NB: Questa storia
partecipa al "contest
delle combinazioni" indetto da AkaneMikael. Nasce come
one-shot ma per motivI di suspance ho deciso di separare i tre capitoli
che la compongono. Ho deciso di utilizzare i nomi della versione
italiana dell'anime per renderli più verosimili nel contesto
storico in cui ho ambientato la fanfiction.
***
AUTORE:
Mizar19
TITOLO: Black Forest, 1885
TRACCIA: 1. Genere: romantico/sentimentale, Prompt: arpa/rose, Canzone:
All i
want – U2
FANDOM: Sailor Moon
RATING: Arancione
AVVERTIMENTI: Yuri, One-shot
NOTE: Non ho nulla di particolare da scrivere, solamente che tengo
molto a
questo racconto e spero che lo apprezziate. Le frasi in corsivo
appartengono al testo della canzone.
BLACK
FOREST, 1885
[
PROLOGO ]
- Questo non ha alcun senso – biascicò Will,
allungandosi sull’erba
verde.
-
Ne ha eccome -, Eles alzò un dito, evidentemente contrariata
dalle sue parole.
Non
sopportava di essere contraddetta, tantomeno da lui.
-
Forse dal tuo punto di vista. Per come la vedo io, stai
mentendo a te stessa… -, il suo tono saccente la seccava
sempre più.
Soprattutto
perché sapeva che il suo migliore
amico aveva pienamente ragione.
-
Non sto mentendo a me stessa... io so esattamente ciò che
voglio – ribatté
stizzita.
Alzò
gli occhi verso il limpido cielo di maggio.
Eles
non aveva dubbi riguardo a ciò che voleva.
-
Allora stai mentendo alle altre persone -, Will non aveva alcuna
intenzione di lasciarle l’ultima parola.
-
Tanto,
che cosa vuoi che gliene importi alle altre persone?
– replicò,
sentendosi punta nel vivo.
All'apparenza
era indifferente al ruolo che recitava da ormai
alcuni anni.
William
si alzò in piedi, deciso a non arrendersi.
-
Getta la maschera Eles… non puoi negare te stessa in eterno!
–
la supplicò lui, parandosi d’innanzi a lei.
Lei
si levò a sua volta: non gradiva trovarsi in una posizione
d’inferiorità.
I
suoi verdi occhi si scontrarono dolorosamente in quelli
nocciola di lui.
La
sua intenzione non era quella di litigare, aveva sperato in
un incontro decisamente più piacevole.
-
Eles è morta -, aggiustandosi il cappello gli
voltò le spalle
e si allontanò.
Il
treno l’attendeva alle 9.00 precise. Non poteva tardare.
*
Wichita
era caotica, colorata e polverosa.
Nelle
sue strade vociavano bambini, uomini e donne di ogni età,
a piedi o in carrozza.
Milena
camminava rapida in quella confusione, la borsa di cuoio
stretta al petto, per proteggerla da intraprendenti ladruncoli, e nella
mano
sinistra
portava
una
leggera valigia dello stesso materiale.
La
stazione non era lontana e lei era in perfetto orario, ma
quella città le impediva di mantenere un atteggiamento
rilassato: voleva
fuggire il più rapidamente possibile.
Finalmente
era sulla banchina, ora non le restava altro che
cercare il suo binario.
Persa
nelle sue riflessioni legate al futuro che le stava
scivolando fra le dita, urtò un ragazzo e cadde a terra.
-
Ehi! Guarda dove cammini – protestò lui,
afferrandole una mano
per aiutarla a rimettersi in piedi.
-
Scusa – mormorò lei imbarazzata, attorcigliandosi
fra le dita
una ciocca di capelli acquamarina.
-
Di nulla. Solo… presta più attenzione -, si chinò a
raccogliere gli oggetti che le
erano caduti dalla borsa e, con un sorriso, glieli porse.
Lei
avvampò di fronte ai suoi profondi occhi smeraldo.
Aveva
pianto, lo intuì appena lui le inchiodò le
pupille con il
suo sguardo fermo.
Subito
mille domande si affollarono nella mente della ragazza:
cosa gli era accaduto? Anche lui fuggiva? Era una delusione
d’amore? Problemi
con la giustizia?
Quando
il ragazzo si rese conto che lei lo stava scrutando con
troppa attenzione, si ritrasse, quasi spaventato, e si
allontanò senza una
parola.
I
suoi corti capelli biondi sparirono fra una marea di cappelli
e cuffiette.
[
CAPITOLO 1
]
Indugiò
alcuni istanti, guardandosi attorno nervosamente, alla ricerca di quei
riccioli
acquamarina.
Voleva
accertarsi che quella ragazza non la stesse seguendo.
Il
suo sguardo cristallino l’aveva turbata: pareva aver intuito
tutto della sua vita,
rubandoglielo dagli occhi.
Fece
un respiro profondo, poi si avvicinò al bordo della
piattaforma, sgomitando fra
la folla per conquistare un po’ d’aria.
Ora
non le restava che attendere il fischio penetrante della vecchia
locomotiva.
*
Erano
in molti ad attendere il treno per Colorado Springs e in mezzo a quella
calca
aveva irrimediabilmente perso di vista quello strano ragazzo.
Quando
la pesante locomotiva fermò la sua corsa in una nuvola di
vapore, tutti si
pressarono contro le porte per conquistarsi un posto a sedere.
Ormai
rassegnata, s’intrufolò fra i passeggeri e
riuscì a raggiungere uno
scompartimento non senza fatica.
L’aria
era soffocante e dopo aver sistemato la valigia sulla rete sopra il suo
sedile,
aprì il finestrino.
Il
suo scompartimento era vuoto e sperava rimanesse tale ancora per un bel
po’.
Non
amava molto la compagnia.
Estrasse
un libro dalla borsa di cuoio, pregustando la sua tranquilla traversata
del
Kansas.
*
Pieno.
Pieno.
Pieno.
Tutti
occupati quei dannatissimi scompartimenti!
Era
irritata sia per il caldo che per quella insensata folla frettolosa. Si
appoggiò per alcuni secondi ad un finestrino.
Cosa
doveva fare tutta questa gente a Colorado Springs?
Continuò
la sua ricerca, ripetendo meccanicamente gli stessi gesti: aprire la
porta, “scusate,
non avevo visto che era già pieno”, chiudere la
porta, passare a quella
successiva.
Aveva
ormai perso ogni speranza e già si immaginava a trascorre le
successive ore in
piedi nel corridoio, quando trovò uno scompartimento
completamente vuoto,
eccezion fatta per una ragazza con il naso immerso nella pagine di un
libro.
Era
lei. Era la ragazza dai riccioli acquamarina, quella che attraverso una
sola
occhiata aveva toccato la sua anima, il suo segreto.
Il
respiro le si bloccò in gola.
*
Il
treno proseguiva rapido la sua corsa, attraverso le grandi praterie e
gli ampi
spazi aperti, dove l’occhio poteva vagare indisturbato per
molti chilometri.
Quelle
immense distese di nulla l’avevano sempre affascinata.
Anche
nel libro che leggeva veniva descritta una situazione simile. Le
sfuggì un
sorriso.
Quando
udì il fruscio della porta scorrevole, alzò gli
occhi.
Il
ragazzo che si era data tanta pena di cercare era a meno di due metri
da lei.
-
E’ libero… - mormorò, nonostante fosse
evidente.
Lui
pareva esitare, quasi bloccato sulla soglia di quello scompartimento
che
all’improvviso le parve dilatarsi, fino a raggiungere
dimensioni spropositate.
Fu
così che sentì il vuoto attorno a lei.
Desiderava
ardentemente che quello sconosciuto si sedesse proprio di fronte a lei,
desiderava parlare con lui, udire ancora la sua voce, osservare meglio
quei
suoi occhi smeraldo e afferrare ciò che nascondeva.
*
Non
seppe spiegarsi cosa la spinse ad entrare e ad accomodarsi proprio di
fronte a lei.
In quel momento non riusciva a pensare a nulla, fuorché alla
graziosa ragazza dai
grandi occhi turchesi.
-
Ciao… - mormorò dopo aver sistemato la sua borsa.
Lei
gli sorrise timidamente di rimando.
-
Scusa per come ti ho lasciata prima… non era mia
intenzione… - tentò di
scusarsi.
Doveva
assolutamente riacquistare la sua stoica calma.
-
Figurati, immagino avessi fretta di trovare un posto a sedere -,
sorrise
reclinando la testa verso destra.
-
Un po’… -
Restarono
in silenzio, scrutandosi vicendevolmente.
Eles
era incantata dai riflessi che il sole disegnava sui suoi capelli.
-
Come ti chiami? – le domandò rompendo quella
quiete momentanea.
-
Milena –
Sarà
stata la soffice labiale iniziale, o la delicata liquida centrale, o
forse
ancora quella “e” vibrante, ma quel nome le calzava
a pennello.
-
Tu, invece? –
Eles
deglutì a fatica, ripensando alla maschera di cui aveva
parlato Will.
-
Thomas -, non ci era riuscita.
Aveva
fallito per l’ennesima volta.
-
E’ un bel nome – mormorò lei, riponendo
il libro che fino a quel momento aveva
tenuto aperto sulle ginocchia.
Chiaro
segno che desiderava chiacchierare.
Nonostante
la sua indole solitaria e riservata, desiderava inspiegabilmente
conversare con
il ragazzo biondo che la osservava con insistenza.
-
Per quale motivo vai a Colorado Springs? – domandò
Milena, in un momento di
estrema curiosità.
Gli
interrogativi attorno a quel ragazzo le parevano sempre più
grandi. Era come se
le sfuggisse qualcosa, anche se non era esattamente sicura di cosa.
-
In realtà Colorado Springs non è la mia meta
finale. Vivo e lavoro in un
paesino a pochi chilometri dalla città -
-
Anch’io devo andare in un paesino lì
attorno… -, abbassò il capo, come
sconfitta da una volontà opprimente che la soffocava.
-
Mi sembri una ragazza di cultura, leggi e sicuramente sei molto
brillante… come
mai ti vuoi rinchiudere in posto dimenticato da Dio? –
-
Devo assistere la mia prozia, è anziana ed è
molto malata. Prima se ne occupava
la nonna, ma è mancata da poco… -
- Vuoi
bene alla tua prozia? Dev’essere così per
lasciarti tutto alle spalle e partire
–
-
No, l’ho vista due volte in tutta la mia vita. Il fatto
è che sono l’unica
donna di casa, quindi mio padre mi ha obbligata a partire per prendermi
cura di
lei. Mi ha spedita via da casa, come si fa con un pacco postale -, il
tono di
Milena era aspro e rancoroso.
-
Immagino non sia stata una partenza semplice –
Eles
era ammaliata dalla sua voce, sarebbe potuta restare ad ascoltarla per
tutto il
giorno, così tentava di invogliarla a raccontarle
più dettagli su quella vita
da cui si stava allontanando.
-
Oltre ad avere lasciato gli amici, ho dovuto interrompere i miei studi.
Non
solo quelli scolastici, ma anche quelli musicali… -, dal
tono della sua voce
era intuibile quanto ne fosse addolorata e Eles si sentiva partecipe di
quella
sofferenza.
-
Suoni uno strumento? –
-
Sì, l’arpa –
Per
i successivi quindici minuti, Milena le narrò del suo
strumento, di come ne era
rimasta affascinata, quando, all’età di cinque
anni, l’aveva visto per la prima
volta nel salotto di amici di famiglia, di come aveva imparato con
lentezza a
pizzicare le sue corde producendo una dolce melodia, di come amasse
suonare per
ore e ore accompagnando le sue composizioni con il canto.
Milena
era accorata: da molto tempo ormai non apriva il suo cuore e il suo
animo a
qualcuno e i ricordi legati alla musica erano per lei i più
cari.
Fu
allo stesso modo che Eles venne a sapere del suo profondo amore per i
libri e
per le novità, di quanto mal tollerasse le chiusure mentali
e fisiche, ovvero
gli stereotipi e gli spazi angusti, di come, per sfuggire ad essi,
ricercasse
continuamente ampi spazi aperti e nuovi orizzonti, anche con
l’aiuto della
musica.
-
Perché solo con la conoscenza e il ritmo giusto puoi trovare
il tuo posto nel
mondo -
Nessun’altra
creatura prima era riuscita ad esercitare un simile fascino su di lei,
mai.
Eppure
quella ragazza dagli occhi turchini, che stava aprendo a lei la sua
anima in un
afoso e appiccicoso scompartimento di una vecchia locomotiva attraverso
il
Kansas, riusciva davvero ad attraversare la sua maschera, pur non
cogliendo
ancora il suo segreto.
-
Thomas? –
-
Sì? –
-
Da cosa stai scappando? –
Eles
non seppe come ribattere: era rimasta spiazzata.
La
salvò il fischio della locomotiva: erano quasi arrivati a
Colorado Springs.
Si
alzò in piedi, afferrò la sua valigia e
aprì la porta scorrevole.
-
Aspetta! -, Milena le posò una mano sul gomito. Lei non
poté fare a meno di
bloccarsi e voltarsi verso di lei.
-
Thomas, da cosa fuggi? – ripeté la domanda,
osservandola intensamente.
-
Il problema non è da cosa, ma perché -, con un
leggero strattone si liberò
della sua presa e scivolò fuori.
Milena
si lasciò sfuggire un’imprecazione, poi raccolse
le sue cose e si precipitò
fuori dallo scompartimento.
Svanito.
Il
ragazzo pareva essere stato ingoiato dalla moltitudine di persone che
si erano
riversate nel corridoio, ansiose di essere le prime a posare piede in
Colorado.
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