Il grido dei gabbiani era l’unico rumore che si poteva sentire sulla spiaggia
di Besaid ora che le urla di bentornato si erano spente e gli abitanti
dell’isola avevano finalmente deciso di lasciare Tidus e Yuna da soli. Entrambi
avevano un sacco di cose da chiedersi e raccontarsi, ma ora sentivano che il
tempo per farlo non sarebbe mancato e decisero di gustarsi quella prima volta
insieme senza Sin, senza preoccupazioni, con solo il loro amore ad avvolgerli.
Passeggiarono sulla riva tenendosi stretti per mano, quasi avessero paura di
poter essere separati da un’onda, percorsero tutta la spiaggia in silenzio, poi
Yuna disse a Tidus di seguirla e iniziò ad arrampicarsi su una parete, sparendo
tra le foglie. Quando il ragazzo la raggiunse, si trovò in una piccola
insenatura della costa. Yuna era nell’acqua, che le arrivava alla vita, e
guardava l’orizzonte. Tidus avanzò, la raggiunse lentamente, si fermò dietro di
lei, sollevò le braccia e la circondò teneramente. Yuna non riuscì a trattenere
una lacrima, che si unì al mare e si perse tra le onde, ma quando si girò verso
il ragazzo i suoi occhi splendevano di gioia e di amore. Gli sorrise, poi si
avvicinò timidamente al viso di Tidus, che fece lo stesso, e si incontrarono in
un lungo bacio. Le mani del ragazzo scesero lungo la schiena di Yuna fino ai
cortissimi pantaloncini di jeans, sfiorarono la camicetta, vi si insinuarono e
risalirono lentamente, alzandola. Le mani della ragazza fremettero mentre
slacciavano le bretelle della divisa da blitzer di Tidus. Poco dopo entrambi
erano sdraiati sui propri vestiti, abbracciati, uniti da piccoli baci e tenere
carezze. D’un tratto però Yuna si fermò e chiese al ragazzo di fare lo stesso.
Tidus si scostò e la guardò: aveva uno sguardo spaventato e triste che lo
preoccupò. “Cosa c’è?” le chiese dolcemente.
“Io … i-io non … scusa, ma … non posso … non ci riesco … ho paura … io …” la
voce della ragazza si trasformò in piccoli singhiozzi. Tidus non capiva cosa le
succedesse, ma la abbracciò e le sussurrò: “Tranquilla, non importa. Va tutto
bene. Vuoi che torniamo al villaggio?”. Lei annuì, si rivestirono e lasciarono
l’insenatura.
Quando Tidus si svegliò la mattina seguente, vide che Yuna stava ancora
dormendo di fianco a lui. Si avvicinò alla sua guancia, vi posò le labbra e si
accorse che era bagnata da lacrime: aveva pianto durante la notte. Il ragazzo si
alzò e decise che non avrebbe indagato: quando avesse voluto, sarebbe stata lei
a parlargli. Uscì dalla loro tenda e andò a fare un giro del villaggio, cercando
di non pensare al fatto che Yuna forse gli stesse nascondendo qualcosa. Il sole
era già sorto da ore, dovevano essere le dieci, quindi decise di andare a
salutare i suoi vecchi compagni di Blitzball che si stavano sicuramente
allenando sulla spiaggia. E infatti, quando vi arrivò, trovò gli Aurochs che
calciavano il pallone da blitzball e se lo passavano tra di loro sotto lo
sguardo attento di Wakka, che non risparmiava consigli o rimproveri a nessuno
ora che era tornato nella squadra come capitano. Quando videro Tidus, tutti gli
andarono incontro sorridendo. Dopo i saluti, il ragazzo si accorse che mancava
qualcuno. “Ehi, dov’è Datt?” chiese ai compagni. Fu Wakka a rispondergli:
“Purtroppo Datt si è trasferito a Kilika. Dopo la scomparsa di Sin, ha deciso di
metter su famiglia e si è visto costretto a lasciare l’isola e la squadra. A
proposito …” aggiunse guardando i suoi compagni “… negli Aurochs ora c’è un
posto libero, se la cosa ti interessa potresti …” e lasciò la frase in sospeso
lanciando a Tidus uno sguardo quasi supplice.
Il ragazzo non poté fare a meno di lanciare un grido di gioia e disse
“Sicuro! Consideratemi dei vostri!”. I Besaid Aurochs esultarono e iniziarono a
gridare “Viva Tidus! Viva gli Aurochs! La coppa sarà nostra!”. Ad un tratto Jash
li interruppe e chiese a Tidus: “Ehi, senti … ci mostreresti il tuo tiro
fortissimo … il Tiro Jecht? Per favore!”
“Sì, dai, ti prego!” esclamarono anche gli altri. Tidus acconsentì e gli
sembrò che tutto fosse tornato come il suo primo giorno su Spira, quando era
piombato misteriosamente nel mare di Besaid e gli Aurochs lo avevano accolto e
gli avevano chiesto, come in quel momento, di mostrare loro il potente tiro di
suo padre.
Quando fu ora di pranzare, tornarono tutti al villaggio. Tidus vide Yuna
insieme a Lulu che cucinava e le si avvicinò silenziosamente, abbracciandola
all’improvviso e posandole un bacio su collo. Lei urlò spaventata, poi, quando
capì che era il ragazzo, l’urlo si trasformò in una risata e lo allontanò con
finta irritazione. Tidus andò a sedersi a tavola e guardò ancora la sua Yuna:
non c’era traccia delle lacrime che aveva trovato quella mattina sul suo volto e
sembrava essere tornata la ragazza di sempre, così si tranquillizzò e non ci
pensò più.
Nel pomeriggio, il ragazzo chiese a Yuna di portarlo al tempio: “Voglio
rivedere il posto dove ci siamo conosciuti” le disse, e lei acconsentì. Mentre
stavano per entrare, sulla soglia comparve Lulu con in braccio il piccolo Vidinu.
Tidus gli si avvicinò mentre un sorriso gli affiorava alle labbra. Si chinò sul
bambino, gli avvicinò un dito alla pancia e Vidinu lo prese, portandoselo alla
bocca.
“Che bello” disse Tidus senza smettere di guardare il bambino. “Ahi!” esclamò
quando sentì che gli aveva morso il dito, e lo ritrasse in fretta.
“Gli stanno spuntando i primi dentini” disse Lulu.
“Già, me ne sono accorto” replicò il ragazzo. Poi riprese: “è veramente un
bel bambino; assomiglia un po’ a Wakka, non credi anche tu, Yuna?” chiese alla
ragazza che era rimasta lontano.
“Ehm … sì, penso di sì …” rispose lei; sembrava nervosa, ma Tidus non ci fece
caso e continuò: “Mi piacerebbe tantissimo avere un bambino; lo farei diventare
il più grande campione di Blitzball della storia! Gli potrei insegnare un sacco
di cose … Chissà, forse un giorno tutto questo accadrà …”
Alzò lo sguardo da Vidinu, ma quando fece per posarlo su quello di Yuna, si
accorse che la ragazza si era appena volata e stava correndo via. Rimase per un
attimo stupito del suo comportamento, poi fece per correrle dietro e chiederle
cosa le fosse successo, ma Lulu lo fermò: “Lasciala andare.”
“Ma … cos’ha?” le chiese lui confuso “Tu lo sai, non è vero?”
Lulu rimase per un attimo in silenzio, poi rispose: “Sì, ma non sarò io a
dirtelo. Si tratta dei suoi sentimenti, quindi sarà Yuna a decidere se e quando
parlartene.”
Tidus non replicò e si allontanò ancora più confuso e turbato. Andò alla loro
tenda: voleva scusarsi con Yuna e chiederle se aveva detto qualcosa di
sbagliato, ma non vi trovò la ragazza, così decise di andare a cercarla per
vedere come stava e provare a capire cosa le stesse succedendo in quei giorni.
Vagò per tutto il villaggio, ma non la trovò. Deciso a non lasciar perdere,
chiese se qualcuno l’avesse vista o sapesse dov’era, e si sentì rispondere che
molto probabilmente era alla casa che si trovava in fondo al villaggio. Allora
si avviò nella direzione che gli avevano indicato, chiedendosi dove fosse
diretto: infatti non si era mai spinto fino a quella casa e fino a pochi secondi
prima non sapeva nemmeno che esistesse. Ci vollero venti minuti per giungervi,
durante i quali continuò a pensare a Yuna: che cosa le stava succedendo? Perché
si comportava in quel modo? E soprattutto perché non si confidava con lui? Non
si fidava? Era questo ciò che lo preoccupava di più e che più gli faceva male:
forse davvero non si fidava di lui, non sentiva di potergli rivelare tutti i
suoi segreti? Eppure era sempre stata una ragazza aperta, i suoi occhi erano
sempre stati per lui una finestra dalla quale riusciva sempre a vedere tutto ciò
che provava, più di quanto riuscissero a fare gli altri. Ma non questa volta;
questa volta erano chiusi, impenetrabili, non era riuscito a scorgervi nulla.
Finalmente arrivò nel luogo che gli avevano indicato. Si avvicinò alla porta
della casa, una costruzione di legno dall’aspetto piuttosto vecchio, e stava per
bussare quando sentì dei rumori venire dal retro. Riconobbe la voce di Yuna che
diceva: “Fai attenzione, Matt.” e le grida divertite di un bambino. Mentre la
curiosità cresceva sempre di più, Tidus fece il giro della casa e si trovò in un
giardinetto. Quel che vide lo confuse ancora più di quanto non lo fosse già:
Yuna era seduta sull’erba e giocava con un bambino che non doveva avere più di
due anni e mezzo. In un angolo del giardino c’era una signora: era un’anziana,
sicuramente non la madre del bambino. Si guardò attorno, ma non c’era nessun
altro. Allora avanzò lentamente verso la ragazza e il piccolo. Quel che vide
quando fu a pochi passi da loro, però, lo fece fermare terrorizzato: i tratti
del viso del bambino gli erano famigliari, i suoi capelli avevano una sfumatura
bluastra e le mani … non c’era dubbio, erano allungate, proprio come quelle …
quelle di un Guado! Ma la cosa che più spaventò Tidus furono gli occhi del
piccolo che gli restituirono uno sguardo per metà verde come uno smeraldo e per
metà azzurro come il cielo …
“Yuna!” esclamò il ragazzo, e nella sua voce c‘era una sfumatura di rabbia.
Lei si voltò improvvisamente con uno scatto, stupita e spaventata poiché aveva
riconosciuto quella voce.
“Yuna” ripeté Tidus “chi è?”
Yuna non rispose.
“Chi è?! DIMMELO!!” si trovò a gridare Tidus. Purtroppo sapeva già la
risposta, non poteva che essere ciò che pensava, ma sperava ancora che lei
potesse dirgli che non era così, che era uno stupido a credere una cosa simile …
Ma non fu così. Yuna rimase ancora per un attimo in silenzio, con lo sguardo
fisso a terra: non riusciva a guardare gli occhi di lui, sapeva che avrebbe
trovato solo uno sguardo freddo pieno di collera e di odio. La vecchia signora
dovette capire che era meglio andarsene e lasciarli soli, così prese il piccolo
Guado per mano e lo accompagnò in casa. Quando furono soli, Yuna trovò
finalmente il coraggio di rispondere; dopotutto lui aveva il diritto di sapere
tutto, doveva dirglielo …
“Matt … lui è …” una lacrima le scese sulla guancia “… è mio figlio”.
Tidus rimase immobile e in silenzio, non ebbe alcuna reazione, fu come se non
avesse sentito. Ma in realtà lo aveva fatto, il suo timore era stato confermato,
le sue speranze che non fosse vero erano scomparse. Improvvisamente lanciò un
grido di rabbia e colpì con un pugno il tronco di un albero che aveva accanto,
con tanta forza da farsi sanguinare la mano, ma senza badarci. Questa reazione
spaventò ancora di più Yuna che scoppiò a piangere singhiozzando, prima più
silenziosamente che poteva, poi sempre più forte mentre Tidus alzava ancora di
più la voce.
“Perché non me l’avevi detto prima? Perché?! RISPONDIMI! COSA PENSAVI?
PENSAVI CHE MI AVRESTI FERITO? BE’, CI SEI RIUSCITA, L‘HAI FATTO! NON PUOI
NEMMENO IMMAGINARE COSA SIGNIFICHI PER ME! NON TE NE RENDI CONTO, VERO?! COME
HAI POTUTO FARLO? COME?!” i suoi occhi erano rossi, dentro di lui si mescolavano
la rabbia, la frustrazione, il dolore, l’odio. La ragazza era arretrata di
qualche passo e aveva chiuso gli occhi, terrorizzata. Alla fine l’aveva
scoperto, e nel peggiore dei modi; non voleva tenerglielo nascosto, glielo
avrebbe rivelato, ma non era facile. Non lo era stato neanche per lei, quando lo
aveva scoperto: Tidus era appena scomparso, il suo cuore era in pezzi, e fu
molto difficile per lei superare quell’ostacolo. E ora si trovava ad affrontare
la sua paura più grande: Tidus aveva scoperto Matt, aveva visto la sua
somiglianza con i Guado, aveva certamente capito di chi si trattava, e voleva
delle risposte. Vedendo che Yuna taceva, accecato dalla rabbia e dalla
disperazione il ragazzo le si avvicinò minaccioso e le prese un polso,
stringendo fino a farle male, ma senza che un lamento uscisse dalle labbra della
giovane: “TI HO DETTO DI DIRMI COME E’ SUCCESSO!”
“Tidus, ti prego …” singhiozzò lei “Io … io non volevo … non riuscivo a
oppormi … Seymour … lui mi …”
Mentre pronunciava quel nome, mentre i sospetti del ragazzo venivano
confermati, per Tidus fu come se una spada gli avesse trafitto il cuore, e lei
se ne accorse perché un ombra di odio e di dolore oscurò per un attimo il suo
sguardo di ghiaccio. Ma Yuna riprese: “ deve avermi fatto qualche magia … dopo
che i Guado mi hanno rapita a Bikanel … non riuscivo a muovermi, a parlare … e
lui …” mentre cercava di spiegare ciò che le era successo, le tornarono alla
mente quei momenti, più nitidamente che mai, e rivide in un flashback l’incubo
che aveva vissuto …
Aprì gli occhi, ma tutto attorno a lei era sfocato. Riuscì solo a distinguere
alcuni particolari della stanza in cui era stata portata, alcuni mobili, il
soffitto molto alto, la struttura slanciata e fine; le ricordava molto la stanza
dei suoi genitori quando era ancora a Bevelle: doveva esservi tornata. Cercò di
muoversi, ma non ci riuscì, era intontita. Sotto di lei sentiva una superficie
morbida: un letto. Riuscì appena a girare la testa alla sua sinistra e lì, in
piedi accanto a lei, vide una figura che abbassava le mani che fino a poco prima
erano tese sopra di lei. “Tidus …” cercò di sussurrare, ma non emise alcun
suono. La figura si abbassò su di lei, e poté finalmente rendersi conto di chi
era: non era il suo guardiano, ma Seymour. Una mano affusolata del Guado si
avvicinò alla guancia della ragazza, la sfiorò, fredda come il ghiaccio, poi
scese e si spostò su un polso di Yuna, stringendolo e tenendolo fermo contro il
materasso, mentre vicino a lei sentiva il letto piegarsi sotto il peso di un
secondo corpo che vi saliva. Voleva urlare, chiedere aiuto, chiamare i suoi
guardiani, lui, perché venissero a salvarla, a strapparla dalle grinfie
di quell’essere malvagio che stava approfittando di lei, ma il suo corpo non le
rispondeva. Non poté fare niente, mentre diventava sempre meno cosciente.
L’ultima cosa che sentì dopo molto tempo, prima di sprofondare nell’abisso
dell’incoscienza fu il rumore di un corpo che ricadeva sul letto al suo fianco,
facendo sobbalzare il materasso che la cullò su e giù, e un respiro affannato,
mentre il dolore si espandeva dentro di lei, infiammandole il corpo e l’anima …
Yuna cadde in ginocchio nel prato, mentre le lacrime scorrevano sulle sue
guance sempre più rapide e incontrollabili. Tidus le aveva lasciato il braccio,
voltandosi e allontanandosi, con la vista offuscata da un velo d’acqua salata,
che però non sgorgava ancora dai suoi occhi perché era deciso a trattenere le
lacrime. Non aveva mai provato una sensazione simile: la rabbia lo stava facendo
impazzire, gli sembrava di dover esplodere, ma provava anche tenerezza verso
quella creatura spaventata, accasciata sull’erba a qualche passo da lui,
singhiozzante. Dopotutto era stata usata, la sua piccola Yuna aveva dovuto
sopportare tutto questo da sola, non poteva abbandonarla ora. Si asciugò gli
occhi, andò lentamente verso di lei, le si inginocchiò accanto, la prese tra le
braccia in silenzio. Vedendo che l’accoglieva, Yuna si abbandonò contro di lui,
piangendo con sempre più forza, sfogandosi contro il suo petto.
“M-mi dispiace … scusami, Tidus … ma cosa avrei dovuto fare? Era comunque mio
figlio! … cosa credi che abbia provato io?! .. Usata da un essere spregevole
come Seymour e poi abbandonata con questa creatura dentro di me, che per metà
amavo, ma per metà disprezzavo … non sapevo cosa fare! Mi sentivo sola! … io …
io sono sola! …” continuò a singhiozzare.
Tidus le accarezzò i capelli: “No, Yuna. Non è vero. Ora ci sono io. Ti
aiuterò, lo supereremo insieme.”
Rimasero abbracciati a lungo, in silenzio, mentre la ragazza si calmava e
Tidus riordinava i pensieri nella sua mente, scacciava la rabbia dal suo cuore.
Quando i singhiozzi si dissolsero, Yuna lo guardò: non c’era più traccia della
freddezza che prima riempiva gli occhi del ragazzo.
“Ce la farai?” gli chiese “Riuscirai ad accettarlo?”
Tidus ci pensò. Mentre cercava una risposta, una voce infantile lo
interruppe: “Cosa stai facendo, mamma? State giocando?” era Matt, che era
tornato nel giardino. Tidus lo guardò: quei capelli, quelle mani, i tratti del
suo viso … era insopportabile per lui … poi però guardò i suoi occhi … e si
convinse.
“Sì, Matt, stiamo giocando.” gli rispose stringendo a sé Yuna. “Vieni, gioca
con noi.”
THE END