André. André Grandier, signore.
Rispondo all'uomo in uniforme che non smette di fissarmi con occhi
cattivi.
L'uomo in uniforme mi stringe la mano e va via, con le braccia dietro
la schiena.
Sono arrivato oggi in questa grandissima casa, sono venuto a stare con
la mia nonna, lei lavora qui, come governante.
L'uomo in uniforme è il padrone di questa casa, ha una
moglie che lavora a Versailles, dove vive il Re, me lo ha detto la
nonna, ma non ho capito cosa faccia di preciso.
L'uomo in uniforme, “generale Jarjayes”,
così dovrò chiamarlo, si raccomanda la nonna, ha
5 figlie.
Mia nonna ha detto che dovrò lavorare in questa casa,
diventerò il compagno di giochi della figlia più
piccola del generale Jarjayes.
Non mi piacciono le bambine, sono noiose e piangono sempre.
Mia nonna mi ha detto che la bambina con cui dovrò giocare
è speciale, il suo nome è Oscar, suo padre l'ha
chiamata come un maschio “che strano” dico alla
nonna ed anche lei mi guarda con occhi cattivi, quasi mi rimprovera
“devi comportati bene con Oscar, hai capito?”, si
si ho capito.
Diventerò il giocattolo di questa strana bambina. Non
voglio, non mi piacciono le femmine.
Voglio tornare a casa.
Mi viene da piangere, ma cerco di resistere, faccio un respiro grosso
grosso e tiro su col naso, imitando le facce cattive che tutti i grandi
sembrano avere.
Oh no, la nonna mi ha visto!
“André, piccolo... cosa succede?”
La nonna mi abbraccia forte, nascondo il viso nel suo grane e
morbidissimo petto, respiro il suo profumo, la mia nonna ha sempre un
buon odore di cibo. Mi sento bene, non ho più voglia di
piangere.
La nonna mi bacia, mi pulisco la guancia con il dorso della camicia,
lei sorride, mi da una pacca sul sedere e mi
“ordina” di fare qualcosa, lontano da lei.
Ho deciso, esplorerò il palazzo.
Mi fanno male i piedi, ho camminato tantissimo ma non ho ancora
visitato tutte le stanze della casa, ho paura di perdermi in questo
posto.
Ho scoperto che dormirò con la nonna, la nostra stanza
è così grande, è grande quanto la mia
casa... la nostra casa... la nostra vecchia casa.
Mi viene da piangere.
“Ciao.”
“Ciao.”
“Chi sei?”
“André.”
Rispondo a un bambino dai capelli biondissimi, con una spada di legno
in mano e un biscotto mangiucchiato nell'altra. Che strano, mi avevano
detto che c'erano solo femmine qui. Meglio così,
avrò qualcuno con cui fare giochi da maschio.
“Piangi?”
“No!” rispondo e cerco di nascondere le lacrime.
“Si invece.”
“No, moccioso non piango!”
“Perchè piangi?”
Il bambino mi guarda, ha dei grandi occhi azzurri.
“Sono triste:” mi arrendo.
“Perchè?”
“Mi mancano la mia mamma e il mio papà.”
“Perché?”
“Perchè non sono qui con me.”
“Dove sono?”
“Sono morti.”
E' la prima volta che lo dico a qualcuno, la nonna ha pianto tanto
quando ho provato a dire che mi mancavano, allora io non l'ho
più detto.
“Tieni.” il bambino mi regala il suo biscotto
mangiucchiato, mi sorride, ha perso un dente davanti, ha una faccia
buffissima.
Rido, prendo il biscotto e lo divoro subito.
Il bambino mi saluta con la mano e corre via.
“Ciao André”
“Ciao...” non so il suo nome.
Cammino per la casa, mi sto annoiando, sbuffo, metto le mani in tasca e
sbatto i piedi ad ogni passo.
“Quello chi è?”
“Il nipote della governante, mi pare, quello rimasto
orfano.”
Sento bisbigliare due ragazze vestite come credo siano le dame di
Versailles. Non mi piacciono. Le guardo con aria cattiva e mostro
la lingua.
Mi ignorano e vanno via.
Non mi piace questo posto.
Non voglio diventare l'amichetto di quella Oscar, non voglio giocare
con una piccola damina.
“Orfano” ripeto, è una brutta
parola.
Mi viene ancora da piangere, ma non lo faccio.
Vado dalla nonna.
“Nonna io mi annoio...”
“André, tesoro fai il bravo, vai fuori a giocare,
non ho tempo di darti retta.”
Sbuffo.
“Vai piccolo, forse troverai Oscar da qualche
parte.”
Sbuffo ancora di più, che ci giochi lei con una femmina
piagnucolosa.
Esploro il giardino, è grandissimo, come ogni cosa in questo
palazzo.
Una fontana!
Mi avvicino per toccare l'acqua.
“aaaaaaaaaah” qualcuno mi ha spinto dentro la
fontana.
Sono tutto bagnato, la nonna mi sculaccerà, lo so.
Sento ridere. Il bambino biondo. Non credo di voler ancora giocare con
lui, non più.
“Stupido!” urlo con tutto la forza, anche
quando la gola inizia a bruciare.
Odio questo posto.
Sto piangendo.
Il bambino smette di ridere.
“Scusa. Non piangere. Vuoi un biscotto?”
Esco dalla fontana, mi pulisco il naso con la camicia.
“Si lo voglio.”
Il bambino mi prende per mano e mi tira il braccio. Mi avvicino.
Il bambino dai capelli biondi mi da un bacio sulla guancia.
“Che schifo!” dico, spingendolo via da me.
“Prendiamo i biscotti.” mi dice e corre via, verso
casa.
Corro anch'io, ho fame.
“Nannyyyyyyy... Nannyyyyyyyyy... vogliamo i
biscotti!” lo sento urlare mentre corre verso le cucine.
Siamo in cucina, io ed il bambino biondo, uno vicino all'altro dietro
le sottane della nonna.
“Voglio i biscotti.”
La nonna non si gira, sta cucinando.
“Ne hai già avuti 6, per oggi niente
più biscotti, Oscar!”
“Oscar!” dico io alzando la voce.
“Oscar!”
Ripeto.
“André, tesoro, finalmente hai trovato la nostra
madamigella Oscar. Non fare quella faccia, uscite da qui, da bravi.
Andate fuori a giocare. E mi raccomando André, comportati
bene con lei.”
Non ci credo, questo pestifero bambino biondo è una bambina,
è la bambina con cui dovrò giocare per il resto
della mia vita?
Sono arrabbiato.
La nonna mi ha preso in giro.
Sono tanto arrabbiato.
La bambina di fronte a me mi guarda, mi prende la mano.
Mi guarda con gli occhioni azzurri e mi fa un grande sorriso, i denti
caduti sono tre, uno sopra e due sotto.
E' buffa.
Scappa via, la seguo.
Corro tra le stanze di questo grande palazzo, rido di questa buffissima
bambina che ha un nome da maschio.
Anche lei ride.
Anche Oscar ride mentre toglie un biscotto dalla tasca.
Ha messo un dito davanti alla bocca, prova a fare
“shhhhh” ma le sta uscendo uno strano suono, sputacchia saliva dagli spazi vuoti dei denti mancanti.
Rido fino alle lacrime.
Non sono più arrabbiato.
Forse non sarà così brutto vivere in questa casa.
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