Miðgarðr No More

di The_Viking
(/viewuser.php?uid=92879)

Disclaimer: questo testo è proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


I giganti facevano sul serio e non si sarebbero arresi prima di aver combattuto duramente.
Surtr, al fine di limitare l'efficacia dell'alleanza umani-dèi, decise che lo sforzo bellico sarebbe stato intensificato.
Þrymr, l'alleato di J
ötunheimr, incontrò il gigante di fuoco alle porte di Miðgarðr per stabilire con lui la strategia da seguire.
- Maestà, i nemici si coalizzano per respingerci con maggiore forza; propongo pertanto un intervento deciso e coordinato per imporre la nostra superiorità e far volgere definitivamente a nostro favore lo scontro.
- Bene, Surtr, sono d'accordo. Che idee hai?
- Se non possiamo intensificare la guerra in Islanda, lo faremo esportandola altrove.
- Intendi dire... che vorresti attaccare Miðgarðr anche altrove?
- Certamente. Ricordate il motivo per cui attaccammo l'Islanda e non altri luoghi? Era legato alla vicinanza di quella terra ai confini del mondo: conquistando l'isola, ci saremmo accaparrati un'importante avamposto per attaccare poi tutta Miðgarðr.
- Sì, ricordo. Hai dunque modificato la tua opinione?
- In parte. Continueremo lo sforzo in Islanda ma lo affiancheremo ad un attacco alla patria di quegli stessi uomini con cui stiamo combattendo: la Scandinavia.
- Non potrebbe accadere che, così facendo, le forze siano troppo sparse per risultare realmente efficaci?
- Forse. Ma pensate a cosa significherebbe vedere la propria patria invasa da noi: ci sarebbero panico, sconforto e disorganizzazione. Questa, Altezza, è una strategia psicologica prima ancora che bellica: lo scopo è piegare la resistenza nemica dall'interno, fino a farla implodere definitivamente.
- Comprendo. É un piano interessante, penso valga la pena di prenderlo in considerazione.
- Sapevo che avrei potuto contare su di voi, maestà! - fece soddisfatto Surtr.
Non passò molto tempo perché Þrymr si decidesse definitivamente.

Jàrnsa, moglie di Baldrir, osservava il mare dalla piccola piazza del villaggio.
Esso sembrava sempre lo stesso, come sempre gli stessi erano gli abitanti di quel luogo e tutto ciò che ella poteva vedere. Tutto era uguale a prima, tranne ciò che la addolorava allora: l'assenza del marito.
Quel mare così agitato per i forti venti pareva riflettere lo stato del cuore in tumulto della donna, priva di notizie di Baldrir da alcune settimane.
Cosa può essergli successo? - si domandava in preda all'ansia, conquistata dall'angoscia dell'incertezza. Ella era per natura una ottimista e ciò la aveva spesso aiutata non poco, in precedenza; eppure ora sentiva che non sarebbe più bastato. La vita, spesso, si dimostrava ostile e Jàrnsa, che era una persona tranquilla e felice con poco, si sentiva tradita da quella stessa vita che, tuttavia, amava ancora.
Vita, vita, perché mi fai questo? Io ti ho sempre amata come una figlia.
Si voltò per tornare a casa: era inutile piangere.
Percorse pochi metri, con la mente offuscata da pensieri malinconici, quando udì grida convulse venire da svariate parti del villaggio.
Alcuni correvano, altri gridavano senza pensare a cosa dicessero, altri ancora si barricavano nelle abitazioni.
Sorpresa ancor più che spaventata, Jàrnsa riuscì infine a trovare qualcuno che le spiegasse cosa stesse avvenendo.
Un soldato, armato di tutto punto e con un'ascia di guerra in mano, le spiegò che stava giungendo un attacco temibile sul villaggio.
- Da parte di chi, buon uomo?
- Beh... non ha importanza, ora corri a casa tua e restaci! Non uscire per nessun motivo!
Ora la paura arrivò.
Ignorando ancora le proporzioni e la natura di quell'evento, Jàrnsa corse finché le gambe glielo permisero, poi finalmente arrivò in casa. Tutto intorno era deserto.
Chiuse la porta bloccandola con assi di legno e qualsiasi cosa massiva le capitasse tra le mani; poi aprì appena una finestra per sbirciare attraverso.
Fuori c'erano dei soldati, molti dei quali equipaggiati come l'uomo che aveva incontrato poco prima, che correvano convulsamente, dirigendosi verso le montagne, a nord est. Il nemico, chiunque fosse, stava scendendo dai monti.
Rimase a guardare, più per paura che per curiosità, infine vide delle sagome particolarmente massicce farsi largo tra la vegetazione e arrivare nel campo vicino alla sua casa, ove si erano radunati diversi soldati.
Quando furono abbastanza vicini, riuscì a percepire le loro effettive dimensioni.
- Sono... giganti!
L'ultima cosa che ricordò di aver fatto, prima di svenire, fu l'aver emesso un grido acuto e penetrante.




Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=484139