medimaga
Medimaga.
Il primo sole della stagione primaverile faceva timidamente
capolino da dietro nuvole bianche e soffici che ricordavano vagamente lo
zucchero filato che vendevano ai lunapark.
Era bello.
Così inaspettato che, nonostante il mal di testa allucinante
che l’aveva accompagnata dalla mattina, era felice.
I fiori gialli, i primi di quel freddo Aprile, danzavano nel
gelido vento che sferzava la città e le sembrava quasi di riuscire a sentirne
l’intensità del profumo che emanavano.
Dalla finestra del suo studio osservava rapita un’aiuola di
crochi vicino all’ingresso principale, mentre si sfilava il camice bianco –immacolato come forse non era più lei…
Il suo turno al San Mungo era terminato da poco e si
preparava ad andare a cena fuori con i suoi amici di sempre, che aveva
conosciuto lì e che erano diventati i suoi colleghi: Scarlett, dolce e con
un’aria sognatrice che le ricordava Luna Lovegood, Vicky, peperina e con dei
modi a volte scostanti e Adnan, su cui sapeva che avrebbe potuto contare
sempre.
E poi c’era lui.
Lui, che era notevolmente cambiato da quando erano studenti
a Hogwarts, e da quando indossavano le uniformi scolastiche, così simili e al
contempo così diverse.
Lui, che era stato parte della sua vita da subito senza
neppure che lei se ne accorgesse, e che adesso non riusciva a immaginare una
vita senza…
No, questo no.
Lei era e sarebbe rimasta sempre Hermione Jane Granger,
prefetto di Grifondoro, orgoglio della McGranitt, Caposcuola nonché migliore
studentessa.
Mezzosangue.
L’aveva rivisto dopo molto tempo una domenica mattina,
quando era di turno come specializzanda e sperava ancora di riuscire a
diventare una Medimaga, senza sapere che ci sarebbe riuscita come in tutto
quello in cui si cimentava.
O forse sarebbe corretto dire che l’aveva visto, dal momento che non l’aveva mai
considerato sotto quel particolare punto di vista.
A essere sinceri non che l’avesse mai considerato… di solito
si limitava a ignorarlo, ma trovarselo davanti una fredda domenica mattina di
inizio Gennaio con addosso elegantissimi pantaloni blu che fasciavano le cosce
e il fondoschiena in un modo quasi osceno, era stato troppo.
O forse era stata la giacca… sì, era decisamente stata la
giacca, che metteva in mostra i suoi pettorali e i muscoli scolpiti.
O forse no, forse erano stati i capelli… serici fili d’oro
che gi ricadevano scompostamente davanti al viso perfetto da angelo dannato.
O forse era stato il fumo della sigaretta che teneva
svogliatamente tra due dita –dita che,
Merlino, fremeva alla sola idea di poter risentire sul suo corpo di giovane
strega…- e che, di tanto in tanto, altrettanto svogliatamente portava alle
labbra rosse.
O forse erano stati gli occhi.
Ghiaccio fuso che a seconda dell’umore, diventava chiaro
come l’argento o tenebroso come il piombo.
Ma indubbiamente era stata anche la sua voce, così suadente
e carezzevole, così lasciva e provocatrice, quando aveva quasi sussurrato
quella parola a mo’ di saluto accompagnandola con un breve cenno del capo e
un’occhiata penetrante, quella parola che le sembrava di non sentire da una
vita…
…Mezzosangue.
*************
Una mattina si erano trovati insieme a fare la fila davanti
agli uffici del terzo piano, lei per ritirare cartelle cliniche di pazienti,
lui per ritirare chissà che ingredienti per i suoi intrugli.
Intrugli dei quali lei non avrebbe saputo né potuto fare a
meno, dal momento che servivano per curare i suoi, di pazienti.
Che fosse bello non era poi una gran novità, lo era già ai
tempi di Hogwarts e col tempo era solo migliorato.
Quel lieve accenno di barba sulla sua mascella squadrata gli
dava un’aria di mascolinità che lo rendeva irresistibile agli occhi di
qualsiasi donna.
E lei non era certo immune solo perché era la migliore amica
di Harry Potter…
La vera sorpresa era che era stato molto dolce e inaspettatamente
gentile e quando anche lei aveva terminato di ritirare tutte le cartelle le
aveva proposto un caffè.
Era stato un caffè al distributore automatico del quarto
piano perché ovviamente erano entrambi in servizio, ma era pur sempre stato un
atto di gentilezza.
Non l’aveva più visto per una settimana.
*************
La domenica successiva l’aveva incontrato all’ingresso,
quando ancora era notte e la luna splendeva ancora nel cielo mentre un pigro
sole non ne voleva sapere di sorgere.
L’aria di quella seconda settimana di Gennaio era gelida e
prometteva neve.
La giornata lavorativa era appena cominciata e l’orologio
sopra il portone principale segnava le sette.
L’aveva scrutata per un po’ e lei aveva ringraziato
mentalmente che fosse ancora buio cosicché da sperare che lui potesse non aver
notato il rossore che le imporporava le guance.
Solo allora le aveva fatto qualche domanda sul suo fine
settimana e poi le aveva dato il colpo di grazia.
Le aveva detto che stava bene vestita in verde.
Lei aveva sorriso e l’aveva ringraziato ma una volta sola,
nel suo studio si era guardata attentamente per scoprire con sorpresa, che non
indossava nulla di verde.
Che fosse stato l’ennesimo scherzo?
Con maggiore sorpresa, aveva scoperto di avere due piccoli
smeraldi verdi come orecchini.
Che li avesse notati anche lui?
A distoglierla da quei pensieri era arrivato Nich, il suo
superiore, con una trentina di cartelle cliniche che aveva scaricato, senza
tante cerimonie, sulla sua scrivania, pretendendo un rapporto generale entro
un’ora.
E in quel lasso di tempo non c’era stato spazio per capelli
biondi, occhiate ambigue e ghigni ammalianti.
Si erano incontrati, nel primo pomeriggio, dopo
un’estenuante turno di lavoro, quasi fosse un appuntamento concordato, davanti
alla macchinetta del caffè al quarto piano, dove l’aveva trovato a sorseggiare
un caffè nero bollente, e a guardare il muro bianco davanti a sé.
Dopo aver preso il suo cappuccino al ginseng, si era seduta
accanto a lui, non preoccupandosi di lasciare almeno un posto di distanza tra
loro, volendo cancellare definitivamente quel muro che avevano creato
reciprocamente a scuola e che lui aveva già iniziato a demolire la mattina
stessa e la volta prima.
Era stato carino.
Aveva scherzato un po’ sul lavoro e sul suo superiore, Nich,
che sembrava non sopportare indipendentemente dal fatto che provenisse da una
delle famiglie col sangue più puro di tutta l’Inghilterra, le aveva offerto una
spalla per riposare alludendo forse alle sue occhiaie marcate e ai suoi capelli
scarmigliati, indice di stanchezza, e aveva fatto inaspettatamente il
cascamorto.
Hermione aveva sorriso e non ricordava di essere arrossita tanto in
vita sua, ma i complimenti di lui sembravano sinceri, e nei suoi occhi non
leggeva né disprezzo né derisione.
Si erano salutati con un semplice cenno del capo, e mentre
lui era risalito di un altro piano, lei era scesa di due per tornare al suo
reparto, riflettendo sull’assurdità che fosse lui a salire e lei a scendere,
quando per sette anni, a scuola, avevano fatto il contrario.
Grifondoro e Serpeverde.
Aveva chiuso l’ufficio e salutato i suoi colleghi, e aveva
preferito tornare a casa a piedi per schiarirsi le idee, riflettendo sui fatti
che avevano sconvolto la sua vita in un così breve tempo.
Aveva riflettuto su tutto quello che era successo dalla
mattina, dall’inizio di quella pesante giornata di lavoro che, chissà per quale
motivo, non le era sembrata affatto insuperabile, ed era arrivata a fine turno
non completamente stremata.
Aveva ripensato a ogni suo gesto, ogni sua parola, ogni sua
occhiata e alla fine era arrivata a una sola conclusione possibile.
Volente o nolente, si era presa una bella cotta per Draco
Malfoy, pozionista al quinto piano del San Mungo.
E lei odiava le cotte.
*************
Aveva aperto il portone di casa con una lentezza tale che la
signora Cabbage che sedeva sul pianerottolo a fare i ferri per controllare chi
entrasse nel suo palazzo, solitamente acida e scontrosa, le aveva chiesto se
andasse tutto bene e lei aveva risposto con un mugugnio, era entrata sotto
l’occhio vigile della donna e si era chiusa il portone alle spalle.
A tripla mandata.
Poi, dopo aver tentato di sfogarsi raccontando tutto a
Grattastinchi che continuava a ignorarla, preferì trascinarsi in salotto per
prendere il telefono, sprofondare sul divano in pelle e chiamare Ginny e Luna.
La prima era in Francia per la disperazione di Harry, a fare
un aggiornamento per estetiste, la seconda in Spagna con Juàn, il bel fidanzato
di turno.
Dopo aver raccontato loro l’accaduto, era stato un continuo
di “che gli dico? Gli chiedo il numero di telefono? Aspetto che lo faccia lui?
Che devo fare? E se non gli piacessi? Se fosse gentile di natura –e qui Ginny si era dilungata in come fosse
matematicamente impossibile che potesse essere diventato gentile di natura
tutto d’un tratto…-? E se io fossi il suo passatempo? –anche qui Ginny
aveva avuto da ridire, ma la sua voce era stata sovrastata da quella di Luna
che l’aveva rassicurata che no, nonostante fosse un Malfoy, nonostante fosse
quel Malfoy, non era possibile…
E loro avevano ascoltato pazientemente il fiume di
parole che Hermione aveva riversato su di loro, parlando a raffica di
quel ragazzo che sembrava non aver mai visto prima d'allora, e loro, da
vere amiche le avevano dato il consiglio che ritenevano migliore:
fare il primo passo.
Cosa che, ovviamente essendo Hermione Granger, coraggiosa
Grifondoro, non aveva fatto.
Aveva attaccato il telefono e aveva guardato Grattastinchi
con un misto di disperazione e disgusto.
-È una tragedia,
Grattastinchi, è una tragedia…
Poi si era alzata per andare a sedersi nella poltroncina
accanto al divano per poi, non paga, ritornare sul divano stesso dopo neppure
cinque minuti.
Era stata una lunga notte.
*************
Aveva chiuso la valigia rosa shocking, regalo di Ginny, con
un sonoro sospiro, guardando per l’ennesima volta nel giro di tre minuti il
cellulare nero, ultimo modello.
Alla fine, il numero, gliel’aveva chiesto.
Proprio come le avevano suggerito Ginny e Luna.
Ma lui non si era fatto sentire né il giorno stesso, né
quello dopo, né quello dopo ancora ed
era già passata più di una settimana.
Ripensò con stizza che effettivamente lui era stato carino
con lei, ma chissà con quante altre aveva fatto lo stesso!
Certo, era stato pieno di attenzioni, ma erano quel genere
di attenzioni che non implicano necessariamente che lui sia innamorato perso di
te.
Si era infilata la giacca beige e aveva preso le chiavi di
casa in una mano, la valigia e la gabbietta di Grattastinchi nell’altra ed era
uscita.
L’autista del taxi si era fatto attendere
non poco, e lei,
nel frattempo, faccia tosta alla mano, aveva deciso di fare un
ultimo disperato tentativo: aveva inviato un messaggio a Draco Malfoy.
Poi era salita nel taxi e si era fatta portare da Harry che,
in preda alla depressione per la mancanza di Ginny, minacciava di radere al
suolo la loro casa e di prendere il primo aereo per Parigi blaterando di
tradimenti, amanti e segreti.
Draco aveva risposto solo dopo una settimana al suo
messaggio, con uno stringato e di poche parole che l’aveva lasciata a dir poco
delusa.
Addirittura Harry aveva notato che era abbacchiata e le aveva consigliato di tornarsene a casa.
E, per una volta, lei aveva seguito il consiglio; non per niente Il-bambino-sopravvissuto era il suo migliore amico...
Era tornata a casa la sera tardi e il giorno dopo , preda di
un ritrovato coraggio Grifondoro, aveva deciso di estendere l’abituale cena con
Vichy, Scarlett e Adnan anche a Nich e Draco.
Non che l’attirasse poi molto la prospettiva di cenare anche
col suo superiore, ma l’idea di invitare Draco l’aveva costretta a ragionare
sul fatto che se fosse stato l’unico “intruso” avrebbe certamente subodorato
qualcosa di strano, ed era l’ultima cosa che lei voleva.
La sua autostima era raggiunta ai minimi storici quando lui
aveva poco gentilmente declinato l’invito con un messaggio dicendo che aveva un
meeting e non avrebbe fatto in tempo a raggiungerli.
Così, abbattuta, mortificata e umiliata si era preparata a
una stressante cena con i suoi colleghi e Nich, che aveva blaterato per tutto
il tempo di lavoro.
*************
La strada era buia e i lampioni erano tutti spenti.
Si maledì per non essersi materializzata direttamente nel
suo appartamento, ma non era sicura di farcela dopo aver bevuto l’ennesimo
bicchiere di vino rosso.
O forse era stato quell’ottimo Ogden stravecchio che il
cameriere le aveva portato subito dopo il dolce…
Si era accorta solo a casa, quando attaccava il cellulare al
cavo del ricarica batterie che sul display lampeggiava il simbolo di un
messaggio non letto.
Era lui che chiedeva come era andata la cena.
Il suo cuore fece una capriola.
Già si immaginava che non volesse più sentirla e invece…
Era l’una di notte quando le luci in casa Granger si
spensero e il cellulare con loro.
Il cuore leggero e gonfio di speranze.
Contemporaneamente anche a Malfoy Manor le luci venivano
meno.
*************
Erano passati tre giorni.
Tre lunghissimi giorni e lui non si era fatto sentire.
Lei non l‘aveva cercato e lui non s’era fatto vivo.
Tutte speranze a vuoto.
Ormai era Marzo inoltrato...
*************
Un altro giorno faticoso era giunto a termine e Hermione
parlava, come sempre, col suo amato gatto.
-Te lo dico io, Grattastinchi, se non mi faccio sentire io a
quello lì non gli interessa niente… sai che gli importa di me…
Il cellulare vibrava silenziosamente ormai da diversi minuti
e quando se ne accorse era ormai troppo tardi.
Ma non troppo per non leggere un messaggio appena arrivato.
Neanche a farlo apposta, era Malfoy.
Lui che chiedeva come era andata la sua giornata e si
interessava su come fosse andato il caso del signor Roseskull.
L’acqua della doccia, dimenticata aperta scorreva
velocemente e il latte che bolliva nel bricco in cucina, era completamente
bruciato.
Ma Hermione non se ne avvenne fino alle quattro di notte,
quando lui le diede la buonanotte.
Allora, memore dello spreco dell’acqua nel mondo corse a
chiudere il getto d’acqua in bagno e a spegnere il gas da sotto il bricco dove
una volta c’era del latte e ora c’era solo del bruciato.
*************
Il giorno successivo era Venerdì e, troppo felice per sprecare il suo giorno
libero, era uscita con le sue amiche per un po’ di sano shopping.
Il sabato era trascorso lento e pigro, tra una puntura e una
fasciatura al un braccio a causa di una pozione che si era rovesciata.
Niente di grave.
Ma il suo cuore aveva smesso di battere per altri motivi.
Non l’aveva incontrato.
Mai, né per tutto il tempo che era di turno né fuori
dall’ospedale.
All’ora di cena Vicky era venuta a prenderla nel suo studio
con la scusa di un’urgenza in un altro reparto e che, nonostante non fosse una
sua mansione e il suo turno fosse finito da un pezzo, era suo dovere morale
accorrere.
Quando era entrata nella stanza designata, era rimasta senza
parole.
Nich e Vicky sorridevano complici mentre posizionavano
Hermione tra Adnan e Scarlett, ognuno davanti a una torta e un diploma con su
scritto “Medimago”.
Era fatta, era a tutti gli effetti una Medimaga!
Alle undici, dopo aver riso, chiacchierato, mangiato e
brindato un sacco di volte, avevano deciso di tornarsene a casa, prima di un
altro giorno di turni massacranti.
Euforica per la promozione appena ottenuta, aveva deciso di
tentare ancora e di invitarlo a un brunch che aveva organizzato con i suoi
colleghi per il giorno successivo.
Invito che lui, ancora una volta, aveva declinato.
-Chissà che diavolo ha da fare, quel borioso idiota…
Non si era accorta di averlo scritto finché non aveva
trovato sul cellulare una sua risposta.
“Meeting di lavoro”, o per lo meno, così diceva…
-Se, giusto meeting… Lo odio quando fa così, che dovrei fare
per vederlo, prendere un appuntamento con la sua segretaria?
Si ritrovò a dire ad alta voce e si accorse, con sommo
orrore, a scrivere.
“Potresti semplicemente passare” fu l’enigmatica risposta.
-Come no… ma questo si beve troppo firewhisky…
Grattastinchi, dico io, sai dov’è casa sua? Dall’altra parte della città. E non
ci si può smaterializzare. Né lì né nei dintorni. Sta in capo al mondo e io non
posso mica passare di lì… Io almeno sto in città, se vuole vedermi dovrebbe
essere lui a venire…
“Forse. Ma sto vedendo un film con alcuni vecchi amici e
bevendo un po’…”
Film? Amici? Draco Malfoy? Poteva davvero tutto ciò andare
nella stessa frase senza rischiare un’esplosione dai danni catastrofici?
-Sono davvero tentata di andare… santo cielo, Harry non mi
avrebbe mai detto di farmi quattro fermate di metro a piedi perché, Grattastinchi
caro, sottolineo che la metro di Londra a quest’ora è bella che chiusa… davvero
bel divertimento farmi tutta quella strada a piedi, al buio, di notte, dopo
un’estenuante giorata di lavoro, per una serata così divertente… ma perché non può mai farmi un’offerta seria?
“Questa lo è” fu la risposta che lesse sul suo cellulare e
fu anche la goccia che fece traboccare il vaso.
-È COSA? Io non vengo, nel caso il sarcasmo non fosse stato
chiaro… scrisse piccata.
“Me lo aspettavo… In ogni caso era per fare un’offerta
seria”
-E allora la facesse meglio quest’offerta seria, no?
Santissimo Godric, ma perché? Non è così complicato fare un’offerta seria, no?
Dal momento che ha detto di no alla MIA seria offerta per il brunch… è
decisamente il suo turno ora!
“L’ho fatta la mia offerta seria. Vieni. Ora!”
-Idiota… Odio lui e la sua elusività che mi fanno perdere
tempo così…
Ma chissà perché si trovò ad aggiungere “Non so perché te lo
sto chiedendo, dal momento che mi fai solo perdere tempo… ma in caso quando
saresti libero? E NON dire ora…”
E lui, da vero, arrogante, da vero snob, da vero bastardo,
da vero… Malfoy, scrisse semplicemente
“Ora”.
-Bene Malfoy! Buonanotte a te e alle bottiglie che ti fanno
compagnia. Se avevi intenzione di farmi perdere la pazienza, complimenti, ci
rei riuscito!- disse ad alta voce mentre le dita, celeri, scrivevano sul
cellulare quanto appena pronunciato.
Per amor del vero, dovette riconoscere che era alquanto
singolare scambiarsi messaggi col cellulare con Malfoy, ma d’altronde anche lui
aveva voluto adeguarsi a quel mondo che aveva sempre disprezzato.
Forse per non esserne escluso, forse per contrastarlo
meglio, forse per dominarlo…
“Mi sembra che io non sia l’unico a non tentare di trovare
un accordo per vederci”
La faccia tosta del biondo sembrava essere aumentata in modo
direttamente proporzionale al suo fascino.
-Bene. Non sono d’accordo con quanto dici ma sono abbastanza
seria ora: dimmi che non mi stai completamente prendendo in giro e sarò da te
in venti minuti, il tempo di togliermi il pigiama. Giuro.
“Lo sono. Abbiamo appena iniziato a guardare un film di
quattro ore e sei più che benvenuta…”
-Faresti meglio a non farmi pentire… Dio, è così stupido…
Per Merlino, ti odio quando fai così, te l’ho mai detto?
“Mai. O quasi… Vieni e sarò un uomo felice”
Quasi pianse dalla disperazione quando lesse quel messaggio.
Era disperatamente
confusa.
E lei, dopo le cotte e il disordine, odiava la confusione.
Sfilando i pantaloni del pigiama tigrato cominciò a girare
per casa accendendo tutte le luci e borbottando “lo odio, lo odio, lo odio”.
Per poi chiudersi in bagno nel disperato tentativo di
coprire le occhiaie dovute alla tarda ora e alla giornata faticosa ma intensa e
tornare in camera per vestirsi velocemente.
Mise le scarpe e il cappotto per poi uscire di casa e
chiudere silenziosamente la porta dietro di sé per non dover spiegare alla
signora Cabbage dove andava a quell’ora di notte.
L’orologio sopra il camino segnava l’una e mezza passata.
*************
Le strade erano buie, e non riuscì a capire se le si
accapponava la pelle per il vento freddo che soffiava senza posa e le entrava
sotto i vestiti o per le facce non proprio raccomandabili dei tizi loschi che
giravano alle due di notte per Londra.
Si diede più volte
dell’idiota sperando almeno che nessuno la fermasse.
Era una bella ragazza, giovane e sola che girava a di notte
nelle strade buie.
Pregò Morgana e Merlino che esaudissero i suoi desideri e
che all’alba di un nuovo giorno non fosse ritrovata fatta a pezzi e gettata nel
gelido Tamigi.
E tutto per quell’idiota che non si decideva a farle
un’offerta più decente di quella.
Prendere o lasciare.
E lei aveva preso.
*************
Erano le due suonate quando era giunta davanti al grande
portone di Malfoy Manor.
Lui era sceso a accoglierla, da vero gentiluomo, ma, una
volta nell’ascensore – e si era stupita
anche di questo, che a Malfoy Manor ci fossero elettrodomestici babbani , ma ,
come aveva avuto modo di constatare, a Draco piaceva la comodità oltre che il
lusso, e in questo i babbani erano imbattibili- aveva iniziato ad
abbracciarla e lei aveva goffamente restituito l’abbraccio, arrossendo, ancora
troppo stupita e spaesata per ragionare.
Quando erano usciti e erano arrivati nel salotto, aveva
scorto due ragazzotti accasciati uno su un divano e uno per terra.
Ovviamente sopra
cuscini di seta e coperte di cashmere.
Nel guardarli attentamente, si stupì di conoscerli entrambi.
Quello con fascianti pantaloni di pelle nera, sdraiato
comodamente sul divano come un Romano su un triclinio, con occhi di un blu
talmente intenso da far invidia al mare e capelli corvini era Blaise Zabini,
con il suo inconfondibile sorriso smagliante.
Ricordava come a scuola lui fosse il meno ostile nei suoi
confronti, tra tutti i Serpeverde.
Aveva già allora scoperto con non poco stupore che la sua
compagnia sapeva essere piacevole e non era mai troppo fastidioso né troppo
petulante.
Bello, atletico, simpatico, affascinante, accattivante, buono studente, sportivo sarebbe stato il
ragazzo perfetto se non fosse appartenuto alla casa di Salazar Sperpeverde e
non fosse stato tanto vanesio.
Ricordava come un sogno lontanissimo quella volta che
l’aveva incontrato alla boutique “Magique” intento a far impazzire le commesse
perché voleva l’orlo dei pantaloni ora più lungo ora più corto.
Di un millimetro circa.
Il ragazzo che sedeva ai piedi del divano era anch’esso
moro,ma con penetranti occhi neri, quasi tenebrosi.
Il volto era più scavato e aveva un’aria lugubre.
Non avrebbe potuto confondere quel volto con nessun altro:
Theodore Nott.
Eppure lì, a casa di Draco, sembrava aver perso un po’ di
quell’aria da Mangiamorte che l’aveva sempre caratterizzato.
Forse era la presenza di Blaise che bastava a
tranquillizzarla, forse erano quegli occhi che sembravano meno spiritati e da
pazzo di quando era a scuola.
Forse era stato il sorriso incero che le aveva rivolto
appena l’aveva vista.
O forse, semplicemente, era stato Draco a ordinar loro di
sorriderle per non farla fuggire via a gambe legate.
Ne sarebbe tranquillamente capace, pensò con una certa
stizza Hermione.
Una delle due poltrone vuote accanto al divano era vuota, e
memorizzò i cuscini in disordine e la coperta gettata in malo modo su un
bracciolo.
Probabilmente era dove era seduto Draco prima di andare ad
aprirle.
-Noi vediamo Brave Heart- esordì di punto in bianco Blaise,
sorridendole accattivante.
-Non ci interessa- concluse rapido Draco per entrambi, per
poi passare un braccio attorno alla vita della ragazza e condurla fuori della
stanza.
Anche se “spingerla” forse sarebbe la parola adatta.
Hermione era così confusa che neppure registrò le risate
roche di sottofondo provenienti dal salotto, né tantomeno notò gli occhi di
Draco brillare di vittoria alla luce fioca della penombra.
Realizzò che forse lui non aveva effettivamente intenzione
di vedere il film quando si trovò nella sua camera da letto.
Dio, era stata così candidamente ingenua a pensare che
sarebbe andata lì e avrebbero continuato a vedere un film di quattro ore tutti
insieme appassionatamente.
Ma forse “l’appassionatamente”
ci sarebbe stato comunque, realizzò disorientata.
Fotografò mentalmente il caos che regnava in quella stanza,
e quando glielo fece notare, lui sorrise e fece spallucce.
Poi, lentamente, come per darle il tempo di scappare e
tirarsi indietro, avvicinò il suo volto al suo e la baciò.
*************
I sui baci erano fatti per mandare all’inferno.
Erano la perdizione pura e quelle labbra -Dio, quelle labbra…- sembravano non
volersi fermare mai.
Come fossero finiti sul grande letto matrimoniale non
avrebbe saputo spiegarlo, ma poco importava.
Avrebbe giurato di non essere mai stata in posto più comodo
di quello, schiacciata dal suo corpo e con il torpore delle membra che si
diffondeva rapidamente al cervello, annebbiandolo.
Una sua mano -lenta,
lasciva farfalla che ora sfiorava ora si ritraeva- scese fino alla zip dei
suoi jeans.
-Draco...- l’ammonì
mentre le guance le andavano letteralmente a fuoco.
-Hn?- mormorò lui sul suo collo, mentre tornava alla carica
partendo dalla caviglia con un sensuale massaggio che si avvicinava
pericolosamente alla zip dei suoi pantaloni, passando per il polpaccio, il
ginocchio e la coscia magra.
-Draco!- esclamò mentre allontanava la mano di lui, che si
era fatto più insistente.
Lui smise di baciarla per guardarla negli occhi, mormorando
un avvilito –Cosa?
-Faresti meglio a non aspettarti troppo- l’aveva ammonito
lei mentre notava con terrore che su quelle labbra perfette nasceva un ghigno
–no, un sorriso.
-E dimmi, mia orgogliosa Grifondoro, qualcuno è mai sceso
oltre?- disse lui strattonando la cintura di cuoio che reggeva i pantaloni
diventati un po’ larghi dopo che aveva perso un po’ di chili per lo stress al
lavoro.
Hermione prese un respiro profondo, timorosa che lui volesse solo
deriderla, e poi disse più decisa che poteva –No.
-Davvero?
-Davvero.
-È divertente…
-Bene, dal momento che è così divertente, Malfoy, buona
serata, io me ne vado- esclamò cercando di levarselo di dosso per andarsene
–sai- continuò piccata –io non credo sia divertente baciare te dopo che non
bacio un ragazzo dal Ballo del Ceppo quando ho baciato Viktor. Non lo definirei
affatto divertente. Ma se è questo
che ti aspettavi –disse alludendo al sesso –ti sbagliavi proprio. Buonaserata
Malfoy.
Lui rimase un attimo a guadarla, certo che stesse
scherzando, perché non era possibile, no, che lei non solo fosse ancora
vergine, ma che non baciasse un ragazzo da così tanto tempo. Non che gli
dispiacesse, questo no.
Solo lo trovava… improbabile.
Quando capì che lei era seria, rimase per un attimo
interdetto, ancora totalmente incredulo, per poi balbettare un –Ti prego
rimani. Possiamo anche non fare nulla se non vuoi. Solo… rimani.
*************
Il pendolo sulla parete segnava le quattro, ma i due giovani
intenti a baciarsi e a scoprire l’uno il corpo dell’altra, non sembravano
accorgersi che il tempo stesse passando.
Le mani di lui, quelle mani così eleganti, così curate che
mai avrebbe detto capaci di eccitare così tanto, l’avevano più volte portata
vicino al limite per poi ritrarsi furtive e farsi desiderate.
Dio, le era sembrato di morire.
E pensare che non si erano tolti neppure i vestiti.
O quasi…
La camicia bianca di lui, fatta molto probabilmente su
misura da una delle migliori sarte di tutta l’Inghilterra, giaceva a terra come
un animale morto, e la maglietta azzurra di lei, era finita ai piedi del letto,
tra una scarpa e la borsetta.
L’altra scarpa invece, come avrebbe scoperto poi, non si era
volatilizzata come credeva all’inizio, tanto risultava difficile trovarla, ma
era finita sotto il comodino.
Come, non avrebbe saputo dirlo.
Forse era stato anche quello una ragnatela ben tessuta da
lui, affinché lei non se ne andasse subito, ma restasse, almeno il tempo
necessario, di ritrovare almeno quella dannata scarpa che sembrava non volesse
più spuntar fuori.
Forse lo sapeva benissimo dov’era, così come lo sapeva lei,
nel suo inconscio, solo che entrambi non
avevano voluto trovarla e avevano finto di cercarla disperatamente, non
guardando, forse volontariamente,
sotto al comodino, finendo, chissà come, ogni due per tre, sul grande letto dal
quale si erano appena alzati per ricominciare la ricerca della scarpa perduta.
Per l’ennesima volta…
*************
Alla fine si era alzata, rivestita, aveva raccattato le sue
cose e poco prima della fine del film, aveva deciso di andarsene –altrimenti non l’avrebbe più fatto.
Quando erano passati nuovamente per il salotto, Blaise e
Theo, avevano finto così male di dormire che se ne era accorta persino lei che
avevano smesso di parlare appena lei e Draco avevano aperto la porta della
camera matrimoniale.
Avrebbe voluto dire a Blaise che nessuno sano di mente
avrebbe dormito con tanto di bicchiere in una mano –tenuto perfettamente dritto- e testa appoggiata sull’altra, a mo’
di Romani su un triclinio che assisteva annoiato a un banchetto noioso.
Solo che il sorriso che spuntava dalle sue labbra colpevoli
esprimeva tutt’altro che noia…
Theo, era decisamente altrettanto realistico, con gli
occhiali da sole in testa e il torace che ancora sussultava per le risate.
Hermione fece finta di niente e vide con la coda dell’occhio
che Draco li guardava e poi scuoteva lentamente la testa come dire che no,
neppure lui sapeva come quelli lì potessero essere i suoi migliori amici.
La ragazza pregò Merlino affinché i due Serpeverdi, che sperava vivamente avessero visto il film e
non origliato alla porta della camera matrimoniale, non si trovassero mai nella
necessità di dover mentire per sopravvivere.
Altrimenti, per dirla come Malfoy, sarebbero stati
completamente fottuti.
Quando uscirono dall’ascensore e lui le aprì il grande
cancello per farla uscire lei parve titubare.
-Il fatto che io abbia deciso di andarmene ora non significa
che non voglia più vederti…
-Ovvio… sussurrò lui stringendola in un abbraccio possessivo
e appoggiando le labbra su quelle di lei, guastando un sapore che nelle ultime
ore sembrava non riuscisse mai a saziarlo.
Quando lui rientrò a casa i suoi amici erano ancora nella
stessa posizione di prima, decisi a voler continuare a fare gli gnorri.
Lenti, sul televisore a cristalli liquidi, scorrevano i
titoli di coda.
*************
Lo stomaco che si contorceva per l’emozione, Hermione
rientrò a casa voltando metaforicamente tra le nuvole.
Un sorriso da ebete stampato in volto e negli occhi una luce
nuova.
Ovviamente non dormì neppure un minuto.
*************
Al mattino si incontrò con Adnan, Vicky e Scarlett come
d’accordo, e in un momento di tranquillità, satolla come poche altre volte,
felice di stare insieme ai suoi amici e sorpresa per la bella giornata, aveva
iniziato a riguardare i messaggi del giorno prima sul cellulare e per sbaglio
aveva inviato un messaggio vuoto a lui.
Draco.
Si morse la lingua sapendo di non poter piangere sul latte
versato, ma si era ripromessa che non sarebbe stata lei a farsi viva per prima.
Inaspettatamente lui aveva risposto a quel messaggio vuoto
con uno pieno.
Pieno di felicità, pieno di parole e pieno di significati.
“Grazie per essere venuta ieri sera. Non credevo l’avresti
fatto. Era davvero freddo. Sei coraggiosa”
Alla fine anche lei aveva il cuore pieno.
Gonfio come un tacchino all’ingrasso per il Giorno del Ringraziamento.
Gonfio di quelle parole e di quelle che lui non aveva scritto, ma
sapeva che c’erano.
Gonfio di felicità anche solo ripensando alle occhiate
languide e ai baci lascivi.
Gonfio di una consapevolezza nuova.
Di essere innamorata.
Scrisse un breve messaggio di scuse per avergliene spedito
uno vuoto adducendo la scusa della poca familiarità con la tecnologia. E
aggiungendo di essere consapevole di essere stata coraggiosa. In tutti i sensi.
“ Devi ammettere che sei stata bene anche tu… Se non altro
così ci siamo rivisti, no? Missione compiuta!”
Si sorprese non poco di quelle parole.
Missione compiuta.
Cos’era lei, un gioco a punti?
Toglile la maglietta e hai 10 punti di bonus, convincila e
venire in camera tua e Sali al livello 4 di stronzaggine?
Poteva sentirsi male? Poteva venirle la nausea proprio ora
che sembrava andasse tutto liscio? Possibile che stesse travisando tutto lei?
Con le dita tremanti scrisse “sì, missione
compiuta…immagino…” aggiungendo cortesemente se lui avesse terminato di
lavorare alla nuova pozione di cui le aveva parlato la sera prima tea un bacio
e l’atro.
E lì era arrivata la coltellata in pieno petto.
“Ancora no, in realtà. Odio fare le cose di fretta e non
rispettare i tempi giusti…”
Quando lesse le sua risposta il bicchiere con l’aranciata le
si rovesciò e neppure ci fece caso.
Non voleva andare di fretta? Lui, che dopo nemmeno cinque
minuti era pronto a sfilarle i jeans?
Quello era decisamente il modo giusto per sentirsi
un’idiota, constatò Hermione.
Con le lacrime agli occhi digitò confusamente i tasti sul
cellulare “Niente fretta, anche se non mi sembrava di essere io ieri ad averne…
magari evita di far passare tre settimane prima di parlarmi, come hai fatto il mese scorso...”
Adnan dormiva sotto un albero e Vicky e Scarlett erano
andate a comperare un pacchetto di sigarette da almeno mezz’ora.
Molto probabilmente, constatò Hermione, erano andate a
conoscere quei ragazzi che avevano adocchiato mentre spizzicavano sul prato del
parco.
Forse non era stata una bella idea organizzare il brunch al
parco, nonostante il cielo fosse terso e il sole splendesse con una forza
sconosciuta nei giorni precedenti.
No, perché lei aveva voglia di chiudersi in camera,
abbassare le tapparelle, rannicchiarsi in posizione fetale e piangere sul suo
orgoglio ferito e il suo cuore confuso –innamorato…
-No, tre settimane sono davvero troppe- mormorò una voce
bassa e roca dietro di lei.
Ancora con le lacrime agli occhi si girò e rimase a fissare
la figura sfocata che le era davanti e che sembrava così dannatamente simile a…
-Draco…?- domandò titubante.
-Mezzosangue, hai forse problemi alla vista?- la prese in
giro lui avvicinandosi e premendosela contro in un abbraccio soffocante e
possessivo.
-Ma io credevo che… il tempo… la pozione… e le tre settimane…-
-Mi sembrava avessimo stabilito che tre settimane fossero
troppe… mormorò lui sulle sue labbra
-Sì, ma il tempo…-
-Sprecato. È tempo sprecato se non posso stare con te…-
-Via Oxford
Street 407- sussurrò lei.
-Cosa?-
-Casa mia-
E con un “pop” si smaterializzarono entrambi, ancora
abbracciati.
Quando Adnan si svegliò non si stupì di essere rimasto solo.
Insomma, Vicky e Scarlett aveva notato che avevano
adocchiato due ragazzi nel parco.
E solo un cieco non si sarebbe accorto che Hermione filava
con il pozionista del quinto piano.
Un certo Draco Malfoy.
Fece per andarsene, quando notò il cellulare della Granger a
terra e lo raccolse.
Se lo mise in tasca con l’insolita certezza che non avrebbe
squillato e poi si smaterializzò, pronto a concedersi un rilassante pomeriggio
allo stadio di Quidditch, sicuro che nessuna delle sue colleghe avrebbe sentito
la sua mancanza in quel tiepido pomeriggio di inizio Aprile.
§ spazio autrice §
Tanti auguri a te, tanti auguri a te, tanti auguri Mme Bovary, tanti auguri aaaaa teeeeee (sappi che l'ultima parte mi viene un po' stonata, ma spero apprezzerai lo stesso...)
AUGURI!!!
Spero che il fuso orario non sia già scattato, ma qui sono ancora le 22...
Incrocio le dita!
Non volermene, quando ho letto quanto mi hai spedito, non sono riuscita
a fare a meno di vedermi il tutto in versione Harry Potter...
Molto patetico, lo so, ma volevo farti un regalo-sorpresa...
Credo che la parte finale della one-shot valga come risposta...IO CREDO
NEL LIETO FINE!!! (questa frase fa molto "Io credo nelle fate!" del
film "Peter Pan", con Julia Roberts...)
Spero tanto che le tre settimane siano solo teoriche.
Mi auguro che i personaggi di Scarlett, Vicky e Adnan non siano
così diversi dagli originali, e se mai, "destino cieco e
baro" permettendo, io conoscerò Nich, mi scuserò
personalmente più e più volte per averlo trasformato in
un noioso, petulante e severo capo.
E gli spiegherò la differenza tra Nich vero e Nich "mio" che in realtà è Draco Malfoy...
Insomma, o gli starò simpatica o mi darà una librata in testa credendo che io sia pazza.
E ora passiamo ad altro...
Devo ammettere che questa one-shot non rientra nei miei "canoni".
Non avevo mai scritto nulla che riguardasse il mondo di Harry Potter
"dopo Hogwarts", e sinceramente non era nei miei progetti farlo a breve.
Poi c'è stato un cambio di progamma, e la decisione folle di
tramutare l'altrettanto folle idea che mi frullava in testa in una
one-shot.
Ed eccomi qui, imbarcata nell'ennesima avventura...
Un grande abbraccio a Mirya, che è sempre disponibile e mi
sopporta ogni volta, correggendomi sempre i mille errori di battitura,
eventuali e vari.
Un forte bacio anche a MollicadiPane: tesoro, prima o poi mi deciderò a recensire tutti i capitoli, promesso!!!
E un GRAZIE a tutte voi che, come sempre, avete letto, recensito, messo tra le preferite o le seguite le mie storie.
Grazie.
Ele_lele
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