Disclaimer: Colin Farrell e Jared Leto
(ahimè) non mi appartengono, non
li conosco e i fatti da me narrati non sono assolutamente basati sulla
realtà,
ma son solo il semplice frutto della mia fantasia. Inoltre per scrivere
queste
storie non prendo denaro.
La canzone citata è
“Alibi” dei 30 seconds to mars, uscita nel cd
“This
is war”, e a loro appartiene. Buona lettura!
Alibi
[A trial by fire]
No
warning sign
No Alibi
We faded faster than the speed of light
Took our chance
Crashed and burned
No we'll never ever learn
I fell apart
But got back up again and
I fell apart
But got back up again yeah..
We both could see
Crystal clear
That the inevitable end was near
Made our choice
a Trial by fire
To battle is the only way we
feel alive
And I fell apart
But got back up again and
I fell apart
But got back up again and
I fell apart
But got back up again
So here we are the witching hour
The quickest tongue to divide and devour
Divide and devour
If i could end the quest for fire
For truth for love for my desire
my desire
And i fell apart
But got back up again
I fell apart I fell apart
I fell apart I fell apart
I fell apart
But got back up again..
La
vita è una grandissima presa
per il culo. Adesso ne ho la conferma.
Tu
fai di tutto per dimenticare
un pezzo del tuo passato e, proprio quando sei immerso nella tua bolla
di
felicità, ecco che questo salta fuori di nuovo. Mi ero
ripromesso di non
pensarci, mi sono sempre detto che non sei stato nulla di
più degli altri, ma
poi basta un piccolo intoppo e tutto il mio castello mentale crolla.
Quante
volte ci siamo mentiti Colin?
-
Jay! Hai visto la mia maglia a
righe?
Shannon
ha aperto la porta della
mia camera d’albergo e se ne sta col viso infilato nella
fessura tra di essa e
lo stipite, attendendo una risposta.
-Come
diavolo faccio ad averla
vista Shan? Dormiamo in camere separate.
La
sua fronte si aggrotta un
poco, mentre i suoi occhi mi scrutano con quell’espressione
che ormai conosco
benissimo. Conto mentalmente, sapendo già che cosa
dirà. Uno, due, tre…
-
Che ti succede bro’?
Sorrido
inconsciamente, davvero
non posso nascondergli nulla.
-
Un po’ di stanchezza forse.
Prova a sentire Tomo, magari l’ha vista lui la tua maglia.
Mio
fratello sa benissimo quando
voglio essere lasciato in pace e quando invece ho bisogno di lui; lo sa
ed è
per questo che adesso se n’è andato, lanciandomi
un’occhiata eloquente a ricordarmi
che, se ho bisogno, lui è lì a due passi da me.
Lo
vedi come mi sono ridotto? Ci
sono troppe crepe in questa mia fittizia normalità che mi
sono cucito addosso.
Davvero, erano anni che non ci ricadevo, ormai credevo pure di esserne
immune,
ma a quanto pare mi sbagliavo di grosso.
Nonostante
le incessanti
battutine di Shannon, non ho messo Dublino come tappa del tour con la
speranza
di vederti, anzi a dirtela tutta neppure ci speravo. Ci ho pensato,
certo, che
questa è la tua città, che qui
c’è la tua casa, sarei un ipocrita a negarlo,
tuttavia non è durato che qualche minuto questo pensiero.
Dopotutto sono
passati anni, non avrei mai pensato che qualcosa di noi potesse ancora
essere
vivo, sotto al cumulo di macerie che ho dentro. E invece…
È
bastato veramente poco, ed è
questo che mi fa incazzare: rendermi conto che, per quanto mi sia
illuso, non è
cambiato niente, che con te continuo a perdere inesorabilmente ogni
tipo di
difesa. Esattamente come sei anni fa, a Marrakech, quando giocavi a
fare Alessandro
e alla fine di ogni ripresa insieme, non appena si spegnevano le
telecamere, mi
stampavi di fronte a tutti un bacio sulle labbra ripetendo quanto fosse
sexy il
tuo Efestione. Ci scherzavi, ti piaceva farlo, ma anche tu ti sei
dovuto
ricredere alla fine perché quella fottuta notte non
c’era un’intera troupe a
guardare, non indossavamo vestiti macedoni e non era malizia che ti
brillava
nello sguardo, ma un miscuglio di passione ed eccitazione. È
stato allora che
hai capito anche tu che non sarebbe stato semplice.
Dimmi
Colin: quante volte ti ho
visto bere una Guinness, eh? Sporcarti le labbra con la schiuma e poi
leccarla
via, accompagnando il gesto con una occhiata involontaria nella mia
direzione
che mi attorcigliava sempre le viscere. Anche poche ore fa, in quel pub
irlandese, ti ho trovato attaccato alla solita pinta e i nostri occhi
si sono
incrociati, come se non avessero mai dimenticato. Stavolta
però non c’era
malizia, né frasi nascoste o desideri repressi. Mi hai
guardato. Ti ho
guardato. Stupore? O forse paura? Meglio, malinconia?
In
un solo istante ho sentito
crollare ogni mia difesa e sarei voluto solo scappar via. Mi
è venuto da
chiedermi quanto in realtà siamo cambiati io e te.
-Ciao
Jared.
-Ciao
Colin.
Hai
salutato poi anche i ragazzi
alle mie spalle. Shannon ti ha gettato un’occhiata torva e si
è allontanato,
trascinandosi dietro Tomo e un fin troppo curioso Bobby. Mio fratello
non ha
mai approvato il modo in cui, inconsapevolmente, ci eravamo attaccati
nell’ultimo mese di riprese e che solo lui aveva notato.
Sapeva a cosa ci…o
meglio mi avrebbe portato, tuttavia ha lasciato che corressi
liberamente su
quel meraviglioso binario, aspettandomi nel punto in cui avrei
deragliato,
pronto, come sempre, a curarmi le ferite.
-Che
ci fai a Dublino?
Una
punta di imbarazzo nella tua
voce, come sempre, lievemente balbettante. Non ci ho creduto che non
avevi
neppure notato i volantini del tour che infestano ogni angolo della
città. Tu
hai sorriso e ti sei passato una mano tra i capelli, contorcendoti un
poco
sulla sedia, per poi continuare.
-Non
ricordavo fosse stasera il
concerto… Come stai?
Ti
ho sorriso, o almeno ci ho
provato, perché in realtà avevo solo voglia di
baciarti. Cazzo!
-Bene,
il tour mi sta uccidendo
ma lo rifarei migliaia di volte. E tu?
-Sto
bene anche io, grazie.
Un
altro sorriso da parte tua,
stavolta imbarazzato. Hai guardato dietro alle mie spalle, facendo un
cenno
alla tua nuova compagna che, dall’altro lato della porta a
vetri, si stava
sbracciando per salutarti e indicarti l’auto dove ti avrebbe
aspettato. Ho
dovuto ammetterlo a me stesso: è carina.
Mi
sono voltato di nuovo verso di
te, fingendo una cortesia che non mi si addice neanche in condizioni
normali,
figuriamoci con quella gelosia acida che mi rodeva.
-Và
pure se devi, non voglio
trattenerti.
Come
dirti che in realtà morivo
al solo pensiero di lasciarti andare di nuovo?
Ma
tu lo sai che ti ho mentito,
non è vero Colin? Come sei anni fa, quando ti dissi che
avevi ragione, che per
noi due non sarebbe potuta durare così perché
c’era troppo in ballo, che
comunque avremmo potuto continuare a sentirci… lo sapevi che
mentivo e me lo
lasciasti fare, perché indubbiamente un taglio netto avrebbe
fatto meno male ad
entrambi.
Mi
hai guardato poche ore fa e
ancora mi sento annegare nel tuo sguardo così profondo,
soffocare nel tuo odore
fresco di campi, pioggia e fumo… quasi l’avevo
dimenticato.
La
tua mano si è appoggiata sulla
mia coscia, stringendo piano ma con una malcelata disperazione.
-È
stato bello rivederti Jay.
-Anche
per me.
Un
sorriso, dolce, caldo, limpido
come il cielo d’Irlanda.
-Magari
potremmo risentirci prima
di far passare altri sei anni.
-Magari,
sì.
Di
nuovo una bugia detta per non
farci del male ulteriormente e lo sapevamo, anche stavolta; ce ne siamo
resi
conto nello stesso istante in cui l’abbiamo pronunciata. Ti
sei avvicinato al
mio volto ed hai passato con cautela l’indice sul profilo
marcato della mia
mascella, tracciando una scia rovente su ogni centimetro della mia
pelle.
-Lo
sapevo che ce l’avresti fatta
Jay…
Ti
ho guardato senza rispondere,
deglutendo. Il tuo palmo si è appoggiato alla mia guancia.
-Abbi
cura di te.
Un
scia di calore che si è subito
trasformata in freddo, un uomo distrutto e un bicchiere vuoto di birra,
solo
questo ti sei lasciato alle spalle.
*Londra, sei anni prima.*
-Che fai così concentrato?
Jared era seduto sul letto nella sua camera
d’albergo, con indosso un
paio di pantaloni del pigiama e un blocco notes tra le mani,
l’espressione
persa tra le righe. Si voltò a guardare Colin che sporgeva
da sopra la sua
spalla, ancora umido per la doccia fattosi, e sorrise sornione.
-Compongo Farrell, compongo.
-Oh certo, star all’opera dico bene? E
suppongo che non ci sia alcun
modo per farti smettere…
L’irlandese gli soffiò
nell’orecchio, cingendogli la vita e leccandogli
maliziosamente il lobo, per poi scendere lungo il suo collo. Jared rise.
-Sei un fottuto animale da sesso e basta!
Colin mostrò al suo indirizzo il medio,
si alzò e, fatto il giro
attorno al letto, si andò a sedere di fianco a lui,
sbirciando curioso nel
foglio che teneva in mano.
-Posso leggere?
Chiese. L’americano lo guardò
titubante per qualche secondo, poi sbuffò
rassegnato e gli porse il blocco, lasciando che le labbra gli si
arricciassero
in un sorriso.
-Giuro che se mi sfotti non te lo do più.
-Che cosa non mi dai più?
Uno sguardo malizioso a cui Jared rispose senza
problemi, ghignando.
-Non lo so, suppongo che qua lo chiamiate pisello.
Colin si leccò le labbra e
portò volontariamente gli occhi sull’inguine
dell’altro, un breve istante soltanto, per poi risollevarli
di nuovo verso il
suo viso.
-E cosa ti fa pensare che io voglia il tuo pisello,
Leto?
Per tutta risposta Jared alzò
eloquentemente un sopracciglio ed
entrambi scoppiarono a ridere sul morbido materasso di una suite
d’albergo.
Colin si ricompose dopo qualche minuto.
-D’accordo prometto che non ti
sfotterò.
Gli disse serio, per poi sdraiarsi a pancia
all’aria e concentrarsi
sulla canzone.
Passarono un paio di minuti di silenzio…
Colin aveva la fronte
aggrottata e leggeva i versi con attenzione, Jared intanto lo osservava
stranamente imbarazzato, mordendosi il labbro inferiore.
-Mmm…
La voce di Colin spezzò
l’atmosfera. Si voltò a guardare
l’americano e
gli offrì un sorriso così dolce che Jared si
chiese se non lo avesse solo
sognato.
-E’ molto triste, però mi
piace.
-Non so ancora che cosa ne farò, per
adesso sono soltanto frasi sparse
su di un foglio.
L’irlandese riportò lo sguardo
sul blocco e lesse.
-“Nessun segno di allerta, nessun alibi.
Stiamo svanendo più rapidi della
velocità della luce”. Cristo Jay, è
veramente bella. Perché non la finisci?
Jared gli sorrise malinconicamente.
-La finirò tra un mese
suppongo…
Colin abbassò lo sguardo, intuendo al
volo i suoi pensieri e non
potendo far nulla per evitarli: mancavano tre settimane alla fine delle
riprese
di ‘Alexander’, dopo avrebbero dovuto affrontare
loro stessi e quello che erano
diventati senza accorgersene. Si erano illusi che sarebbe stato
semplice, che
sarebbe stato solo un gioco, come Jared stesso citava in una delle sue
canzoni,
ma in quel momento, alla resa dei conti, la verità gli era
piombata addosso
tutta d’un colpo e faceva paura, una paura cane. Colin
avrebbe voluto parlarne,
ma non trovava le parole. Jared, invece, fuggì il discorso
con maestria, come sempre,
lasciandolo cadere nel vuoto.
-Comunque non credo che la metterò
nell’ultimo cd.
-No? Come mai?
-Voglio conservarla per il prossimo… ne
abbiamo parlato con Shannon,
sarà il migliore che faremo in tutta la nostra carriera. Mi
piacerebbe poter
portare la band in un tour spettacolare per tutta l’Europa e
l’America.
Colin osservò la faccia sognante di
Jared e sorrise. Si sollevò a
sedere, portandogli una ciocca di capelli dietro l’orecchio
sinistro e
poggiandogli un bacio sulle labbra.
-Sono sicuro che ci riuscirai, Jay.
-Ti chiederei di venire ma probabilmente non saremo
più in contatto.
Si accigliò, spostando il foglio con le
canzoni sopra al comodino.
Colin represse un crampo allo stomaco, scacciò le immagini
dalla sua mente e si
stese sul letto, afferrando Jared e portandoselo sopra delicatamente.
Si
guardarono. Tre settimane, soltanto.
-Non preoccuparti, vedrò miriadi di
volantini in giro per Dublino e
saprò che ce l’hai fatta.
-Spero di vederti in prima fila allora.
-Magari nel backstage.
Gli prese il viso e lo baciò con
trasporto, affogando nelle sue labbra
tutte le paure che spintonavano per uscire e ripetendosi che forse
Jared aveva
ragione. Avevano giocato troppo.
Mancano
ormai poche ore al
concerto e ancora non riesco a capire cos’è questa
inquietudine che spinge
dall’interno per uscire. Nell’altra stanza Tomo e
gli SDC stanno facendo casino
come sempre, cantando a squarciagola “Marry
me”. Tendo l’orecchio ma non avverto la voce
inconfondibile di Shannon, mi
basta questo e so che è rimasto in camera sua con una scusa,
per poter essere
disponibile nel caso avessi bisogno di lui.
Immagino
che non ti vedrò né tra
la folla né nel backstage Colin. Sinceramente neppure ci
avevo mai creduto a
questa cosa e non perché non mi fidi delle tue promesse,
semplicemente perché
mi sono reso conto che c’è ancora molto tra noi di
non detto e non sepolto.
Sarebbe stupido fingere di essere rimasti amici; io e te non lo saremo
mai per
il semplice fatto che, ogni volta che siamo vicini, le nostre mani
smaniano per
toccarsi.
Sfoglio
il plico dei testi delle
canzoni per il breve ripasso scaramantico. In sesta pagina,
strafottente e
piena di significati solo nostri, se ne sta
“Alibi”. Come previsto l’ho
completata in una settimana e mezza da dopo che ci siamo separati ed
è stato
come strapparsi via pezzi di anima e spremerli sul foglio; è
la nostra canzone,
mia, tua, di nessun’altro. L’ho tenuta per anni in
archivio, finché non mi sono
sentito pronto a inserirla nel nostro ultimo cd; è il sogno
che si avvera e tu,
in qualche modo, dovevi farne parte. Ma cantarla in concerto sapendo
che non
potrai mai sentirla e vedere migliaia di ragazzine impazzire per un
dolore che
neppure immaginano, bèh… questo non è
quello che volevo.
Entro
in camera di mio fratello
senza bussare.
-Bro’,
ti disturbo?
Shannon
si alza a sedere sul
divano e spegne la tv, mi guarda mentre mi avvicino a lui.
-Ma
no che non disturbi Jar.
Sposta
un sacchetto di patatine
per farmi spazio ed io mi siedo accanto a lui, in silenzio. Non abbiamo
bisogno
di parlare, sa perfettamente cosa sto passando. Mi cinge le spalle con
un
braccio ed io appoggio la testa alla sua spalla, lasciandomi stringere,
come
quando eravamo piccoli e lui mi proteggeva dai miei squali immaginari.
Sospiro.
-Shan…
-Sì?
-Voglio
togliere ‘Alibi’ dalla
scaletta per i prossimi concerti…
Shannon
soffia un po’ d’aria
fuori dal naso, come a dirmi che se lo aspettava, poi mi poggia un
bacio sulla
testa ed io inizio a piangere sommessamente sulla sua spalla. Sento le
sue
braccia forti stringersi attorno a me ad arginare quella diga malandata
che
avevo costruito e che oggi, in pochi minuti, ha ceduto in modo
devastante.
Sento le sue dita affondare piano nei miei capelli e la sua voce mi
accarezza i
timpani rassicurante.
-D’accordo
bro’, la togliamo.
Puoi dirgli addio adesso…
Sì,
lo posso fare, Shannon ha
ragione. Non c’è più motivo di fingere
che non è successo niente; devo
accettare quello che siamo stati e rendermi conto che non si
può tornare
indietro. Posso farlo, posso chiudere quella canzone tra noi, alzarmi
di nuovo
e camminare per il mio binario, augurandoti tutto il bene possibile.
Non è
difficile adesso.
È
stato meraviglioso ma, come
tutti i giochi, anche noi siamo giunti alla casella della fine.
Addio
Colin.
Alibi by [A trial by fire] is licensed under a Creative Commons Attribuzione-Non commerciale-Non opere derivate 2.5 Italia License. |