A
new life
together
L’Isola, da quando vi ero sbarcata, era
per me
un posto incantato, dove le malattie sparivano.
Sull’Isola
si guariva, come
per magia.
Avevo visto solo tre eccezioni a questa regola
ferrea: le donne che
aiutavo a rimanere incinte e che puntualmente morivano nel secondo
trimestre di
gravidanza, il tumore alla colonna vertebrale di Benjamin e
l’appendicite di
Jack.
Negli anni Settanta, dove ero bloccata, ci fu di
nuovo una falla nel
sistema Isola, ma con conseguenze molto meno gravi, per fortuna. Una
epidemia
di influenza si diffuse per tutta Dharmaville, colpendo indistintamente
uomini,
donne e bambini del nostro folto insediamento.
Un fatto davvero strano, fuori dagli schemi a cui
mi ero tanto
faticosamente abituata tempo prima. Non avevamo mai avuto nessuna
malattia contagiosa
alle porte.
Io non venni per niente coinvolta
nell’ondata virale, ma James la
prese in pieno.
Completamente.
Stavamo assieme da tempo e nessuno sapeva della
nostra relazione, ma
James era talmente malridotto che fui costretta a chiedere alcuni
giorni
dall’officina per trasferirmi a casa sua per potermi prendere
cura di lui
ventiquattro ore su ventiquattro.
E tutti capirono che non eravamo più
semplici amici.
Da quando lo conoscevo, avevo sempre pensato che
James fosse un uomo
duro, tutto di un pezzo, che non aveva paura di niente e di nessuno.
Beh, pensavo tutto ciò perché
non lo avevo ancora visto malato.
Era come se fosse regredito allo stadio infantile.
Sembrava fosse un
bimbo di cinque anni capriccioso.
Aveva trentotto di febbre, la temperatura scendeva
o saliva di poco,
ma sembrava che come minimo avesse avuto quarantadue per quanto si
lagnava.
Non esisteva niente di peggio al
mondo di un uomo che non stava fisicamente
bene, ne ebbi la conferma definitiva.
Lamentava in continuazione dolori lancinanti alle
ossa, alle
giunture, alla testa e stava a letto in preda a questo martirio
piangendosi
addosso, nonostante lo imbottissi di aspirine e antipiretici; il
colanaso non
gli dava tregua e quando i fazzoletti terminavano dovevo correre
immediatamente
a portargliene nuovi, altrimenti iniziava a urlare Julieeeeet
fino a lacerarmi i timpani; voleva stare sempre sotto le
coperte, nonostante gli avessi detto che il calore avrebbe solo
aumentato la
temperatura e che muoversi un pochino per la stanza non gli avrebbe
fatto male
e pretendeva brodino caldo e coccole a volontà a tutte le
ore del giorno e
della notte.
In aggiunta a tutto questo, mi aveva anche vomitato
due volte,
sporcando le lenzuola e quindi venni costretta a cambiare tutto mentre
di
fretta accendevo il camino nel soggiorno perché secondo lui
uscendo dal letto
cinque minuti poteva prender freddo e
peggiorare.
Impiegai mezz’ora
buona a
convincerlo a distaccarsi da quel groviglio di roba.
Semplicemente assurdo.
Qualsiasi sua esigenza, anche la più
stupida, dovevo essere pronta a
esaudirla immediatamente per via della sua tremenda
invalidità. Ero diventata Juliet Burke, la sua schiavetta
personale.
Lo amavo da morire, ma James era la conferma che
gli appartenenti al
genere maschile non erano tagliati per sopportare il dolore fisico.
Io
con la febbre alta avevo
persino sostenuto esami importanti all’università
e non avevo mai reagito così
drammaticamente a una semplice influenza passeggera.
Uomini, valli a capire...
Finalmente, dopo tre giorni di inferno per me, la
febbre iniziò a
regredire. I brontolamenti divennero sempre di meno, gli
tornò l’appetito e alla
fine scese anche dal letto.
Mi godetti la pace meritata leggendo un libro di
Steinbeck in camera
sua mentre lui riposava sereno.
Quando dormiva, James era davvero un amore. Anche
se nei giorni
passati gli avrei torto il collo, occuparmi di lui era stato davvero
meraviglioso. E lo avrei fatto altre mille volte, nonostante lui fosse
stato così
esagerato.
Ehi biondina, che leggi? –
esclamò con la voce roca, voltandosi tra le trapunte verso
la mia direzione.
Steinbeck. Furore -
risposi ridendo mentre chiudevo il tomo.
Oddio, spero che tu non
prenda
alla lettera il titolo del romanzo- disse.
Perché dovrei?
In fondo, mi
hai solo fatta impazzire per una stupida febbre… -
affermai, consapevole di
colpirlo nel vivo.
Scusami. Ti chiedo davvero
scusa. Quando sono malato sono davvero intollerabile, lo ammetto. Sappi
che
però nessuno si è mai preso cura di me in tutta
la mia vita come hai fatto tu
in questi giorni. Ti ringrazio tanto- proclamò
serio, incatenandomi nei
suoi occhi e porgendomi la sua mano.
Il cuore mi si sciolse come una noce di burro sul
pane tostato caldo
a quelle parole. Intrecciai le mie dita alle sue e mi accostai,
appoggiandomi
con lentezza al bordo del letto.
James mi strinse a sé e
avvicinò la sua bocca al mio orecchio.
Julie…
- iniziò.
Quando mi chiamava Julie, voleva dire che
desiderava comunicarmi
qualcosa di importante.
Incominciai a stringermi più forte a
lui, mentre lo stomaco mi si
serrava in una morsa strettissima.
Averti qua in questo breve
periodo è stato bellissimo. Anche se ho rovinato tutto con
la mia
esasperazione, io ho riflettuto tanto. Sei così paziente,
dolce, amorevole, ma
sei anche l’unica al mondo a tenermi testa e a farmi
ragionare. Ti amo per
questo e per molto altro ancora. E voglio che tu mi stia vicina sempre,
anche
quando non sono malato- annunciò sicuro. Sentivo
il cuore battergli
all’impazzata.
Poi, prese un respiro profondo. Era teso, lo
percepivo.
Julie, voglio che tu venga
a
vivere con me- mi sussurrò angelicamente.
Stare con lui ogni giorno nella stessa casa,
preparargli la cena e
vederlo mangiare di gusto, dormire abbracciati e salutarlo con un bacio
mentre
andava al lavoro, dividere con lui le piccole cose che rendevano
speciale la nostra
realtà… non ci riflettei manco per mezzo secondo
sulla sua idea.
James, io voglio vivere
con te- replicai
raggiante.
Il nodo che avevo allo stomaco si era sciolto in
mille farfalle che
svolazzavano felici dappertutto.
Sentii la gioia incandescente travolgerci, in modo
totale e puro, e
capii con tutta me stessa che la mia vita aveva acquisito il suo senso
più
profondo e autentico grazie a lui.
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Angolo dell'autrice
Non riesco a smettere di scrivere su James e
Juliet, non ci riesco, non ce la faccio a trattenermi
<3
So perfettamente che questa storia è
ridicola, ma James malato che "schiavizza" Juju secondo me fa troppo
ridere come cosa [anche perchè gli uomini basta che hanno un
semplice raffreddore e vedono San Pietro che sventola le chiavi del
Paradiso pronto ad accoglierlo lol]
Questa shot partecipa all'iniziativa "2010: a year togheter", indetta dal Fanfiction Contest ~ { Collection of Starlight since 01.06.08 } ed
è basata sul prompt 207-L'influenza alle porte.
Dedicata a Stefy, Là, Any e Giuly,
amiche insostituibili e adorabili (vi amo, tanto quanto Jack ama Kate e
viceversa!Lulz!) e alla Mapi, un tesoro di Donnah! *adesso ti rispondo!*
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