Stendhal

di Sundy
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[Kyle, in casa sua, con un ritardo penoso]

Quando Donna se ne era andata, aveva lasciato nella sua vita nulla di più che una pila di blocchi da schizzi vuoti, da riempire con tutti i momenti che, da quel giorno in poi, non ci sarebbero più stati, e Kyle aveva accettato quel patto, tanto consono alla sua inguaribile inclinazione a vivere in un mondo che iniziava e finiva dentro la sua testa, con una facilità pericolosa.

Da allora in poi, l’aveva disegnata fino allo sfinimento, logorando, pagina dopo pagina, il senso di impotenza che gli attanagliava lo stomaco, e assuefacendosi senza accorgersene del tutto, un colpo di matita dopo l’altro, a vivere il loro amore o quel che ne restava nello spazio confinato da un margine di cellulosa di quelle pagine, illudendosi di ritrovare il sorriso di Donna o il suo sguardo luminoso nei ritratti che lui stesso disegnava, inseguendola con la punta della matita in quel groviglio di linee scure che si modellavano quasi da sole nella sua forma.

Si era trascinato dietro quell’abitudine per molti e molti blocchi a venire, consumandoli nella riproduzione sempre nuova della sequenza di immagini che popolava la sua mente, finché un giorno, dal fondo di una borsa da spiaggia che non usava praticamente più, riemersero alcune foto scattate con la polaroid nuova di Donna, in un giorno di nuvole basse.

Solo allora, appoggiando quelle foto dai riflessi ferruginosi, rovinate dalla salsedine, sulla carta bianca ancora fresca di inchiostro del suo blocco da disegno, Kyle si rese pienamente conto di quanto tempo era passato dall’ultima volta che aveva visto Donna sorridere fuori da uno dei suoi schizzi, di quanto lontana era l’ultima volta che aveva potuto davvero guardarla negli occhi, l’ultima volta che le aveva parlato, e di quanto, nonostante tutto questo, gli bruciasse ancora dolorosa la sua irreversibile assenza.

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Challenge: foglio bianco @ it100




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