove andava correndo un giovanotto vestito tutto di
bianco, agghindato come un principe. Andava di fretta per la sua via,
preoccupato, coi pugni stretti e le gambe veloci. Giunse in piazza col
fiato che mancava e le ginocchia stanche. Si fermò un
istante a calmare il cuore all’ombra del Duomo, quando si
sentì chiamare da una sottile voce di ragazzo.
“Ezio!”.
Il fanciullo alzò gli occhi scuri e trattenne il respiro.
“Qui Ezio! da questa parte dai!”lo chiamava ancora.
“Federico?” domandò l’altro
mirandosi intorno senza capire dove guardare.
“Spicciati, fratello, sono qua!” lo
nominò di nuovo, ma questa volta scostando un battente del
Duomo e mostrandosi alla luce del giorno.
Ezio gli andò incontro con un balzo e suo fratello maggiore
richiuse la porta.
L’interno di Santa Maria del Fiore era nel silenzio delle
preghiere. Firenze era riunita lì oppure alla Santa Novella
infatti per strada Ezio non aveva incontrato nessuno solo per quella
fortuna.
“Ce ne hai messo di tempo” lo punzecchiò
Federico a voce bassissima perché ogni piccolo suono poteva
danzare mille e mille volte per quanto era imponente
quell’edificio.
“Eh, scusa!” fece offeso.
“Almeno l’hai trovato?!”fece serio
Federico.
“Sì, sì! Eccolo!”
lagnò Ezio tirando fuori dai pantaloni un cofanetto di
velluto che porse al fratello senza aprirlo; Federico diede
un’occhiata assicurandosi del contenuto poi glielo
restituì. “Vieni!”ordinò
trascinando il più giovane con sé. Ezio strinse
il cofanetto seguendo il fratello maggiore che traversando la navata di
destra puntava dritto al banco dei testimoni, accanto agli uomini
più importanti della città.
Ezio si strinse nelle spalle e camminò a capo chino, come se
anch’egli stesse pregando allo stesso modo della gente che
taceva inginocchiata. La magnifica cupola si aprì davanti al
suo naso quando si accorse di non aver fatto altro che guardare le
pareti affrescate e i marmi bianchi delle colonne. Quella Chiesa lo
affascinava tutte le volte.
Ezio e Federico raggiunsero il banco al quale pregavano i loro famigli.
c’erano Giovanni e Maria, i loro genitori, e
quest’ultima accompagnata da due balie che tenevano in grembo
una il piccolo Petruccio, e l’altra la giovane Claudia con la
mano.
La cerimonia riprese da dove si era interrotta, mentre il gran
Sacerdote rimandava le preghiere con una nuova citazione latina. Di
fronte a lui c’erano una giovanissima coppia di sposi, che il
Santo Signore riuniva quel dì del 4 giugno.
Ezio affidò il cofanetto nelle mani di suo padre, quando
l’ebbe accanto, e questi, con grande stupore,
scrutò all’interno, sorrise e carezzò
la testa del bimbo. Passando di mano in mano degli invitati al
matrimonio, il cofanetto vide i volti di gente illustra come Giuliano
de’Medici, la sorella maggiore Bianca, Lucrezia loro madre,
Girolamo Riario, e tantissimi altri importanti uomini e donne di Firenze
Al fine il prezioso cofanetto affidato agli Auditore giunse nelle
bellissime mani del religioso. Quelli, aprendolo mentre gli occhi di
Firenze erano puntati sull’Altare e il coro iniziava a
cantare, maritava Clarice Orsini e Lorenzo il Magnifico
de’Medici.
Giovanni strinse più forte a sé suo figlio
ringraziandolo.
"Diciamo
che ho avuto qualche problema..."
"Non puoi mentirmi Giovanni" eruppe la donna
seduta sul letto.
"Non ti sto mentendo. Ho avuto sul serio
qualche problema! Anche se di
piccole dimensioni ho avuto un problema" si difese l'uomo camminando su
e giù per la loro camera da letto.
"Nostro figlio non è un problema!
Hai una grande faccia
tosta a chiamarlo cosi!".
"Suvvia Maria non farne una tragedia! mi sembra
che sia andato tutto
bene, no? Lorenzo e Clarice sono sposati ormai, direi di smetterla
questa discussione o sveglieremo Petruccio".
"Il sonno di quel bambino non è mai
troppo profondo hai
ragione...".
I due si scambiarono un piccolo bacio. "Sii
prudente..."
augurò la donna nel vederlo uscire prendendo con
sè le sue cose.
Giovanni baciò in fronte Petruccio
nella culla e
lanciò un sorriso alla moglie. Poi se ne andò di
casa che era sera e faceva freddo mentre nelle cucine di del Palazzo
Auditore si metteva in tavola la cena. Maria si alzò dal
letto infagottò il piccolo Petruccio nelle coperte e
uscì dalla stanza andando in corridoio. Incontrò
Ezio seduto sul tappeto a giocare con delle piccole sculture di legno a
forma di cavalieri con in più i cavalli e una catapulta.
"Ezio, in corridoio?!" lo rimproverò
la donna appena lo vide che stava giocando dove non doveva.
Il bambino sobbalzò e
cacciò un singhiozzo. "Ma
madre, Federico è nella sua stanza con Priscilla!"
lagnò lui "e mi ha cacciato fuori!".
Maria corrugò la fronte e si
dimenticò ben presto
del piccolo Ezio perché urgeva fermare l'altro figlio prima
di diventar nonna così presto.
Federico gli diede una gomitata. "Sei uno scemo! Era la volta buona!".
Ezio si massaggiò la dove gli faceva
male. Erano seduti a
tavola, e c'erano anche la bellissima Priscilla del Monte assieme alla
sua famiglia, ospite a casa degli Auditore per festeggiare un
così raggiante matrimonio come quello di Lorenzo il
Magnifico de' Medici e Clarice Orsini, perché era il 4
giugno 1465.
"Scusa ma nostra madre mi ha visto che giocavo
in corridoio e mi ha
chiesto perché..."
"E bravo che vai a raccontare i fatti miei!
Potevi dire altro..."
"Scusa, va bene, scusa!"
"E poi non stavamo facendo niente di male..."
borbottò
Federico. "Sapevi che ha un bellissimo gatto persiano?" chiese al
fratellino guardando Priscilla seduta distante accanto alla madre e al
padre.
"Scommetto che è marroncino.." disse
Ezio.
Federico annuì.
"Striato di bianco" dissero assieme.
"Come lo sai?!" chiese Federico preoccupato.
"Me ne ha già parlato.." ammette
Ezio guardando a terra coi
piedi a penzoloni che non toccano il pavimento, perché la
sedia è troppo alta.
"Ah, bene! Adesso mi rubi anche la ragazza!!".
"Aspetta! E poi l'ho visto che correva in
giardino inseguito dal cane
del sarto..."
L’autrice..
Ora
che ci penso.. non ha molto senso questa storia. blaaaaaaah non mi
piace come scrivo! ho cercato di essere anche un po arcaica nei termini
ma ho fatto lo stesso una schifezza! !! con tutte quelle belle storie
che circolano sulla sezione poi nessuno si abbasserebbe mai a
commentare un simile schifo! XDDDD confesso che l’ho fatta
rileggere a mia madre o sarebbe uscita fuori anche peggio!! XDDD faccio
degli errori pietosi con la grammatica lo so!!! e lascerò
che mi ucciderete per questo :S questa è la mia seconda
one-shot su Assassin’S Creed e la prima non è
andata cosi male ma vabbhè spero che questa sia stata un
minimo degna della “scrittrice” che ero
all’epoca!!!! XDDDD
a presto :D
renaulT
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