Prologo
– Freddo addio
13
novembre 2010
Quella
mattina fui svegliato da dei fastidiosi, ma deboli, raggi di sole,
penetravano dalle tende tirate malamente puntando direttamente sui
miei occhi chiusi. Poi la sveglia prese a suonare, ero ancora stanco
morto ma dovevo alzarmi. Imprecando a mezza voce mi liberai dal
leggero lenzuolo che mi copriva le gambe e sedetti sul materasso.
Mi
decisi ad aprire gli occhi puntandoli sui numeri luminosi della
sveglia. Le sei di mattino. Avrei desiderato riposare più a
lungo, la sera prima avevo programmato di mettermi a letto presto in
previsione degli impegni della giornata. Alla fine una cosa tira
l'altra e sono tornato a casa verso le due o le tre.
Guardai
la mia stanza, ancora mezzo addormentato e confuso. Ero tornato a
cassa mezzo congelato a causa della neve che aveva continuato a
cadere dal cielo per tutta la sera. E, dallo spiraglio tra le tende,
vidi che ancora non aveva smesso, anche se i fiocchi che scendevano
erano decisamente diminuiti.
Per
fortuna avevo messo tutto in valigia il pomeriggio del giorno
passato, altrimenti sarei proprio stato in ritardo, avrei anche
rischiato di perdere il mio volo.
Mi
alzai contro voglia trascinandomi fino al piccolo bagno del mio
appartamento. Osservai il mio riflesso nello specchio e... Beh, per
uno che aveva dormito solo tre ore e si era alzato con un mal di
testa trapanante non ero niente male. Ma che scherziamo? Diciamo che
con uno sguardo avrei steso chiunque. Modestamente parlando.
Il
cellulare squillò, mi domandai chi cavolo potesse chiamare
alle sei e un quarto di mattino! Sbuffando tornai in camera da letto,
cercai quello stupido aggeggio senza risultato finché non
smise di far rumore. Stavo per afferrare i vestiti, che avevo
lasciato appoggiati ad una sedia, per cambiarmi e quello riprese a
squillare.
Mi
resi conto che il suono proveniva dal salotto, cerca ovunque senza
riuscire a trovarlo. Dannazione, quell'appartamento era un vero
casino anche quella mattina. Senza tutte le mi cianfrusaglie in giro
rimaneva comunque un campo di battaglia.
Il
cellulare suonò per la quinta, forse sesta, volta e finalmente
lo trovai nascosto tra i cuscini del divano. Senza nemmeno guardare
chi fosse risposi. Forse anche perchè ero già certo di
chi avrei sentito parlare all'altro capo.
«Chi
cazzo rompe a quest'ora?»
«Si,
buongiorno anche a te Mihael. Si può sapere quanto ci hai
messo a rispondere? Sarà la quinta volta che provo a
chiamarti»
«Si,
si... Che vuoi?»
Sbuffò
sonoramente, allontanai l'apparecchio dall'orecchio. A quell'ora di
mattina, appena svegliatomi poi, ogni suono mi pareva amplificato al
massimo. Senza contare il mal di testa che mi assillava.
«Certo
che si un bel tipo, pensare che ti ho chiamato per assicurarmi che ti
svegliassi! Bel ringraziamento!»
«Ma
chi ti ha chiesto niente? Non rompere Light ero già sveglio,
ci vediamo dopo»
Riattaccai
senza aspettare che rispondesse. Forse si era arrabbiato forse si era
rassegnato, non avevo voglia di sorbirmelo alle sei e mezzo. Presi i
vestiti dopo essere tornato nella mia stanza e li indossai, pantaloni
di pelle nera, aderenti e a vita bassa, niente magliette di cotone o
camice con colletto inamidato, per favore ma stava scherzando?
Quando
Light mi aveva detto di non vestirmi come uno che lavorava in strada
ho dovuto trattenermi con tutte le mie forze per non spaccargli la
faccia. Una volta vestito cercai nel cassetto del comodino, trovai
una tavoletta di cioccolata che avevo lasciato fuori dalle valige
proprio per quel momento.
Avevo
chiamato un taxi prima di accingermi a trasportare i pesanti bagagli
fino al piano terra. Non c'era nemmeno un ascensore in quella
palazzina. Per fortuna vivevo al primo piano.
Stavo
aspettando che il taxi arrivasse quando davanti a me si fermò
un'auto sportiva grigio metallizzato. Il finestrino si abbassò
rivelandone il conducente.
«Che
non ti salti più in mente di sbattermi il telefono in faccia!»
«Tsk,
e saresti venuto qui solo per dirmi questo?» sul mio viso era
sicuramente comparso un sorrisetto arrogante, strafottente direi, ci
ero così abituato che a volte nemmeno mi rendevo conto di quel
sorrisetto.
«Che
hai da fissarmi?»
«Era
solo che se non ti decidi a salire in auto diventerai un pupazzo di
neve...»
Dicendo
questo mi passò una mano tra i capelli, muovendoli in modo che
la neve cadesse a terra.
Conoscevo
Light da anni, era convinto di essere perfetto, bello, intelligente,
brillante, ricco, talentuoso, acuto e stronzo. Ok forse stronzo l'ho
aggiunto io. Non ero certo che questo rientrasse tra le sue
consapevolezze. Per essere intelligente lo era davvero, ma io ero il
numero uno, sia chiaro. Nessuno è meglio di Mihael Keehl.
«Carica
le valige sui sedili posteriori e andiamo, non voglio perdere l'aereo
per colpa tua Mihael»
«Ma
tu senti un po' questo...» borbottai tra me e me mentre facevo
come consigliatomi, o ordinatomi, da Light, non perchè me
l'avesse detto lui sia chiaro. Ma perchè mi sarei risparmiato
di dover pagare la corsa in taxi. Tanto che c'era mi conveniva
approfittarne.
Prima
di salire in auto lo guardai osservando il suo profilo, sul volto si
dipinse un ghigno laterale, mi guardò con la coda dell'occhio.
Con lo stesso sorrisetto mi apprestai a salire
Arrivammo
all'aeroporto, durante il viaggio nessuno aveva aperto bocca, io
perchè stavo in piedi per miracolo, Light perchè già
gli giravano. Questa volta non avevo fatto proprio niente per
scatenare la sua ira, almeno non mi pareva.
Quella
mattina alle 9 di mattino salimmo sull'aereo diretto in Inghilterra,
all'università di Londra. Mentre salivamo le scale di metallo,
Light dietro di me, mi parve di sentirlo sussurrare prima di metter
piede a bordo:
«Addio»
Grazie
a Light potevo permettermi di viaggiare in prima classe, ma
attenzione, prima classe non significava che il mio amico non avrebbe
trovato qualcosa da ridire. Mi rilassai quando dopo qualche minuto
vidi Light fare altrettanto.
«Scosso?»
mi chiese gentilmente. Lo preferivo quando imprecava a mezza voce o
mi lanciava qualche frecciatina.
«Un
po'» mi infilai le cuffie dell'i-pod mentre lo vidi alzare gli
occhi al cielo. Sicuramente era seccato dalla mia risposta, avevo
troncato la conversazione sul nascere in uno dei suoi momenti di
gentilezza. Ma non avevo proprio voglia di fare salotto. Come me
anche Light si chiuse nei suoi pensieri, sentii una canzone provenire
dalle sue cuffie, i Muse forse. Così accesi anch'io e mi
lasciai trasportare.
Vidi
i suoi occhi puntanti verso di me, già era arrabbiato solo
perchè gli avevo sbattuto il telefono in faccia. Ed infine
avevo offeso sua altezza disdegnandone la cortesia, che tipo
suscettibile! Mi riaddormentai sul sedile di fianco a Light intento a
guardare chissà cosa.
Ancora
oggi mi chiedo se sia stato un bene o un male l'aver preso quel volo.
Ciao
a tutti siamo Layla94 e Musetta 93 X3 e questo è il prologo
della nostra prima Fanfiction scritta a 4 mani, speriamo che vi possa
piacere, fateci sapere come vi sembra, aspettiamo commenti. Ci
teniamo =D alla prossima
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