PRIMAVERA
Primavera.
Immagino già il luccicare dei raggi solari tra le fronde degli alberi,
come un dolce richiamo che mi conduca su un sentiero di luce, lì
dov’essa manca.
La mia anima è un labirinto intricato. Più ti addenti tra i suoi
corridoi di pietra, più muri trovi a sbarrarti la via. Su quelle pareti
,fatte di enormi blocchi di granito, scorgo sempre delle incisioni in
una lingua che non conosco, eppure che riesco a leggere. Sono disegni
stilizzati che insieme formano parole, frasi, discorsi, parte di un
linguaggio antico quanto le Piramidi. Narrano una storia che io non
ricordo, ma so appartenermi.
Certe volte i disegni digradano in una scrittura più semplice,
frettolosa, nervosa e sbavata, in rosso. Sangue. Frasi scritte col
sangue e che trasudano angoscia, la mia.
Sono stato io, allora, ad istoriare le pareti della mia memoria con
quelle scritte in un tempo che ormai è perduto nel vortice dell’oblio?
Ma c’è la primavera. La sento venirmi incontro con le sue dita
delicate, la sento sul viso.
Avverto l’eco dei miei passi solitari rimbalzare sui muri, sulle scale
di cui persino il soffitto è tappezzato. Sfioro con le dita le porte
che si aprono su anfratti della mia mente che nemmeno io sondo più.
So che molte stanze nascondono trappole; altre sono desolatamente buie;
altre paiono apparentemente vuote; altre ancora sono inaccessibili,
sigillate come se non fosse ancora giunto il tempo perché svelino i
loro segreti; altre contengono ombre prive di volto, sorde e mute o
mostri pronti a dilaniarti.
Ci soni stanze che contengono i ricordi frammentari di quando sono
tornato alla vita, nel momento in cui il Puzzle venne ricomposto. Sono
ricordi che non amo, sono i miei primi passi nel mondo moderno e che io
ho mosso con ferocia, crudeltà, senza sapere chi fossi. Usavo il gioco
per rapire le anime dei miei avversari e intrappolarle. Ed è in quelle
stanze che campeggia una scritta in vernice cremisi che cola ancora: “Facciamo un gioco? Le Tenebre
vogliono il loro tributo. Questo è il Gioco delle Ombre”.
In tutte quelle camere, comunque, non mi avventuro mai troppo spesso,
le ho esplorate interamente nel tentativo di ricordare, di trovare un
ordine nel caos.
Nulla. Non è servito a nulla.
Ma ce n’è una che è divenuta ormai la mia preferita. Passo intere ore a
contemplare lo spettacolo che mi offre quella stanzetta col sorriso
sulle labbra.
Lì dentro è sempre, eternamente primavera. Lì dentro, io trovo l’ordine
nell’entropia della mia memoria. Lì dentro, io trovo la pace.
Non esistono ombre, né macchie, nemmeno la più piccola impurità; tutta
la stanza è soffusa di luce: c’è solo il sole caldo, il vento leggero
che trasporta i petali di fior di ciliegio e, soprattutto, ci sono i
sorrisi, le risate dei miei amici.
E’ la festa dei ciliegi e io sono accanto a Yugi, Anzu, Honda e
Jonouchi, stiamo seduti sul prato a fare il nostro pic-nic.
E’ il mio ricordo più bello, il mio primo ricordo felice dopo secoli di
sonno nell’oscurità.
E’ il momento in cui ho riso e gioito per la prima volta mentre
guardavo il mio alter ego, Yugi, col muso sporco di cioccolato.
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Note dell’autrice:
la storia partecipa alla “Caccia alle Uova” di Fanworld.it. Uovo numero
sei; prompt: “scrivere una storia che abbia come parola iniziale
primavera, e finale cioccolato.”
Uhm, questa è la terza storia che scrivo in prima persona per la
“Caccia”. Forse ci sto prendendo la mano? XD E’ una storia su Yu-gi-oh!
e l’ispirazione mi è venuta leggendo il numero quaranta del manga. u.u
Comunque sia, la voce narrante è quella di Yami Yugi, se non si fosse
capito.
Il motivo portante del racconto è la memoria perduta del protagonista
racchiusa nel Puzzle del Millenio e divisa in miriadi di stanze. Ho
voluto porre l’accento su quanto sia stata importante l’amicizia tra
Yami e il suo alter ego nel renderlo il personaggio che poi tutti noi
conosciamo dedico alla giustizia e all’amicizia, un vero Faraone.
Spero di essere riuscita ad “entrare nella mente” di Yami Yugi,
offrendovi uno spaccato della sua personalità interessante.
Melian
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