Il suo sogno
Azkaban. Quattordicesima cella a destra.
Una donna con lunghi capelli neri sedeva per terra. Il suo
volto, scarno e tenebroso, era illuminato da una cupa soddisfazione.
Faceva freddo, ma la donna non si copriva. Almeno non era
quello il momento. Doveva aspettare.
Ma cosa? Cosa doveva aspettare?
Non lo sapeva con certezza. Lo intuiva.
Intuiva che quel giorno ci sarebbe stato un netto
cambiamento, se non miglioramento nella sua vita.
Ma nonostante questa prospettiva, non riusciva a non pensare
al suo passato.
Perché il cambiamento era relativo al suo passato. Era una
conseguenza.
Più volte la donna si era chiesta se ne valeva la pena o no.
E più volte si era risposta che ne valeva la pena.
Non sapeva perché.
Strano.
Si sentiva strana.
Tutto era cominciato da quando lui gli impresse quel marchio
sull’avambraccio.
Da li aveva cominciato a sentirsi strana. Da quel giorno
visse nella totale non curanza di sé.
Con un alone di nebbia che le ingarbugliava la mente, era
confusa, non aveva propria capacità di ragionare. Le sue idee si accavallavano
l’una sull’atra, volteggiando disordinatamente nel cervello, stanco di questo
movimento.
E da quando era finita ad Azkaban era diventato peggio.
Era completamente impazzita.
Era raro per la donna riuscire a comporre un pensiero, senza
che la vicinanza di uno di quegli esseri disgustosi le mandasse in fumo tutta
la costruzione.
Viveva di sensazioni confuse. Non riusciva ad identificare
bene queste ultime.
Era un inferno.
E lei intuiva che stava per finire.
Si addormentò.
***
Ministero della Magia. Ufficio Misteri.
La donna dal volto scarno e cupo era intenta a sfidare
l’uomo che odiava di più.
Con lui aveva passato l’infanzia ed erano pure parenti.
Un lampo di luce abbagliante dirottò il corpo
dell’avversario verso un velo scuro di seta.
Lo oltrepassò.
Morì.
La donna lanciò un urlo di gioia. Ma dopo un po’ non capì se
era gioia.
Non sentiva quell’euforia che le attraversava il corpo. Faceva
freddo.
Inconsapevole del motivo, si sentiva abbattuta.
Come se avesse perso qualcosa.
Forse dopotutto voleva bene a quell’uomo. Forse non doveva
ammazzarlo.
Ma alla fine l’orgoglio prevalse.
C’era riuscita.
Bellatrix Lestrange aveva realizzato il suo sogno.
Almeno così voleva far credere.
Fine