Music
(And love was chained)
“Ora
tu pensa: un pianoforte. I
tasti iniziano. I tasti finiscono.
Tu sai che sono
88, su questo
nessuno può fregarti.
Non sono
infiniti, loro.
Tu sei
infinito, e dentro quei
tasti, infinita è la musica che puoi suonare.
Loro sono 88, tu sei
infinito.
Questo a me
piace.
Questo lo si
può vivere.
Ma se tu,
ma se io salgo su quella
scaletta, e davanti a
me si srotola una tastiera di milioni di tasti, milioni e miliardi di
tasti, che
non finiscono mai, e questa è la verità, che non
finiscono mai e quella tastiera
è infinita...
Se quella
tastiera è infinita,
allora su quella tastiera non c'è musica che puoi suonare.
Tu sei seduto
sul seggiolino
sbagliato: quello è il pianoforte su cui suona
Dio.”
(cit.Baricco, Novecento)
Seduto su quel
seggiolino, Edward non sapeva che ci avrebbe
potuto perdere le ore ad ascoltarlo.
Non sapeva che perso
com’era, con gli occhi socchiusi e le
mani che saettavano veloci da un lato all’altro, lui potesse
apparire per un
secondo così diverso, così perfetto,
così umano.
Era sempre stato un
tira e molla di emozioni indefinibili,
era eterno, spossante e gratificante, era l’essenza stessa
della rincorsa,
preda e cacciatore, amori ed amanti.
E gli occhi dorati non
si perdevano nemmeno un secondo di
quei movimenti, le orecchie si beavano di quel suono dolce, irato,
dolce,
leggero, saettante, maestoso… suono che cambiava ogni volta
di sapore e lo
lasciava lì, a fissare, guardare, ancora e ancora e
ancora…
Se avesse avuto il
tempo, il modo e il coraggio, avrebbe
fatto muovere le mani per applaudirgli o avrebbe trovato la forza di
toccare
quei tasti, al posto di rimanere a guardarlo in silenzio.
Eppure quando
cominciava la musica così si alzava la
barriera, c’era lui e c’era il mondo,
c’era Roy e c’era la sua musica.
Ma il coraggio poteva
essere usato per altro.
Fu così che
mentre lui suonava Edward spezzò quella
barriera, abbracciandolo per le spalle, appoggiando il viso alla spalla
forte.
Le mani di Roy caddero
pesanti sul pianoforte producendo il
primo suono stonato, ma in quel momento sintesi perfetta di quella
confusione
che elettrica serpeggiava nell’aria.
“Edward?”
Il moro si
voltò appena verso di lui, sorpreso, guardandolo
senza capire.
“Continua”
Pronunciò
con voce flebile il biondo, con gli occhi rivolti
verso i tasti.
“Suona per
me”
Continuò
dolce, mentre la presa sulle sue spalle non
accennava a sciogliersi.
Roy annuì,
capendo poco delle sue intenzioni, ma continuò.
Edward sospirando chiuse gli occhi, la musica era pace, la musica era
vita, la
musica era gioco e quella musica era amore.
E la soluzione di quei
pomeriggi persi ad ascoltare quelle
note gli apparve chiara, l’emozione provata ebbe un senso,
quelle ore
acquisirono significato.
Era il tempo impiegato
a imparare, musica maestra e lui
allievo, Roy pronto a fargli il suo personale esame; era il tempo
impiegato a
imparare, perso tra le note, a capire il battito accelerato del suo
cuore.
Perché
mentre Roy suonava poteva ammettere a se stesso e a
quelle note che lo amava.
Perché la
musica gli aveva insegnato a scoprire quel dolce
sentimento.
E perso ancora accanto
a lui, con il suo profumo, pensò che
in quegli ottantotto tasti poteva andarci scritta una vita intera,in
quegli
ottantotto tasti, tutto poteva rimanere intrappolato.
E anche il suo amore,
per quanto forte, era troppo
ammaliato per non restarne inevitabilmente incatenato.
Note Finali:
Come al solito non
chiedetemi da dove è nata questa cosa, nel giro di
pochissimo è entrata nella mia testa ed è uscita
fuori.
Limito quindi le mie
parole, lasciando a voi il senso della storia: meglio lasciare libera
l'interpretazione, dicono.
Ringrazio
tutte le persone che hanno commentato Petals, mi avete reso
contenta, sul serio.
Soprattutto doverosi
ringraziamenti vanno a Setsuka, per la secolare pazienza nel
raccogliere le mie paturnie, ed a Roy Mustang sei uno gnocco, che mi ha
praticamente costretto a pubblicare, arrivando persino a betare questa
follia.
Detto questo: BUON
YAOI DAY A TUTTI!
So che è
ormai finito, abbiate pietà, è il pensiero che
conta, no?
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