The
Technicolor Phase
Alice si guardò
allo specchio
aggiustandosi una ciocca bionda dietro l'orecchio. Si
sistemò meglio
le maniche dell'abito che indossava rimirandosi con
semplicità
mentre i suoi occhi dolci si perdevano tra lo spazio che divideva il
suo corpo da quella piatta superficie.
...Occhi verdi
sgargianti, capelli
rossi fiammeggianti, pallore innaturale e sorriso dolcemente
irrazionale...
Gli
occhi chiusi
sul mondo e la mente aperta su un unico volto. Quel viso, che
affollava le sue notti e agitava il suo animo. Un viso che non
sarebbe mai riuscita a dimenticare, nemmeno volendolo. Ma desiderare
di dimenticarlo era come desiderare di morire.
Appena
uscita nel
giardino una folata di vento freddo le sferzò il viso
agitando i
boccoli biondi.
Quanti
anni erano
passati? Sette.
… 'Sei
troppo grande Alice, non
puoi ancora credere ai sogni che fai! Sei una donna adulta che ha
quasi trent'anni ormai.'...
Sbuffò
sonoramente
mentre quelle parole le risuonavano nella mente prepotenti, quasi
urlate dalla voce soave di sua madre, che con preoccupazione temeva
che la figlia rischiasse di passare la sua vita da sola.
Accarezzò
il braccio dove sotto la luce del sole brillava chiara la cicatrice
provocata dagli artigli del Grafobrancio.
Una
domanda le
affiorò spontanea sulle labbra sgorgando bassa e
impercettibile,
subito rubata dal vento geloso di non poter godere di quella dolce
voce.
-Dove
sei …
Hatta?-
...'Ti
dimenticherai di me Alice'...
Sorrise
appena
mentre sopra di lei il cielo plumbeo brontolava soffiandole contro
tutto il vento prepotente e agitandole i capelli. Rimase immobile e
sospirando con improvviso dolore si portò la mano sul cuore.
-Come
potrei mai
dimenticarmi di te?-
Chiese
in un
sussurro come se il vento insieme a quell'ostilità le
avrebbe
portato anche la risposta del suo amato. Quando riaprì gli
occhi il
giardino era diventato più tetro, ma al tempo stesso
più tranquillo
dato che il vento, placatasi improvvisamente, aveva smesso di agitare
i rami degli alberi e di trasportare con ferocia qua e là le
foglie
ormai secche.
Improvvisamente
vide il giardiniere avanzare verso un angolo del giardino e riporvi i
suoi attrezzi mentre gettava in un sacco di paglia alcuni rami secchi
finché un qualcosa adagiato al suolo malamente in un angolo
non
attirò la sua attenzione. Era di un colore noto ma
imprecisato al
tempo stesso. Poggiò una mano sul bordo della scalinata e
tirando
l'abito su con una mano scese rapidamente le scale saltando l'ultimo
gradino.
Si
avvicinò a
quell'oggetto che assumeva le forme e le fattezze di un cappello. Il
fiato le si troncò in gola quando lo prese tra le mani
avvertendone
la ruvidezza al tatto. Rimase immobile tenendo l'oggetto tra le mani
e carezzandone la superficie come se potesse sgretolarsi fra le sue
dita da un momento all'altro.
Si
riprese
bruscamente dal vortice dei propri pensieri quando la voce rozza del
giardiniere non le risuonò ad un passo. Voltandosi nella sua
direzione non si perse nello sguardo incuriosito dell'uomo, ne
scrutò
quel viso segnato dalle rughe e dalla fatica, i suoi occhi vedevano
cose che quel mondo non sarebbe stato in grado di concepire.
-Mi
è volato tra
le mani mentre potavo la siepe Signorina. Mi è sembrato
così...
inappropriato per essere vostro che ho pensato fosse capitato
lì
chissà per quale sorte. Non credevo che fosse vostro mi...-
L'uomo
fu
interrotto da un cenno del capo di Alice, che distratta aveva messo a
tacere quella voce che fungeva soltanto da ostacolo alla sua mente
per scivolare via da quel corpo e finire nuovamente in quel mare di
visi e luoghi che il suo cuore amava.
...'Mi spieghi
perchè sei sempre o
troppo bassa, o troppo alta?'...
Senza
badare più all'uomo che era alle sue spalle si diresse
rapida verso
il giardino che dava sul bosco dal quale poi si accedeva a lungo
andare alla villa di Hamish. Corse rapida avvertendo i propri passi
sempre più malfermi e insicuri, per via del tremore che le
invadeva
le membra propagandosi lento per tutto il corpo. Correva rapida
stringendo il cappello al petto e con gli occhi lucidi gonfi. Dove
andava non lo sapeva nemmeno lei, aveva solo bisogno di correre e
cercare un qualcosa che nemmeno lei stessa sapeva cosa fosse. Folle.
A quel
pensiero le si strinse la gola mentre una lacrima le rigò il
viso
scivolando lenta sulla guancia. Inciampò e cadde al suolo
mentre il
cappello scivolava via dalla sua presa e finiva su una distesa di
foglie secche poco distante dalle sue braccia tese. Rimase stesa a
terra immobile e le mani aperte si chiusero sulle foglie
stringendole, rompendole, sgretolandole.
Una
donna adulta, cresciuta, cambiata in sette lunghi anni che continuava
con ogni fibra del suo essere a desiderare un unica cosa. Un unica
persona.
Rimase
stesa al suolo protendendo la mano verso il cappello finché
non ne
sfiorò nuovamente la stoffa con un sospiro. Non poteva
crederci...
anni spesi a convincere se stessa che quel mondo era frutto della sua
immaginazione e invece ora aveva la prova che provava l'esistenza di
tutto ciò che aveva sempre desiderato potesse essere reale.
Strano...
in un mondo perfetto.
Non
seppe quantificare il tempo che rimase stesa al suolo ma quando
trovò
la forza per riaprire gli occhi ancora madidi delle lacrime che aveva
versato si accorse che il cielo assumeva toni sempre più
scuri fino
a far calare un velo d'oscurità.
Alzati
Alice. Trova il coraggio per alzarti di nuovo.
Ripeteva
a se stessa in modo prepotente e insistente, ma la sua mente stanca
combatteva contro quella voce interna. Aveva bisogno di smetterla di
combattere contro quella vita, quel mondo che non era per lei.
...'Alice! Sei
terribilmente in
ritardo... Birichina!'...
Quando
la coscienza cominciò ad abbandonarla e il sonno lento si
insinuava
nel suo respiro, nel suo corpo impregnandone ogni singolo centimetro
qualcosa di caldo e uniforme le coprì le spalle seminude e
il resto
del corpo. L'avevano trovata.
Voci
soffocate, sfocate su uno sfondo tamburellante della sua mente, del
freddo che le aveva intorpidito il corpo e le aveva provocato
violenti brividi sul corpo. Finché qualcuno non la prese in
braccio
ancora avvolta in quella che doveva essere una calda coperta. Ad
occhi chiusi, con il corpo abbandonato al calore rassicurante di
quella presenza le lacrime tornarono a riempirle gli occhi senza
però
scivolarle sulle gote, come dolci segreti di dolore.
Un
odore improvviso di zucchero filato e tè le invase le narici
facendola sussultare leggermente.
-...cosa
hai intenzione di fare? Portarla nel SottoMondo contro la sua
volontà?-
Una
voce agitata famigliare e scattante, sfocata ma comunque
riconoscibile fra mille. Il Bianconiglio.
-...sei
sicuro sia l'Alice giusta? Io me la ricordavo diversa! Ti stai
sbagliando è quella sbagliata!-
Una
nuova voce acuta e fastidiosa le entrò nell'orecchio mentre
sentiva
un'aria gelida sferzarle il viso nonostante il calore di quel corpo
che la trasportava passo dopo passo verso la sua vera vita.
Ma
quella voce seppur ovattata dallo stordimento era anch'essa
riconoscibilissima. Il Ghiro.
-O
suvvia, fidiamoci... per una volta sono d'accordo con lui:
anche secondo
me questa è
Alice. Piuttosto tu,
se ti è d'impaccio il cappello sai che posso sempre pensarci
io a
tenertelo!-
La
voce allusiva e persuasiva dello Stregatto divenne improvvisamente
nitida ferendole le orecchie seguita dall'esplosione di mille altri
rumori: lo scricchiolio delle foglie sotto i passi, lo sfregare delle
vesti, il canto di qualche gufo nella notte, il canto del vento tra i
rami degli alberi quasi spogli.
Una
voce poi sovrastò le altre preoccupata e debole mentre gli
occhi di
Alice si aprivano nel buio della sera tarda più e
più volte
sentendo il corpo muoversi fra quella presa salda e forte.
-Silenzio...
si sta svegliando.-
Alice
ebbe un sussulto e il suo corpo reagì con un movimento
scattante che
fece sobbalzare anche il corpo di colui che la teneva tra le braccia.
Alice era troppo scossa per poter aspettare: quella voce.
L'ultima
tra tutte era la sua
bellissima, grintosa, gioiosa, folle voce.
I suoi
piedi toccarono terra e due braccia la sorreggevano per le spalle.
La
prima cosa che vide quando riuscì ad abituarsi alla
semi-oscurità
furono due occhi di un verde elettrico meravigliosi puntati nei suoi,
il pallore innaturale del viso rifletteva la pallida torcia tenuta a
qualche passo da loro da uno dei componenti del quartetto che le era
intorno. Poi dagli occhi passò ai capelli ricci di un
arancione
vivido e forte. Sentì le lacrime riempirle gli occhi che
ormai
bruciavano di doloroso piacere e sollevò una mano carezzando
la
guancia di quel Matto d'un Cappellaio.
Quest'ultimo
le sorrise e nel suo sguardo folle Alice poté giurare di
scorgere la
lucidità dovuta a delle lacrime.
-Ciao...
Alice.-
La
ragazza sorrise e le prime lacrime brillarono alla luce flebile. Il
Cappellaio con un'espressione improvvisamente corrucciata si
impegnò
ad asciugarle con i pollici carezzandole il viso con le mani. Poi il
sorriso soddisfatto sopraggiunse sulle labbra dell'uomo, rapidamente
cancellato come poco prima da un'espressione turbata quando nuove
lacrime di gioia presero il posto di quelle che aveva appena
provveduto ad asciugare.
-Ciao
mio Cappellaio.-
Mormorò
lei ridendo dell'espressione di lui. Hatta la fissò e con
gli occhi
grandi, grandi per la gioia cristallina le disse iniziando a ridere.
-Non
ti sei dimenticata!-
Alice
rise divertita e gli cinse il collo affondando il viso nel petto di
lui e singhiozzando per colpa delle lacrime di gioia che ora le
opprimevano il petto obbligandola a singhiozzare.
-No,
no. Te lo avevo detto, non mi sarei mai potuta dimenticare di te.-
L'uomo
le sorrise sincero e spontaneo abbracciandola e stringendola a se con
forza. Quanto le era mancata quella strana ragazza, così
dolce,
piccola... la sua
piccola Alice.
-Sei
cambiata, ma ti avrei riconosciuta in qualsiasi caso. Tu sei
Alice...-
La
ragazza ebbe l'impressione che Hatta fosse sul punto di aggiungere
qualcos'altro quando lo vide richiudere la bocca e distogliere lo
sguardo pensoso. Espressione che le strappò un sorriso, non
gli si
addiceva poi molto quell'espressione, per questo la trovò
davvero
buffa ma anche molto dolce.
-Alice!
Siamo tornati a prenderti perchè Hatta stava dando di matto!-
Esordì
lo Stregatto per poi ridere divertito da quella sorta di pessima
battuta mentre fluttuava allegramente sospeso sopra le teste dei due,
lo sguardo però concentrato su un unico oggetto adagiato sul
capo
del Cappellaio Matto che gli lanciò un'occhiataccia
stringendo più
Alice a se per poi scuotere la testa e sorridere in direzione della
ragazza rassicurante seppur folle.
-Mi
sei mancata Alice, SottoMondo non è più lo stesso
senza di te.
Avevo bisogno di vederti.-
Le
disse semplicemente lui sorridente e spensierato come un bambino
mentre le carezzava una guancia e si chinava su di lei posandole un
bacio sulla fronte fredda. Alice lo scrutò mentre
battibeccava con
lo Stregatto intervenuto nuovamente facendo allusioni sul suo
cappello.
Hatta
rise istericamente e soltanto quando avvertì la mano di
Alice
sfiorargli un braccio si voltò nuovamente verso di lei. La
ragazza
sfruttò l'attimo e si avvicinò delicatamente al
viso di lui
posandovi un bacio dolce sulle labbra fragola del Cappellaio che con
un sussulto rimase interdetto.
Gli
prese una mano e intrecciò le loro dita senza attendere la
sua
reazione. Si sistemò meglio quella che verificò
essere una coperta
dai colori caldi sulle spalle e si rivolse allo Stregatto con un
sorriso.
-Andiamo...
voglio tornare a casa.-
Hatta
la fissò intensamente, tanto che quasi temette di essersi
improvvisamente rinsanito e con decisione e il suo solito sorriso
ricambiò la stretta sulla sua mano e la obbligò a
voltarsi verso di
lui.
-Casa...
SottoMondo?-
Alice
lanciò uno sguardo indietro verso i bagliori di una villa
lontana.
Avvertì
la presa calda sulla sua mano e voltandosi verso Hatta gli sorrise
dolcemente.
-Si.-
Il
Cappellaio fu percorso da un tremito e gli occhi divennero grandi e
speranzosi come quelli di un bambino mentre le sue labbra si
incurvavano in un sorriso sghembo mormorandole ad un soffio dal viso.
-Per
sempre?-
Alice
allora poggiò la sua fronte contro quella dell'unico uomo
che
sarebbe mai riuscita davvero ad amare e socchiusi gli occhi, con un
magico sorriso sulle labbra mormorò poggiando una mano
dietro al suo
collo per tenerlo stretto a se.
-Si,
per sempre.-
I loro
respiri si fusero in un attimo e Alice realizzò che le
stesse
emozioni che aveva provato il giorno che aveva sconfitto la Regina
Rossa, le si ripresentavano identiche o forse più forti. Il
desiderio di quelle labbra, di sentirsi sua e di perdersi nella
follia di quel sentimento senza capo ne coda con quel matto d'un
Cappellaio che la completava. Ma ora non si sarebbe fermata, era
cresciuta, aveva compreso cosa volesse dire stargli lontana troppo a
lungo, aveva compreso di cosa aveva bisogno... e soprattutto di
quanto significasse Hatta per lei.
In
breve avvertì le labbra del Cappellaio sfiorare per la
seconda volta
le sue, anche se la prima volta era stata lei a volerlo, lente, dolci
e zuccherine si offrivano leggermente disorientate, timide alle sue.
Sorridendo
si impossessò di quelle labbra e approfondì quel
semplice bacio
sentendosi finalmente felice. Quando si separò da Hatta con
un
sorriso e un'espressione serena si stava già dirigendo al
seguito
dello Stregatto e del Bianconiglio verso il passaggio che l'avrebbe
condotta nel SottoMondo. Passaggio che avrebbe utilizzato per
l'ultima volta.
-...la
mia Alice.-
Sentì
sussurrare da Hatta mentre si calavano nella tana del Bianconiglio.
Fine.
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