Questo
è un racconto che ho scritto per un concorso letterario
della mia città, chiamato "parole digitali" e con il quale
mi sono classificata al terzo posto. pensate che non credevo di vincere
e non sono nemmeno andata alla premiazione >.<
Le
persone che lo hanno letto hanno detto che è un bel racconto
anche se a me personalmente continua a non piacere hahaha!! mi farebbe
piacere sapere anche la vostra opinione, anche perchè
è una delle prime cose serie che scrivo, di solito mi occupo
solo di fanfiction. ciao e buona lettura!
Una
seconda
chance
Quella
telefonata nel cuore della notte mi aveva buttato giù dal
letto. Infastidito e
seccato mi sono trascinato a forza fuori dalla stanza ma non ho fatto
in tempo
a prenderla. Stremato sono ricaduto in un sonno di piombo ed al mio
risveglio
la segreteria lampeggiava. Un messaggio. L’ho ascoltato. Era
lunghissimo. Una
voce, che sussurrando e gridando, parlando lentamente e poi veloce,
imprecava e
minacciava di chiamare la polizia, per farmi arrestare. Non sono
riuscito a
capire né chi fosse né da dove chiamava.
Però di una cosa ero sicuro, mi
avevano trovato. Di nuovo. Perché non la smettevano di
cercarmi? Perché non
capivano che quello che avevo fatto era giusto? Che qualcuno doveva
farlo,
visto che la giustizia, con i suoi tempi infiniti e i fascicoli
polverosi, non
sarebbe mai riuscita a colmare il vuoto che avevo dentro?
Jodie
era bella, bellissima. Aveva
un sorriso dolce e non c’era momento in cui non lo mostrasse
al mondo, era una
ragazza così allegra. I capelli biondi e lunghi che le
ricadevano sulle spalle,
cornice di un ovale perfetto qual’era il suo viso. I suoi
occhi verdi, così profondi.
No, non potrò mai dimenticare i suoi occhi. A volte chiudo i
miei e mi sembra
che lei sia qui con me. Ma non c’è. Non ci
sarà più. Lui me l’ha portata via. Me
l’ha portata via prima che le chiedessi di sposarmi. Dopo
l’incidente che ebbe
con la mia Jodie trovarono nella sua macchina parecchie bottiglie vuote
e una
siringa. Si è salvato, il bastardo, vive felice con la sua
compagna. Mi
correggo, viveva felice.
Quello
che avevo fatto era logico.
Lui mi aveva portato via la mia compagna e io avevo portato via la sua.
Era
stato un attimo. Avevo aspettato che uscisse per buttare la spazzatura
e
semplicemente non ho premuto il pedale del freno mentre lei mi
attraversava la
strada. Eppure loro non lo capivano. Continuavano a cercarmi. E io a
fuggire.
Non sapevo neanche più da quanto tempo stesse andando avanti
questa storia. I
miei inseguitori erano probabilmente compagni dell’assassino
della mia Jodie, intenzionati
a fare tutt’altro che consegnarmi alla polizia.
Non
ne potevo più di quella
situazione. Non volevo più dover fuggire. Non volevo
più dovermi guardare le
spalle ogni volta che entravo o uscivo di casa. Volevo essere libero.
Se solo
capissero cosa ho provato quando il medico dell’ospedale, con
il suo camice
candido e la cuffietta trasparente macchiati del sangue
dell’unica donna che
abbia mai amato, mi ha guardato con gli occhi bassi evitando il
contatto
diretto coi miei e mi ha detto che non c’era più
niente da fare. Mi ha detto
che Jodie era morta. Mi ha detto che io ero morto. Se capissero la mia
disperazione, la voragine che si è aperta dentro di me
trascinandomi sul fondo
e anche oltre.
Ma
non l’avrebbero mai capito. Così ho raccolto le
mie poche
cose, la segreteria telefonica, che avevo attaccato al telefono del
motel, il
portafogli, le chiavi della mia vecchia casa, nella quale tanto non
sarei mai
tornato, una foto mia e di Jodie e poco altro.
Ho
pagato la somma per aver
alloggiato al Always Here Motel un paio di mesi e sono salito in
macchina. Non
sapevo dove sarei andato stavolta, per ora mi bastava andare il
più possibile
lontano da quel motel, che ormai avevano scoperto. Guidai tutto il
giorno
finche non arrivai in prossimità di un ponte, il panorama
che si vedeva era
stupendo e la strada deserta, così decisi di scendere per
ammirarlo con calma,
Jodie amava ammirare i paesaggi come quello.
Ma
non avrei mai dovuto farlo.
Improvvisamente, dai due lati del ponte sono spuntate due macchine, con
intenzioni tutt’altro che amichevoli. Si sono fermate a un
soffio da me. Dalla
prima è sceso l’omicida della mia Jodie,
accompagnato da tre energumeni e
dall’altra ne sono usciti altri, grandi, grossi e forti,
molto più forti di me.
Ero in trappola, altro che libertà, avevo trovato la morte.
Proprio
in quel momento però mi sono
reso conto che la soluzione al mio problema era molto più
semplice del
previsto. Ho estratto la pistola, che quelli non si aspettavano che
avessi, ho
sparato all’unica persona che davvero lo meritasse, un colpo
unico, in mezzo
agli occhi e il suo corpo esanime è caduto a terra con un
tonfo. Solo un attimo
e gli altri erano già partiti di corsa per fare a me quello
che io avevo fatto
a lui, ma io sono stato più svelto, ho scavalcato la
recinzione, mi sono
puntato la pistola alla tempia ed ho esploso un colpo, precipitando nel
fiume.
Solo così avrei trovato la libertà che tanto
agognavo, solo così avrei rivisto
la mia Jodie, solo così… Ma mentre cadevo, mentre
gli ultimi secondi della mia
vita scorrevano, mentre anche l’ultima scintilla si
estingueva, ho sentito la
voce di Jodie. Ma non era contenta, il suo tono di voce era lugubre e
terribilmente triste. E mentre le porte dell’inferno si
spalancavano sotto di
me mi ha detto “povero amore mio che cercavi la
libertà, non hai trovato che la
prigione eterna”.
Poi
più niente.
.
.
.
Mi
svegliai, la segreteria
lampeggiava, c’era un messaggio. Era l’ospedale,
telefonavano per dirmi che
oggi stesso avrebbero dimesso la mia ragazza. Aveva avuto un brutto
incidente
con un ubriaco ma si era salvata. La sera che ha fatto il frontale con
quell’uomo avevamo litigato, per colpa mia, e degli stupidi
problemi che mi
facevo sempre. La sera stessa della dimissione le ho chiesto di
sposarmi. Senza
di lei non sarei mai stato libero, né felice.
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