Camera Chiusa
‹‹Sei
mia›› le aveva sussurrato una notte
all’orecchio. L’aveva bisbigliato
nell’oscurità di una camera chiusa, nel silenzio
osceno dei loro gemiti soffocati.
La
finestra doveva essere aperta: poteva ancora sentire la carezza della
sera, delicata
sui loro corpi sudati; il suo profumo di primavera, il silenzio dolce, inebriante.
Lei non
aveva detto nulla. Sirius però ne aveva sentito le labbra
sensuali piegarsi in
un sorriso sprezzante, mentre lasciavano un sentiero di baci roventi
sulla sua
pelle nuda, sulle guance ruvide; ne aveva percepito
il corpo d’avorio e oro inarcarsi sotto di lui, nello spazio
angusto tra il suo
petto e la parete.
Era
bella della terribile
bellezza dei sogni – riuscì
appena a pensare; o degli incubi, di quelli che neppure
un’alba
di perla sarebbe mai riuscita a dissolvere del tutto.
Aveva
cercato la sua bocca, lussurioso, violandola con una passione che
sapeva di
violenza, segreto, vizio. Quindi lei gli aveva serrato i fianchi con le
gambe
lucenti.
Poteva
ancora ricordare i bisbigli, i sussurri; ricordava le vesti che
cadevano, i
corpi che si cercavano, che s’incontravano; ricordava i
gemiti.
‹‹Mia›› aveva
ripetuto, nel silenzio di
quella camera chiusa, senza ottenere ancora risposta: c’era
solo quel sorriso,
sulle sue labbra e nel buio che li circondava.
Allora
aveva sollevato lo sguardo, senza potersi scostare i capelli nerissimi
dalla
fronte lucida di sudore, per scorgere nelle tenebre i tratti della
ragazza.
O
tentare, almeno. L’oscurità li circondava come una
strada di stelle, magari
smarrita da qualche parte, nell’inutile tentativo di
raggiungere il mattino;
solo un unico, argenteo raggio di luna la lacerava, delirante cascata
di luce nei
confini di quella camera chiusa. Una camera in cui rinchiudere tutti i
peccati
e i vizi, i desideri più oscuri, i sogni proibiti.
In una
camera chiusa, si disse lui - mentre gli occhi grigi vagavano ciechi,
pietre lucide
-, non
c’era differenza tra realtà e
immaginazione, verità e menzogna. Forse con la luce del
giorno le promesse
sarebbero state dimenticate, i giuramenti infranti: ma la carne era un
possesso
rasente l’eternità.
Non era
riuscita a vederla. L'oscurità si spalancava tra i loro visi
come un baratro
senza fine, torbido come il piacere che stavano provando: lui
lasciò scivolare
una mano sulla gamba nuda, lei gli artigliò la schiena.
Era
quella la follia?, riuscì appena a
chiedersi Sirius,
prima di scorgere il suo sguardo, beffardo e sprezzante, intenso in un
impatto
quasi fisico – splendente di fuoco e peccato.
‹‹Mia›› di nuovo,
come se solo il ripeterlo
potesse esorcizzare tutti i dubbi che lei –Lei!-
aveva scatenato nel suo cuore crudele.
-
Non sei diverso da noi, cugino... -
Il veleno della lussuria gli
scorreva bruciante
nelle vene misto al sangue. Ma era un segreto da relegare dietro le
palpebre frementi,
un’oscenità
dettata
da pulsioni e passioni che non potevano essere comprese appieno,
neppure da
lui. L’osceno segreto del bisogno.
Lei
aveva continuato a non dire niente. Aveva solo lasciato che il capo
ricadesse all’indietro,
mentre un sorriso enigmatico le piegava le labbra, mentre le palpebre
calavano
sugli occhi lussuriosi.
Allora Sirius aveva spostato un
attimo – un attimo
solo - lo sguardo su quel raggio di luna; scintillava prezioso dietro
le tende
leggere, baciando il soffio del vento: cascata liquida di luce e
argento. Lontano
- pensò; troppo lontano da loro.
… c’era quasi
tristezza nei suoi occhi.
*
Aveva riportato
l’attenzione sulla ragazza, ancora
sotto di lui.
Da
quanto tempo durava ormai? Le notti si confondevano, si consumavano nel
piacere
di ore che duravano secondi. Lì, nella loro camera chiusa, i
mesi non avevano
importanza, le amicizie si sgretolavano e gli amori sbiadivano; ma,
ancora, la
carne rimaneva un possesso rasente l’eternità.
La
verità era che erano divenuti il vizio l’un dell’altro; il peccato
segreto, il sogno proibito, l’incestuoso pensiero cui
ritornare nella noia del
giorno.
Ma la verità non era
fatta per il mondo reale. Non
lo era mai stata.
Forse là fuori le regole
sarebbero state
rispettate, l’orgoglio e i
pregiudizi indossati
come maschere di seta. Ma lì,
nell’oscurità di una camera chiusa, lei era sua.
Anche se per la durata
di qualche notte soltanto, era sua.
‹‹Ama
il tuo peccato, Bella››
*****
Avevo
già pubblicato questa fic, subito dopo averl scritta in 5
minuti di noia; poi l'avevo tolta sperando di poterla migliorare. L'ho
cancellata, riscritta, ricancellata di nuovo: niente, è
quasi identica a quella originale XD
Spero che almeno vi sia piaciuta e vi invito, ovviamente, a lasciarmi
un commento :D
Caesar
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