Cimitero
Danza in mezzo alla spoglia desolazione del suo
cimitero sulle note di una musica che solo lui ode riecheggiargli
attorno, una musica tetra e sibillina, illusorio inno alla morte.
I marmi opachi che lo
circondano sono il suo pubblico; gli angeli freddi e muti lo acclamano:
“Rae, danza! Danza per noi e per i morti!”.
E per lui niente c’è di più bello.
Danza ai piedi del suo albero prediletto, rinsecchito e morto ormai da anni, vicino alla sua diletta cripta.
Piroetta, agitando in aria
la lunga chioma color del ghiaccio, gli occhi perlacei che esprimono
malizia e insanità psichica, come sottolinea il ghigno quasi
satanico che gl’increspa le labbra.
In una mano tiene il suo
amato coltello, ancora scintillante d’un incantevole rosso
scarlatto: il sangue della sua ultima vittima, appena sepolta ai piedi
del suo albero, perché quello era il suo cimitero.
Gioisce di
quell’omicidio mentre sente riecheggiar nella sua testa le
acclamazioni delle statue angeliche intorno a lui; e ride e ride.
Ride sapendo che altri
periranno per mano sua nella prossima notte; ride della
fragilità degli umani; ride del sangue versato.
Ride perché perversa è la sua idea di gioco.
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