Attimi*
Guardo fuori dal finestrino perfettamente calma, mentre il vento mi
accarezza il viso come a volermi dire addio. Intorno a me
c’è il caos, una massa indistinta di cose e
persone che si confondono fra loro urlando e stridendo in preda al
panico e al dolore. Io sono calma e sorrido.
Volto il viso e, il
più vicino a me, è un prete che, con il
crocifisso che oscilla fra le sue mani strette convulsamente, mormora
una preghiera al Signore.
-Amore?-
Mi giro, mentre i
capelli mi svolazzano intorno al volto come fossero vivi. Andrea mi
fissa allegro, un sorriso tanto largo che sembra illuminargli il volto
come un piccolo sole.
-Si?- chiedo
-Ti va di sposarmi?-
Il mio cuore manca un
battito, mentre gli occhi si spalancano sorpresi e la bocca si apre in
un ovale perfetto.
-Tu..vuoi..eh?- balbetto
Lui ride, con quella
risata cristallina e sincera che smuove qualcosa dentro e spinge a
ridere anche te, irrazionalmente e follemente, per poi lasciarti come
uno stupida a chiederti perché l’hai fatto.
Mi rilasso sul
sediolino, guardandomi intorno incuriosita come una bambina al centro
di uno zoo colmo di animali che non ha mai visto. Poco più
avanti, almeno un paio di posti, siede un barbone che guarda fisso nel
vuoto con occhi spenti ed inespressivi, mentre una bambina piccola, al
suo fianco, gli si stringe al fianco nascondendo il visino sotto il suo
braccio destro, come a volersi proteggere.
-Chi è quello,
mamma?- chiedo, con tutta l’innocenza di una bambina di otto
anni
Mia madre segue il mio
sguardo, con un piccolo movimento che le fa scuotere il caschetto di
capelli ramati, donandole per un attimo una parvenza di giovinezza che
ormai appartiene ad un passato irraggiungibile.
Steso su di una panchina
c’è un uomo avvolto in uno sporco e logoro
cappotto beige, che si stringe addosso come fosse il suo unico amico in
quella fredda e nevosa serata di Dicembre.
L’espressione
di mia madre si tinge di pietà e compassione, mentre mi
afferra la mano piccola e avvolta in un guanto rosa, preferendo
accelerare il passo piuttosto che spiegarmi che quello è un
uomo che ha perso la propria strada.
Dietro di loro un uomo
panciuto guarda il cielo sopra di noi con sguardo privo di rimpianti o
tristezza, anzi, con un piccolo sorriso che si solca le labbra. Si
passa una mano sulla testa afflitta da una calvizie incipiente,
alzandosi leggermente per riuscire a sfilare senza troppi problemi un
portafogli dalla tasca posteriore dei suoi jeans scoloriti che vogliono
in tutti i modi imitare la moda giovanile. Li apre
lentamente, come se assaporasse ogni attimo come si deve, sfilando da
una piccola tasca, posta sotto a quelle adibite alle carte di credito,
una piccola foto sbiadita raffigurante una donna bionda che abbraccia
con un sorriso un bambino dai riccioli scuri tutte mosse e fossette. La
guarda a lungo, sfiorando i lineamenti dei due con il pollice.
Alzo il capo, fissando mio padre
che, dopo aver scoccato un bacio a schiocco alla moglie, corre verso la
porta di casa tutto imbardato in uno smoking che lo fa sembrare un
pinguino. Lo chiamo, alzandomi da tavola e rovesciando la ciotola di
latte, provocando in mia madre un moto d’orrore per quel lago
di cioccolato che si allarga pigramente sulla tovaglia a fiori.
Mio padre si ferma, ma
dice che ha fretta e deve correre se non vuole arrivare in ritardo alla
conferenza. Eppure ho un bisogno impellente di abbracciarlo, di sentire
sotto di me il profumo rassicurante del suo dopobarba Gillette e della
sua voce che mi fa ridere con le sue imitazioni dei personaggi dei
cartoni.
-Non mi dimenticherai,
vero?- chiedo, soffocando il pianto nella sua giacca nera
Lui mi accarezza
dolcemente la schiena e si china per essere alla mia stessa altezza.
Partirà, lo farà comunque, però dovevo
chiederglielo. Papà prende una cosa dal taschino interno e
ci depone un bacio,prima di mostrarmela. Siamo noi! Io lui e la mamma
al luna park.
-Non ti dimenticherei
mai. Ma per qualsiasi cosa, c’è questa-
Sento delle voci che
parlano civilmente e mi giro per vedere a chi appartengono. Una signora
anziana, vestita di un bizzarro completo da hostess rosa che le sta
eccessivamente stretto, chiede ad un altro passeggero se le
può fare posto accanto a lui. Stringe con la mano destra il
manico di un carrello stracolmo di dolci e caramelle di tutti i tipi,
che luccicano alla luce del sole che filtra dall’enorme buco
nel “tetto”. Il signore le fa gentilmente posto,
rispondendole con una sicurezza che le sue mani tremanti non hanno. La
signora si siede lentamente, senza fretta né panico,
continuando a stringere il carrello dei dolci come fosse una culla
contente un bambino.
-Guarda, dolci!-
-E’ inutile,
non mi convinci-
-Dai nonna!- saltello,
ballandole intorno
Lei continua a ripetermi
che è irremovibile, ma vedo dalla sua espressione che si sta
forzando di non accontentarmi con una carezza sulla testa.
-Giuro che non ti
chiederò mai più i giocattoli! Mai
più- prometto, fissandola con occhi scintillanti
Lei fa
l’errore di ricambiare il mio sguardo, intenerendosi e
sbuffando di falsa esasperazione. Il suo volto è gentile e
buono, addolcito ancora di più dal sorriso che serba per la
sua unica nipote di sei anni. Con un piccolo movimento della mano mi
porge una moneta dorata che prendo come fosse un cimelio prezioso.
-Forza, prendiamo questi
dolci-
Dalla piccola porta in
fondo che conduce ai bagni maschili spunta un uomo pallido che si tiene
lo stomaco con la mano sinistra, mentre nell’altra stringe
una piccola valigetta nera. Avanza per il piccolo corridoi barcollando
a causa della forte turbolenza, e riesce quasi ad arrivare al suo posto
quando, proprio all’ultimo, una donna gli sbatte contro,
facendogli mollare la presa sulla valigetta che, aprendosi, sparge per
aria migliaia di fogli che saettano nell’aria come tante
piccole rondini impazzite. I fogli ricadono su di noi lentamente,
girando su se stessi e tracciando cerchi sempre più piccoli
fino a sfiorare il pavimento.
Corro, con mille borse fra le
mani e l’orologio che sembra rinfacciarmi continuamente che
sono di una ventina di minuti in ritardo per la mia lezione
all’università. Il cielo sopra di me è
nuvoloso e il vento certo non mi aiuta, mandandomi i capelli davanti
agli occhi da bravo antipatico. E’ proprio in uno di quei
movimenti che, impegnata a liberarmi la visuale, sbatto contro
qualcuno. Una volta finalmente libera incrocio due occhi verdi che
sembrano perforarmi solo con lo sguardo, e allora che capisco che, in
realtà, il vento mi stava solo facendo un favore.
Abbasso la testa,
prendendo fra le dita il piccolo ciondolo a forma di luna che mi pende
al collo da ormai dieci anni e mezzo. Lo sfioro con delicatezza,
ammirandone i piccoli graffi che lo ricoprono, segno degli anni che
passano. Chiudo gli occhi, stringendo la luna nel pugno tanto forte da
sentirmi mordere la pelle dai suoi bordi affilati. Il buio
immediatamente si tinge di tanti colori diversi, di batuffoli verdi, di
cerchi gialli e arancioni, di immagini e ricordi. Piego lenta la testa
verso sinistra, come per sentire meglio il rombo del motore
dell’aereo che brucia, il sibilo dell’ala spezzata,
lo sbattere dei sediolini che tremano per la spinta del vento.
-Chiamami quando arrivi-
L’aereo
accelera, saettando nell’aria e iniziando a girare su se
stesso tant’è la spinta. Veniamo schiacciati
all’indietro a causa della gravità. Cerco di
respirare, continuando a stringere la catenina.
-Sai come sono in ansia quando
prendi l’aereo. Cerca di avvisarci al più presto o
è capace che a tuo padre viene un infarto-
Il pilota piange,
piange, urlando le sue scuse al cielo.
-Quando tornerai io
sarò qui ad aspettarti e finalmente potremo sposarci-
Il mare si avvicina
pericolosamente, le stesse nuvole sembrano spostarsi al nostro
passaggio mentre gli uccelli stridono indignati.
La pressione
è ormai troppo forte, tra poco non sarò
più capace di pensare razionalmente. Stringendo i denti,
oltre il buio della mia mente, delle mie palpebre serrate, si dipingono
i volti dei miei genitori, di mia nonna e del mio futuro marito.
-Vi voglio bene- urlo,
con quanto fiato mi rimane
-Ti vogliamo bene, piccola mia,
ricordalo sempre-
-Ti voglio bene,
nipotina-
-Ti amo-
Buio.
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