Ciao, piccolo mio.
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Vuoto.
È così che
sento il mio ventre, il mio corpo.
Completamente, orribilmente vuoto.
E' una sensazione a cui mi sono
disabituata. E' una sensazione orribile, sbagliata, è
qualcosa che sento potrà arrivare a mangiarmi da dentro,
come un cancro; lasciando, di me, soltanto un involucro inutile.
Lo sfioro appena con le dita
tremanti, le lacrime che mi
rigano le guance pallide, bianche. Non c’è vita,
dentro di me. Non c’è nulla,
se non quell’orrendo, disgustoso vuoto.
Rivedo davanti agli occhi appannati
quei momenti, quel piccolo sogno trasformato in un orrore. Da me. Dal
mio corpo. Perché sono sbagliata, sono un errore io stessa,
ed ho appena ucciso il mio bambino, un bambino che non potrà
mai nascere, che non potrò mai cullare fra le mie braccia.
Aborto
spontaneo.
Due parole che risuonano nella mia
cassa toracica vuota, morta. Come te, piccolo mio. La tua mamma non
avrebbe mai voluto perderti, piccolo cucciolo che già amavo.
Forse avresti avuto i miei occhi.
Forse invece quelli del tuo papà, che silenzioso
è seduto accanto a me, atono. Saresti stato biondo, lo siamo
tutti e due, oppure avresti preso qualche carattere strano...saresti
stato la cosa più bella che mi fosse mai capitata. Il mio
bambino, mio figlio.
E invece, la tua mamma ti ha deluso.
Sento il cuore lacerarsi, quel cuore
già troppo provato. E' un'angoscia senza fine, un ululato di
dolore continuo che risuona silenzioso dentro di me, artigliando con
ferocia ogni più misera cosa rimasta viva nel mio petto.
Ti ho perduto, bambino mio. E' stata
colpa mia, è colpa mia.
Mi hanno detto che non
potrò avere bambini. Che potrebbero tutti andarsene,
com'è successo a te. Questa notizia laconica per me
è morte, è una sofferenza che brucia
terribilmente nel mio stomaco, nel ventre che fa male, un dolore che
accetto come la ben più misera punizione che possa subire,
per non essere stata all'altezza del mio bambino.
Mi tremano le mani, mentre scrivo.
L'inchiostro è diluito, sbava in continuazione.
Ti amavo già, piccolo mio.
Ti amavo già tanto, eri il motivo del sorriso
perenne sul volto della tua mamma troppo debole.
E' colpa mia. Non m'importa sentire
altre ragioni. Non possono capire, i medici, non sanno cosa significa fallire, e in quello
che ogni madre ha il terrore che succeda.
Sono stata io ad ucciderti. E' il tuo
il sangue che mi ha macchiato le gambe, le mani, i vestiti; quel
sangue, che non riesco a lavare via dai miei occhi.
Io non so, adesso, cosa ne
sarà di me.
Mi accartoccerò su me
stessa, come un fiore appassito, vuoto. Serrerò le braccia
intorno al ventre, cercando di darvi quel calore che non riesce a
raggiungere quella voragine spalancata dentro di me.
Ma so, che una parte di me se
n'è andata con te.
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19
novembre 2009
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