Parte Ottava
- Non c’è attesa che non abbia temine-
.
Tempus est conari maiora
È il momento per tentare cose più grandi.
(Livio)
.
Voglio forse diventare oggetto di scherno e di riso?
Potrò mai lasciare impunito il mio nemico?
No che non posso.
Anche lui deve soffrire almeno
quanto ha fatto soffrire me.
(Medea, 1046 sgg)
.
Mi capita di ripensare spesso a Rosemarie
Tyler, nonostante siano passate più di due settimane.
Penso che le sia successa un po’ la stessa cosa che capitò a me, con la sola
differenza che io sono riuscito a tornare sui miei passi e lei no . Ci potrà mai riuscire?
Questo mondo è fin troppo crudele.
La corruzione, la perfidia, l’ambizione sono demoni che lo
popolano, pronti a
colpire gl’inermi giovani che vi si affacciano.
Io e Rosie non siamo stati né i
primi, né gli ultimi.
Il prossimo sarà Draco, lo vedrò avvelenato sotto i miei
occhi senza che possa fare nulla per aiutarlo.
Noi uomini siamo le peggiori fra le bestie che abitano la
terra, gli unici a non aver mai capito come gira il mondo, come funziona quel
sottile meccanismo che è la vita.
Passiamo anni ed ere a ricercare archè,
dimenticandoci che noi, alla fin fine, siamo solo ciò che diventiamo.
Non possiamo fermarci però a pensare a come sarebbe potuta andare. È inutile. A che servono i rimpianti?
Solo a farci apprezzare meno quel poco che abbiamo, non ci danno
mica la forza di andare avanti, semmai il contrario.
Bisogna vivere il presente, senza guardarci alle spalle o
attendere che il futuro ci travolga.
L’unica cosa che dobbiamo fare è, però, apprendere dai
nostri errori. Solo sbagliando riusciremo via via a
perfezionarci. Se sempre siamo capaci di coglierne il
profitto.
E così, mi ritrovo a ripensare alla
mia vita, al passato, futuro e presente immerso negli occhi color cielo di
Silente.
Sono tanto profondi che ti puoi ritrovare a vaneggiare per lunghi minuti sospeso in quella massa irradiante
d’emozioni.
So cosa mi deve dire. Lo so, l’attendo e lo temo.
Ma tutto ciò sa essere inevitabile.
Ricordo le parole che ho detto a Black.
Ogni esperienza nella vita ci cambia.
Siamo sempre noi in fondo, ma la nostra anima cresce
attraverso quello che viviamo. S’arricchisce e si desola insieme a noi. Ci ritroviamo diversi e immutati.
Black. A volte mi rendo conto, con mio immenso disgusto,
di quanto ci somigliamo. Entrambi defraudati, in maniera diversa, da quelli che
dovevano essere gli anni più ricchi ed importanti della nostra vita, entrambi
costretti a fronteggiare contro vecchi amici al fianco di nemici, entrambi
oppressi da noi, da quello che eravamo, da quello che siamo e da quello che
crediamo di essere.
Ma io, al contrario di lui, sono
solo. Totalmente, unicamente, solo. Io Severus Piton
godo unicamente della compagnia di me stesso, magra
figura scura e ambigua, devo trarre conforto solo dalla mia anima, nuda
d’amore, ma ancora capace di preservare la sua dignità.
E per quanto abbia passato anni ad
illudermi che mi bastasse, che non avessi bisogno di nessuno, mi sbagliavo. Io
sono un uomo. Ancor prima di essere mago e di essere
Severus.
Un uomo.
-Severus- il tono grave di Silente
mi fa rabbrividire.
-Sì, professore, parli pure.- la mia voce
trema. Scommetto che sono pallido, bianco come un lenzuolo.
Silente sospira, le lenti a mezzaluna sono
scivolate sul naso adunco. Il suo volto è serio, le sue
rughe profonde, i suoi capelli tanto bianchi da sembrare candidi.
Così vecchio e gracile eppure tanto grande e potente.
-Conosci gli ultimi avvenimenti, Severus- continua la sua voce, leggera
e pesante assieme.
-Sì, professore- ribadisco a tono
duro, per sembrare più sicuro di me.
Alla vista del mio disperato tentativo di mostrare coraggio,
il mare in tempesta che sono i suoi occhi baluginano
di comprensione ed orgoglio.
-È giunto
il momento.- sussurra.
Non faccio una piega,
anche se sento lo stomaco in subbuglio.
Credo di divenire, se ciò è possibile, più pallido.
-Tu, ti senti pronto?- chiede la sua voce pacata
e distante.
Rifletto su questa domanda, penso
ai rischi, alle fatiche, alle sofferenze. Penso a tutto ciò che comporta la mia risposta.
Nella mia mente persevera l’eco di un sibilo, sensuale ed
accattivante.
Il sibilo del serpente.
Eppure sono fermo nella mia
decisione. Perché è inutile assistere passivi
all’evolversi di situazioni che ti circondano, che t’appartengono.
Perché lo devo fare.
Perché lo voglio fare.
-Si professore. Mi sento pronto-
La mia voce è ferma.
Vorrei lo fosse anche il mio cuore.
Il sorriso di Silente è una lunga ferita aperta
sul corpo isterilito di un moribondo.
-Bene Severus- sussurra – aiuterai
a togliere dal serpente il veleno. A lasciarlo inerme e muto, cosicché il su
sibilo non ammali più nessuno.-
E nei suoi occhi leggo la verità.
Non un mellifluo sibilo di serpente.
.
OK, finalmente riesco a postare anche quest’ultimo
capitolo, dopo le mille peripezie che il mio caro
computer ha passato negli ultimi due mesi.
Ringrazio tutti coloro che hanno
commentato questa fanfiction, soprattutto Ida59, della quale ho letto la stupenda
scheda che ha inserito nel Comitato Consiglio Fanfiction
e non smetterò mai di esserle grata.
Grazie anche alla mia carissima Chiara (Mise Keith)
che, vagando nei ricordi vecchi quasi due anni ha commentato il precedente
capitolo, ed a Gioia, con la quale
mi scuso immensamente per non essermi fatta via (sapessi gli ultimi mesi…) e
per non averle fatto gli auguri di compleanno. L’avevo ricordato la
mattina del 21, ma quella è stata una giornata un po’ particolare e dopo l’ho tolto dalla testa.
Ringrazio anche tutti gli altri che hanno gentilmente
commentato e seguito questa ff nella speranza di rivederci
presto.
Snake’s Whistle……………Thilwen.