Arretez –vous! [tales of a United family]
Scozia sapeva bene quanto fosse
pericoloso metter piede in cucina prima che la colazione fosse servita: Galles
era talmente paranoica al riguardo che non consentiva ad Inghilterra di
mettersi ai fornelli senza prima aver imbottito tutti i mobili, averli
ricoperti con carta da giornale e aver sistemato almeno quattro estintori in
giro per la stanza. Pertanto, se qualcuno osava avventurarsi in quelle quattro
mura mentre Arthur era impegnato in un qualche tentativo di padellare bacon o
di cucinare degli scones decenti poteva essere
accolto o da un coro d’insulti, o peggio da una padellata in piena regola.
Bisognava andarci cauti.
Pertanto, Kenneth fu ben attento
a strisciare con circospezione fino al suo posto, cercando di farsi notare il
meno possibile e non salutando nemmeno per evitare di distrarre il fratello
dall’opera di distruzione che stava compiendo su una confezione di uova
fresche: afferrò il giornale, lo spiegò in gesto fluido, e si stravaccò sulla
sedia con tutta l’intenzione di leggerlo.
Tuttavia, un piccolo particolare
nell’angolo della pagina lo fece sussultare, tanto che abbassò le pagine di
carta in un fruscio accentuato e puntò lo sguardo sulla schiena ingobbita di
Arthur, corrugando appena le folte sopracciglia bionde.
-England?-
mormorò, cauto, attento alla reazione che avrebbe avuto la pancetta sfrigolante
-So che odi essere interrotto mentre stai avvele…
ehm, cucinando, e non lo farei mai se non fosse una questione di vita o di
morte, ma ci tenevo a…-
-Scotland!-
la voce secca del fratello lo richiamò stizzita, facendogli intuire di darci un
taglio se non voleva diventare bersaglio di un’esercitazione di tiro con l’arco
– arco lungo, per capirci.
-Ecco… non so se te ne sei
accorto…ma oggi è il 7 aprile- tacque prudentemente,
lasciando che l’altro digerisse per bene l’informazione, prima di aggiungere,
incerto: – Te ne sei accorto, vero?-.
-No-
ruggì Arthur in risposta, litigando furiosamente con le strisce di carne che
non volevano assolutamente saperne di essere rivoltate, e lottando al contempo
con il tostapane che aveva fagocitato un paio di toast senza aver alcuna
intenzione di renderli –Mi sono scordato il compleanno di qualcuno?-
-Ehm…non esattamente- Pian piano,
Kenneth ripiegò la sua copia del Times, prima di alzarsi per andare a recuperare un grembiule
da un cassetto, ormai rassegnato a rinunciare alla sua fuga a Edimburgo pur di
salvare capra e cavoli (e non sentire via telefono le strilla della sua adorata consorte) – Solo che domani è l’otto. L’otto aprile. Lo sai, quanto ci tiene Francis…-
E mentre, colto dalla luce solare
della somma Comprensione che causò un quasi mancamento, Arthur per poco non
capitombolava per terra, bruciando irrimediabilmente la carne di maiale sul
fuoco, Kenneth gli fregò le pentole dalle mani, spintonandolo lontano dai
fornelli.
-Lascia,
oggi haggins per tutti-
Lo scampanio della porta di casa Kirkland è quanto di più fastidioso possano udire delle
fini orecchie francesi: ha un nonsochè di pomposo e
cacofonico, richiamando le note iniziale del God save the queen,
che Francis trova sempre, immancabilmente, raccapricciante. E sì che sono circa
cent’anni, che cerca di convincere quell’idiota di Arthur a cambiare il
campanello, ma lui niente, come al…
-Arthur
non è in casa. Che vuoi?-
Ecco, se non fosse che sarebbe molto poco dignitoso e molto poco romantico, ora Francis
toglierebbe il dito da quel maledetto campanello e farebbe dietrofront per
darsela a gambe levate, agitando il mazzo di rose come arma di protezione. Perché
ecco, può esserci abituato, dopo tutto quel tempo, ma è la reazione più o meno
comune che coglie tutti coloro che vengono accolti
sulla porta da Galles. Quella donna avrebbe la capacità di terrorizzare a morte
Russia e Bielorussia nello stesso momento solo puntando loro addosso
il suo sguardo glaciale da pura conservatrice cresciuta a pane e
tentativi d’invasione da respingere. Un paio dei quali
falliti.
Ma Francis è Francis, e sa
benissimo perché è venuta Rhiannon ad aprirgli e non
Kenneth, e perché non potrà godere dell’appoggio che Scozia è solito dargli in
ogni occasione: Galles, con i suoi ampi abiti rinascimentali, le gonne
vaporose, le trine e i merletti, incute un sacrosanto terrore a chiunque parli,
quasi volesse ricordare in qualunque istante perché per lei il mondo si è
fermato nel sedicesimo secolo; e soprattutto, è quella più diffidente
e maldisposta verso chiunque provenga da un qualunque luogo al di fuori
delle Isole. Lui compreso. Peccato che Francia non si è mai
fatto scoraggiare da un po’ di ostilità.
-Peccato. Non c’è nemmeno
Kenneth?- ribatte, sfoderando la dolcezza del suo migliore sorriso e mettendo
al contempo un piede avanti, prima mossa per evitare di vedersi sbattere la
porta in faccia e far fallire così la sua infiltrazione in casa.
Rhiannon
aggrotta appena le folte sopracciglia, guardinga,
studiando con attenzione la meditata affettazione francese che le dà tanto sui
nervi. Odia quella rana senza cervello, specie quando tenta di circuirle
entrambi i fratelli.
-No, non c’è nemmeno lui. E ora,
se non ti dispiace, ho altro da fare che star qui a parlare con te-.
Fa per chiudere il portone, ma
per somma sfortuna e coincidenza di tempi, la discesa dalle scale dell’ultimo
membro del Regno interrompe il suo tentativo di ricacciare di là della Manica
il ghigno di Francia e fa definitivamente arenare i piani di tutti.
-Galles,
ma per venire dalla regina devo per forza mettermi…zio Frenz!-
E il grido gioioso con cui
Irlanda del Nord accoglie il suo quasi-zio preferito
nonché anima pia che ogni anno la porta a far shopping nella sua capitale,
riempie l’atrio d’ingresso della casa, Francia sorride di nuovo, pronto ad
ricevere a braccia aperte la sua quasi-nipotina,
appuntandosi mentalmente che dovrà riuscire a farsi perdonare da Galles, anche se
al momento la donna pare più intenzionata ad ucciderlo mentre lo lascia
entrare.
-Oggi haggins
per tutti- annuncia torva Rhiannon, terminando di
padellare attorno ai fornelli e piazzando davanti ai presenti tre piatti colmi
del pasticcio di rognoni made in Scotland. Francis
sussulta, quando la sua porzione si deposita poco gentilmente davanti al suo
naso, e si limita a fissare disgustato altrove; Erin
non fa una piega, afferrando una forchetta e iniziando a giocherellare
distratta con un pezzo di carne, prima di alzare il viso al suo indirizzo e
sorridere radiosa.
-E allora, che ci facevi qui?
Cercavi Arthur?-
-Esattamente – replica
immediatamente, agitando appena il mazzo di rose rosse che non ha mollato per
un solo istante (potrebbe finire dritto in pattumiera, o peggio, giù per
qualche scarico, se lo lascia incustodito) – è uscito?-
-Sì, è andato a Manchester con
Scozia, questioni per la
Corona- brontola Rhiannon,
scostando malamente la sedia e accomodandosi invece con estrema compostezza, raccogliendo
le pieghe della sua gonna come tante onde attorno alle gambe –Quindi, o
riferisci a me, o torni oltre Manica- aggiunge, con un lampo negli occhi verdi
che da sempre è sinonimo di strage. Ma Francis non si scompone, non l’ha mai fatto.
-Che peccato. Vorrà dire che
attenderò con ansia che ritornino, gustandomi nel frattempo…questa
prelibatezza- e con tutto il savoir-faire
di cui è dotato, Francia aumenta la portata del suo sorrido, portandosi con
coraggio una forchettata alle labbra. Dio, morire in quel modo stupido,
avvelenato da un’orribile piatto inglese, solo per
amore di quel cretino che aveva pure la malagrazia di non farsi trovare quando
attraversava la Manche solo per
lui. Addio, nouvelle cuisine tanto adorata, addio petit Tour, addio Paris, addio…
-Vuoi piantarla di fare tante
storie? Se non vuoi mangiarlo, non farlo!-
Francia apre appena un occhio
–che non si è accorto di aver chiuso- e squadra corrucciato la terribile donna
che ha interrotto sul nascere il suo ispirato epilogo e gli ha tolto la soddisfazione
di una morte romantica; si raddrizza sulla sedia, mentre Galles gli sottrae la
tremenda vivanda, e strizza l’occhio a Irlanda del Nord, che tenta
disperatamente di non scoppiare a ridere in faccia alla sorella. Sì, non tutti
i membri di quella famiglia sono da buttar via, dopotutto… della lista
ovviamente non fa parte quella strega che al momento tenta di fulminare
entrambi con un solo colpo d’occhio, aggirandosi per la stanza come uno di quei
fantasmi che ai Kirkland piacciono tanto.
Ma in quel mentre…
-Famiglia, ho terminato di
sistemare la soffitta! Che c’è di buono per pranz…-
E al teatrale ingresso in scena
dei biondi e lunghi capelli lunghi di Scozia e del suo passo atletico,
succedono, tante, troppe cose: Erin quasi si strozza
con la sua stessa saliva, presa alla sprovvista e spaventata dal nuovo arrivato
che è sbucato dalle sua spalle; Francia saluta con un
cenno della mano, allungando dei piccoli colpetti sulle spalle della piccola
per salvarle la respirazione; Galles…Galles diventa di pietra, prima di
piantare uno sguardo di pura lava liquida sul marito e alzarsi, molto, molto
lentamente, in piedi. Kenneth forse subodora il pericolo, perché tenta una
manovra difensiva indietreggiando verso la porta on le mani tese
-Ehm…tesoro…perché mi guardi
così?-
-Scozia, my only true love...
- e la voce della gallese pare un concerto di unghie su una lavagna – Hai cinque
secondi per sparire dalla mia vista…SE NON VUOI PASSARE A MIGLIOR VITA!-
Puntuale come ogni anno, Scozia
si precipita urlando fuori dalla cucina, implorando in ogni lingua conosciuta
(inglese, gaelico, persino francese) la moglie di perdonare la sua piccola
involontaria gaffe; e puntualissima, Galles si lancia al suo inseguimento,
afferrando lo spadone a due mani appeso in salotto e tentando di affettarlo per
tutta casa.
Irlanda del Nord, per conto suo,
non si scompone. Si limita a sospirare, abbassando lo sguardo.
-Ne deduco…- mormora, alzandosi
dalla sedia, afferrando i due piatti ormai freddi e svuotandoli lestamente
nella pattumiera – …che a questo punto Arthur si sia imboscato da qualche parte
qui dentro. Non ho idea di dove sia, I’m sorry-
Francis sorride, stavolta di puro
diletto.
-Tranquilla, cherie. Ho tutto il tempo del mondo-
Un’ora dopo, Francis ha
setacciato senza risultato il salotto, il bagno del primo piano, la camera da
letto di Arthur, la camera di Scozia e Galles, le tre camere degli ospiti, lo studio, il soggiorno e il bagno del secondo piano. Non sa se
passare direttamente alla soffitta, dove è più probabile che il suo amato angle
terre si sia nascosto, ma il fatto che al momento ci stiano transitando la
coppia di sposini ancora impegnati nel tentativo di chiare le loro posizioni
gli fa prontamente cambiare idea. Forse, il posto meno probabile è quello più
corretto, e Erin sicuramente lo perdonerà, se le
promette di portarla a Paris nel finesettimana. Pertanto,
spalanca la porta della sua camera da letto e si lancia in esplorazione,
attento ad ogni anfratto.
Mentre sta controllando
scrupolosamente che la brutta pellaccia del suo inglese preferito non si trovi
sotto al letto e nemmeno dietro le tende rosa confetto, però, dei rumori
attutiti attraggono la sua attenzione. Si alza, si guarda attorno, e con un
sorriso compiaciuto si avvia a spalancare le ante dell’armadio
a muro, rivelando il viso di Inghilterra mezzo nascosto da un numero
imprecisato di vestiti colorati.
-Bonjour, cheri-
Arthur arrossisce subitaneamente,
colto nel fatto. Sa bene che non può nemmeno tentare una fuga dignitosa –diamine,
si è sepolto tra gli abiti di sua sorella, come si fa ad essere più idioti?- e
non può assumere nemmeno un cipiglio inglese tale per cui salvare la faccia.
-Damned frog-
brontola, cercando almeno di mascherare l’imbarazzo dietro -God- una gonna di pizzo fucsia. Ma Francis lo ha
cercato a lungo, troppo a lungo per farsi scoraggiare da così poco.
-Bon anniversaire-
cinguetta, sventolandogli finalmente sotto il naso il mazzo di fiori che ormai
implorano pietà dopo aver attraversato l’intera dimora del Regno Unito, e
abbozza un inchino galante, ghignando divertito – Centosei anni, e non mi sei
mai sfuggito. Noto comunque con piacere che non t’arrendi mai-
-Ma stai zitto, idiota- è la
romantica risposta che ottiene, mentre Arthur, se possibile ancora più
bordeaux, s’impossessa delle rose per gettarle malamente in un angolo della
stanza, riemergendo in qualche modo dalla mole di stoffa giusto per infilargli
le dita tra i capelli e attirarlo maldestramente verso il suo viso –Come se non
lo sapessi, perché sei qui-
-Quanto siamo impazienti, Angleterre- sogghigna l’altro, ben lieto di scostare
parecchi indumenti per avere una presa più salda sul corpo di quell’inglese
maledetto che, parbleau,
un giorno o l’altro qualche capello bianco glielo farà venire –Prima ti
nascondi, e poi pretendi anche?-
-Mmmmh…-
e forse Arthur qualcosa la vorrebbe anche replicare, solo che le labbra di Francis
sono già sul suo collo, le sue mani tentano di farsi largo sotto la camicia e l’insulto
che gli è salito spontaneo alle labbra si è affogato da qualche parte, andando
a rimbalzare tra lo stomaco e il cuore che gli batte forte nel petto.
Un fracasso assurdo, una porta
che viene quasi divelta, uno strillo e un suono metallico che fende l’aria. Francis
riapre gli occhi, li sposta dal viso adorabilmente arrossato di Arthur, e si
ritrova a un palmo da naso una lama d’acciaio larga mezzo palmo, e dietro di
essa due occhi verdi gelidi come il canale di San Giorgio.
-Fuori da questa CASA! MALEDETTO
MANIACO FRANCESE!-
Francis sospira, prima di
decidere per le vie pratiche e di sfidare per l’ennesima volta la possessiva
gelosia di Galles nei confronti dei suoi fratelli: si carica in spalla Arthur,
ignorando le sue proteste indignate, evita per un soffio che venti centimetri
di spada Claymore gli si conficchino nello sterno e s’invola
fuori dalla stanza, guadagnando rapido le scale.
E mentre si ritrova a correre a
precipizio per casa Regno Unito, con un Arthur ululante in spalla impegnato a
tentare di farsi ubbidire, con una Galles inferocita
alle calcagna e uno Scozia disperato al seguito, Francia non può proprio che
maledirle, le sue scelte in fatto d’amour…ma innamorarsi di uno con una famiglia normale, no,
eh?
Delirio serale in una giornata delirante.
Sì, Galles è un po’ matta, lo ammetto. Però mi è sempre piaciuta, la
sorella schizzata che tiene all’Unione più di ogni cosa (cosa storicamente non
fondata, lo ammetto, però va detto che il Galles è stato l’ultimo stato a
cedere sia all’invasione Romana che a quella anglo-Sassone). Si veste con abiti
d’altri tempi a sottolineare l’Unificazione con l’Inghilterra del 1535. Dal
1700 è sposata con Scozia (a.k.a. il primo Act of Union)
Scozia invece con Francis va molto d’accodo, perché i due si sono
alleati tra loro molto spesso, in parecchie guerra,
arrivando a quasi imparentarsi tra loro (Maria Stuart sposò il Delfino di Francia).
Irlanda del Nord invece lo adora per una scelta mia, così come lo chiama “zio”
(d’altro canto è la più giovane del clan. Frenz ovviamente
è un nomignolo, ottenuto dal suono di “France” e di “Francis” XD)
Per la scelta dei nomi: Kenneth è un nome tipicamente scozzese,
apparteneva a un re del I/II secolo a.C. abbastanza
famoso in patria. Rhiannon è il nome di una divinità
gaelica che significa “grande regina”, e considerando il carattere dispotico della mia Galles si adattava bene. Erin
è la forma anglicizzata di “Eirinn”, che è il
genitivo di “Eire”(forma gaelica per Irlanda)
Altre note…l’haggins è il piatto nazionale
scozzese, non l’ho mai assaggiato ma a prima vista non ispira. La spada Claymore è un tipo di spada a due mani utilizzato
prevalentemente in Inghilterra-Scozia.
Sì, ho finito di tediarvi. Se qualcuno vuole, liberissimi di
riutilizzare tutto questo ambaradam.
Un besitos a tutti
Vostra wolvie <3