Desclaimer:
tutti i personaggi appartengono a J. K. Rowling e con questa storia non
guadagno nulla.
Sfide
– 5
Aprile
Un giorno qualunque di un aprile troppo piovoso anche per il Quidditch;
un pigro pomeriggio, l’ennesimo di quel sesto anno passato a
fissare le fiamme, alla disperata ricerca di qualcosa da fare
– che non fosse studiare, ovviamente. Puro e semplice relax,
per qualcuno: tranquillità. Per James Sirius Potter, invece,
nient’altro che noia.
Il sopracitato sbuffò, girandosi di schiena e cambiando
posizione su quel divano talmente sfondato che pareva essere originario
dei tempi dei suoi genitori a Hogwarts. Borbottò qualcosa di
poco comprensibile e riprese a guardare fuori dalla finestra,
giocherellando con i capelli e battendo a ritmo il piede sul bracciolo
del divano, impaziente.
Che. Assurda. Noia.
Lui odiava la tranquillità, al contrario di suo fratello,
Albus Severus. Ma quel poveraccio non faceva testo, visto che era stato
costretto già dalla nascita a scegliere se sopravvivere a un
nome tale ribellandosi al mondo che lo aveva colpito con una simile
ingiustizia – James si chiedeva ancora cosa i suoi genitori
avessero bevuto, quel giorno -, o armarsi di santa pazienza ed essere
pacifico, seguendo la massima “vivi e lascia
vivere”. Ad Albus bastavano un bicchiere di Burrobirra e un
avversario dall’altra parte della scacchiera per stare sereno
per un intero pomeriggio. Se poi, come succedeva la maggior parte delle
volte, lo sfidante era Scorpius Malfoy, che ravvivava
l’atmosfera con le sue battute sagaci e le frecciatine
ironiche a Rose, poteva dichiararsi del tutto soddisfatto.
Nonostante ciò, suo fratello maggiore credeva che Al non
gliela raccontasse tutta, a proposito di quegli anni di migliore
amicizia con Scorpius e Rose. Era, infatti, stato notato dalla maggior
parte della famiglia Weasley come Al avesse acquisito una vena di
isteria latente in procinto di scoppiare senza preavviso, a dispetto
della sua indole calma, dalla fine del primo anno a Hogwarts.
Quando nonna Molly glielo aveva sottolineato, dopo che Albus aveva
lanciato, con espressione sadica in viso e respiro affannoso,
un pezzo – grosso
– di torta al rabarbaro a Dominique, per zittire
quell’incessante risolino da pettegolezzo – pane,
per i denti della cugina -, che aveva accompagnato tutta la cena di
Natale, sua madre aveva liquidato la faccenda: era colpa degli ormoni.
Tutti gli adolescenti soffrivano di sbalzi di umore, aveva commentato,
aggiungendo poi che suo padre era uguale, ai tempi della scuola, sempre
vicino a zio Ron e zia Hermione che battibeccavano già
allora. Tutti si erano convinti, tranne James.
Era stata propria quest'affermazione a far scattare la lampadina nella
testa di James: era da quel malaugurato giorno del primo anno, quello
in cui aveva deciso di offrire a Scorpius Malfoy un posto accanto a
sé e a sua cugina in biblioteca, che Albus aveva preso
l’inquietante abitudine di respirare spesso profondamente,
come per trattenersi; e pensare che, a suo tempo, quel ragazzo era
stato la persona più paziente della Terra, e senza neanche
sforzarsi.
Da quel giorno, quando Al era sul limite della sopportazione, la vena
sulla sua tempia cominciava a gonfiarsi in modo sinistro; da allora,
era diventato insofferente alle coppie secondo le quali:
“L’amore non è bello se non
litigarello.” James ne era sicuro: era colpa di Malfoy e
Rose. Quei due, talmente impegnati a lanciarsi frecciatine a vicenda, a
ripetere quanto si stessero antipatici – lo facevano di
continuo! – e a sfidarsi per avere sempre l’ultima
parola, avrebbero mandato fuori dai gangheri persino un santo come,
appunto, era Al. Eppure, nonostante fosse sfibrante per chiunque
– e, in fondo, anche per lui - vivere in compagnia di quei
due, la definizione di pomeriggio perfetto per Albus comprendeva di
sicuro la loro presenza. James non l’avrebbe mai capito, suo
fratello; men che meno in quel momento, sapendo che stava ridacchiando
in Sala Grande, insieme alla coppia/non coppia Tu-mi-piaci-ma-non-lo-ammetterò-neppure-sotto-tortura-perché-devo-pur-tenere-alto-il-mio-orgoglio
più logorroica di tutta Hogwarts, e nonostante quella
disgrazia si stava divertendo. E la cosa paradossale era che nel
frattempo lui, croce e delizia di metà fauna femminile della
scuola, roba che se fosse stato un Babbano avrebbe fatto il modello,
era lì, stravaccato sul divano, senza uno straccio di
ragazza e neppure un amico con cui architettare scherzi al sempre
più vetusto Gazza – Jordan Junior era in punizione
-, in preda di un attacco di noia colossale che sembrava senza rimedio.
Aveva già provato infatti tutti i classici rimedi contro
l’indolenza: aveva distribuito Pasticche Vomitose falsate
– quelle senza parte viola anti-vomito che lo zio George gli
inviava, ogni volta che il pasticcere ne produceva di difettose
– ai primini; aveva incollato i capelli di Greta Finnigan con
la gomma da masticare Babbana – era peggio di qualsiasi
incantesimo o fattura, non si scollava neanche a trasfigurarla in crema
o a pregarla in ginocchio; e aveva persino già rivisitato
con Pix l’arredamento dell’aula
d’Incantesimi, ora più simile a un campo di
battaglia che ad una classe. Tutto questo prima che
l’orologio a pendolo della Sala Comune scoccasse le quattro:
gli restavano ancora tre, infinite ore da riempire.
Un’altra opzione che aveva provato a vagliare era quella di
dormire; ma l’ipotesi era troppo deprimente –
insomma, lui era James Sirius Potter, un nome, una garanzia: non
esisteva che si appisolasse come nonno Arthur davanti al fuoco
– e comunque, anche se avesse voluto, non vi sarebbe mai
riuscito. Causa: un continuo starnazzare di fondo, provocato da un
gruppetto di ragazzine del terzo anno che ridacchiavano – ne
era sicuro – in sua direzione.
James sbuffò di nuovo, scoccando un’occhiata
torva, ma anche un po’ compiaciuta, al capannello di
tredicenni dietro di lui; con sua enorme sorpresa, scoprì
che il fulcro della discussione non era il suo corpo statuario adagiato
su quel consunto divano, e neppure il modo sexy in cui la cravatta
allentata gli poggiava sulla clavicola lasciata nuda dalla camicia
sbottonata: era Lily e le sue guance arrossate.
Il cervello di James era, verissimo, pieno di segatura – e
nella stessa misura vuoto di nozioni scolastiche -, ma di sicuro non
lento di comprendonio; per di più conosceva bene sua sorella
ed era certo di una cosa: Lily Luna Potter non arrossiva mai.
O almeno, non con quell’espressione di pudore in viso: quando
era arrabbiata seriamente diventava bordeaux – a partire
dalle orecchie, proprio come zio Ron, commentava sua madre –,
ma quando si intimidiva non lo dava a vedere, mascherando
l’imbarazzo con una sicurezza che, spesso, non era sua.
Così, quando la vide circondata da un’orda
ululante di amiche e con le guance del tutto coordinate alla
tonalità dei capelli, capì che c’era
sotto qualcosa. E che lui doveva assolutamente
indagare.
******
I tre ragazzi Potter non si assomigliavano affatto tra di loro,
né come caratteri, né tantomeno fisicamente: la
reciproca parentela era infatti svelata soltanto da pochi, microscopici
particolari - lo stesso naso lungo dello zio Ron, la stessa manciata di
lentiggini sulle guance, la stessa fronte…. – e da
una comune risata vigorosa, ereditata dalla madre.
Piuttosto, appariva del tutto lapalissiana agli estranei
l’appartenenza dei due figli minori alla casata
Potter-Weasley: Albus non sarebbe mai stato riconosciuto per qualcun
altro se non per il figlio del Salvatore del Mondo Magico tanto era
simile a Harry; e la chioma di Lily, sebbene di una tonalità
di poco più scura rispetto alle zazzere del resto del
parentame, tradiva la sua parte Weasley. Non risultava invece immediato
associare James al resto della famiglia, con quei suoi capelli scuri -
disordinati, sì, ma più lunghi e curati di quelli
caratteristicamente Potter di Albus – e gli occhi nocciola
senza problemi di miopia. Eppure il legame di sangue con i fondatori de
‘Tiri Vispi Weasley’, il più grande
negozio di scherzi magici di tutti i tempi, era lampante, per chi li
conosceva bene: Jamie aveva il loro identico sguardo, sua madre lo
ripeteva spesso.
Era stato chiaro fin da subito, dalla più giovane
età, che James non aveva ereditato dagli zii Fred e George
solo il perenne luccichio malizioso negli occhi, ma anche la
predisposizione naturale ad architettare scherzi tra i più
fantasiosi e a violare le regole senza essere acciuffato – quasi
– mai. Gli episodi rivelatori di questa capacità
risalivano a millenni addietro.
Epica perché origine di tutto era stata la volta in cui lui,
un frugoletto di appena cinque anni dotato di ghigno assassino, aveva
fatto spuntare otto zampe pelose all’orsacchiotto di Albus
– il quale, da allora, aveva sviluppato un sacro terrore per
i ragni. Anche dopo molti anni, il maggiore dei Potter non capiva
perché nonna Molly fosse improvvisamente scoppiata in
lacrime e l’avesse abbracciato, quel giorno, ma lo ricordava
come uno dei momenti più felici della sua infanzia:
qualsiasi fosse il motivo, era scampato a una punizione esemplare e, al
suo posto, ricevuto un gigantesco Zuccotto di Zucca. Non era mai
più capitato che, per una marachella, fosse premiato.
Così nessuno dei suoi parenti, vicini e lontani, si
meravigliò quando, appena due ore dopo aver messo piede a
Hogwarts, fu subito messo in punizione dalla veneranda McGrannitt
perché aveva cercato di sgattaiolare fino alla Foresta
Proibita, con lo scopo di vedere i Lupi Mannari e cavalcare i Centauri:
Harry si era fatto una grassa risata quando il gufo della Preside era
arrivato a casa, comunicando che James avrebbe dovuto pulire le coppe
nella Sala dei Trofei ogni sera per due mesi.
Il giovane Potter ricordava quel primo periodo come il più
infernale della sua carriera scolastica, ma da quell’episodio
aveva solo imparato: allora, dopo cinque anni e mezzi trascorsi a
scuola, era un Malandrino di prima categoria che non temeva avversari.
Mrs Purr e Gazza, i due custodi, così vecchi da sembrare
mummie, gli facevano un baffo, da quando aveva scoperto i passaggi
segreti di Hogwarts, e girovagare di notte gli riusciva meglio che
giocare a Quidditch – e lui era un Cacciatore fenomenale.
James Sirius Potter si era spinto più in là di
nessun altro prima – era un testa a testa tra lui, i gemelli
Weasley e la cricca di James Potter Senior
cinquant’anni prima -, aveva violato quasi interamente il
regolamento di Hogwarts - compresa la fino ad allora sconosciuta norma
sugli “atti osceni all’interno
dell’edificio scolastico”. Era stato beccato
palpare piuttosto vigorosamente il delizioso fondoschiena di Violet
Corner, Corvonero di un anno più grande, dietro
l’arazzo del quinto piano, mentre avrebbe dovuto essere alla
lezione di Pozioni. Quando sua madre l’aveva saputo, gli
aveva inviato una Strilettera, che aveva avuto la malaugurata idea di
non aprire e che quindi era esplosa a tavola: non era stato piacevole.
Eppure c’erano ancora sfide che lo aspettavano, limiti che
attendevano solo di essere superati; tra questi: infiltrarsi nel
dormitorio femminile. Generazioni di ragazzi prima di lui avevano
tentato l’impresa, fallendo miseramente, ruzzolando
giù dalle scale trasfiguratesi in scivolo in modo molto poco
dignitoso. Ma “generazioni di ragazzi prima di lui”
non si chiamavano James Sirius Potter e non avevano un sangue di
Malandrino concentrato nelle vene pari al suo: lui poteva vantare la
parentela con i gemelli Weasley e anche con l’altro James
Potter, il nonno, ricordati tra gli studenti più pestiferi
di tutti i tempi. Era una macchina per malandrinate, un cervello
sopraffino votato allo scherzo: solo lui poteva farcela.
E, infatti, ce la fece. Quando con un sonoro crack
lui e Kreacher – il decrepito elfo domestico di Harry -
comparvero all’interno della camera circolare, sede delle
ragazze del terzo anno, James non riuscì a trattenere una
risata vittoriosa. Era così soddisfatto di se stesso e delle
sue trovate geniali che accennò addirittura qualche passo di
conga, esibizione che teneva da parte per le occasioni speciali. Dopo
di che scoccò un’occhiata all’orologio a
pendolo accanto alla finestra – erano le sei e un quarto:
aveva poco più di mezz’ora – e si
ricompose, focalizzandosi sull’obiettivo: il motivo del
rossore di sua sorella. Così, strofinandosi le mani, si mise
all’opera.
Dopo essersi infiltrato nei dormitori femminili, smaterializzandocisi
con l’elfo domestico di famiglia, e aver gabbato i quattro
maghi e streghe più famosi del loro tempo – il
vecchio Godric non aveva affatto pensato alla magia elfica, quando
aveva costruito la Torre -, trovare il diario di Lily fu facilissimo.
Semplicemente, gli bastò aprire il cassetto del comodino,
chiuso a chiave, con una forcina per capelli – un trucco
Babbano semplice ma efficace - e frugare un attimo: dopo appena qualche
minuto teneva tra le mani un libricino scuro e sobrio.
Molto più arduo era stato convincere Kreacher a fare
qualcosa che sapeva i padroni non avrebbero approvato: il servitore
aveva acconsentito a dargli un passaggio solo dopo che James gli aveva
accennato qualcosa a proposito de “la signorina Lily in
pericolo”. Era incredibile quanto l’elfo amasse
quella ragazzina: non faceva che cantarne le lodi, poiché
era affabile ed educata e bellissima e dal portamento regale di una
vera Purosangue; inutile dire che, specularmente a quanto adorasse
Lily, non sopportava James. Questa antipatia aveva aggiunto un altro
punto alla difficoltà dell’operazione e il ragazzo
era sicuro che anche solo per quel motivo la sua impresa fosse da
ricordare nei secoli dei secoli.
Ignorando la consueta vocina, chiamata anche coscienza,
nella sua testa, specializzatasi nel fare domande idiote nelle
occasioni meno opportune – al momento continuava a borbottare
frasi pedanti come: “Ti scopriranno se non levi le tende
adesso”, oppure “Stai attento che se tua madre lo
scopre ti uccide”, ma anche “Non è
giusto nei confronti di tua sorella, sa badare a se stessa” e
via discorrendo -, James sfogliò il
diario. Constatò la presenza di poche frasi lapidarie, come
si era aspettato – Lily non era una da perdersi in grandi
discorsi come Rose -, che coprivano non più di cinque mesi;
l’ultima data risaliva al giorno prima.
Hogwarts, 21 Dicembre 2021
Caro
Diario,
sono
un po’ di mesi che ci penso: i gemelli Scamandro sono proprio
simpatici.
Hogwarts,
25 Gennaio 2021
Caro
Diario,
mi
sono resa conto che i gemelli Scamandro, oltre che simpatici, sono pure
carini.
Hogwarts,
14 Febbraio 2021
Caro
Diario,
mi
correggo: Lysander è proprio carino. Oggi mi ha sorriso e il
suo viso si è illuminato tutto. Non che non lo abbia mai
visto sorridere, eh, ci sono cresciuta insieme! Ma oggi ha sorriso
soltanto a me. Siamo rimasti a guardarci per un po’; alla
fine lui è arrossito e ha distolto lo sguardo.
Un
semplice sorriso è stato il primo regalo di San Valentino
della mia vita. Originale.
Hogwarts,
3 Marzo 2021
Caro
Diario,
oggi
abbiamo giocato contro il Corvonero e mi è sembrato che
Lysander fosse distratto: è riuscito a mancare una Pluffa
lentissima che è scivolata dalle mani a Lisa mentre stava
effettuando un passaggio verso James. L’ho tenuto
d’occhio per tutta la partita e mi è sembrato
molto più teso del solito; più di una volta
l’ho sorpreso a fissarmi, invece che badare ai Cacciatori.
Chissà
che gli succede: un’idea ce l’ho, ma aspetto a
trarre conclusioni affrettate.
Hogwarts,
16 Marzo 2021
Caro
Diario,
oggi
Lysander è arrossito di nuovo, quando l’ho
salutato a pranzo. È da un po’ di tempo che
succede e ogni volta il mio stomaco fa una capriola, se lo vedo
sorridere. Continuo a fare finta di niente, ma non so per quanto ancora
riuscirò a ignorare la cosa.
Hogwarts,
4 Aprile 2021
Caro
Diario,
Lysander,
Lysander, Lysander, Lysander, Lysander, LYSANDER.
Non
riesco a pensare ad altro, anche mentre gioco a Quidditch: è
grave?
Hogwarts,
4 Aprile 2021
Io e Lysander. :)
James deglutì. Poi, con uno schiocco, richiuse il diario, lo
risistemò al suo posto, richiamò Kreacher e
tornò in Sala Comune. Senza perdere un secondo si
avviò verso la Sala Grande a grandi falcate, con uno sguardo
letale quasi quanto quello del Basilisco, e si diresse subito al tavolo
dei Corvonero.
Doveva assolutamente fare quattro chiacchiere con Lysander Scamandro.
****
Lorcan e Lysander Scamandro erano figli di una delle streghe
più bizzarre dell’intera Inghilterra e di uno
svampito allevatore che amava la moglie più di ogni altra
cosa al mondo; per cui, benché fossero entrambe persone dal
coraggio straordinario e di cuore puro, non erano esattamente figure di
riferimento solide come invece altri genitori – primo tra
tutti, il leggendario Harry Potter. Erano due adulti particolari, con
dei valori morali fermi – l’irreprensibile Rolf era
famoso tra gli amici per la sua integrità - e dalla dolcezza
straordinaria, con però una propensione a perdersi nei loro
pensieri – o meglio, in quelli di Luna. Spesso, infatti,
coinvolgeva il marito in una caccia ai Gorgosprizzi di mezzanotte o in
una passeggiata romantica alla ricerca dei Plimpi d’Acqua.
I due gemelli, indistinguibili tra di loro, con gli stessi capelli
scuri e gli occhi chiari della madre, crescendo avevano sviluppato
personalità molto diverse, anche rispetto ai loro genitori:
Lorcan era il Tassorosso allegro che saltellava in giro per il castello
e che conosceva più di metà Hogwarts; Lysander
era invece taciturno e intelligente, più timido rispetto a
suo fratello e anche più abile a Quidditch: era il portiere
della squadra di Corvonero già da due anni. Entrambi
però erano del tutto incapaci di mentire; così,
quando Lorcan si vide venire addosso James Potter –
così spaventosamente arrabbiato che se avesse dovuto
scegliere tra rimanere rinchiuso in una stanza con lui o con un drago
inferocito, a pensarci bene, il Tassorosso avrebbe scelto il drago -,
non riuscì a non dirgli che suo fratello in quel momento,
invece di essere al suo tavolo a cena, era in biblioteca con Lily.
James inspirò di nuovo, lasciando andare il bavero del
mantello del gemello Scamandro che, in fin dei conti, non gli aveva
fatto nulla di male, e si diresse verso l’uscita della Sala
Grande. Proprio mentre stava maledicendo il fatto di aver
già giocato quell’anno contro Corvonero
– la volta successiva altro che sportività,
gliel’avrebbe fatta ingoiare, la Pluffa, a quel portiere da
strapazzo -, si ritrovò ad un palmo dal naso
l’oggetto dei suoi improperi mano nella mano con la sua
sorellina tredicenne.
Nonostante la cavalcata a testa bassa attraverso la navata centrale
della Sala, l’espressione più nuvolosa del suo
repertorio e tutti i propositi di conciare per le feste quello
Scamandro, alla vista del sorriso di Lily e dell’aria
sognante di Lysander, James non poté far altro che
sgonfiarsi di tutta la sua rabbia.
“Tu… tu… voi…”
sussurrò con aria sconvolta, indicando le loro mani
intrecciate.
Lily sorrise di più, mentre il ragazzo al suo fianco
arrossì. “Eh già.”
Poi, notando lo sguardo di suo fratello, socchiuse gli occhi in un
cipiglio minaccioso, simile a quello di nonna Molly in modo
inquietante.
“E non fare quella faccia, non hai mica ricevuto un Bolide in
testa! Non è un reato, stare con qualcuno.”
“Ma…” esordì James,
passandosi una mano tra i capelli come se cercasse di raccogliere le
idee. Dopo poco sbottò in un grido orripilato. “Ma
sei ancora una bambina! E lui… lui è
più grande!” Sventolò
l’indice in direzione di Lysander, che si schiarì
la voce, combattendo la timidezza.
“Veramente abbiamo solo un anno di diff…”
“Solo? Solo?! Un anno alla vostra età sono secoli!
E tu potresti perfettamente essere un maniaco!”
ululò con un’espressione a metà tra lo
sconcerto e il disgusto, come se avesse appena saputo
un’orribile verità che prima non aveva considerato.
“Parla l’uomo consumato!” Lily
alzò gli occhi al cielo, sbuffando.
Poi, vedendo che suo fratello non accennava a cambiare atteggiamento
– in positivo, almeno: dopo l’ultima affermazione
aveva preso a fissare Lysander con sguardo truce, quasi volesse
incenerirlo –, perse la pazienza.
“Adesso basta con queste scene, James. La questione
è semplice e non c’è nessun maniaco in
giro: io piaccio a Lysander, a me piace lui. Punto e basta.
Tu” sottolineò, fulminandolo, “non hai
nessun diritto di metterci naso, né ora né
tantomeno mai.”
Con le orecchie bordeaux per la rabbia, si avviò a passo
deciso verso la Sala Grande. Lysander, che aveva seguito il dialogo
piuttosto preoccupato, accennò un sorriso di scuse a James e
fece per seguire la fidanzata. Il primogenito Potter, però,
non aveva ancora finito: lo trattenne per la manica della divisa, e
cominciò, squadrandolo dall’alto in basso.
“Dimmi un po’, quanto ti piace Lily?”
Lysander rispose sicuro: “Tanto, direi.”
James annuì, con aria solenne: quello era un buon punto di
partenza. Poi il suo volto si distese in un sorriso a trentadue denti
piuttosto sinistro; con gesti misurati, prese sottobraccio
l’altro ragazzo e gli diede un paio di pacche
sull’avambraccio, come per tranquillizzarlo –
naturalmente, sortì l’effetto opposto.
“Sei un Corvonero e quindi una persona intelligente: capisci
di sicuro le mie preoccupazioni di fratello maggiore.”
Il giovane Scamandro non capiva, ma poiché era
effettivamente intelligente e aveva intuito che non era il caso di
contrariare James, annuì, serio.
“E che non c’è nulla di personale in
quello che sto per dirti; al contrario, è solo per mettere
in chiaro alcuni aspetti.” Fece una pausa
d’effetto, fissando i suoi occhi in quelli del Corvonero,
mentre continuava a ghignare.
“Se ferisci anche solo per sbaglio mia sorella, devi
cominciare a correre. Ma sappi che per quanto tu possa fuggire, non
sarai mai abbastanza lontano da essere al sicuro: io ti
troverò.” Disse con tono sottilmente minaccioso,
dandogli un altro colpetto sulla mano.
Guardando James dirigersi a lunghi, pesanti passi verso il tavolo di
Gridondoro, mani affondate nelle tasche e sguardo divertito, Lysander
deglutì, chiedendosi se fosse il caso di vivere preoccupato.
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Il mio approdo sul fandom di Harry Potter: sono emozionata! Vi lascio
solo qualche nota temporale. Questa fan fiction è ambientata
nel 2021, per cui: James è al sesto anno; Albus, Rose e
Scorpius hanno un anno in meno e sono al quinto; i gemelli Scamandro
sono al quarto anno e Lily e Hugo al terzo. Mi sono presa la briga di
sistemare i fratelli Potter così vicini
d’età per esigenze di trama, in quanto avevo
bisogno di James non troppo impegnato con lo studio – al
settimo anno neanche uno come lui può permettersi di oziare!
– e di Lily non troppo piccola per avere una cotta.
Ho provato a dedurre i caratteri dei personaggi dalle informazioni
tratte da Harry Potter Wiki e dal breve epilogo de
“I Doni della Morte”; ho reso Lily
è così decisa contro suo fratello rispetto alla
bambina descritta dalla Rowling perché credo che due anni e
mezzo a Hogwarts, passati gomito a gomito – e scopa a scopa -
con il suo adorabile fratellone, l’abbiano stressata. xD
Una menzione speciale a Mimi18
e a Queen_of_Sharingan_91,
che hanno ispirato entrambe ispirato la trama; Ludo ha anche betato la
prima parte della storia: grazie di cuore ad entrambe.
Detto questo, vi lascio, ringraziando in anticipo chi
leggerà e lascerà un segno del suo passaggio.
Elena
Fanfiction partecipante all’iniziativa
“2010: a year together” indetta dal Fanfiction
Contest – prompt scelto n°360: "Non sarai mai
abbastanza lontano da essere al sicuro".
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