Disclaimer: I diritti di Harry Potter and co. appartengono a JKRowling ed a chiunque altro li detiene, non intendo
violare alcun copyright perché nulla di tutto ciò mi appartiene e, ovviamente,
non scrivo a scopo lucro. Non voglio offendere nessuno, il
mio è solo un modo per esercitare la mia alquanto perversa fantasia e
dare un po’ di ristoro alla mia mente malata.
Beta-raders: Chiara (mise keith), Alfio
Note: Questa fanfiction, un po’ diversa dal mio genere canonico, la malinconia è solo un’ombra passeggera ed una forma di crudo
ottimismo filtra fra le righe. È una one-shot strana, con un Ron un tantino più profondo di
quanto non appare nei libri. Insomma, non è deprimente come le cose che sono solita scrivere, ma abbastanza semplice e leggera,
quasi dolce. È ambientata nella
primavera del settimo anno… se vi garba leggete e commentate
Ringraziamenti e
dediche: Doverosa dedica a Chiara, che ha letto questa one-shot convincendomi ad inviarla, ed Alfio che l’ha letta
anche se non completamente apprezzata…
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Tutto
il resto è ombra
Mi capita talvolta di domandarmi cosa ci sarà nel domani. Se
il sole riuscirà a filtrare oltre questa pesante tenda di buio o se magari a portarmi la luce
sarà qualcuno, apparso dal nulla fendendo questa nebbia fitta.
M’interrogo sul futuro lasciando che una
sorriso ironico mi accarezzi le labbra, che i miei occhi si disperdano
oltre l’azzurro del cielo, senza vederlo.
Oppure li chiudo, mentre tutto
perde forma e colore per essere ridipinto dal pennello della mia fantasia.
Che importa del resto?
Potrò essere un eroe anonimo o un ignavo vagabondo dentro la
mia anima. Che importa?
-Ronald…-
Adoro quando si arrabbia. Quando i
suoi occhi castani si
stringono pericolosamente e la sua voce si fa tagliente. Adoro
quando lentamente pronuncia il mio nome per intero soffermandosi su ogni
singola sillaba come a volerla proiettare all’infinito.
E resterei così ancora un po’, ad
occhi chiusi sull’erba umida, respirando la sua presenza. Giocare con la sua immagine
nella mia mente rappresentandola sotto mille forme, possedendola tacitamente,
giocando con il suo spirito.
-Ronald…-
Li sento sul mio profilo. I suoi occhi sono stati sottratti
al libro ed accarezzano innervositi la mia figura. Socchiudo i miei
placidamente, rompendo il meditabondo incantesimo. Ella
è lì, l’espressione buffamente irritata di chi vuole avere ragione, i capelli
castani scomposti sulle spalle, inanellati in grossi boccoli dalle sfumature
dorate. I suoi occhi sui miei.
I suoi occhi sono i miei.
-Hermione…?- ribatto quasi con sarcasmo.
-Non dovresti studiare?- la sua voce, saccente al punto
giusto da sembrare antipatica. Dolcemente antipatica.
-Forse…- rispondo provocandola.
Uno sbuffo violento, una frase smorzata, incomprensibile, e
la sua attenzione è nuovamente rivolta al libro.
Continueremo a giocare col fuoco fino a bruciarci. Gireremo
intorno alle fiamme delle nostre anime senza tenerci per mano, aspettando che
si spengano o che si allargano fino a divorarci. Quando
smetteremo di essere così irrimediabilmente stupidi? Quando ci sfiniremo e
crolleremo sostenendoci l’un l’altro?
-Comunque faresti meglio a
studiare, Ron.- la sua voce alita più leggera, ma il suo sguardo non si sposta.
Stringe la copertina del libro con nervosa ossessività, passione eccessiva.
-Non necessariamente si fanno sempre le cose migliori- le rispondo
a tono – a meno che non ti chiami Hermione Granger.-
-Spiritoso- un sorriso fra i suoi
sospiri. Posso facilmente vederlo aleggiare sulle sue labbra increspate e
nascondersi negli angoli della sua bocca.
Mi tiro su, pesantemente, con svogliata difficoltà.
Vorrei continuare a giacere con la sua silenziosa presenza a
fianco. Basta lei vicino a me, arrabbiata o assorta che sia, perché io stia
bene. Perché tutto il resto possa aspettare. Il mondo,
il domani, il nulla.
Che importa?
Il volume che tiene in grembo sembra avere mille pagine ed essere
vecchio duemila anni. Ha l’aspetto pesante delle cose complicate. Ma, d'altronde, lei è complicata. Lei è il bellissimo enigma
della mia vita, il mistero attorno al quale la mia anima si attorciglia con dolorosa gioia.
E quanto sia complicata Hermione lo
si nota quando la sua fronte chiara e liscia si corruga impercettibilmente,
alla ricerca di una soluzione impossibile, inseguendo un pensiero contorto,
troppo contorto perché io mi ci possa affiancare.
-Che leggi?- non m’importa, lo
chiedo un po’ per attirare l’attenzione, un po’ per sentire la sua voce.
-Storia delle rivolte
dei Goblin-
non alza lo sguardo, ma so che il suo interesse è allentato dalla mia
presenza. Lo sento, come se fossi un po’
in lei, come se lei fosse un po’ in me.
-Mh…interessante- il mio sarcasmo
le fa stringere le labbra in una morsa dura. O forse
tenta solo di trattenere un sorriso.
-Vuoi farmi leggere, Ron?- lo dice
bruscamente, stizzita.
-No.-
Chiude il libro di botto, incrociando le braccia al petto e
mettendo il broncio.
L’adoro. Adoro la sua acidità, la sua
scontrosità, la sua espressione da so-tutto-io. Adoro il suo essere prepotentemente testarda, presuntuosamente
orgogliosa. E se di lei mi piacciono i suoi pregi, nulla posso amare quanto i difetti. Adoro perfino i suoi capelli
crespi, che non sono lisci e lucenti come quelli delle altre ragazze, la
rotondità dei suoi fianchi, il suo aspetto poco
curato.
Io adoro lei. È lei è fatta di
questo. Un caratteraccio in un corpo che non è perfetto come dovrebbe.
-Insomma Ron, si può sapere cosa vuoi?-
“E dimmi Hermione, tu lo vorresti
sapere veramente cosa voglio? Se adesso te lo dicessi, qui, seduti sul prato in
questo pomeriggio di primavera, come reagiresti?”
Non posso dirglielo. Per un patto segreto fatto fra le
nostre anime. Per una sfida a braccio di ferro fra i nostri destini. Per una
guerra psicologica fra di noi.
Chi crollerà prima?
-Disturbarti.-
-Sai quanto manca agli esami?- muove il dito con convinzione, come una
maestra che rimprovera uno scolaretto.
-Fammi pensare… due mesi?- la stuzzico
fingendomi disinteressato.
-E tu quando hai intenzione di studiare?-
Alzo le spalle, sorridendole
apertamente. Lei scuote la testa, disarmata.
-Quando cresci, Ron?-
E perché dovrei crescere? Ho lei
che mi fa da mamma, che motivo ho di non fare il
bambino?
-Non capisco perché non fai studiare anche me…- il suo sguardo
percorre il verde del prato di Hogwarts, volando sull’erba come una farfalla.
- Mi annoio, qualcuno dovrò pure
disturbarlo. E poi mi diverto a romperti le scatole.-
Sono sincero. Forse non ho detto
tutta la verità, ma sono sincero.
-Dov’è Harry?-
È il mio migliore amico, ma a volte vorrei
sopprimerlo con le mie stesse mani. Sempre il suo nome sulla sua
bocca, sempre la sua presenza inafferrabile ad inseguirmi ovunque vada.
Quando cesserò di essere per tutti l’ombra
di Harry Potter?
Quando inizierò ad essere Ron
Weasley?
E quando lei cesserà di trattarmi quasi come Harry?
Talvolta mi sembra di soffocare nella gelosia. Di sentirmi
accecato da un furore inspiegabile, corrosivo. Non solo per Harry, ma,
soprattutto, per gli altri. Gli altri che le si avvicinano,
che le parlano, ai quali sorride. Sorride dolcemente, di quei sorrisi che a me regala così di rado.
A volte l’angoscia mi dilaga nel cuore. Temo che qualcuno
venga a prenderla e portarla via da me, temo che, nelle lunghe ed estenuanti
settimane che passiamo lontani, incontri il principe azzurro che tutte
le ragazze sognano.
Poi mi dico che lei è Hermione. A
Hermione i principi
azzurri non interessano.
-Che ne so io, ti sembro la sua
balia?- replico frenando un piccolo moto di rabbia.
-Invece lo sai- la sua voce è secca, risuona fra le sue
parole una certezza assoluta, senza repliche.
-Da Hagrid, non so di cosa dovevano parlare…- concludo sbadatamente.
Restiamo in silenzio, io tamburellando le dita sulle
ginocchia, lei fissando la copertina del suo libro in grembo, o forse l’erba.
O forse nessuna delle due cose, forse è immersa in lo sa solo lei quali pensieri.
O forse non sta pensando affatto.
Ma quello sarebbe tipico di me, e
lei è Hermione. Lei pensa sempre.
-Sei preoccupato?-
Alza le sue iridi scure scrutandomi a fondo. Sono di un
colore fra il castano ed il nocciola, due occhi da cerbiatta smarriti nella
pesantezza della sua domanda.
So che non sta pensando agli esami anche se non lo
specifica.
-Sì lo sono, ma a che serve preoccuparsi? Continuo a ripetermi che non ne vale la pena,
eppure non ci riesco. Ho paura, anche se, tuttavia, tutto questo mi appare
lontano, distante dalla mia realtà, sconosciuto alla mia quotidianità…-
-Eppure esiste, è fuori dalle mura
di questo castello, e lo sappiamo- il suo tono è intimidito dalle sue parole-
Per quanto tempo ancora, Ron, saremo protetti? Cosa ci
aspetta una volta fuori?-
Resto in silenzio e chino il capo, incapace di sostenere i
suoi occhioni scuri dilatati dall’angoscia.
Vorrei confortarla, incoraggiarla.
Regalarle un barlume di speranza.
Confezionarle una tenera bugia da portare
sempre con sé, per aiutarla ad accogliere il domani.
Ma non posso. Non ne sono capace.
So solo che vorrei restare sempre così, sentire il suo
respiro accarezzare il vento e giacere con la sua presenza taciturna contro il
fianco.
Perché del resto, cosa importa?
Cosa importa se moriremo fra
qualche mese? Cosa importa se le nostre famiglie
possono essere distrutte? Cosa importa se ingoieremo
veleno ed annasperemo nel dolore?
Adesso siamo qui a riscaldarci con le nostre fredde
presenze, a nascondere a noi stessi la forza di un sentimento.
A giocare contro il tempo, con la consapevolezza che rimpiangeremo i
momenti persi, e con l’incapacità d’amarci che ci tortura.
Cosa importa di quello che sarà?
-Cosa dobbiamo fare Ron?-
La sua voce è una carezza ruvida contro lo spirito.
-Assolutamente nulla. Solo vivere. Giorno dopo giorno. Bere a piccoli sorsi l’ambrosia donata dalla vita. Che vuoi fare? La paura non la si
può cancellare. Eppure si può provare a fare il possibile per stare meglio.-
Hermione è in silenzio, gioca con i
capelli. Vi passa le mani attraverso, li anella fra le
dita.
Nervosamente.
Stizzosamente.
Dolcemente.
Da Hermione.
E mi sembra bella, con la sua
espressione persa, spaurita, imbronciata. Arrabbiata con il mondo. Ed un po’, forse, anche con me.
Se la perdessi impazzirei. Non avrebbe senso nulla per me. I giorni scolorirebbero in notti
senza luna ed orfane di stelle. La mia anima verrebbe
strappata, calpestata, uccisa. Vagherei per la mia vita come un poeta senza
poesia.
Perché lei è mia anche se non mi
appartiene.
-Hai ragione tu, forse dovremmo.-
sussurra immersa in chissà quali arrovellamenti.
Cosa siamo noi? Amici? No, non lo
siamo mai stati, sarebbe la bugia più assurda mai esistita. Perché
fin dalla prima volta che l’ho vista lei per me è stata Hermione. Non
“la mia amica Hermione” o “la mia compagna di scuola” o “la secchiona”.
L’ho subito pensata come Hermione, dentro di me, in silenzio, miscelando
all’antipatia una forma di attrazione metafisica
inspiegabile.
A lungo nascosta anche a me stesso, conservata a maturare
fra le pieghe del mio spirito, la verità è venuta fuori tanto tempo
dopo, quando ero pronto a capirla, ed io mi sono accorto che era sempre
esistita.
È stato buffo come me ne sia reso
conto.
Piton l’aveva sgridata, rimproverata, senza motivo, come
sempre.
Le aveva detto “So-tutto-io”.
Solo io posso dire “so-tutto-io” ad Hermione.
Unicamente io.
I suoi occhi si erano velati di lacrime,
il suo capo altezzoso era chinato verso il basso.
La rabbia ha iniziato a bruciarmi il fegato “Come ha osato”
mi son detto “a dare della ‘so-tutto-io’
alla mia Hermione”.
Un colpo di frustra, secco, veloce.
Profetico.
Ed io ho capito che non c’era più
niente da fare.
Ero andato, perduto, scomparso.
Inabissato dentro Hermione.
Per sempre.
-Possiamo piangerci addosso, se ti và.
Disperarci, tramortirci, picchiarci a vicenda. A che serve? A che serve sentire
il dolore prima di procurarsi la ferita?- la mia voce
risuona rauca.
Lei gioca ancora con i capelli, come un amante instancabile
sul corpo dell’amata.
-Solo che… ho sempre pensato ad un futuro diverso per me- è triste, malinconica. Lontana- Un futuro…-
-…brillante- concludo spiccio.
-Che c’è di male? Non è quello che
speriamo tutti? Invece… diavolo, Ron, invece mi chiedo
se l’avrò un futuro!-
Che importa del futuro quando c’è
il presente? Che m’importa del futuro quando lei è qui
con me?
Ma per Hermione non è lo stesso. A
lei non interessa di me, del mio stupido carpe diem, del mio pessimo ottimismo.
A lei non basto io, sono uno
mediocre, uno fra i tanti.
Lei vuole un futuro brillante come lei, dove forse ho solo
il ruolo marginale della comparsa, per non permettere di appannarlo.
-Allora
dovresti vivere meglio il presente.-
Sbuffa in una piccola risata isterica, ironica, acida.
-Che dovrei fare, sentiamo?-
Ed io non glielo posso dire. Per
tutta quella storia lì. Perché lei tutto sommato non
lo vuole sapere.
O forse perché sono un codardo. Un
codardo di pessima specie, che preferisce soffrire nella sua beatitudine
piuttosto che farsi avanti, compromettersi.
Non possiamo restare così? Appartenerci senza averci,
chiuderci un questo Empireo metafisico orfano d’idee?
Eppure io la voglio, a volte con la
stesa forza della disperazione, con la violenza succube di una passione.
-Studia di meno e godi di più…- le
sussurro a mezza voce.
-Ron…- triste e dolce il suo tono di rimprovero, di quelli
che usa la gente quando a parole trattiene un
abbraccio.
Non sa che può abbracciarmi se vuole. Non sa che mi lascerei
fare da lei la più atroce tortura senza doverci pensare due volte.
Ogni tanto mi chiedo se sono innamorato di lei. Ma che cos’è l’amore? Una forza incontrastabile che
schiavizza gli animi? Un desiderio irrefrenabile ed irrazionale? La più pura
forma di affetto? Il più oscuro
fra i sentimenti? Il brivido troncato da un battito in più? Il silenzio di un
frastuono?
L’amore sono due ragazzi che
dividono la stessa vita rubando l’uno all’altra la quotidianità?
Non so se amo Hermione. Non so se questo è amore. Ma cosa importa cos’è?
Toglie il libro dal suo grembo e lo posa al suo fianco allungando le gambe sull’erba.
Soffoca sgraziatamente uno sbadiglio.
Ma lei è anche questo. Sgraziata ed
acerba femminilità. Seducente goffaggine.
-Ho voglia di un gelato … fragola e limone…-
Dolce ed agro. Come lei.
-Possiamo fuggire ad Hogsmeade ed andare a comprarne uno, mangiarlo in un bel
bar fregandocene di tutto il resto, la scuola, le regole, la vita…- propongo
rispondendo al suo sorriso timido.
-Sì, magari fuggiamo a bordo di un manico di scopa e non
torniamo più…-
-Perché no?-
Lo farei subito, su due piedi, senza null’altro che lei ed
il mio cuore.
Lei è il mio cuore.
-Perché questo sarebbe il lieto fine
di una favola. Nella vita vera non si potrebbe fare.-
Saggia. Cinica. Per nulla romantica. Hermione.
-E cosa si può fare invece?-
Si stende sull’erba afferrandomi il braccio con una mano e
trascinandomi giù con lei.
Osservo il cielo azzurro schiarito da dei deboli raggi di
sole, appena velato da alcune nuvole zuccherose.
Il braccio di Hermione strofina contro il mio, in un
contatto pavido, appena accennato.
Necessario.
Le nostre dita si sfiorano per allontanarsi elettricamente.
Quanto siamo stupidi. Siamo gli
amanti più stupidi e meno appagati al mondo.
I più felici e sofferenti.
I più angosciati ed armoniosi.
-Possiamo restare così.- conclude
la sua voce lontana.
-Per sempre?-
L’accenno di un sorriso triste sulle sue labbra. Non lo
vedo, ma lo posso percepire.
-Per adesso.-
La sua testa si poggia alla mia spalla.
I suo capelli profumano di erbe e
fiori, mi pizzicano le narici con la loro fragranza e voluminosità.
Forse
saremo delusi dal futuro e beffati da un Fato avverso.
Forse questa oasi di pace verrà
inquinata fra un momento.
Mi capita talvolta di domandarmi cosa ci sarà nel domani.
Ma che importa?
Fino a quando la sua luce filtrerà oltre il buio della mia
vita, tutto il resto è
ombra.
Tutto il resto è ombra………Thilwen