Von fremden Ländern und Menschen
si,
sol fa mi re si sol re mi
Kinderszenen, “ Von fremden
Ländern und Menschen“(*).
Era stato difficile capirlo, con
tutte quelle note slegate tra di loro e stecche, ma era Schumann, ne era
sicuro.
Quasi quanto che qualcuno lo stava
suonando, con scarso successo, sul suo pianoforte:
Chiunque fosse, cercava di sicuro
guai, ma guai grossi.
E lui glieli avrebbe dati.
Anzi, avrebbe fatto di più: quel
pianista improvvisato avrebbe compreso il più profondo significato di “ grosso
guaio”.
Furono questi i primi pensieri di
Soul quando, guidato da quella sgraziata melodia, arrivò nel salotto di casa
sua.
Da quando abitava lì poche e chiare
regole erano state imposte da lui e la prima era senza dubbio quella: nessuno
doveva avvicinarsi al suo grande, vecchio e amatissimo pianoforte. Pena la
morte.
Tutti in quella casa avevano
accettato e rispettato questa sua regola, almeno sino a quel giorno.
O forse, pensò con disappunto Soul,
nessuno se ne era mai curato ma almeno avevano avuto la briga di non farsi
scoprire.
Se non fosse stato così cool, come
in effetti era, avrebbe perso le staffe già da un pezzo ma si limitò a entrare
nel salotto, pronto a fulminare con lo sguardo il malcapitato fellone.
Un piano notevole il suo, e anche
parecchio d’effetto, ma che si sgretolò alla vista del
pianista - anzi, della pianista - che, con una concentrazione tale da non
palesarle la sua presenza, continuava imperterrita a muovere le
piccole mani sui tasti lucidi, in una vana imitazione di movimenti che, molto
probabilmente, aveva visto fare a lui tempo addietro.
Stava cercando di imparare, senza
ombra di dubbio.
Un gesto sleale per una nobile
causa, decretò chinandosi su di lei e afferrandole le mani, bloccando così la
composizione.
Lei sussultò e, con gli occhi colmi
di panico, fece per parlare, ma fu zittita da uno sguardo di Soul che, con
sommo stupore dell’altra, prese a muoverle le mani lungo la tastiera.
- le prime volte dovresti usare un
metronomo, sai? Wes me ne regalò uno da piccolo, vedrò di portarlo la prossima
volta.- disse.
- quale prossima volta?- domandò
lei, stupita.
- non vorrai imparare a suonare il
piano da sola?- rise il ragazzo, continuando a guidarla nell’esecuzione –ti
insegnerò io, avrei dovuto farlo già da
parecchio tempo.-
- e non sei arrabbiato?-
- no, tranquilla.- rispose, notando
con piacere che, una volta passato il pericolo di una ritorsione da parte sua,
le mani che stava guidando si erano fatte più rilassate e seguivano
diligentemente le loro maestre, familiarizzando con quei tasti che per tanto
tempo le erano sembrati un arcano codice.
C’era del talento in loro, notò con
una punta di orgoglio.
si,
sol fa mi…
-
Cucciolotta!- un grido improvviso spezzò l’atmosfera, interrompendo il
duetto - Dove sei? Sono arrivato!-
Soul sospirò, lasciando la presa
delle mani e lanciando un’occhiata scocciata alla porta – direi che è arrivato.
Dovevate andare da qualche parte?- chiese.
Lei annuì, imbarazzata dal
comportamento della Death Scythe e soprattutto dai suoi nomignoli idioti.
Non poteva sopportarli e lo sapeva
lei, quanto chi gli stava davanti –allora credo che sia meglio che tu
vada. Sarà già dura lavorare sul tuo orgoglio ferito per quel “ cucciolotta”,
meglio evitare che se ne esca con altri epiteti.-
Lei annuì, troppo spaventata
dall’idea che quello potesse uscirsene con altri nomignoli melensi per
abbozzare qualcosa di più che un sorriso teso.
Si alzò, composta, dal panchetto e
fece per andare, non prima di aver lanciato un’occhiata greve a Soul.
- che c’è?- fece lui – vuoi dirmi
qualcosa?-
Lei annuì, ma continuò a rimanere
muta.
- avanti, dimmi cosa c’è.- la esortò
lui.
Questa lo fissò titubante, dondolandosi
con i piedi facendo oscillare le code candide– ma io sono brava, papà?-
- certo.- sorrise lui, annuendo con
la testa – e lo sarai ancora di più quando ti avrò insegnato le basi.-
- e diventerò brava come te?-
- beh, per quello c’è bisogno di
essere cool ma non preoccuparti, sei mia figlia, imparerai presto.-
- CUCCIOLOOOOOTTA!!!-
- sempre se tuo nonno non ti
distrugge l’autostima prima.-
(*) Scene infantili, “da
paesi e uomini stranieri”
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Allora, intanto chiedo scusa in
anticipo per l’oscenità del lavoro ma era un progetto a cui lavoravo da mesi, e
sempre da mesi non facevo che cancellare e riscrivere, ricercando una
perfezione che non è mai arrivata.
Ala fine ho dovuto dire basta,
ora la pubblico. Si trattava di scegliere tra il continuare con questa ricerca
e la mia sanità mentale, e credetemi, quella già scarseggia di suo.
Quindi a voi tocca l'ingrato compito di leggerla e, se volete,
commentarla.
Buona fortuna! (XD)
Laica