All
Nota dell’autrice: Pitch
Black è un film di genere sci-fi/action del 1999 che a dispetto del basso
costo di produzione ha riscosso un imprevedibile consenso da parte del pubblico
al tal punto che fu usato come base per diversi videogiochi, un lungometraggio
animato intitolato “ Dark Fury” e il più recente The Chronicles of Riddick
(2004) seguito e primo capitolo di una trilogia.
Protagonista indiscusso e
trainante in tutte le storie è l’anti-eroe Richard B. Riddick , assassino evaso,
che tentando in tutti i modi prolungare la sua latitanza rimane invischiato in
una serie di avventure che lo porteranno da prima a sopravvivere alla caccia
indiscriminata di creature aliene notturne su un pianeta morto, fino allo
sconvolgimento dell’universo dove dovrà determinare il destino dei mondi di suo
pugno (nel senso letterale!)
Ed è proprio su questo
personaggio, enigmatico e apparentemente privo di scrupoli, che anche la mia
storia si fonda fornendo un ulteriore rivisitazione di un soggetto già
ampiamente sviscerato in lingua inglese: la morte di Carolyn Fry .
Insomma ho scritto tutta questa
premessa solo per dire che questa fanfic è stata concepita e scritta per mio
puro capriccio e in quanto tale non tiene conto di altre opere simili (purtroppo
per me non conosco l’inglese così bene da tradurlo) e se per caso sono incappata
nel tanto temuto “plagio” sappiate che non è stato fatto intenzionalmente.
Questi personaggi non mi appartengono,
ma sono proprietà di David Twohy e dell' Universal Pictures (e se
deviano troppo dal loro carattere originario sappiate in anticipo che è per
colpa della mia mete malata). ; questa
storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro'.
Infine vorrei aggiungere un
“grazie” a tutti coloro che hanno avuto la pazienza di resistere fin qui e
sperando che hanno ancora un po’ di curiosità auguro buona lettura!
All’improvviso spalancai
gli occhi
Pioggia. Pioggia incessante.
Proiettili che si schiantano
sulla terra, sul metallo, sulle rocce con un rombo assordante, quasi innaturale,
che sovrasta tutto il resto e poi…poi…
Dolore. Dolore lancinante
alla mia gamba; non un graffio ma un taglio profondo e preciso. Niente che un
po’ di filo e un ago non possano ricucire per aggiungere una cicatrice in più
alla mia collezione.
No, non dovrei preoccuparmi
così tanto solo perché non riesco a camminare speditamente...
…O forse era perché non
potevo correre?
La navetta d’emergenza era a
soli pochi metri e quei fottutissimi mostri notturni si stavano cibando dei loro
stessi simili che avevo ucciso poco fa.
L’acqua poi stava lavando
via il sangue dalla ferita, lo diluiva, attenuava l’odore ma questo non mi
faceva diminuire l’ansia…anzi…
Un suono.
Un tonfo, due, tre e
nell’acqua a ritmo veloce. Merda, qualcosa si stava avvicinando!
Mi congelai all’istante e
rimasi immobile nascosto tra i bidoni.
Dovevo conservare le mie
forze per un ultimo attacco.
Le braccia mi sembravano di
piombo.
Il cuore era accelerato.
Un suono, di nuovo…o forse
era una voce? Avevo perso troppo sangue e i miei sensi ne risentivano.
SPLASH!
Un passo, un altro e ancora
uno.
Cazzo, non avevo il tempo di
pensare! Non ne avevo per analizzare lucidamente la tattica da adottare…
Avevo solo la certezza di
lasciar spazio all’istinto.
Un grido. Vicino. Adesso!
Scattai. In un attimo tutto
il mio corpo era proteso nello sforzo del braccio.
Niente dolore. Niente
piacere adrenalinico. Non sentivo niente.
Tutto di me era concentrato
in quella lama, in quell’arco tagliente che fendette la pioggia senza trovare
ostacoli.
Maledizione, avevo mancato
il bersaglio!
E ora mi ero anche esposto.
Respiravo affannosamente aggrappato a un contenitore. La ferita pulsava
spasmodicamente.
- Eccomi…appoggiati a me…-
era una voce e non un verso alieno. -…appoggiati a me…-
Era un corpo esile quello
che mi vi avvicinò e tentò di farmi da sostegno per sollevarmi.
- Vedrai che ne usciremo…-
Conoscevo quella voce.
-…Ti prego andiamo…-
Conoscevo quell’ odore.
- …Coraggio!-
Che tu sia maledetta Carolyn
, tu e la tua umanità!
E fu come una ventata sulla
fiamma del mio orgoglio.
Feci appello alla mia forza
di volontà e mi irrigidii.
Mi aggrappai.
Riuscì a sollevarmi da terra
ma…
…Solo per un attimo.
Cedetti…
- Andiamo Riddick! Alzati!-
…E annaspai nel fango.
- Alzati! Alzati!!
Alzati!!!-
All’improvviso spalancai gli
occhi.
La prima cosa che avvertii fu
l’aria, pulita, fresca al punto giusto e asciutta. Niente pioggia o nuvole di
vapore acqueo che aleggiavano intorno ma solo quella gradevole sensazione
confortevole di un luogo chiuso.
Già, avevo eseguito
meccanicamente quel comando, quell’ordine gridato con autorità e disperazione, e
mi ero ritrovato a scattare nel mio stesso letto nel cuore della notte. Una
notte silenziosa, calma dove l’unico suono che si avvertiva era il fruscio delle
lenzuola e nell’oscurità non sfrecciavano creature aliene fotofobiche in caccia
del mio sangue e della mia carne.
In questa oscurità c’erano
altri tipi di creature fatte di pietra, marmo e ferro, ed erano stata forgiate,
scolpite e modellate da artigiani animati da un fervore religioso discutibile
dato che la loro conversione fu obbligata con la pena. Rappresentazioni
grottesche dell’esaltazione del dolore.
Ma fino a quando se ne stavano
immobili, decorazioni sepolcrali di una basilica viaggiante, non costituivano un
pericolo.
I pericoli, quelli veri, ne
avevo affrontati tanti nella mia vita, troppi per non considerare rischioso
anche il semplice respirare se sei un neonato con il proprio cordone ombelicale
stretto attorno al collo. E avevo imparato che era meglio attaccare che essere
attaccato, uccidere il nemico quando se ne aveva la possibilità e avere sempre
con se una lama per sgozzargli la gola.
Ma contro quelli immateriali,
quelli prodotti dalla tua mente che si annidano nei recessi più nascosti dentro
di te, la cosa era un altro paio di maniche.
Se il passato ti viene a
cercare uno farebbe meglio ad abbandonarlo e avere la fermezza di rimanere su
quella decisione perché se solo lasci uno spiraglio nelle tue difese esso ti
travolgerà e ritornerà, ritornerà e ancora ritornerà.
I suoi fantasmi ti logoreranno
lentamente, inesorabilmente, insinuandosi come veleno nel corpo… nella mente…
nello spirito…
Per coloro che hanno una
coscienza, per chi ci vuole veramente credere, essi vengono chiamati “rimorsi”
ma per tutti gli altri, quelli che come me ritengono la morale un concetto
diametralmente opposto a quello comune, allora venivano definite allucinazioni…
…O sogni…
Ero stanco dei sogni.
Un fruscio. Qualcun altro oltre
a me si stava muovendo nel letto.
- Non dormite mio signore?- mi
chiese l’unico lusso che mi ero concesso da quando ero diventato il nuovo Lord
Marshal; un nuovo nome per definire un dittatore.
Quasi spossato mi passai le
mani sul viso. Lì, sull’altro lato giaceva una donna bionda come lei, con gli
occhi azzurri come i suoi, persino ingenua come lo era stata lei… ma non era
lei. Il suo odore era diverso e quello mi dava la certezza che ero cosciente,
ero nella realtà e non in un altro stramaledetto incubo.
Nel mondo onirico come fai a
percepire così bene il calore corporeo mentre lei si girava su un fianco;
sentire quelle piccole goccioline di sudore scivolarle sulla pelle mentre si
muoveva; essere avvolto dalla sua nube di ormoni che la rendevano languida ed
invitante… Come?
Come era possibile ?
Ormai si era puntellata su un
braccio, sentivo il suo respiro caldo sulla spalla sinistra e quell’
impercettibile risucchio dell’aria prima che mi sussurrasse sensualmente :-
Posso fare qualcosa per voi?-
Aspetta…c’era qualcosa che non
andava!
Fu con un movimento fluido e
rapido che mi ritrovai accovacciato e in men che non si dica avevo afferrato e
proteso una delle mie lame gemelle nascosta sotto il cuscino: mai, e dico mai,
abbassare la guardia.
La debole luce che filtrava da
una delle vetrate del soffitto faceva scintillare l’acciaio, brillare come uno
spicchio di luna che irradiava la sua luminescenza sul bianco ed esile collo
della donna schiacciata supina tra il groviglio di lenzuola. Le tende del
baldacchino proiettavano ombre nette, pozze talmente nere che persino la mia
vista corretta chirurgicamente trovava difficile scorgerne il viso…O forse era
la mia razionalità a non volerlo.
Attraverso le vibrazioni
dell’arma potevo percepire che stava trattenendo il fiato per lo spavento
iniziale ma dopo un po’ la sentii deglutire rilassandosi, o almeno cercando il
controllo di se, come se fosse avvezza a cose del genere e lo considerasse un
giochino.
Tuttavia il mio istinto mi
diceva di non fidarmi.
- Chi sei? - chiesi stringendo
di più la presa.
- Ooooh… Tu lo sai chi sono.-
Conoscevo quella voce.
- O dovrei dire “chi ero”?!-
E sapevo anche a chi
apparteneva.
“Che tu sia maledetta
Carolyn!”
Uno sbuffo e poi di seguito
arrivò un sommosso risolino sgorgato direttamente dalle sue labbra che si
incresparono in un sorriso beffardo, quasi divertito, come se avesse percepito i
miei pensieri e ne ridesse apertamente.
- Toglimi quel coltello dalla
gola…-
Mi aveva già detto quelle
parole su uno sperduto pianeta morto per darsi un tono, fingere di fare la dura
e non far trasparire invece la sua paura.
- …Ti prego…-
E anche quella supplica.
- Tu non sei reale.- me ne
uscii alla fine più per convincere me stesso che lei. – Sei solo un’altra
allucinazione.-
Di nuovo comparve un sorriso
sul suo volto ma questa volta era muto. In compenso mi rivolse uno sguardo
enigmatico, magnetico, che mi costrinse a ridurre il mio campo visivo, a
focalizzare tutta la mia attenzione sui suoi occhi (occhi che mi stavano
perseguitando!) e nascondere invece quello che stava facendo realmente… O si, il
mio istinto non mi tradiva mai e sapeva che stava succedendo qualcosa, che un
affusolato braccio latteo si stava muovendo con molta lentezza forse verso
l’altra lama? Credeva veramente che avrebbe avuto qualche possibilità?
Forse se ne rese conto anche
lei e allora spezzò l’incantesimo, mi lasciò libero ma per poco perché ruotando
gli occhi di lato mi fece di nuovo deviare la mi attenzione ma su qualcosa che
in parte mi aspettavo: si, era sulla mia arma che si era spostata una delle sue
mani e no, non era quella nascosta ma quella che avevo in possesso io.
Piccole e delicate dita si
erano posizionate davanti al filo, lo sfioravano, come intrepidi soldati che
dovevano dimostrare il loro valore…o la loro pazzia…
Io però non mi lasciai
impressionare; non era la prima volta che vedevo arti tranciati.
…Ah già, dimenticavo che mi
“conosce” e di fatti eccola fare la sua mossa mandando avanti l’indice ed
esercitando una lieve pressione che colorò all’istante il polpastrello. Sapeva
che il metallo era talmente tagliente che sarebbe affondato nella carne e nelle
ossa come se fossero fatte di burro. Sapevo che non avrebbe ceduto
spontaneamente in quell’assurda dimostrazione almeno non fino a quando la pelle
si sarebbe tesa al massimo come una diga sul punto di non contenere più la
potenza prorompente di un fiume rosso, cupo, vero...
Spingeva per far uscire il
sangue…
Il suo sangue…
Cosa c’era di più vero del
sangue?
Un guizzo luminoso
nell’oscurità e nessuna striatura rossa comparve sulle candite dita.
- Perché sei qui? – domandai
scendendo dal letto e mettendomi in piedi; no, non avevo riposto l’arma ma
l’avevo solo spostata.
Nessuna risposta. Non avevo mai
creduto che sarebbe stato così facile…o forse si?
Carolyn ormai libera di
muoversi prima si era girata dall’altra parte per poi mettersi sensualmente a
sedere mentre con il lenzuolo cercava di coprirsi. La sua schiena diafana e
liscia bastava da sola a spiegare ogni cosa e se ciò non era sufficiente c’era
anche lo sguardo fortemente allusivo che mi stava lanciando da oltre una spalla
per farmi desistere e magari invogliarmi a tornare nel letto e riprendere quell’atto
che sembrava avessimo già consumato in precedenza.
- Te lo ripeto, perché sei
qui?!-
- Perché è impossibile non
eseguire un tuo ordine.-
Una risposta velatamente
maliziosa in netto contrasto con la mia incredulità venuta fuori
nell’esclamazione “Balle!”.
La Carolyn che conoscevo non
l’avrebbe mai ammesso così candidamente, non senza tentare una finta sicurezza
come aveva cercato di fare quando provò a mentirmi su Jhones e le sue reali
intenzioni.
- Non ricordi? Sei stato tu a
scegliermi tra le file di convertiti…- E invece quest’altra era così
arrendevole, ammiccante nell’avvilupparsi la stoffa intorno al corpo e poi a
carponi scivolare sensualmente nella mia direzione. – Per il tuo bisogno di
avere un “animaletto”… e…-
La frase era rimasta in
sospeso, volutamente, per permettere invece al corpo di continuare mostrandosi
sotto la luce nell’abbagliate pallore della carnagione, in quelle ciocche bionde
leggermente spettinate, negli occhi maliziosi, così furbi e birichini da farla
apparire come una gattina che faceva le fusa. Una fiera che però nascondeva i
suoi artigli e si era alzata sulle ginocchia per potermi dare la possibilità di
annusare la sua bellezza tentatrice. Le sue cosce nude sfiorarono la stoffa dei
miei pantaloni, l’accarezzarono, nello stesso modo in cui le lenzuola stavano
facendo con i suoi seni che si abbassava e si alzava a ogni respiro che sentivo
sulla mia pelle.
Così vicina e così diversa.
- Non ti ho soddisfatto Riddick?-
la sua bocca si dischiuse e una leggera contrattura delle labbra mi dette
l’illusoria sensazione di un sorriso accennato. – Non ti sono piaciuti i nostri
incontri nel letto?-
- Incontri?-
Le sue labbra si avvicinarono
ancora di più…quasi sfiorarono le mie prima che si fermarono distendendosi . - O
preferisci che dica “battaglie”?-
Scattai, di nuovo, e in un
secondo tornai lucido afferrandola alla gola e allontanandola bruscamente. –
Non ti ho mai desiderato sessualmente.-
- Non lo hai mai ammesso
neanche con te stesso.- fu la sua risposta pronta.
- Cazzate! Se fosse vero non mi
sarei fatto scrupoli a prendermi da te quello che volevo.-
Carolyn tacque, si costrinse a
trattenere le parole che aveva sulla punta della lingua mentre stendeva le
braccia dietro alla schiena e le usava per sostenersi. La sentii sospirare con
calma incurante della mia morsa che le avrebbe potuto spezzare le ossa del
collo.
“Perché non è stato così? Non
ti sei preso la mia vita?”. No, non aveva proferito verbo ma era questo che
stavano dicendo i suoi occhi.
Io irrigidì la mascella. La
morte di Kyra aveva prodotto una spaccatura nella mia corazza e in quell’unica
si era insinuato un capriccio dettato dalla lussuria che mi aveva portato a ad
accettare un “omaggio” di uno dei miei sottoposti: avevo passato troppo tempo
dietro le sbarre per non approfittare di un occasione così ghiotta. E avevo
sfogato su di essa le mie energie, appagato i miei appetiti sopiti da tempo non
degnandola di un solo sguardo ma poi, quando l’ebbrezza della perdizione si era
esaurita ed era giunta la freddezza della notte, allora e solo allora mi ero
reso conto che accanto a me c’era il richiamo di un fantasma.
Un fantasma che però era della
persona sbagliata.
Un fantasma che aveva un cuore
pulsante, pelle velluta ed emanava quel calore dannatamente piacevole che ti
costringeva a volerne sempre di più, a cercarlo, desiderarlo talmente tanto che
ti accontenteresti anche solo sfiorarlo.
Le mie dita infatti stavano
facendo proprio quello da quando ribellandosi alla mia ragione avevano
cominciato ad accarezzare con delicatezza la medesima zona…morbida…
Era stata sempre così morbida
la pelle di Carolyn?
All’improvviso un
sussulto…forse di piacere… e le sue palpebre si socchiusero.
- Perché? – parlare, sentire il
suono della mia stessa voce mi sembrava l’unica maniera che mi era rimasta per
non sopperire completamente a quella follia. – Perché tra tutti proprio tu?-
La sua bocca… era una
dannazione quando si apriva… con quel piccolo arco roseo che formava il labbro
superiore. Feci scivolare il mio pollice lungo il suo contorno, lo guidai verso
quello inferiore che era leggermente umido, pieno e anche esso arrendevole
seguendomi verso l’angolo destro.
- Perché se tu che lo vuoi.- Un
debole suono, quasi al limite del silenzio, più basso di un sussurro ma come una
scarica elettrica sul mio braccio ritrattosi velocemente.
- Fanculo Fry!- me ne uscii con
voce alterata.- Se dovessi essere perseguitato dal fantasma di ogni singola
persona che ho ucciso a quest’ora sarei pazzo…O almeno questo è quello che
capiterebbe a qualcuno che è “normale”, uno che al posto del fegato ha un
merdoso cuore.-
- Andiamo Riddick, non sei a
capo di un impero perché era nei tuoi piani fin dall’inizio… Tu hai tentato di
salvare Kyra perché gli eri affezionat…!-
- Già … e come tutto quello che
conoscevo mi è stato strappato via…-
La prima confessione sincera.
Mi adagia sul bordo del letto
appoggiando l’arma al mio fianco. La mia rabbia, la mia tensione che mi faceva
tenere alta la guardia era completamente scivolata via da me con quell’ultima
ammissione e mi sentii spossato, vuoto e debole.
Ero alle strette e lei lo
sapeva.
La sentii muoversi, scivolare
di nuovo alle mie spalle trascinandosi le lenzuola come uno strascico di seta
nera.
- Kyra…Imam…perfino tua madre…-
mi sussurrò all’orecchio sinistro. – Meglio non avere legami giusto? Niente
patetici sentimentalismi se sei un efferato assassino ricercato in tutto
l’universo…Ah!Ma basta strapparsi il cuore direttamente dallo stomaco per
questo, no?-
Rimasi in mobile, quasi
pietrificato quando il dislivello del materasso mi stava dicendo che lei si
stava spostando alla mia destra.
- Così adesso che sono morti
basta accantonarli in un posticino remoto dentro di te per sentirti pulito…
Sbiaditi nomi di un tuo sbaglio…-
“Loro non lo sono mai
stati!” pensai mentre la mia torturatrice ritornava alla mia sinistra.
- E se non è l’affetto a
costruire i ricordi allora c’è l’odio…La rabbia scandisce i momenti della vita…E
il rancore può diventare una vera persecuzione…-
- E tu…- la fermai. Conoscevo
quel giochetto e sapevo che era arrivato il mio turno. – Carolyn quale delle tre
sei? -
- Tu quale pensi che sia?-
“CAZZO!VOGLIO SOLO UNA
SEMPLICE RISPOSTA!”
- Devi sanguinare ancora per
quella…- maledizione a lei e alla sua capacità di leggermi nella mente.
Dovevo ritornare calmo o almeno
recuperare una parvenza di controllo della situazione. Analizzare la cosa! Ecco
cosa dovevo fare visto che ormai mi ero convinto che le armi a mia disposizioni,
né materiali che celebrali, l’avrebbero fatta sparire. Come aveva detto lei
dovevo avere il coraggio di spogliarmi di tutto…Anche della pelle.
- Non ti dispiace se parto
dall’ultima, vero?- Quarta domanda di quella sciarada ma il mio tono era
retorico e non aspettai a continuare.- Rancore…a piccole dosi per me è come un
ricostituente, sai ti permette di inseguire una preda per molto, molto e molto
tempo. Ma per avere rancore deve essere successo qualcosa, una cazzo di
situazione che ha stravolto ciò in cui credevi. Certo l’esperienza su quel
fottuto pianeta morto e la disperazione nel sopravvivere fa avvicinare la
gente… Ma la verità era che a me non fregava niente di nessuno e che ti ho
manipolato Carolyn solo per ottenere ciò che volevo. –
- E quella scintilla
d’umanità?- mi chiese lei inginocchiandosi accanto a me.
- Te l’ho detto se c’era non
brillava abbastanza e ora…bhè si è spenta definitivamente con Kyra.- Già, se
fossi perseguitato dal rancore sarebbe stato più logico che l’altra uscisse
fuori dalla sua teca di cristallo e mi tormentasse: l’avevo salvata più di una
volta, l’avevo affidata alle cure di Imam proprio perché non volevo che
diventasse come me e mi ero rifugiato a vivere anni luce lontano da lei per non
farla diventare una pedina da sacrificare per arrivare a me. E Jack…Kyra…o
qualsiasi altro era il suo vero nome mi aveva voltato le spalle.
- Al contrario Riddick forse
lei è stata l’unica che ha avuto sempre fiducia in te e te l’ha dimostrato.-
Un angolo della mia bocca si
piegò all’insù sarcastico dato il paradosso del destino. – Ti stai forse
domandando se sono arrabbiato con Kyra per essere diventata una Merc? Con Imam
che per salvare i “mondi” ha infranto una promessa e ha rivelato il mio
nascondiglio? Con Jhons che per comprarsi la droga aveva speso tutti i soldi a
disposizione riuscendo solo a rimediare un passaggio da un vascello mercantile
pilotato da gente inesperta?-
Di sfuggita le lanciai uno
sguardo con la coda dell’occhio, solo per vedere se reagiva alla mia
provocazione ma lei rimase impassibile.
- Mi chiedi se sono arrabbiato
con l’universo intero? Certo che lo sono…lo sono dalla nascita…ma ha i suoi
metodi per perseguitarmi. Con te invece perché dovrei essere arrabbiato? Potrei
esserlo stato quando hai creduto che Jhons era un poliziotto e hai fatto
comunella con lui o quando hai avuto la brillante idea di usarmi come guida per
arrivare all’accampamento in piena notte circondati da mostri alieni che si
erano appena svegliati dal letargo. Forse lo sono stato per davvero quando ti
sei rifiutata di salire sul ponte…Che cazzo! Credi che chieda a chiunque di
salvarsi con me? -
Ancora nessuna reazione da lei.
- No Carolyn, non sono
arrabbiato con te. – concessi alla fine.- La rabbia richiede forza e volontà e
tu non avevi nessuna delle due. Eri ridicola quando tentavi di fare il capitano.
Eri penosa nel nascondere il tuo terrore. Ed eri irritante quando piangevi
supplicandomi di aiutarti…-
- Allora…allora è per odio…- in
un attimo si era rattrappita su di se appoggiando la testa sul ginocchio stretto
al petto. Le sue gambe, le braccia, persino un pezzo della sua schiena che si
era scoperto nel movimento erano come fiamme bianche in quel lucido nero.
Solo i suoi occhi, cieli sereni
e infiniti, erano freddi mentre fissavano il vuoto. – Mi odi perché pensi che
sia una perdente? Una stupida che si è fatta sopraffare dalla paura e ha pensato
solo a se stessa volendo sacrificare i passeggeri?-
- Pensare a se stessi è la
prima regola per uno come me.- Anzi per un evaso in fuga come me quel momento di
debolezza poteva rappresentare un’opportunità: Se il container non avesse preso
fuoco per attrito con l’atmosfera forse ci sarebbe stata addirittura la
possibilità che Jhons morisse nell’impatto con il suolo dato che era uscito
dalla sua cabina e sempre con un po’ di fortuna sarei stato l’unico a
sopravvivere visto che ne avevo una rinforzata. E con una nave integra a
disposizione sarebbe stato facile liberarsi della zavorra in eccesso e fuggire
di nuovo.
- Allora è perché mi reputi
debole ad aver ceduto al mio senso di colpa che mi ha fatto impuntare nel
cercare di salvare più persone possibili? O forse perché hai dovuto usare me
come scusante per farti considerare un eroe ai loro occhi?-
Una risata, fragorosa ed
echeggiante proruppe dalla mia bocca. – Un eroe io? C’è una vena umoristica
sepolta dentro me.-
Se Carolyn era veramente lo
specchio dei miei pensieri, il mezzo per farmi scoprire il mio lato oscuro,
allora stava facendo un lavoro da schifo.
Un eroe… Un figlio di puttana
che si credeva invincibile con il pallino che solo lui poteva salvare il mondo…
Di solito erano i primi a rimetterci la pelle ma grazie al loro carisma o ai
legami di bontà che aveva stretto con quegli emeriti imbecilli che l’avevano
seguito, lui…veniva ricoperto di gloria.
-Ma anche l’odio crea dei
legami.-
Mi voltai dalla sua parte
fissandola con durezza, sfidandola a sostenere il mio di sguardo mentre la mia
mente gridava la mia incredulità a quell’ipotesi.
- E invece è successo nel
momento in cui hai accetto il mio aiuto…quando ti sei aggrappato a me per
sostenerti…-
- Cazzo Fry! Non sono stato io
a dirti di ritornare indietro!-
Urlai, lo feci con rabbia
perché finalmente avevo capito dove mi stava conducendo.
Odio, per quello snervante
scavare nel passato.
Rancore, perché volevo solo che
sparisse.
- Ma io l’ho fatto Riddick…-
tagliente più di lastra di ghiaccio la sua voce si abbinava con i suoi occhi. -
Al contrario di te che invece ci hai intrappolati in quella grotta a fare da
esche mentre tu te la filavi con le batteri…!-
- Potevi farlo anche tu!-
d’istinto l’afferrai per le braccia.- Potevi partire e lasciarmi a crepare lì!-
Carolyn scalciò con le sue
lunghe gambe. – Io non sono come te che vede gli altri come carne da macello…-
Si dibatteva con forza per liberarsi dalla presa ma le mie dita erano come
saldate. – Io sarei morta per loro!-
- Ma non per me!-
Non per me.
Non per me!
NON PER ME!
Lei smise all’istante di
agitarsi e per un breve minuto il silenzio ci avvolse come una sostanza densa e
inquietante. Addirittura soffocante per lei che dopo una boccata d’aria era
rimasta lì senza che potesse uscirne o tramutarsi in suono.
- Mi avevi detto che saresti
morta per loro…ma non per me.- lei ruotò gli occhi di lato quando le disse
questo come se cercasse una giustificazione al senso di colpa.
- Tu…tu mi hai detto una volta
che non ti conoscevo affatto ma ti sbagliavi…- la sua voce si era affievolita,
sottomessa, come quella di una bambina. – Ti ho detto quella cosa perché non hai
fiducia in niente e nessuno e potevo far leva solo sulla tua forza di volontà. –
“Non è vero…l’ho avuta in
te…”
Bastò quel pensiero, quell’altra
confessione sincera, a farla allontanare fulminea da me, dal letto e dalla luce.
Volò nella stanza spiaccicandosi contro la parete intrappolata in una ragnatela
fatta di strisce di tessuto brulicanti che stavano spandendosi a macchia d’olio
inghiottendo tutto.
Istintivamente scattai verso di
lei impugnando l’arma per tranciare quei fili e liberarla ma quelli erano
più veloci, più infimi di me e mi immobilizzarono incatenandomi sul posto come
corde d’acciaio. Alto…basso…destra…sinistra…Tutto era stato annullato in quella
strana oscurità che mandava lampi riflessi ad ogni movimento agitandosi come un
mare viscido.
E io mi trovavo esattamente al
centro.
- Se veramente hai avuto
fiducia in me allora perché mi odi tanto?- gridò Carolyn e come un’onda d’urto
la sua disperazione si propagò sulle strisce.
Non risposi, non potevo perché
una lingua nera era serpeggiata rapida intorno alla mia gola mozzandomi il
fiato: era lei o quella scintilla d’umanità spenta dentro me che non voleva
essere riaccesa?
- Perché non riesci a
perdonarmi quell’unica cosa?!- Una seconda onda, più forte che mi investì in
pieno.
“Non posso…Non posso!”
pensai di getto irrigidendo i muscoli del collo e facendo leva sulle braccia per
tentare di deliberarmi di quel tentacolo che mi stava soffocando con la mia
forza bruta. Spinsi in su quelle corde che opponevano resistenza, si tendevano
al limite della loro elasticità, diventavano sottili affondando nella carne come
tante striature nere. La mia faccia si stava deformando per lo sforzo e un'altra
stringa mi era scivolata sulla bocca, tra i denti che la morsero, ma la mia
volontà mi fece concentrare tutte le mie forze in quell’atto che non prestai
attenzione a nulla.
Ecco…ero quasi arrivato, potevo
sfiorare con le dita la seta assassina e mi sarebbe bastato un ultima goccia di
forza per riuscire.
- AAAAAAAHHHHH!-
Quell’urlo mi pietrificò
all’istante. Davanti a me quella che doveva essere solo la proiezione mentale
del mio odio stava divorando anche Carolyn. Il suo corpo bianco era percorso da
quelle strisce che la stritolavano, sfregavano la pelle dilaniandola e aprendo
ferite dal quale fuoriuscivano lacrime rosse. Stava sanguinando.
Mossi un dito, una piccola
contrattura e un fremito percorse i nastri provocando un altro grido soffocato
da lei.
- Perché Riddick…- un lamento
le sfuggì dalle labbra.
Era questo dunque il legame tra
noi? Il mio odio aveva imbrigliato entrambi in quell’incubo dal quale non
potevamo uscirne se non sacrificando ciò che avevamo di più caro?
Una sua mano si protese verso
di me, aperta, disperata e fragile.
Il laccio intorno alla mia gola
si strinse ancora però resistetti. Mi conoscevo e sapevo che potevo farlo
sacrificando il suo ricordo, uccidendola ancora, ancora e ancora fino alla fine
dei miei giorni… Perché in fondo era stata lei a dirmi che non si sarebbe
sacrificata per me e quindi non poteva incolparmi della sua morte se aveva
scelto volontariamente di ritornare sui suoi passi… per aiutarmi.
Aiutare me, ah!
“Dovevi pensare a te Carolyn,
dovresti farlo anche adesso perché io non ho bisogno dell’aiuto di niente e
nessuno!”
- Ma io si… Riddick…- un
sussurro accennato. – Io ho bisogno di te…-
la sua voce si stava
indebolendo mentre il suo sangue era sempre più denso, si raggrumava inzuppando
quei fili che gocciolavano a ogni ondulazione.
-Ti… ho detto che non posso
farlo! –
-…Perché?-
La mia mascella si serrò. Ormai
era arrivata al limite, il suo cuore lo era pulsando a intervalli sempre più
distanti tra loro ed era chiaro come la luce del sole (maledizione alla luce!)
che la prossima ferita sarebbe stata l’ultima.
L’ultima per quella notte.
- Avanti Riddick dimmelo…-
Dovevo solo aspettare.
- Perché?-
E sarebbe sparita.
- Perché?!-
Avanti muori!
…Perché?...
- PERCHÉ
FA MALE CAROLYN! FA UN MALE CANE!-
All’improvviso spalancai gli
occhi.
La prima cosa che mi si parò
alla vista fu il drappeggio delle tende del baldacchino, macchie di nero lucido
che pendevano dal soffitto come sangue raggrumato. Ma queste non si agitavano,
non ti si avvinghiavano attorno e non si muovevano se non per tremolare appena
quando venivano toccate da una corrente d’aria.
Sbattei le palpebre, una, due
volte e mi guardai attorno per controllare ciò che mi circondava.
Stessa stanza.
Stessa notte.
Stesso me? …No...
Mi alzai a sedere passandomi
una mano sul collo massaggiandolo nel punto esatto dove la striscia nera mi
aveva segato il respiro. Nessun ematoma o altro.
Non mi presi neanche la briga
di controllare le mie braccia, intatte sotto le maniche della casacca che usavo
per dormire, e invece scostai le lenzuola mettendo un piede a terra.
Il contatto con il freddo del
pavimento mi svegliò completamente ricordandomi ancora una volta che ero solo in
quel letto.
Non c’era mai stato nessun
“omaggio” , mai, perché più del dolore il piacere creava dipendenza e in un solo
attimo di ebbrezza si poteva perdere il controllo di se rimanendo vulnerabili a
qualsiasi minaccia. Niente calore umano per me…era solo una debolezza.
- …Carolyn…-
Era stato solo un sussurro, un
accenno di sillabe sulle mie labbra ma per una sagome nera incastonata tra le
sculture delle pareti fu come un richiamo.
Mi irrigidii sul posto mentre
quelli che forse erano punte acuminate spuntavano modificandone il contorno, si
muovevano, si scontravano tra loro producendo un sibilo minaccioso.
La cosa si staccò dal fondo,
diventò più grande e con passi felpati si avvicinava a me.
Due occhi rossi, simili a pozze
di lava incandescenti mi fissavano circondati da tante altre venature rosso
sangue. Una chiostra di zanne bianche e affilate si palesarono sotto le labbra
ritratte.
- Five!- dissi con autorità.
Lui rizzò le orecchie rimanendo
immobile a pochi passi dal fascio di luce. Il suo muso si inclinò a destra con
una curiosa espressione di disorientamento mentre i canini sparivano nella
bocca.
- Vieni qui bel cagnone. -
Ancora non si mosse ma bastò
una pacca di incoraggiamento sulla mia coscia che trotterellò fino al letto
mentre le squame si abbassarono tornando nere.
La sua coda scodinzolava
velocemente, cosa questa che normalmente sarebbe sembrata buffa in qualsiasi
altro animale ma stranamente applicata a lui risultava inquietante.
Non era rassicurante il mio
cane infernale.
Ma a me piace proprio perché
era un mio simile.
Lui rappresentava il mio vero
capriccio da dittatore ed ero andato a prendermelo direttamente da Crematoria
dato che non obbediva a nessuno all’infuori di me. Una squadra di necromonger
aveva tentato di catturalo con l’intenzione di portarmelo in dono…ma erano stati dei
tipi troppo leggerini e Five non ci aveva messo niente a trasformali in
stuzzichini.
Gli grattai il dietro di un
orecchio, quello dove ancora c’era attaccata la piastrina di riconoscimento
sorridendo appena vedendolo assottigliare le palpebre. – Non dovresti fidarti
troppo di me… se non vuoi finire ferito un giorno di questi.-
Il cane grugnì scattando con la
testa come se avesse veramente recepito le mie parole ma poi tornò a cercare le
mie carezze.
- Poi non dire che non ti avevo
avvertito…- passai a grattargli il mento. – La fiducia comporta presenza,
contare su qualcuno…sempre.-
Five mi appoggiò il muso su una
coscia guardandomi con i suoi occhini di brace.
- Sai una volta conoscevo una
tipa, Carolyn Fry, che mi disse che la spaventavo ma paradossalmente si fidava
di me…. Anzi si fidava a tal punto che pensava di essermi d’aiuto e se ne era
talmente convinta che tornò addirittura indietro per questo.-
Non sapevo perché avevo dato
voce ai miei pensieri, non ero uno di quelli che usavano le parole per sfogarsi.
No, non credevo a quelle scemenze ma sapevo solo che in quel momento il silenzio
era insostenibile.
- Era consapevole di non poter
combattere quelle creature mostruose…avevano messo in difficoltà anche me… ma
stupidamente credeva che grazie al suo sostegno sarei riuscito a farmi forza e
ci saremo salvati entrambi. Mai errore gli più fatale. Uno di quei cosi
l’attaccò alle spalle e lei mi fu strappata letteralmente dalle mani. -
Un latrato, forse due e io mi
ritrovai a mani vuote. – Usai la sua morte come diversivo per raggiungere la
navicella e per me era una cosa normale considerare gli altri come cose, io ero
stato trattato così dalla nascita, ma quella volta…quella persona…-
Il silenzio mi sopraffece prima
che riuscissi a finire la frase e io non feci niente per impedirlo.
Tutti, anche inconsapevolmente,
usiamo gli altri per i nostri scopi.
“Carolyn mi voleva usare
come navigatore…Era solo per quello…solo per quello…” mi ripetevo quella
frase ininterrottamente, con ossessione. Bastava imporselo e sarebbe stata
l’unica cosa vera che contava…la sola…Aveva funzionato così in passato perché
non adesso?
Eppure quella notte sentivo che
c’era una mancanza.
Mi guardai di nuovo le mani
aperte come se stessero in attesa di qualcosa, di un calore che desideravo e
temevo allo stesso tempo. Five oltre di esse si era accucciato ai miei piedi
alzando e abbassando le sue squame mentre respirava profondamente; scodinzolava
pigramente la coda che sfregando contro le lenzuola produceva uno strano suono
irritante, monotono, a metà tra un raschiare e un grido.
Squame come artigli appuntiti
che strisciavano con forza.
Squartavano.
Uccidevano.
Mettevano a tacere quella voce
che voleva gridare ciò che avevo tentato di sopprimere in tutto quel tempo.
All’improvviso l’animale si
bloccò mettendosi sull’attenti come se avvertisse quella voce, di una presenza
dietro le mie spalle che mi opprimeva gravandomi addosso come un fardello
aggrappata con le unghie e i denti. Era la Carolyn del passato, infilata nella
sua divisa blu da pilota, così ingenua da dare credito a un assassino evaso? O
era quella degli incubi che mutava ogni volta per finire ad attaccarmi come una
mantide religiosa?
No…aveva la forma di una
domanda, di quell’unica al quale non riuscivo a rispondere.
Era questo ciò che mi
tormentava…
Era questo che ogni notte
tentava di uscire da dentro me…
Era questa la mia debolezza più
grande…
- Carolyn…tu mi chiedi che
valore ha una vita umana…- forse ero davvero pazzo a continuare quel volontario
massacro, a infliggermi quel dolore costante e implacabile che non mi dava pace.
– La verità è che non posso risponderti …perché per me non conta nulla…-
Una fitta, al centro del petto,
al mio merdoso “fegato” che ormai si era assuefatto al dolore perché non
conosceva altro mezzo per trasmettermi la sensazione di vivere, esistere,
continuare a respirare per provare altre forme di tortura e sopprimere agli
altri quel bene tanto prezioso da rischiare tutto…
- Che valore ha avuto per me la
tua vita Carolyn?...- sguardo basso, vacuo, perso in quella lotta interiore che
mi dilaniava. – Di sicuro non tutta l’importanza che tu hai dato alla mia…-
Un'altra fitta, più forte, e le
mie nocche sbiancarono mentre stringevo i pugni così forte che le unghie
sembrarono sul punto di affondare nella carne.- …Ed è questo che mi fa star
male…-
CUT!
Una lacerazione e di colpo non
sentii più niente. Non c’era più il letto né Five che scodinzolava pigramente
accanto a esso; non c’era più la stanza e il buio così confortante per me; non
c’era lo spazio né tanto meno il tempo bugiardo e illusorio; non c’era il sangue
a impiastricciami le palme né il dolore fisico che agognavo per svegliarmi…
Fluttuavo in quella strana
distorsione sensoriale che aveva messo a tacere tutto…
Tutto tranne il cuore di
Carolyn…
Lo potevo sentire battere,
rosso e voluttuoso, attraverso la mia schiena dove lei si era appoggiata
solleticandomi la spalla sinistra con una delle sue ciocche bionde.
- Mi dispiace …- mi disse con
un sospiro e mentre lo faceva sentivo il suo morbido petto premere di più.
- Non dovresti Fry…le persone
non lo fanno mai con me…-
- Perché tu non lo sei?-
Mi irrigidii quando le sue
braccia bianche mi strinsero, si avvolsero attorno al mio costato e una mano si
fermò proprio sul mio sterno.
-…Non sei una persona?-
Un’altra domanda. La voce di
lei era stata così ingenua che non mi stupii arrivarmi come un ulteriore affondo.
Dentro di me c’erano forze contrastanti, in lotta per farmi afferrare e
stritolare quella mano che era diventata rovente e mi stava provocando
dolore…tanto dolore…più di quello che avrei meritato in questa mia vita o in
tutte le altre che avevo stroncato.
Sapevo che dovevo recidere quel
legame.
Dovevo solo stringere i denti e
anche questo sarebbe passato.
Se era vero che potevo contare
solo su il mio istinto di sopravvivenza quello era il momento di usarlo.
Scattai con decisione verso la
mano intenzionato più che mai a usare tutta la mia brutalità. - … Sei stata la
sola che mi ha considerato così…-
- Non è vero…- mi rispose lei
con dolcezza. – Io…sono stata la prima.-
Io chiusi gli occhi.
La mia mano, quella stessa che
all’ultimo si era fermata a pochi millimetri sussultò a quella semplice,
scontata e disarmante risposta e quando finalmente si mosse mi sorpresi io
stesso a sentire le mie dita sfiorare quelle più minute.
Quel tepore…adesso ne ero
convinto… quel calore che mi aveva scaldato per un attimo era svanito insieme a
quella donna e io avrei passato il resto della mia vita ad essere tormentato dal
suo fantasma: avere solo l’illusione e mai la certezza!
- Non per me…avevi detto non
per me!- urlai con il pensiero senza rendermi però conto che lo stavo anche
facendo con la voce. – Ma tu non hai mantenuto la parola, non l’hai fatto cazzo!-
- Mi odi… perché…. ho dato un
valore alla tua vita…- la sua voce calma strideva in modo eccessivo rispetto
alla mia rabbia.
- Grazie alle taglie sulla mia
testa so quanto ammonta il mio valore monetari…!-
- Intendevo un valore umano…-
La mia bocca si bloccò
trattenendo tutta la mia rabbia, la mia frustrazione sulla punta della mia
lingua consapevole che ero stato spiazzato di nuovo.
Nel silenzio che ci avvolse
sovrapposi la mia mano sulla sua, la strinsi con delicatezza nel mio pugno
assaporando a pieno quel contatto.
- Già…sei stata la prima a
farlo…- un ulteriore ferita, ennesima di quella notte piena di sangue.- E
poi…poi…sei morta…-
Lei non disse niente, forse non
ne ebbe il coraggio, ma sapevo che aveva capito che non potevo perdonargli il
fatto di essere morta…morta per me.
Mi aveva abbandonato come tutti
gli altri lasciandomi uno squarcio che non si sarebbe più richiuso.
- Mi dispiace Riddick…davvero…-
Di nuovo le sue scuse, quelle
parole che sapevano tanto di compatimento come se lei poteva anche solo
lontanamente paragonarsi a me e comprendermi. – Te lo ripeto: non dispiacerti
per me….sei tu quella che è morta.-
“Morta…”mi fece eco Carolyn con
quella sua voce calma, debole quasi spettrale come se solo adesso si era resa
conto del suo essere fantasma e si capacitava del suo triste fato. Si mosse. E
con essa la sua mano fragile e delicata mi scivolò via come in quella notte di
pioggia di quasi sette anni fa.
- Morta…sono morta…- ripeté
ancora e la sua testa si alzò dalla mia schiena, dalla mia pelle che risentì
immediatamente di quel distacco. I suoi capelli, una cascata di pallido oro
luminoso, ruzzolarono oltre la mia spalla quando il suo volto mi si
avvicinò all’orecchio per permettere alle sue labbra di schiudersi.- Tu l’hai
visto con i tuoi occhi?-
- Si Carolyn…Ho visto il mostro
afferrati e portarti via nella notte...-
E nel momento stesso in cui gli
detti quella conferma mi resi conto che quelle parole avevano soddisfatto
unicamente la mia
necessità perché non avrei sopportato di vedermela trasformare di nuovo nella
gattina sexy che era stata all’inizio…non dopo tutto quello che era successo
dopo.
Lei sbatté le palpebre, una,
due volte e probabilmente ruotò gli occhi di lato perplessa. - E quanto ti fidi
di quello che vedi?-
- Tu ti sei fidata abbastanza
da mettere nelle mie mani la tua vita e quella degli altri.-
Potevo sentire il suo respiro
trattenersi un secondo, uno solo travestito da risucchio prima che l’aria
emergesse dai polmoni modulandosi in suoni. – Dov’è finito il mio corpo Riddick?-
“Dentro la pancia di uno di
quei mostri.” Avrei potuto rispondergli così e sentirmi finalmente con la
coscienza a posto anche se la cosa detta cruda e lapidale non le avrebbe fatto
piacere. Ma era la verità e solo questa contava.
- Dove sono finita veramente?-
- Spero per te in un posto
migliore di quello che hai lasciato.-
-No, non migliore ma diverso.-
la sua voce si era fatta improvvisamente seria.- Sono ancora lì.-
Maledizione a lei e alla sua
testardaggine!
Avevo cercato di essere
“gentile”, di comportarmi il più possibile come una persona normale, ci avevo
provato anche se ciò andava contro me stesso perché da quando erano cominciate
quelle allucinazioni ero arrivato addirittura a rivivere ogni singolo momento di
quella notte, di quella morte che si era consumata sotto i suoi occhi. Avevo
scavato a fondo nei miei ricordi e ne avevo sentito tutto il peso opprimermi anche se…anche se non era stato io l’artefice.
Carolyn Fry era stata l’unica
persona che non aveva ucciso…eppure me ne ero addossato comunque la colpa.
- No, tu non sei più lì…-
cercai di convincerla un' ultima volta.
Lei trattenne il fiato. Lo
fece mentre si avvicinava una mano alla bocca, aperta, leggermente tremante come
se avesse paura che qualcun altro potesse sentirla, udire le sue parole…quelle
di un fantasma.
- Richard…- sussurrò il mio
nome, lo disse per la prima volta da quando l’avevo conosciuta e persa e con
quel tono di voce gravoso, basso, che si adottava quando si sta per confidare un
segreto.- Gli occhi vedono tutto, qualsiasi cosa, anche quelle che la
razionalità non vuole accettare.-
- Ho controllato sai…anche
nella parte più nascosta di me.-
- Controlla meglio.-
All’improvviso spalancai gli
occhi.
FINE
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