Introduzione della beta reader
Introduzione della beta reader.
Scrivo io poche parole di presentazione, visto che
l’autrice è molto timida e molto, molto, molto scansafatiche!
Era il lontano 2005 quando la nostra Harry, che
allora usava l’impronunciabile nick Oryenh, (che continuo a scrivere
sbagliato e la cui origine mi è tutt’ora ignota) abbandonava silenziosamente e
con gran pianto e sofferenza di tutti le scene del mondo fanficcaro per
ritirarsi in altri lidi…
Aveva detto che non avrebbe mai più scritto e mai più
pubblicato, ma ecco che un essere bellissimo e intelligentissimo (molto
ricattatore e che conosce tutte le sue password) di nome Egle (che sarei
io)appare magicamente sulla scena e riesce con la forza della sua amicizia e del
suo affetto non incondizionato a farle cambiare idea e a ricondurla nel
fantastico universo degli omini che si ingrop-… dello slash.
Questo spumeggiante ritorno si è concretizzato in
questa fantastica e mirabolante fan fiction, che ha il titolo di una canzone dei
Kiss (che non è Detroit Rock city..)
Ma bando agli indugi… correte a leggerla e lasciatele
un commentino (vi prego! Tanti commentini! Così magari scrive altro.. non
lasciate che mesi e mesi del mio sudore, delle mie amorevoli e fraterne
insistenze e delle mie giovanili speranze vadano sprecate in una sola opera..
please ;__;)
Sure know something
Scivolò fuori dalle coperte, cercando di appoggiare i
piedi sul pavimento freddo il più lentamente possibile. Si azzardò quasi ad
espirare quando la mano di Arthur gli circondò il polso, tirandolo di nuovo sul
materasso.
“Dove vai?” lo sentì
mugugnare dal cuscino, senza scostare il capo di un millimetro.
Restò a fissare la nuca
bionda per qualche secondo prima di rispondere “Al lavoro? Ti ricordi..
servitore.. incarichi mattutini..”.
Il ragazzo brontolò
qualcosa di incomprensibile, mentre lo catturava accanto a lui con il braccio.
“Ti ricordi? Principe.. i
miei desideri sopra ogni cosa.”
Merlin sbuffò dal naso,
sorridendo “Sì, a questo però ci siamo già attenuti questa notte.”
Sentì le labbra di Arthur
scivolargli sul collo e le sue mani infilarsi sotto la camicia leggera.
“Devo occuparmi della tua
colazione.. la cuoca si chiederà perché ritardi tanto.” cianciò. Non che avesse
realmente voglia di abbandonare il calore delle lenzuola e di privarsi delle
attenzioni che l’erede al trono gli stava dispensando, ma a volte il suo
inspiegabile senso del dovere agiva in maniera piuttosto assurda.
Strinse le labbra quando
la bocca di Arthur iniziò a fare qualcosa di estremamente erotico al lobo del
suo orecchio. Merlin chiuse gli occhi, abbandonandosi a un sospiro di piacere,
prima di ritrovare la lucidità.
“E poi ci sono i cavalli..
e la stalla.. e i vestiti che indosserai stasera. E l’armatura da finire di
lucidare. Non puoi allenarti con gli altri cavalieri con l’armatura ancora
sporca da-”
“Merlin!” lo interruppe
Arthur con tono esasperato. Lasciò la presa su di lui e si distese sulla
schiena, guardando il soffitto ed emettendo un singhiozzo frustrato.
“Come riesci a smontarmi
tu con delle chiacchiere..” borbottò, stropicciandosi la faccia.
Merlin piegò appena le
labbra in un mezzo sorriso, mettendosi di nuovo a sedere sul letto e
allungandosi per recuperare le braghe dal pavimento. Le indossò rapidamente,
allacciandosele in vita.
“Mi farò perdonare…”
assicurò il mago cercando il suo fazzoletto rosso con lo sguardo. “..Sire”
aggiunse con tono pomposo quando lo individuò.
Lo raccolse da sotto i
pantaloni del principe e se lo legò al collo. Lanciò ancora un’occhiata ad
Arthur, sentendo l’impulso improvviso di chinarsi per sfiorargli le labbra prima
di uscire.
Se non altro per
cancellare quello stupido broncio offeso che gli stava rivolgendo.
Distolse lo sguardo dopo
qualche secondo, sopprimendo faticosamente il pensiero.
Lui e Arthur non avevano
quel genere di rapporto.
Sì, ovviamente erano più
che servitore e padrone.. poteva dire che erano quasi amici, che si fidavano uno
dell’altro, che passavano la notte assieme, ma sicuramente non che perdevano
tempo con gesti affettivi di natura non sessuale. Niente coccole, niente baci
fini a sé stessi, niente.. relazione.
Naturalmente Merlin non
aveva mai pensato a lui e ad Arthur come due persone che hanno una storia,
quindi aspettarsi o desiderare qualcosa di più di quello che avevano era fuori
questione. Si trattava solo di stupidi desideri dipendenti da.. qualcosa.
Qualcosa che Merlin non aveva ancora capito, ma a cui sicuramente sarebbe
arrivato. Presto.
Si sentì lo sguardo di
Arthur addosso quando si diresse verso la porta per uscire dalla stanza, ma
cercò di non badarci.
“A dopo” provò a dire,
scoccandogli un’occhiata veloce prima di chiudersi la porta alle spalle.
Lo sguardo di Arthur era
sempre così profondo, in qualsiasi occasione. Merlin si scopriva spesso a
disagio sotto l’esame attento di quegli occhi, soprattutto quando non riusciva a
decifrare quello che il principe stava pensando in quel momento. S’innervosiva
velocemente e, altrettanto velocemente, cominciava a farsi uscire dalla bocca
qualsiasi cosa gli passasse per la testa. Di solito qualcosa di poco adatto alla
situazione in cui si trovava.
Decise, ad ogni modo, di
accantonare queste elucubrazioni e di dedicarsi totalmente al motivo per cui
aveva abbandonato il letto di Arthur.
Sgattaiolò rapidamente
lungo i corridoi, stando ben attento a non incrociare nessuno mentre raggiungeva
le cucine. Si domandava sempre cosa sarebbe successo se avesse incontrato una
guardia o un servitore uscendo dalla camera privata di Arthur durante le prime
ore della mattina. Probabilmente si preoccupava per niente, perché chi avrebbe
mai sospettato che Merlin potesse essere in quella camera per motivi diversi dai
suoi compiti abituali?
Solo qualcuno con una
fervida immaginazione. Il ché era un bene. Non molto per l’ego di Merlin, ma
parecchio per la reputazione di Arthur.
*
Si occupò dei suoi doveri
il più velocemente possibile e già a metà mattina era riuscito a liberasi di
tutti gli impegni urgenti. Anche Gaius evitò di assegnargli ulteriori compiti,
proprio perché sapeva quanto Merlin tenesse ad avere un paio d’ore libere in
quel particolare giorno.
Raggiunse il mercato in
piazza con una corsa, fermandosi vicino ad un carretto col fiatone. Si appoggiò
con le mani sulle ginocchia, espirando profondamente. Faceva sorprendentemente
caldo per essere soltanto il principio dell’estate e la casacca umida gli
aderiva alla schiena come una seconda pelle. Si passò un braccio sulla fronte e
fece scorrere lo sguardo tutt’attorno, osservando le varie bancarelle che si
erano disposte nella piazza principale di Camelot. Il vociare del mercato lo
metteva sempre di buon umore, massaie che si trascinavano dietro uno stuolo di
bambini, che giocavano nelle pozzanghere, i venditori che cercavano di attrarre
i clienti vantandosi per le loro stoffe resistenti o per i loro pressi modici.
Quello del mercato era un
rito sempre uguale a sé stesso, rivolto soltanto alla gente del popolo e Merlin
si scopriva a far parte di una nuova collettività, diversa a quella della corte
e più simile a quella del luogo da cui proveniva e a cui si sentiva ancora molto
legato.
Rivolse un sorriso a un
paio di ragazze che lavoravano nelle cucine reali e proseguì tra le varie
bancarelle.
Sorrise lentamente
individuando quella del robivecchi. Si avvicinò, già pregustando quello che
sapeva avrebbe trovato.
“Buongiorno” disse
puntando subito all’ angolo della bancarella dove erano appoggiati pochi volumi
dall’aspetto usurato. Ne prese uno che non aveva mai visto e lo aprì
delicatamente guardando di cosa si trattava.
Ogni due mesi aspettava il
primo giorno dopo la luna nuova per poter vedere quello che il rigattiere era
riuscito a raccogliere nei paesi vicini. Molto spesso tornava con gli stessi
libri che aveva sfogliato la volta precedente, ma ogni tanto, quando Merlin era
fortunato, l’uomo tornava con alcuni nuovi testi, vendutigli probabilmente da
qualche ladruncolo che non capiva il reale valore del suo bottino.
Sfogliò con cautela le
pagine, accorgendosi che si trattava di un libro di botanica in cui erano
disegnate una quantità impressionante di piante ed erbe selvatiche usate per
scopi medici. Si sorprese a trovare alcune foglioline seccate tra le pagine in
cui il disegno mancava.
“Quanto vuole per questo?”
domandò d’impulso, sollevando il capo verso il venditore. Non aveva molti soldi
da parte, ma per quel libro sarebbe stato disposto a darli tutti via. Neanche
Gaius aveva tra i suoi volumi un libro così ben fatto. Sarebbe stata una spesa
di cui non si sarebbe pentito.
“Cinque monete d’oro”
O forse no.
Merlin guardò vacuamente
l’uomo, rendendosi lentamente conto che neanche in un anno di servizio alle
dipendenze del principe sarebbe riuscito a mettere da parte la somma necessaria
a comprarlo. Non aveva mai neppure tenuto tra le mani una moneta d’oro.
Figurarsi cinque.
Espirò profondamente,
abbassando lo sguardo sulla pagina che aveva lasciato aperta.
Sarebbe stato un gran bel
libro per cominciare la sua collezione. Lo avrebbe messo vicino a quello che gli
aveva regalato Gaius e..
“Fa niente” disse,
richiudendolo.
In fondo avrebbe potuto
pensarci una volta che avrebbe avuto una casa sua. Con una stanza adatta a
tenere dei libri. La sua stanza era spaziosa, ma molto disordinata. Avrebbe
rischiato di rovinarlo. E sarebbe stato un peccato.
“Mai che ti trovassi a
lavorare, Merlin!” lo apostrofò una voce nota.
Si voltò di scatto vedendo
Arthur camminare verso la sua direzione.
“Ti sto cercando da ore!”
si lamentò il principe fermandosi davanti a lui. Merlin dubitava che lo stesse
veramente cercando da ore. Era più probabile che si trattasse di pochi minuti,
ma per Arthur erano sempre ore quegli attimi che lo separavano da quello che
voleva.
“Scusa.. stavo-”
“Perdendo tempo. Ho
visto.”
Fece roteare gli occhi
evitando di rispondere. Se non era in ginocchio a lucidare i suoi stivali o
intento in un’altra nobilissima attività, Merlin stava sempre perdendo tempo a
suo parere.
Lo vide corrugare la
fronte mentre osservava quello che aveva ancora tra le mani. Merlin si affrettò
a rimettere il libro nel punto esatto in cui l’aveva trovato. Spostò
nervosamente il peso del corpo da un piede all’altro, mordendosi il labbro
inferiore e tentando di ignorare il peso dello sguardo di Arthur. Si sentiva di
nuovo a disagio.
Non sapeva come Arthur
avesse sempre il potere di innervosirlo in quel modo.
“Non lo compri?”
Scosse la testa,
scostandosi dalla bancarella dopo aver rivolto un cenno di saluto al mercante.
“Non oggi”
Neanche domani.
Si ficcò le mani in tasca,
camminando silenziosamente accanto ad Arthur. Con ogni probabilità quel libro
sarebbe stato ancora sulla bancarella il mese seguente e tutti i mesi a venire,
non c’era in giro così tanta gente che sapesse leggere, che fosse appassionata
di botanica e che potesse permettersi di spendere cinque monete d’oro. Non era
plausibile che qualcuno glielo soffiasse.
Avrebbe dovuto
semplicemente iniziare a risparmiare e lavorare più duramente, nel giro di poco
tempo avrebbe raccolto il denaro necessario.
Probabilmente ci sarebbero
voluti soltanto un paio di decadi.
“Chi ti ha insegnato a
leggere?” si sentì chiedere all’improvviso. Sollevò il capo verso il principe,
umettandosi le labbra. “Mi sembra che lo sapessi fare già all’inizio del tuo
servizio qui. Quindi non deve essere stato Gaius. Devono avertelo insegnato ad
Ealdor.”
Merlin annuì, vagamente
sorpreso dal fatto che Arthur avesse notato un particolare del genere già
all’inizio della loro conoscenza.
All’epoca lo considerava
un enorme pallone gonfiato con un ego troppo grande per contenersi. Ma forse il
pallone gonfiato era stato un po’ più osservatore di quanto lui avesse mai
sospettato. Piegò appena le labbra, in qualche modo soddisfatto da questa
possibilità.
“Me l’ha insegnato mia
madre. Diceva che mi sarebbe sicuramente tornato utile” rispose, stringendosi
nelle spalle. Rimase in silenzio per una manciata di secondi prima di riprendere
a parlare. “A casa non avevamo i soldi per l’inchiostro e le pergamene, quindi
mi insegnava con la cenere del camino. La spargeva a terra, l’appiattiva con
cura e con un bastoncino di legno ci scriveva sopra.” Sorrise ricordando la
madre, con le mani sporche di fuliggine, che cercava di convincerlo a copiare le
piccole lettere che disegnava.
“In estate invece mi
portava al torrente e mi faceva studiare dove l’acqua bagnava il terriccio.
Anche se lì mi distraevo ogni volta che spuntava un ranocchio. E ne spuntavano
tanti. Sembrava che li chiamassimo noi, perché sono sicuro che in altre
occasioni non-”
“Merlin..”
Sollevò il capo, guardando
Arthur. Troppe chiacchiere? O erano le ranocchie? Merlin non riusciva mai a
distinguere la sottile linea che separava l’interesse di Arthur dalla noia più
totale.
“Chi l’ha insegnato a tua
madre?” gli chiese l’erede al trono.
Scosse la testa, insicuro
della risposta. “Credo mio padre. Un giorno deve averlo accennato, ma poi non ne
ha mai più parlato. Non penso che nessun altro si sarebbe preso la briga di
insegnarglielo.”
“E cosa leggevi?”
“C’era un guaritore al
villaggio.. mia madre gli preparava da mangiare. E in cambio lui le prestava
alcuni dei suoi libri. Anche se, a dir la verità, aveva una collezione piuttosto
limitata” replicò, facendogli sfuggire uno sbuffo dal naso.
Arthur annuì pensieroso
mentre entravano nel castello. Ancora una volta Merlin era del tutto incapace di
decifrare il suo comportamento. Gli accadeva sempre più spesso negli ultimi
tempi e ancora non sapeva decidere se era un bene o un male. Lo seguì
silenziosamente nel corridoio prima di corrugare la fronte. “Per cosa mi
cercavi?”
Arthur sorrise, inclinando
il capo. Allungò il braccio verso il suo collo e gli sfiorò la pelle con le
dita, attirandolo contemporaneamente verso la sua stanza.
“Ho visto che avevi
terminato i tuoi incarichi mattutini..”
*
Si allungò pigramente
sulle lenzuola, sentendo il braccio e buona parte del petto di Arthur gravargli
sulla schiena.
“Sei pesante” lo informò,
girando appena il capo verso di lui. Era così vicino al suo viso da poter
distinguere ogni singola ciglia bionda che ornava la sua palpebra.
“Sei irritante” ribatté
Arthur, senza accennare minimamente a spostarsi.
Merlin arricciò le labbra,
restando immobile a guardarlo.
Gli piaceva vederlo
riposare. Aveva un’aria così tranquilla. Avrebbe detto che sembrava vulnerabile,
se non avesse saputo che dietro a quell’aria rilassata Arthur era pronto e
all’erta come tutti i grandi soldati. L’aveva visto di persona svegliarsi di
colpo, prima che un intruso potesse avvicinarsi troppo, e immobilizzarlo con
poche mosse veloci. Si sentiva sempre stupidamente al sicuro vicino a lui.
Fece scorrere lo sguardo
sulla linea del suo naso e poi sulle sue labbra, ancora rosse per i baci di poco
prima.
Recentemente continuava a
sentire il desiderio costante di quelle labbra. Non voleva necessariamente che
quei baci portassero ad altro, desiderava solo sentire la sua bocca contro la
propria molto più frequentemente di quanto gli fosse consentito.
“Cosa guardi, Merlin?”
Alzò lo sguardo si scatto,
trovandosi a fissare gli occhi azzurri di Arthur.
“Niente” rispose di
fretta.
“Non è vero!” ribatté il
principe con tono leggermente offeso. “Stavi guardando le mie labbra.”
Merlin sentì le sue
stupidissime orecchie diventare immediatamente calde. Odiava quando facevano
così. Sembravano una spia che entrava in funzione quando evitava di dire la
verità. Una bugia imbarazzante e loro si accendevano subito.
“Vuoi baciarmi, Merlin?”
insistette Arthur con quel suo tono arrogante.
S’imbronciò leggermente,
rifiutandosi di rispondere. Qual era lo scopo di prenderlo in giro in quel
momento? Non doveva essere.. contento? Dov’era finito il buon umore post-sesso?
Quando l’erede al trono era gentile ed estremamente soddisfatto?
“O vuoi che io baci te?”
Merlin mugugnò molto
contrariato quando Arthur lo costrinse a girarsi supino. Roteò gli occhi,
fintamente infastidito quando il ragazzo tornò a coprirlo con il suo corpo.
“Arthur..” si lamentò
mentre il principe scendeva con le labbra sul suo collo, tracciando una scia
umida sul suo sterno e poi lentamente sul suo stomaco.
“Così?”
Merlin si morse il labbro
inferiore sentendo la bocca di Arthur continuare a scendere testarda.
Abbassò le palpebre,
espirando profondamente, quando avvertì i suoi denti mordicchiargli
delicatamente la pelle sotto l’ombelico.
“Io dico che prima, però,
preferiresti così”
Merlin aprì gli occhi,
guardando Arthur tornare sopra di lui, sorreggendosi con il braccio.
“Così come?” gli chiese.
“Zitto, Merlin” sussurrò
il principe, chinandosi su di lui e sfiorandogli la bocca delicatamente. Merlin
quasi non si accorse di star trattenendo il respiro, mentre Arthur muoveva piano
le labbra sulle sue, accarezzandole con la punta della lingua.
Non si era aspettato che
Arthur si accorgesse di quello che lo stava tormentando negli ultimi tempi e
sicuramente non si aspettava che gliene importasse. Le cose non funzionavano
così tra di loro.
Tentennò ancora soltanto un istante, prima di dischiudere le labbra, facendosi
coinvolgere dal bacio. Fece scivolare la lingua tra le sue labbra, trattenendo a
stento un gemito di piacere e sollevando leggermente il capo, per poter
assaporare la sua bocca con più facilità. Sentì lo stomaco contrarsi in una
morsa piacevole quando la mano di Arthur si posò sulla sua nuca, tenendola
contro di lui in maniera possessiva.
Si scostò senza fiato,
respirando affannato contro la bocca di Arthur quando la necessità di ossigeno
non fu più ignorabile.
“Almeno ora so per certo
come farti tacere” mormorò il principe, baciandogli appena l’angolo della bocca,
mentre si riappoggiava pigramente contro di lui. Merlin vide le sue labbra
incurvarsi in un sorriso indecente, che gli spedì un brivido intenso al basso
ventre.
“E ora proviamo anche
nell’altra maniera” aggiunse Arthur, scivolando sotto alle lenzuola.
*
Merlin si trascinò
stancamente verso casa di Gaius. Era stato tutto il pomeriggio in giro a tentare
di finire tutte le cose che aveva lasciato indietro per restare con Arthur. Era
convinto che non fossero poi molte, ma non appena ebbe cominciato ad
occuparsene, queste trovarono il modo di moltiplicarsi in maniera inquietante.
Il pulire la stalla era diventato anche strigliare i cavalli. Lo strigliare i
cavalli, s’era tramutato successivamente nello sellarli. Questo nel preparare il
campo di addestramento dei cavalieri, nel portargli l’acqua, nel riportare il
cavallo di Arthur alla stalla, nel cibarlo, nello strigliarlo ancora. Era
arrivato il buio e Merlin era matematicamente sicuro di aver dimenticato di fare
qualcosa di vitale. Come sistemare i vestiti per il giorno dopo sulla sedia del
principe. O assicurarsi che la brocca dell’acqua nella sua stanza fosse stata
riempita di nuovo.
Espirò profondamente,
passandosi le mani tra i capelli. Avrebbe affrontato le gravissime conseguenze
il giorno dopo. Ora poteva pensare solo ad andare a letto. Da solo.
Scivolò nella piccola
casetta, mugugnando un saluto in direzione del vecchio guaritore. Non si fermò
neanche per frugare nella dispensa alla ricerca di cibo, si diresse direttamente
verso camera sua, incapace di rimandare ancora l’incontro col suo letto.
“Merlin”
Forse no.
Voltò il capo verso Gaius.
Sulla faccia doveva avere un’espressione così supplice che il vecchio medico gli
rivolse un’occhiata a metà tra lo sorpreso e il compassionevole. “Sì?”
Non un lavoretto. Per
favore.. non un lavoretto. Qualsiasi cosa, ma domani.
“Il principe ti cercava”
Corrugò la fronte,
voltandosi completamente verso di lui “Quando?”
“Poco fa. L’ho trovato qui
in casa. Stava uscendo dalla tua camera”
Questo era strano. Arthur
non veniva quasi mai nella casa di Gaius. Soprattutto non a quelle ore. “E ti ha
detto qualcos’altro?”
Il vecchio scosse la
testa.
Merlin espirò
profondamente, lanciando un’occhiata alla porta e valutando se era il caso di
raggiungere Arthur. Aveva voglia di vederlo e passare qualche ora da solo con
lui, ma sapeva anche che era troppo stanco per fare qualsiasi cosa diversa dal
crollare addormentato a letto.
E questo non era
sicuramente il progetto di Arthur. A volte non riusciva davvero a spiegarsi come
il principe avesse sempre fame di lui.
“Se fosse stato urgente te
lo avrebbe detto. Andrò da lui domani mattina presto” mormorò il mago, entrando
nella sua stanza. Si tolse la giacca, trascinandosi stancamente verso il letto.
Espirò profondamente accasciandosi sulle coperte, chiuse gli occhi e si
stiracchiò.
Riaprì gli occhi
velocemente, accorgendosi di aver registrato qualcosa di insolito nella sua
camera pochi secondi prima.
Vide la sedia accanto al
letto essere occupata da un libro. Si tirò su con un gomito, allungando il
braccio per vedere di cosa si trattava. Se Gaius gli stava suggerendo di
studiare con più impegno, aveva davvero sbagliato sera. Era troppo stanco pure
per pensare, figurarsi per cominciare a memorizzare tutte quelle formule che..
Merlin si mise a sedere di
scatto. Sfogliò le pagine del volume più velocemente, ora del tutto consapevole
che aveva tra le mani il libro del mercato.
Sbirciò verso la porta,
deciso a non saltare a conclusione affrettate. Poteva essere un regalo di Gaius.
Un regalo estremamente azzeccato in gusti e tempismo.
Un regalo però troppo
costoso per il vecchio.
Merlin si morse le labbra
sentendo lo stomaco contrarsi leggermente.
Non poteva essere un
regalo di Arthur.
Perché avrebbe dovuto
preoccuparsi di tornare al mercato e spendere cinque monete d’oro per lui? Come
aveva fatto poi a ricordare qual era il libro che stava sfogliando? Non l’aveva
degnato di più di un’occhiata distratta.
Continuava a ripetersi che
stava certamente sbagliando e che non era un gesto da Arthur, ma dentro di sé
una piccola vocina gli diceva l’esatto opposto. E quando finalmente Merlin si
decise a chiudere il becco alle proprie paranoie e la sentì nitidamente, non
poté far altro che alzarsi e uscire veloce dalla stanza.
“Forse era urgente! Meglio
che vada a vedere!”
*
Bussò piano sulla porta
della camera del principe, sentendosi addosso lo sguardo delle due guardie in
fondo al corridoio. Arthur si era già ritirato nei suoi alloggi da un po’ e
nessuno si sarebbe azzardato a disturbarlo senza un buon motivo.
E Melin forse non lo aveva
neanche un buon motivo, ma almeno doveva esserne sicuro.
“Arthur?” lo chiamò a
bassa voce, entrando.
Il ragazzo era in piedi
vicino alla bacinella dell’acqua, con addosso solo i calzoni. Il suo petto era
costellato di lividi, risultato dell’allenamento del pomeriggio con i suoi
cavalieri. Lo degnò di un’occhiata distratta prima di immergere le mani nel
catino e risciacquarsi la faccia.
Il giovane mago sentì
vacillare le sue convinzioni per un attimo.
Dopotutto quello era
Arthur. Il principe di Camelot. La persona più potente dopo Uther. Non aveva
bisogno di essere gentile con un servitore. Poteva ottenere da lui qualsiasi
cosa volesse, semplicemente chiedendola. Pensare che si fosse disturbato così
tanto solo per lui era molto egocentrico. Ma dopotutto era Arthur, il principe
di Camelot. Che, quando lo guardava, gli faceva dimenticare l’esistenza di
parole come servitore e padrone. Che poteva stringere il suo cuore
in una morsa solo con quegli occhi intensi. E che, quando gli sorrideva, sapeva
far sparire tutto il resto attorno a loro.
Lo raggiunse in pochi
passi, fermandosi davanti a lui. Sollevò il capo e cercò le sue labbra,
baciandolo lentamente. Lentamente sentì qualcosa sciogliersi dentro di lui, come
un uccello tenuto per troppo tempo in gabbia e che ritrovava finalmente la
libertà. Fece scivolare le dita tra i suoi capelli mentre approfondiva il bacio
e le braccia di Arthur lo circondavano, attirandolo contro di lui.
Scostò di poco il capo,
respirando più affannato contro la sua bocca.
“E’ la prima volta che mi
baci.”
Merlin sollevò le palpebre
guardandolo. Scosse appena la testa, non del tutto sicuro su come rispondere.
“Davvero?”
“L’ho sempre fatto io. Tu
hai sempre risposto.”
Merlin sorrise appena.
Forse Arthur aveva ragione, forse avrebbe dovuto dimostrargli più apertamente
quello che desiderava, ma aveva sempre avuto paura che non fosse quello che
l’erede al trono si aspettasse. Gli bastava avere Arthur quando lui decideva di
voler essere suo, non si era mai azzardato nemmeno a pensare che al principe
potesse far piacere sapere che Merlin lo desiderava molto di più di quanto
dimostrasse.
Posò un altro bacio sulle
labbra del principe, accarezzandogli piano la guancia. “Scusa”
Lo vide sorridere tronfio,
accarezzandogli la base della schiena. Merlin strinse le labbra per non
sorridere troppo apertamente quando avvertì quelle mani insinuarsi sotto la sua
casacca dopo un istante.
“Nah.. lo sapevo che ti
piacevo. Che eri solo timido. Ma lo capisco.. sono così bello, forte,
coraggioso.. fa soggezione.”
Merlin fece roteare gli
occhi, dandogli una leggera spinta.
“Come no, sire..
Ora, se vuole scusarmi..” cercò di liberarsi dalla morsa delle braccia di Arthur
con scarso successo.
“Dove pensi di andare?”
“A dormire.. da solo.”
“Resta qui.” sussurrò lui
senza lasciarlo andare e sfiorandogli lo zigomo con una carezza dolce. “Farò
solo quello che preferisci.”
Merlin lo guardò sapendo
già che avrebbe ceduto di lì a pochi secondi. Dopotutto era Arthur. Solo il suo
Arthur.
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