Viral
Se potessi descrivere quel ragazzo con una parola direi…
bè sinceramente la prima parola che mi viene in mente pensando a
lui è stronzo, oppure bastardo…
Pensandoci poi bene mi vengono alla bocca tanti altri aggettivi, anche
belli, come: figo, bello… ehm… sono sicura che non sono
così pochi, tipo è un ragazzo carismatico, anche se non
sono certa del significato di questa parola, poi è anche biondo,
ha un bel sorriso e un bel viso e pure un bel fisico, però credo
che queste qualità possano rientrare in bello e figo.
Mi piacerebbe molto farvelo vedere, ma non saprei come fare, anche
perché non lo conosco di persona, ma solo di vista, e, anche
volendo, non potrei avvicinarlo, rischierei la vita, e non sto
scherzando.
Mi sparerebbero o potrebbero semplicemente pestarmi; bè, non
c’è da escludere l’essere preso e usata come
materiale da esperimento, potrei anche finire nei piatti di qualche
mensa.
Ok, vi starete chiedendo che razza di ragazzo sia, magari, penserete, fa parte di qualche banda di punkettoni indemoniati? No.
Allora è il capo di una setta satanica? No.
Fa parte di una tribù di cannibali? Nemmeno.
Semplicemente io sono una stupida scimmia senza peli, un’umana e
lui, bè lui è il comandante degli sterminatori di umani,
divisione orientale; il nome dice tutto.
Già uno che è a comando di una roba così non gli
stanno simpatici gli umani, figuriamoci una ragazzina troppo scema, non
bella e nemmeno formosa, insomma, non ho speranze neppure come svago di
qualche ora!
Per questo non lo conosco di persona, oltre ad essere timida sono, a
mio parere, pure brutta e umana, e ciò vuole dire una sola cosa:
sono senza speranze.
Il sole di mezzogiorno mi sta cuocendo la testa, i miei capelli lilla
riflettono il sole, già, ho i capelli lilla, sembra incredibile
e specialmente impossibile, ma io sono nata così, con i capelli
lilla, le orecchie leggermente a punta e gli occhi verdi.
Si, lo so, è una tristezza essere un simil scherzo della natura,
l’unico che mi supera qui è il tipo di cui mi sfugge il
nome, ha i capelli verdi e non si capisce se è una donna che
sembra un uomo nel corpo o il contrario, un uomo che però ha la
personalità da donna, cioè devo dire che se lo prendi
come uomo non è male, è simpatico ed è pure dolce
e capisce le tue pene d’amore.
Oddio, sono proprio messa male, trovo più pregi in un
ermafrodita di cui non conosco nemmeno il nome che nel ragazzo che mi
piace.
Credo che stia arrivando, lo sento nell’aria, spero che, come
l’altra volta, esca un attimo dalla sua postazione e mostri il
suo bel sorriso dai senti aguzzi a tutti noi, ma specialmente a me, il
suo sorriso beffardo e maligno mi fa sciogliere come…
l’acqua al sole; che forse non si scioglie ma fa
qualcos’altro ma non importa.
Inizio a cantare a squarciagola, sono piuttosto brava e ho una voce
potente, come un leone dice la ragazza dai capelli rossi, Yoko.
All’inizio era inutile, capitava che alla sera cantassi per
allietare la cena, nient’altro, poi un giorno mi hanno messa a
fare la guardia, insomma se vedevo il nemico doveva avvertire in tempo,
io lo aveva sentito arrivare e ho urlato “arriva”, nessuno
ci ha creduto, perché erano ancora abbastanza lontani e gli
altri non li vedevano, allora mi hanno lasciato perdere e io ho
iniziato a cantare.
Dopo cinque minuti sono arrivati, loro erano impreparati e io me la
ridevo sotto i baffi, gli stava bene a tutti quanti, ho continuato a
cantare per tutto il tempo, guardando sempre lui, sperando che uscisse,
e così ha fatto, ha realizzato il mio desiderio.
Ero così felice che non ho smesso di cantare per tutta la sera,
gli altri, che aveva subito una sonora sconfitta, erano contenti per la
mia musica; moti però mi chiedevano come aveva fatto a vederli
prima degli altri, ma io non ho risposto, raramente lo faccio, sono
troppo timida, non mi piace parlare con gli altri, ho sempre paura di
dire la cosa sbagliata; credo che sia per questo che non ho amici e che
gli altri mi considerano una ragazza cupa e misteriosa, a parte per
quando canto, allora lì sono dolce e fantastica.
Già, solo quando canto mi apprezzano davvero e io sono contenta
perché posso essere accettata dagli altri facendo una cosa
che mi piace.
Fin da quando ero piccola sono stata strana, con i miei strani colori e
le mie strane orecchie; la gente mi evitava, i genitori dei miei
compagni mi ritenevano pericolosa e i bambini dicevano che ero una
strega capace di fare le magie con la mia voce, non era vero,
l’unica cosa che so fare con lei è rincuorare la gente e
scaldarle l’anima, io penso che i bambini di quel villaggio non
avevano un’anima da riscaldare, per questo avevano paura delle
mie canzoni.
Ricordo che un giorno un gruppo di bambine quando mi ha vista si
è fermato a guardarmi, io ho combattuto contro me stessa e
contro la mia timidezza e ho sorriso, facendo un gesto di saluto con la
mano, ero così contenta di me stessa, ma loro mi hanno
devastata, uccisa, sono scoppiate a ridere dicendo “ma guardatela
quella sfigata! È davvero brutta!” e poi se ne sono andate
via, lasciandomi da sola.
Piansi molto quel giorno, per la prima volta nella mia vita, la prima e
l’ultima, perché dopo quel giorno, intorno a me ho creato
uno scudo, mi sono privata delle emozioni, almeno solo esternamente.
Il giorno dopo ripresi la mia solita vita, stavo camminando per la
strada aspettando che succedesse qualcosa, poi l’ho sentito, uno
strano presentimento, sono corsa subito dal capo villaggio, ma lui non
mi ha dato ascolto, io sono uscita e ho in iniziato a cantare, la gente
si fermava e mi guardava storto, qualcuno cercava anche di fermarmi,
poi le vidi, le ragazze del giorno precedente, dentro di me la rabbia
saliva, volevo vederle morte, voleva vedere tutta quella gente morta.
E fu così, ricordo solo un rumore, un terremoto, tutti corsero
ai ripari, spingendomi via, non mi lasciavano entrare nei rifugi, mi
spingevano via.
Pensai che forse era meglio morire piuttosto che rimanere lì,
allora mi arrampicai il più su possibile e mi sedetti si una
sporgenza di roccia aspettando la mia ora.
Il terremoto era diverso dai soliti, non accennava a smettere; poi
qualcosa sfondò il soffitto, entrarono in tanti, non erano tanto
grandi, e iniziarono a distruggere tutto, uccidevano la gente e la
schiacciavano sotto i sassi.
Io guardavo tutto impassibile, perché erano lì? Non lo
sapevo; sapevo solo che stavano esaudendo il mio desiderio, allora
iniziai a cantare, di nuovo.
Solo allora mi notarono e uno di loro si avvicinò, e leggermente diverso dagli altri, credevo che fosse il comandante.
Si fermò e uscì dal ganmen e lì il mio cuore ebbe
un tuffo: era la cosa più bella che avessi visto, biondo, occhi
e bocca maligni, mani ricoperte da pelo con dei terribili artigli,
sorrise e i suoi denti aguzzi e pericolosi mi piacquero subito; era un
uomo-bestia.
“Cosa ci fai tu così?” mi chiese, il suo tono era beffardo e canzonatorio, ma con lui non mi sentivo timida.
“Aspetto la mia ora…” gli risposi semplicemente, in fondo era la verità, cantavo aspettando la morte.
“Hai una voce potente, umana, e delle orecchie strane!” si
era avvicinato a me, senza che me ne accorgessi e mi stava scostando i
capelli, ma sentii avvampare e non risposi.
“Sei coraggiosa piccola umana, puoi dirmi quello che desideri e
io lo farò…” Non diceva sul serio, solo in
seguito compresi che il suo desideri stava per “scegli se morire
subito oppure aspettare e vedere tutti i tuoi amici morire prima di
te”, ma io non lo capii allora, lui si aspettava una richiesta
semplice: uccidimi subito.
Il problema è che io non sono e non ero una ragazza semplice.
Lo guardai per un attimo “Io desidero quello che desideri
tu.”; era evidentemente stupito dalla mia risposta, però
non si fece prendere contropiede e scoppiò in una risata
malvagia.
“Allora guarda!” mi indicò la stage che stavano
compiendo i suoi alleati. “Ti piace? Stanno morendo tutti, unno
dopo l’altro, soffrendo.”
Osservai la scena, ma ero distratta, lui aveva appoggiato la sua mano
sulla mia spalla e ci aveva ficcato dentro gli artigli, il sangue
sgorgava, ma non mi faceva male, si accorse che non stavo guardando
giù, ma che stavo guardando lui, allora con la mano libera mi
ruotò il viso.
“Ti piace quel che vedi, stupido umano?” si era arrabbiato.
“Si”, questa volta la mia risposta lo spiazzò.
Era evidentemente irritato.
“sai perché siamo venuti qui? No? Qualcuno ci ha chiamati,
abbiamo sentito come un richiamo e, puf, eccoci qua!”
Un sorriso enorme si stampò sul mio viso, loro erano venuti davvero per esaudire il mio desiderio.
Se spazientì visibilmente, gli davo sui nervi, infatti mi
graffiò, anzi mi squarciò il petto con una manata, ma il
mio sorriso non svanì, non potevo smettere di sorridere, non
potevo odiarlo, era la cosa più bella che avessi incontrato
nella mia vita.
Però iniziavo a sentirmi strana, stava uscendo troppo sangue dalla mia ferita.
Sentivo che stavo per svenire, prima di farlo riuscii a biascicare una domanda “Tu chi sei?”.
“Vuoi sapere il mio nome?” disse “Per mandarmi all’inferno? Bè, di loro che io sono Viral!”
Il suo sorriso fu l’ultima cosa che vidi prima di svenire.
Mi risvegliai che era già buio, per chissà quale miracolo non ero morta, mi alzai e camminai verso la superficie.
A quel tempo avevo undici anni, ora ne ho diciassette, in questi
sei anni no ho passate tante, un giorno incontrai Yoko e i suoi amici;
non ero in ottime condizioni e mi chiesero che cosa mi era successo.
“I ganmen hanno distrutto il mio villaggio…” non
dissi altro e loro lo presero come un “io odio i ganmen, vorrei
uccidere tutti gli uomini-bestia!” e mi presero con loro.
Io, sinceramente, non sono interessata ai loro ideali, anzi, sono
innamorata di uno dei nemici, ma qui ho un posto dove dormire e ho cibo
quasi gratis.
Comunque, io sono la ragazza addetta alla guardia; io li sento prima
che arrivino, mi spiace quasi avvertirli, vorrei non farlo, ma è
più forte di me, devo cantare.
Sono arrivati, io sto cantando, li guardo combattere, schivo dei
proiettili, solo l’unica che rimane allo scoperto durante i
combattimenti, gli altri pensano che sia matta e che non mi interessi
vivere, ,a si sbagliano, io voglio vivere, voglio vivere per poterlo
vedere ancora.
La situazione peggiora, è tutto a vantaggio di Yoko e i suoi di amichetti.
Io guardo il suo ganmen e spero che non gli succede nulla di male, sono
distratta e non sento qualcosa che mi si avvicina, mi colpisce, sento
la testa che gira, mi tocco: esce sangue.
Qualcosa mi ha preso, cerco di divincolarmi, l’unica cosa che ottengo è un altro colpo in testa.
Urlano qualcosa, forse che hanno un ostaggio, e quell’ostaggio sono io.
Vengo in messa in mano a qualcun altro, apro gli occhi, vedo sfocato, ma sono sicura che è lui: Viral.
Sta parlando con gli altri, esce dal ganmen e viene sulla mano, vicino a me, ha gli artigli pronti a scattare.
Io non mi sento molto bene; provo ad alzarmi, ma perdo
l’equilibrio, Viral mi afferra, probabilmente pensando che
volessi scappare, cosa che a me non è neanche passata per
l’anticamera del cervello; mi straccia la spalla della maglietta,
lasciando scoperte le cicatrici lasciate dalle sue unghie anni fa.
Le guarda incuriosito, spero che si ricordi di me, ma non lo fa, parla con gli altri, probabilmente sta negoziando.
Mi sta tenendo per il braccio e io pendo inerme, se mi lasciasse cadrei
rovinosamente, cerco di alzarmi, o comunque di reggermi sulle mie
gambe, ma non ci riesco e mi appoggio a lui, il contatto con il suo
corpo mi provoca un fremito per tutta me stessa, potrei stare
così per sempre, lui invece è contrariato e mi ferisce
ulteriormente, non vedo più bene, sento che il ragazzo di Yoko
urla contro Viral, vorrei dirgli di non sgridarlo, che per me va bene,
ma non riesco subito a parlare, e oramai è tardi, però
c’è un momento di silenzio, faccio un bel respiro e mi
rialzo, non so come faccio a stare in piedi.
Sento Viral che parla “Desiderate che la uccida?”, vuole
uccidermi, ecco, mi avvicino a lui e mi strofino gli occhi, vedo male,
ma ci vedo, lui non sembra allarmato, non rappresento una minaccia.
Mi appoggio alla sua spalla e, incredibile, mi sostiene, avvicino la
mia bocca al suo orecchio e bisbiglio una cosa che possiamo sentire
solo noi due, che possiamo capire solo noi due; se non la capisce ho
già deciso che la farò finita.
“Io desidero quello che desideri tu.” Sento il suo corpo irrigidirsi.
Un movimento veloce e rapido, la sua mano sta toccando la mie cicatrici.
Io sto perdendo le forze, mi sento mancare.
“Mi ricordo di te!” dice, e io mi sento felice, sto per morire, ma sono felice, lui si ricorda di me!”
Sorrido e piango insieme, pensavo che non avrei più pianto in vita mia.
“Pensavo fossi morta, invece hai la pellaccia dura!” ride,
già scoppia a ridere, oramai è lui che mi tiene su, le
mie gambe non mi reggono più.
Respiro a fatica, sento il sangue che continua a uscire.
“Sto per morire…” gli dico, probabilmente a lui non interessa; invece si gira e mi guarda.
“Stupida umana, non puoi morire!” mi urla contro.
“Scusa, non lo faccio apposta…” gli dico, non lo dico sarcasticamente, dico sul serio.
Sento che sospira, mi scosta i capelli e mi tocca l’orecchio, ci
gioca un po’, lui non sa quanto mi sta rendendo felice, chiudo
gli occhi, ho bisogno di riposarli, e lo abbraccio; all’inizio
non si muove, poi mi sposta, sento che mi tocca le ferite, cerca di
tamponarle con le mani.
“Si.” Dico, non so perché.
“Si cosa?” mi chiede lui.
“Si, mi piace quello che vedo” ribatto io, ho detto si
perché io l’ho sentito, ho sentito la sua voce di anni
addietro che mi chiedeva se mi piaceva quello che vedevo, e gli ho
risposto.
Non capisco se mi risponde o no, però ora mi stringe con più forza.
E io canto, o almeno ci provo, canto qualche nota.
Lui, lo sento, è sorpreso “Canta ancora.” Mi dice, e
io lo faccio, farei tutto per lui, e canto, faccio quel che posso.
“Sei tu, sei tu il richiamo che sentiamo tutte le volte, tu
non… ma non è possibile, tu non se un’umana!”
me lo grida, quasi fosse la cosa più bella del mondo,e lo
sarebbe, se non stessi per lasciare questo mondo, ora non me ne frega
niente, voglio sono morire tra le sue braccia.
“Apri gli occhi, guardami!” io obbedisco, ci vedo meglio ora che ho riposato gli occhi.
“Non morire, non puoi farlo, sei il mio ostaggio!” mi scuote un po’, così facendo mi fa sputare sangue.
“Sai Viral” gli dico con la voce impastata “Tutto
quello che ho fatto l’ho fatto per te….” Mi manca il
fiato, sputo altro sangue, mi chiedo se me ne sia rimasto un po’
dentro il corpo.
Lo guardo in faccia per l’ultima volta “Mi piace molto,
sai?” la mia voce suona roca e bagnata, come se parlassi con
dell’acqua in gola, solo che non è acqua, è sangue.
Lui mi sta guardando negli occhi, mi sembra che stia piangendo, ma
forse è solo una mia impressione, un mio desiderio, il mio
ultimo desiderio, la vista mi si annebbia completamente, però
sorrido, lui è qui con me, respirare è faticoso, non
riesco più a farlo, mi sento male sento che…
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