Dell’amore
e della morte.
All’alba
Konoha è un tripudio di colori e profumi. Il verde delle
foglie, il
grigio scuro del Monte degli Eroi, il marrone degli alberi, il rosa
dei ciliegi in fiore.
Sakura
se ne accorge stando sul tetto dell’ospedale, fissando con le
gambe
raccolte al petto l’orizzonte.
Konoha
è una festa di tonalità dolci e morbide, al
mattino.
Ma
purtroppo manca il colore che lei cerca di più, quello che
vorrebbe
ritrovare e che no, non c’è.
E
che forse non rivedrà mai più.
A
Konoha manca un colore, un non-colore. Qualcosa di atipico,
pittoresco, freddo.
A
Konoha manca il nero.
“Basta”.
Basta
vuol dire niente più ricercare qualcosa che non
tornerà.
Basta
vuol dire smettere di guardare quella maledetta foto e piangere.
Basta
vuol dire che Sasuke appartiene al passato.
Basta
vuol dire posare le labbra su quelle di Naruto e provare solo
amarezza
Basta
vuol dire lasciar perdere una rincorsa che la sta sfiancando e le sta
riducendo a brandelli il cuore.
Basta
vuol dire che tutta una vita è stata sprecata nel nulla.
Basta
vuol dire mettere un muro tra sé e il ricordo sbiadito di
quegli
occhi neri.
...basta
vuol dire essere deboli, e Sakura lo sa.
Costruire
qualcosa vuol dire partire da un progetto prestabilito e iniziare a
posare fondamenta per il futuro.
Sasuke
ha passato tutta della sua vita a costruire meticolosamente un
progetto, perseguirlo e metterlo in atto tranciando qualsiasi cosa
intralciasse il suo cammino.
Riportare
com’era agli albori la genia Uchiha, ripulire la casata
dall’ignominia della morte e distruggere la Foglia.
Tutto
programmato, asettico, pulito.
Vuoto.
E,
davvero, non ha provato niente nello scagliare il chidori contro
Sakura. Non ha sentito niente
neanche incontrando gli occhi di Naruto.
Perché
quando sei cieco di rabbia il rosso impregna tutto e non
c’è
spazio per nient’altro.
Da
piccola pensava che il suo futuro sarebbe stato roseo e felice, con
una storia d’amore uguale a quelle nei giornaletti a puntate
di sua
madre, una grande casa e tanti bambini.
Da
piccola pensava che il suo futuro sarebbe stato Sasuke.
Crescendo
è cambiata, ha smesso di credere che le storie
d’amore da
copertina esistano, inizia a rendersi conto che la vita non le
concederà la grazia di una famiglia grande e serena.
Ma
c’è un particolare che non cambia mai, ed
è quello che fa più
male perché, a differenza delle altre cose, nella sua testa
non ha
un’alternativa.
Il
suo futuro sarebbe stato Sasuke.
Nel
bene o... nel male.
Essere
Sasuke Uchiha non è facile.
Bisogna
essere perfetti, distaccati, senza
legami.
Bisogna avere
uno spirito guerriero, bisogna essere un Vendicatore.
Bisogna
smettere di pensare a cose da
bambini anche
se si
hanno dodici anni, bisogna iniziare a odiare quando ancora non si
è
ben capito cosa sia l’amore, bisogna vedere la propria
famiglia
sterminata ogni notte, ogni singola notte, e credere di poter vivere
scevri da amicizia e un
barlume di speranza.
Essere
Sasuke Uchiha significa dover dire solo ‘Grazie’,
quando servirebbero molte altre cose da dire, da fare.
Ma
Sakura tutto questo non se lo immaginava nemmeno.
Forse
mi ama, forse gli interessa qualcosa...
Sakura
se lo diceva sempre, quando Sasuke la metteva fuori dai guai nelle
missioni. Quando la trascinava via dal pericolo, quando le rivolgeva
sguardi sprezzanti, ma pur sempre sguardi.
Era
sempre una delusione leggere nei suoi occhi scuri l’assoluta
indifferenza, che invece no, non vedeva quando lui
guardava
l’altro.
C’era
quasi affetto
negli
occhi di Sasuke, quando spintonava Naruto. Quando gli diceva
‘dobe’,
‘perdente’, ‘testa quadra’.
C’era quasi interesse,
quando Naruto sproloquiava a proposito del suo futuro da Hokage e
famoso ninja.
Per
lei, c’era e ci sarebbe sempre stata solo indifferenza.
Gusti.
Sono gusti.
È
quello che dice Sakura quando Ino le chiede perché
le
piaccia ancora Sasuke
– anche se fino a qualche mese prima piaceva anche a lei,
prima che
Shikamaru si rassegnasse a dichiarare il suo amore.
Ino
non
capisce.
Non capisce che per lei, quella notte, è stata la promessa
che
sarebbe tornato. Che quel ‘grazie’ aveva un suo
perché –
Sasuke non fa mai qualcosa senza programmarne un tornaconto o,
comunque, un qualcosa dopo.
Ino
non
capisce che
Sakura deve continuare a sperare, a lottare, perché
altrimenti la
sua vita non avrebbe alcuno scopo
Ino
non
capisce.
E Sakura non si aspetta che ci riesca mai.
“Hanno
finito. Naruto ha vinto”.
Quando
il jonin sbuca da dietro un pezzo di roccia, Sakura teme il peggio
–
Naruto è morto, Pain sta attaccando. Invece Naruto ha
stupito tutti
ancora una volta: Uzumaki sconfigge il demone.
Sakura
s’informa prima di tutto sulla sua salute –
è stanco ma tutto
intero – e poi le si riempiono gli occhi di preoccupazione. E
fa
per voltarsi a cercare una familiare figura slanciata e pallida, dai
capelli neri, per trovare sostegno – che non avrebbe mai
ottenuto –
o il solito sguardo sprezzante – non
muore mai, quel dobe.
E
trova solo l’aria vuota e, più in basso, il corpo
riverso di
Hinata.
L’ennesimo
squarcio, l’ennesimo nulla.
I
fiori di
ciliegio in primavera
sono uno spettacolo mistico. Viene da accarezzarli e annusarli, per
sentire se hanno davvero quel profumo che tanto viene decantato.
Sasuke
non prova niente di tutto questo.
Si
ferma a fissarli, corrucciato. Karin guarda meravigliata quello
spettacolo della natura, Suigetsu cammina con svogliatezza e Juugo,
come suo solito, osserva attorno a sé con circospezione.
Raccoglie
un fiore, strappandolo dal ramo con distacco. Lo squadra con vaga
irritazione.
Le
sue spalle sembrano abbassarsi tristemente per un secondo, un secondo
solo. Poi si raddrizza, fiero, gettando a terra il fiore rosa. Non lo
guarda neanche.
Niente
legami.
Le
vie della vita sono infinite, ognuna porta ad un sentiero diverso, ad
un destino differente.
Naruto
ha scelto quella più impervia, quella
dell’autoaccettazione e
dell’impegno. Ha scelto la via della fatica e del dolore,
dello
sforzo per dare il meglio.
Naruto
ha scelto la via migliore.
Sakura
ha scelto la via dell’annullamento di sé,
dedicandosi solo alla
medicina per scacciare pensieri che altrimenti la soffocherebbero; ha
scelto la via dell’impegno per
dimenticare,
scordandosi
del fatto che è più importante tenersi stretti i
ricordi che
ripudiarli.
Sakura
ha scelto la via più facile.
E
Sasuke. Sasuke,
che via
hai scelto?
Mesi,
giorni, ore, anni. Il tempo perde significato quando non hai niente
con cui scandirlo. Naruto non c’è, è
con Jiraiya A diventare più
forte – a stare sempre tre passi avanti a lei.
Sasuke
non c’è, è con Orochimaru. A diventare
più potente – a
tagliuzzare ancora di più i labili fili che lo tengono
ancorato al
ricordo del Team 7.
Sakura
non ha niente con cui scandire il tempo.
E
quando le chiedono Sakura,
perché pensi sempre a Sas’ke?, perché
non vai avanti?
Sakura
sorride, china il capo. Ma Sakura, dentro Sakura, urla. Perché
non ho nient’altro. Non ho nient’altro.
Naruto
potrebbe farla felice. Naruto potrebbe essere l’unica persona
che
potrebbe appagarla completamente, darle tutto per niente.
Naruto
è la scelta migliore, il principe azzurro, il salvatore.
Naruto
potrebbe diventare il modo migliore per cancellare ciò che
non si
vuole più vedere.
Sarebbe
semplice come respirare, avvicinarsi a lui e lasciare che il suo
calore illumini lei di riflesso. Sarebbe felice, una
felicità
modesta, bella, che da luce.
Naruto
è la luce.
Ma
Sakura è accecata dalla luce. Sakura ha solo bisogno del
freddo,
rinfrescante buio.
Naruto
sarebbe la via più semplice, senza ostacoli.
Ma
lei ha scelto di lottare, adesso.
Ora
non ho più niente, pensa. Non ho più niente.
Guarda
Naruto e Sasuke attaccarsi, impietrita. Guarda il maestro Kakashi
attonito e con gli occhi dai colori diversi straniti, spalancati.
Non
ha più niente.
Perché
l’ha capito nell’istante in cui Sasuke e Naruto si
sono guardati,
ha avuto la granitica certezza che no, Sasuke
non è mai stato suo.
E
non lo sarebbe stato mai.
Lei
pensava che in fondo in fondo a Sasuke importasse davvero poco di
Naruto, che lo considerasse solo una rumorosa interferenza.
Ma
si sa, Sasuke raramente mostra davvero ciò che pensa.
Sakura
l’ha capito solo ora, sì.
Potere.
Credono
sia quello ciò cui agogna Uchiha Sasuke. A Konoha tutti
pensano
questo: Sasuke Uchiha vuole potere, per questo è andato da
Orochimaru.
Sakura
ascolta ed ogni volta le viene da stampare in faccia ad ogni
pettegolo un rabbioso pugno, perché loro non capiscono che
Sasuke è
andato ad Oto per cercare una via d’uscita dagli incubi,
dalle voci
morte che gli risuonano in testa.
La
verità è che neanche Sakura ha capito fino in
fondo.
Sasuke,
sotto sotto, non vuole una via d’uscita che sbocchi nella
vita.
Sasuke
vuole una via che gli permetti di cancellare tutto ciò che
incontra
sul suo cammino.
Quante
volte si è chiesta ‘E se fossi andata con
lui?’?
Miliardi
di volte questo quesito le è risuonato in testa. E lei, ogni
volta,
si è ripetuta: sarebbe andata in modo molto diverso.
Magari
Sasuke avrebbe iniziato ad apprezzarla, a capirla, a provare qualcosa
verso di lei.
Si
crogiola in quelle fantasie cedendo al loro sollievo momentaneo, per
poi sprofondare nuovamente nel rimorso, e nel dubbio.
Non
si capisce se una scelta è buona o cattiva sino a quando non
si
rischia il tutto per tutto.
Ha
promesso tutto ciò che poteva a Sasuke.
L’unica
cosa che si è scordata è la speranza.
Regola
numero 123.
Gli
shinobi non mentono se non ai fini di una missione.
Sakura
è sempre stata sincera, non ha mai detto una bugia che valga
la pena
di essere chiamata tale. Sakura rispetta alla lettera il protocollo
ninja perché la sua determinazione e volontà di
essere brillante è
la sua unica arma.
Non
ha mai detto bugie. Non ha mai detto a sua mamma che dormiva da
un’amica per poi uscire in piena notte, come Ino. Non ha mai
detto
a suo padre ‘Vado a fare una passeggiata’ e poi
allenarsi sino a
farsi sanguinare le nocche, come Hinata.
Le
loro sono bugie, si dice.
Ma
la sua è la peggiore di tutti.
Sakura
non mente agli altri. Sakura mente a se stessa.
Silenzio
e odio, ecco di cosa vive Sasuke nell’antro di Orochimaru.
L’odio
è quello che gli da la forza, quello che riesce a fargli
dimenticare
il dolore e stratificare il suo cuore perché niente possa
intaccarlo, tanto che ormai non riesce neanche più a
percepirlo.
L’odio è il centro nevralgico di tutta la sua
esistenza, la pietra
angolare su cui sta costruendo, giorno dopo giorno, la sua esistenza.
Sasuke
Uchiha però vive anche di silenzio.
Perché
solo il silenzio non può biasimarlo. Perché solo
il silenzio può
lenire le urla che gli rimbombano nella testa. Perché
solo il silenzio può aprire la porta dei ricordi.
‘Grazie.’
Tutto
ciò che Naruto vuole per Sakura è che lei sia
felice.
Vuole
che lei stia bene, che sorrida – che
sorrida per davvero –
e che smetta di soffrire. Non sempre, però, riesce a tenerla
su come
vorrebbe.
Perché
quello scricciolo coi capelli rosa è importante, e lui la
ama e non
vuole che sprechi la sua vita a rincorrere qualcuno che non vuole
essere salvato.
Naruto
vorrebbe pulirle l’anima dal dolore e lasciare solo
ciò che è
bello e puro.
Sakura
è un fiore e lui tenta disperatamente di tenerla sotto una
campana
di vetro.
Ma
Naruto lo sa, Sakura non sarà mai sua.
Una.
Le
basterebbe una
sola
parola.
Non
le serve un ‘ti amo’. Non le serve un
‘voglio stare con te’.
Non ha bisogno di vaghe perifrasi e concetti lontani.
Mentre
fissa il chidori ed il rasengan che si scontrano, Sakura pensa che le
serve solo una parola, che potrebbe renderle tutto più
facile.
Un
qualcosa che è si astratto ma che in questo momento lei
sentirebbe
come palpabile, fresco e rigenerante.
Non
le serve quel grazie
detto
sottovoce.
A
lei serve la speranza.
Zero.
Konoha
è ridotta alla distruzione. Le foglie bruciano, gli shinobi
si
aggrappano l’uno all’altro. Le donne piangono, i
bambini urlano.
Sakura
ascolta le grida con la vista annebbiata, pensando che anche se la
guerra è finita, anche se hanno vinto, in realtà
lei ha perso su
tutta la linea.
Zero.
È un numero tondo. Un cerchio che si chiude.
Sputa
un fiotto di sangue.
“Sakura”.
Alza
gli occhi su Sasuke, vede il chidori brillare nella sua mano.
Non
piange, non prova niente, lui. Non gli interessa.
“Sas...ke”,
mormora, mentre l’ennesima lacrima le sfugge dagli occhi. Verdi.
Spenti.
La
mano si abbassa verso di lei con lentezza esasperante.
Fa
che sia veloce,
pensa lei, trattenendo un singhiozzo.
E
non riesce a staccare gli occhi dai suoi.
Che
sono stati vita, per lei, ed ora morte.
È
stato tutto collegato.
È
stato amore... e morte.
È
giusto eppure tragico.
Chiude
gli occhi, cercando di non pensare a quanto la fine sia vicina, a
come manchi poco al termine della sua breve – e inutile
– vita.
Almeno
Naruto è
vivo,
dice una vocina flebile nella sua testa.
E
Sakura, dentro, sanguina.
“Grazie”.
E
il chidori si spegne.
Note.
Ventuno
drabbles per ventuno lettere.
Il
titolo è ispirato dall’ultima drabble.
Toni
Angst, ma si sa, non sono granché allegra, io. Tsk!
Sì,
sono orrende. Inoltre non si capisce bene quale sia il pairing. Un
po’ SasuSaku, un po’ SasuNaru, un po’
NaruSaku, un po’
SasuSakuNaru. Insomma, sempre loro, sempre il team 7. E un accenno di
ShikaIno, giusto per colorare tutto ‘sto nero di un bel
bianco.
La
dedico a tutti i fan del SasuSaku. Per chi crede ancora in questa
coppia.
E
anche a tutte le SasuNarutiste, perché ‘I’m
really glad I met you!’
SPOILER,
e pure tanti.
Che
schifo.
Grazie
a Beat che come al
solito ha betato queste porcherie
Una
recensione è sempre gradita, se vi è piaciuto.
Ale.
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