Nel declinare ancora
crescerai,
in chi è tuo: da
quanto abbandoni:
quel che è giovane
investi, il fresco sangue,
tuo puoi chiamarlo al mutare
dei giorni.
Andromeda Black
camminava pigramente per i viali alberati del giardino di casa sua,
godendosi il sole primaverile. I lunghi capelli castani, per una volta,
erano lasciati sciolti, e morbide onde le ricadevano sulle spalle,
accarezzandole il corpo. Il viso era alzato, come per godere al meglio
dei raggi del sole, per colorare la pelle sempre così chiara.
Era serena, quel
giorno, era completamente serena, cosa abbastanza rara, per lo meno
quando si trovava a casa sua. Normalmente, la propria casa dovrebbe
significare un rifugio, felicità, calore familiare. Per lei,
però, non era niente di tutto questo. Per lei, casa
equivaleva a doveri, menzogne, apparire in un certo modo. E dopo
diciassette anni, era stanca di tutto ciò. Ad Hogwarts,
invece, le cose erano diverse, soprattutto ora che Bellatrix non
frequentava più la casa di stregoneria e magia
più famosa del Regno Unito. Lì poteva passare
inosservata, anche agli occhi di Narcissa, nell'ultimo periodo sempre
così svagata. E ad Hogwarts, c'era lui. Aveva paura
anche a pronunciarne il nome, ma quando lo faceva, sussurrandolo tra
sè e sè, un brivido di gioia segreta mista
trasgressione le attraversava la schiena. Ted Tonks. Un Nato
Babbano, un Sanguesporco, una persona impura e indegna di lei.
Così lo aveva ritenuto a lungo, ma poi si era dovuta
ricredere, perchè se c'era qualcuno di indegno, quello era
lei, e la sua famiglia. Altro che toujour
pur! Puri nel sangue, forse, ma non certo nell'animo: i
suoi parenti si erano macchiati di così tanto sangue
innocente! Senza contare quella stupida causa del Signore Oscuro, in
cui tutti sembravano credere così tanto. Rimpiangeva di aver
pensato anche lei di essere superiore ad altre persone solo per il suo
sangue, solo perchè era una Black. Ma era da tempo, ormai,
che non riusciva più a considerarsi tale.
Poco dopo, decise di
rientrare, siccome si avvicinava l'ora di pranzo.
«Santo
Cielo, Andromeda, levati immediatamente quel... coso di
dosso!»
L'antipatica voce di
sua madre la fece voltare, e rimase a fissarla per qualche secondo,
apaticamente. «Intendi il mio vestito, madre?»
domandò, osservando l'abito che indossava: semplice, giallo
chiaro, con un merletto come orlo, bianco.
«E' orrendo!
Ti renderai conto di non poterlo indossare, spero»
continuò la donna, squadrandola con disappunto. Una risata
crudele le raggiunse le orecchie, ma Andromeda non perse neanche tempo
a vedere chi fosse: lo sapeva già. Bellatrix le
passò accanto, mangiando una mela. Nel suo abito bordeaux
scuro, e con i capelli raccolti in un severo chignon, stava benissimo,
sembrava persino meno pazza del solito. «Madre, Andromeda non
si rende conto di niente più, non te ne sei
accorta?» sogghignò, prendendola in giro.
Sua madre
liquidò entrambe con un gesto seccato. «Oh, non mi
interessa. Vedi solo di indossare qualcosa di più decente
per l'arrivo dei tuoi zii e dei tuoi cugini»
A quelle parole,
Bellatrix fece una smorfia. «Viene anche quell'idiota di
Sirius?»
«Non parlare
così di tuo cugino, Bella» la riprese Druella, con
tono sussiegoso.
«Perchè?
E' vero. Sirius è uno spostato!»
Andromeda si morse la
lingua, trattenendosi dal farle notare che l'unica spostata era lei.
Sua sorella era così cambiata, dopo la fine della scuola.
Era sempre stata particolarmente sarcastica e acida, ma mai proprio
cattiva. D'altronde, neanche ora era cattiva: ora, era semplicemente
malvagia. Si era unita al Signore Oscuro, e la cosa doveva averle dato
parecchio alla testa. Eppure, Andromeda le voleva bene,
perchè era pur sempre sua sorella. Ricordava di come erano
state unite, le tre graziose sorelle Black, ammirate da tutti. Ma ora,
sembrava non esserci più traccia della spensieratezza
dell'infanzia, in Bella.
«Vado a
cambiarmi» annunciò in tono piatto, decisa a
lasciare quella stanza.
Salì le
scale con calma, per poi trovarsi di fronte alla porta della propria
camera, che aprì sospirando. All'interno, trovò
sua sorella Narcissa seduta sul letto, con un'espressione indecifrabile
in faccia. Indossava un vestito azzurro chiaro, il suo colore
preferito, che le faceva risaltare gli occhi, i capelli biondissimi
erano raccolti in una treccia alla francese, perfettamente acconciati.
Come sempre, era stupenda.
Però, quel
giorno, Andromeda non badò a quello, ma piuttosto a quello
che l'altra teneva in mano. Un pacco di lettere, che riconobbe
immediatamente. Erano di Ted. La ragazza non disse niente, rimanendo in
silenzio a fissare la sorella, aspettando. Anche Narcissa rimase zitta
per un po', abbassando gli occhi. Quando tornò ad incrociare
le iridi castane di Andromeda, quest'ultima notò che erano
pieni di lacrime.
«Come hai
potuto?» mormorò la bionda, con voce rotta.
«Non l'ho
fatto apposta» rispose l'altra, mettendosi sulla difensiva.
«Lo voglio
ben sperare! E' un mezzosangue, Andromeda, un mezzosangue!»
esclamò Narcissa, lo sdegno percepibile ad ogni parola.
Andromeda rise, amaramente, vedendo sua sorella trasformarsi in
Bellatrix ogni giorno di più.
«So
benissimo cos'è, Cissy»
«Perchè
lui?»
«Io lo
amo»
Per Narcissa fu come
ricevere uno schiaffo in faccia. «Non puoi dire sul
serio»
«Hai frugato
nel mio armadio» sottolineò Andromeda, pensandoci.
«Come ti sei permessa?»
«Cercavo il
tuo nastro blu. Non pensavo avessi qualcosa da nascondermi, non ci sono
mai stati segreti tra noi. Non sospettavo neanche avessi un
doppiofondo!»
«Ah no?
Allora perchè non mi hai detto di essere
innamorata?»
La bionda
arrossì sotto lo sguardo della maggiore. «Non sono
innamorata»
«Lo sei,
Cissy, te lo vedo scritto in faccia. E poi, di Lucius Malfoy!»
«Cos'hai
contro di lui? E' un rispettabilissimo purosangue!»
«E' un
pazzo!» urlò Andromeda, in preda all'ira.
«Sempre
meglio di Theodore Tonks!»
«Diventerai
come loro, come tutti loro» osservò la castana,
come se lo stesse realizzando per la prima volta, abbassando la voce.
«Come Bella, come Malfoy... pazzi. Tutti pazzi. Tutti votati
a una causa ancora più pazza di loro!»
«Non osare
parlare male del Signore Oscuro!»
Andromeda sorrise
amaramente, scuotendo la testa «Pensavo che tu fossi diversa.
Pensavo che sotto il tuo bel faccino ci fosse qualcosa»
«Dimmi che
è uno scherzo, Dromeda... dimmi che non è
vero» piagnucolò Narcissa, lasciando da parte la
sua posa gelida e altezzosa che aveva di solito.
«Io lo
amo» ripetè Andromeda.
«Non ti
lascerò buttare al vento l'onore della nostra
famiglia!»
L'altra la
guardò, impassibile e fredda come solo una Black, infondo,
poteva essere.
«Tu non
farai niente, tu non mi tradirai»
«E cosa te
lo fa credere?»
«Mi vuoi
bene» ribattè la castana, semplicemente, guardando
Narcissa negli occhi. Una sola lacrima solcò la guancia di
sua sorella, silenziosamente. «Cissy...» aggiunse,
sussurrando, guardando quella che era stata la sua sorella preferita,
la sua migliore amica «Non deve andare per forza
così» continuò, avvicinandosi a lei,
come per abbracciarla.
L'altra,
però, si scostò, ancora scioccata.
«Devo andare a prepararmi» mormorò,
sparendo.
Esattamente un anno
dopo, Narcissa Black sedeva sul letto che era stato di sua sorella.
Nella sua mente, le immagini di ciò che era successo
trecentosessantacinque giorni prima le attraversavano la mente. Dopo
soli due mesi alla discussione tra loro, Andromeda era fuggita, con
Tonks. Non aveva più avuto notizie da lei, solo una lettera
che ne confermava la sparizione. Invano, i suoi genitori avevano
tentato di cercarla, di contattarla, promettendo di nascondere il suo
disonore agli occhi degli altri: Andromeda non si era fatta trovare.
Guardava le pareti
della camera di quella che non doveva neanche considerare sua sorella,
bianchi, con qualche foto appesa quà e là. Presa
da un impeto improvviso, Cissy spalancò il grosso armadio in
noce, aprendo il doppio fondo in cui un anno prima aveva trovato quelle
lettere incriminatorie. Un foglio bianco risaltava sul marrone del
legno, sul quale c'era scritto il suo nome, nell'ordinata calligrafia
di Andromeda. Con un involontario tuffo al cuore, Narcissa si
affrettò ad aprirlo. "Non
so se leggerai mai queste parole, Cissy, forse deciderai di bruciare
questa lettera appena noterai che l'ho scritta io, o forse non la
troverai mai. Però, volevo dirti che nel mio cuore ci
sarà sempre posto per te, e anche a casa mia. Se un giorno
cercherai rifugio per te, per qualcuno a cui vuoi bene... pensa a me.
Quando eravamo piccole, te lo promisi: per sempre. Ti voglio bene,
Cissy. Tua sorella Andromeda". Una lacrima
bagnò la lettera, mentre Narcissa pensava a quella sorella
che tanto aveva amato e che, in cuor suo, avrebbe continuato ad amare.
Le aveva lasciato il suo nuovo indirizzo, ben sapendo che avrebbe
potuto consegnarla ai loro genitori in un baleno. E non solo a loro.
In quel momento, la
porta della stanza venne spalancata, e Bellatrix entrò,
storcendo il naso alla vista di sua sorella minore inginocchiata per
terra.
«Che ci fai
quì?» domandò, assottigliando gli occhi.
«Cercavo...
il nastro blu»
Bellatrix rimase a
guardarla, come per assicurarsi che stesse dicendo la
verità, e Narcissa rimase impassibile, sostenendo il suo
sguardo. «Sei migliorata in Occlumanzia» disse la
maggiore. L'altra sorrise, piatta.
Nuovamente, Narcissa
Black non fece la spia. Nuovamente, non tradì sua sorella.
Tea Corner: la citazione iniziale
è presa dall'undicesimo sonetto di Shakespeare. Questa one
shot è stata scritta per l'iniziativa 2O1O: One Year Together del CoS -
Collection of Starlight, con il prompt #177 I Segreti di Mia Sorella nel Doppio Fondo dell'Armadio. Inutile dire che l'ho trovato
praticamente perfetto per Andromeda e Narcissa, che io credo siano
state molto unite, in giovinezza. Voglio dedicarla a quella che
è un po' la mia sorella maggiore, così come io
sono la sua copia piccola: Silvia.
Ti voglio bene, sul serio <3
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