La
Medium
Fissai
a lungo la porta di legno che mi separava dalla persona che, forse,
avrebbe potuto aiutarmi. Pensai: «Ma cosa sto facendo? Io non
ho mai creduto a queste cose, io ho sempre creduto nella scienza e
nelle spiegazioni razionali, non sono un tipo superstizioso».
Eppure ero lì, davanti alla porta di quel locale arcano a
riflettere sul da farsi.
«No! Ci deve pur essere un altro modo!»
Chiusi gli occhi come per non vedere più la porta, quindi la
tentazione di andare oltre, e mi voltai. Riaperti gli occhi vidi
davanti a me l'uscita del vicolo e feci per imboccarlo quando, ad un
certo punto, sentii un grido fanciullesco. Proseguii velocemente per la
mia strada e mi affacciai da dietro il vivolo per scoprire cosa stesse
accadendo e vidi una famigliola, madre, padre e figlio. I due genitori
sedevano su una panchina, mentre il figlio, di età non
superiore ai sei anni, si aggirava intorno a loro saltellando vivacemente
e gridando di rabbia per il suo gelato, caduto a terra per una
distrazione.
Il banbino reclamava il gelato o per lo meno un altro che lo
sostituisse e... «ma perchè sto qui ad
origliare?» pensai rendendomi conto di quello che stavo
facendo. «è solo una famigliola come tante e un
bambino, non devo nascondermi, anzi, non devo proprio stare qui ad
origliare».
Uscii dal vicolo e assunsi un atteggiamento meno furtivo e
più tranquillo. Mi voltai alla mia sinistra con l'intenzione
di imboccare la strada per tornare a casa quando udii una seconda voce,
questa volta più adulta e mascolina. Voltai nuovamente lo
sguardo verso quella famiglia e vidi giungere verso di loro un ragazzo
di circa diciannove o venti anni, con in mano un gelato. Rimasi
immobile a fissare la scena di quel ragazzo che porgeva il dolce al
bambino che, con espressione sollevata e felice, esclamò:
- Grazie, fratellone! -
A quelle parole un brivido freddo scosse la mia schiena, d'improvviso
tornò quella sensazione di vuoto e, ancor peggio, quel
malessere insopportabile, quel misto di rabbia, odio e disperazione.
Corsi nuovamente nel vicolo e a metà di quella fredda strada
mi fermai cadendo sulle mie ginocchia. mi chiusi a riccio poggiando la
testa sul gelido asfalto, come se tentassi di proteggermi da un
pericolo incombente. Una lacrima scese dai miei occhi lungo il viso,
una sola lacrima, l'ultima che volevo versare. Aprii gli occhi e con
fare deciso, bussai alla vecchia porta di legno.
Nessuno rispose. Riprovai una seconda volta, ma nuovamente non ottenni
risposta quindi allungai la mano verso quel pomello arrugginito ma,
prima di poterlo raggiungere, la porta si aprii dinanzi a me. Guardai
oltre la soglia della porta, ma non vidi nessuno. La cosa mi
impaurì leggermente, sembrava di stare in un film
dell'orrore. Ma si trattava della realtà, non c'era quindi
da aver paura perchè nella realtà i mostri e i
demoni non esistono, ma esitono solo le persone malvagie. Con questa
convinzione in testa sbirciai all'interno della stanza, ma poco vidi,
poichè l'ambiente era buio. Intravidi solo dozzine di
ripiani a muro che sorreggevano numerose candele accese e che,
nell'insieme della loro fioca luce, illuminavano appena un tavolino
circolare coperto da un drappo di seta rosso sulla quale poggiava una
sfera di cristallo che luccicava riflettendo la poca luce emessa dai
lumi e, dietro di essa, una figura incappucciata, coperta da un manto
nero pece, sembrava attendermi. Mi soffermai solo un altro momento
prima di addentrarmi in quelle tenebre. Timoroso rimasi in silenzio e
mi voltai per chiudere le porta alle mie spalle.
Mi voltai verso la tetra sagoma e feci per parlare quando venni
anticipato da una cupa voce femminile che proveniva da sotto il manto
nero.
- Ti aspettavo, Raziel -
Ella alzò lo sguardo per cercare il mio, ma io non
riuscivo a vederla in volto, perchè il cappuccio faceva in
modo di nasconderla bene nell'ombra. Quando i miei occhi si abituarono
al buio riuscii a vedere il suo viso dalle narici del suo naso in
giù, l'unica parte illuminata. Si capiva chiaramente che si
trattava di una donna anziana, aveva la pelle molto chiara e piena di
rughe, le labbra screpolate, e una macchia più scura, forse
una voglia, a sinistra del mento.
- Come sai il mio nome? - chiesi perplesso con voce titubante.
- Oh, io so tutto su di te, Raziel. Io vedo tutto, è il mio
lavoro, è il mio potere... - rispose.
Mi invitò a sedermi su uno sgabello situato di fronte al
tavolino, un mobilio che prima non avevo notato. Iniziò a
parlare in modo lento ma carismatico, alternando toni di voce alti a
toni bassi e gesticolando in modo appariscente con le mani aperte, come
se volesse incantarmi, e forse ci stava riuscendo. A lungo
parlò esponendomi la grandezza del suo potere, che le
permetteva di leggere nell'animo umano, liberare da malefici, vedere
nel futuro e comunicare con gli spiriti dell'aldilà.
Proprio per quest'ultima sua capacità io la stavo cercando,
ma non dissi nulla, volevo metterla alla prova.
- Se sai leggere nell'animo umano allora mi puoi anche dire
perchè sono qui! - esclamai.
- Porgimi la tua mano destra giovine - chiese allungando la sua
scheletrica mano in attesa della mia.
In risposta io tesi la mia mano destra come aveva chiesto e lei la
afferrò lentamente poggiando il mio palmo sul suo. La sua
mano era gelida, come quella di un cadavere e altresì
pallida, mi fece uno strano effetto, ma la lasciai fare.
Poggiò l'altra mano sopra la mia, fino a coprirla
interamente sia da sopra che da sotto, ed alzò lo sguardo al
cielo quasi come se entrasse in trans emettendo un flebile lamento.
Successivamente abbassò nuovamente lo sguardo, poi
allentò la presa, girò la mia mano col palmo
rivolto verso l'alto e la fissò. Ero abbastanza sicuro che
stesse leggendo la mano, una cosa abbastanza comune per le medium, ma
non ci avevo mai creduto, così come non avevo mai creduto in
queste cose in generale. La vecchia signora era stata molto convincente
nel suo discorso precedente, tuttavia il mio scetticismo mi spingeva ad
avere molti dubbi, tanto che pensai di andarmene. Ad un certo punto,
però, ella esclamò:
- E così sei qui per tuo fratello... -
Rimasi allibito da tal parole. Quell'intervento cancellò
d'un tratto ogni mio dubbio e scetticismo, come un onda che cancella un
disegno sulla sabbia. «già era strano il fatto che
conoscesse il mio nome, ma come può sapere anche il motivo
per cui sono qui? Nessuno lo sa, con nessuno ne ho parlato, che sia
davvero dotata di un qualche potere? Ma si non c'è altra
spiegazione!»
- Si! Si sono qui per mio fratello! - esclamai ormai convinto che
quella vecchia signora potesse aiutarmi.
- Cosa vuoi da tuo fratello? -
- Vorrei parlargli! E vederlo! E... -
- Ehi ehi ehi, giovane! - mi interruppe con tono svelto - Io sono una
medium, non tu! -
- Che vuoi dire? Non pui mettermi in contatto con lui? -
- Si, ma non fraintendere... Io posso parlargli perchè
posseggo il dono della stregoneria, ma ti posso solo riferire quello
che dice, non puoi parlarci direttamente poichè tu non hai
il mio stesso potere. Altrimenti sarebbe troppo facile non credi? -
- Beh, immagino di si... -
- Ad ogni modo il vederlo è altresì impossibile.
Nemmeno io posso vedere gli spiriti con cui entro in contatto, posso
solo comunicare con loro. -
Riflettei un momento su quanto aveva detto ed effettivamente il
discorso aveva senso, quindi decisi di darle fiducia-
- Daccordo! Puoi allora chiamarlo per me e farmi da tramite? -
- Se è questo che vuoi... -
Poggiò i palmi aperti delle mani sul tessuto di seta
cremisi che ricopriva il tavolino, lasciando al centro la
sfera di cristallo.
- Uh, e io che credevo che la sfera di cristallo fosse solo uno stereotipo
delle chiaroveggenti! - pensai ad alta voce.
- Sbagli, giovane Raziel. La sfera che è posta davanti a noi
è realmente un oggetto con dei poteri. In effetti, non
è altro che uno specchio, uno specchio che mostra
l'oltremondo! E' con questo che troverò tuo fratello prima
di potermi mettere in contatto con lui. - disse a voce sussurrante dopo
aver udito le mie parole.
Alzò quindi le mani posizionandole intorno alla sfera e
abbassò la testa in segno di concentrazione.
- Come si chiamava tuo fratello? - domandò
- Cosa? - chiesi, sperando di aver capito male
- Il nome di tuo fratello, devi dirmelo cosicchè io possa
trovarlo -
- E'... Era... Ni-Nicholas, Nicholas Serafan - La risposta usciva con
difficoltà dalla mia bocca. Era da tanto, troppo tempo che
non lo nominavo. Quando era in vita lo chiamavo continuamente e il suo
nome era diventato una cosa normale, ma ora, ora mi sembrava
così strano, come se fosse un nome nuovo, mai sentito,
eppure era il suo.
- Bene - Disse lei prima di tornare nel suo stato di profonda
concentrazione.
All'improvviso, la sfera si fece più luminosa, e l'arcana
signora esclamò: - Trovato! -
Una sensazione di sollievo interruppe il senso di agitazione che
permeava il mio corpo fino a quel momento e con trepidazione chiesi
subito di iniziare a comunicare con lui.
- Nicholas... Nicholas... Io ti invoco! -
La strega chiamava dall'oltremondo lo spirito del fratello affranto. Il
tavolo tremava, l'aria carica di energia diventava sempre
più cupa, i brividi salivano lungo la mia schiena.
D'un tratto tutto si acquietò, fu allora che la medium mi
chiese di dirle cosa doveva comunicare al fratello.
- C-C-Ciao, Nick! - dissi alla vecchia come riferendomi al mio defunto
fratello.
- Nicholas, tuo fratello, Raziel, ti saluta - disse lei facendo da
tramite
Rimase in silenzio un attimo e subito rispose: - Tuo fratello ricambia
il saluto, ma aggiunge di essere rammaricato e chiede venia per averti
abbandonato -
Non ci potevo credere, stavo comunicando davvero con Nicholas. Ero
pieno di entusiasmo, quasi felice per quello che era riuscita a fare
quella vecchia.
- Gli dica che... -
- Giovane Raziel - interruppe una secona volta le mie parole - ti ho
dato dimostrazione delle mie capacità, ma richiamare uno
spirito non è cosa da poco, impegno una quantità
enorme di energia mistica ed è molto stancante. Per questo
io, ai miei clienti, chiedo di pagare una somma, in fondo è
un lavoro e come tale richiedo un salario, se così si
può dire -
Questo suo intervento sospese quel momento di entusiamo, ma pensandoci
aveva ragione, e io stesso mi aspettavo che chedesse qualcosa in
cambio, ma me ne ero del tutto dimenticato, preso dal corso degli
eventi.
- Quanto chiedi per il tuo servizio? - domandai
- Il prezzo per questo tipo di pratica, proprio per la sua
difficoltà e impegno, è di 80€ l'ora,
giovane Raziel - rispose
Una cifra che andava ben oltre le mie tasche, e per un momento vidi
sfumare quella possibilità.
- Vedi, io non posso permettermi questa cifra... - dissi
- Non preoccuparti, la prima seduta, ovvero quella che c'è
appena stata, è gratuita - disse con voce tremante, mentre
con un movimento sciolto, come di liberazione, fece tornare lo spirito
di Nicholas al posto che gli era dato.
- Ho fatto tornare Nicholas nel suo mondo, è difficile
mantenere uno spirito ed è anche pericoloso -
- Pericoloso? Perchè pericoloso? -
- Perchè c'è il rischio che lo spirito non torni
nell'oltremondo e che quindi vaghi per l'eternità sulla
terra come anima smarrita. Ma non preoccuparti, non
permetterò che questo accada. Comunque, ogni volta che
vorrai, se riuscirai a procurarti quella piccola somma, sarò
lieta di ripetere l'esperienza per te - disse la vechia con tono
rassicurante.
- Daccordo, Madame Antoniette - dissi, e con un cenno di gratitudine mi
congedai.
Uscii da quella stanza e mi ritrovai nuovamente in strada. La debole
luce del sole che filtrava attraverso gli alti palazzi mi accecava,
sembrava di essere tornati da un'altro mondo, un delicato venticello mi
colpì facendomi provare una piacevole sensazione. Avevo
ritrovato la felicità, la voglia di vivere, ma per
prolungare questa felicità avrei dovuto fare altre sedute.
Così decisi di entrare nel corpo di polizia di mio padre, e
seguire le orme della mia famiglia, anche se il vero motivo era il
salario che avrei speso da Madame Antoniette.
Corsi a casa e presi mio padre da parte:
- Papà ho deciso di entrare a far parte del corpo di polizia
e seguire le tue orme, e quelle di Nicholas. Che ne dici? Posso? -
dissi allegramente
- Raziel, non so cosa ti abbia reso d'improvviso così
sorridente, ma ne sono felice. Certo che puoi non speravo altro! Ora
che hai finito la scuola e ti sei diplomato non c'è
più alcun problema. Iniziamo domani stesso - rispose
sorridendo
E così fu. Il giorno dopo mio padre mi presentò
ai suoi colleghi formalmente come nuovo agente ache se in
realtà conoscevo già tutti e non avevo ancora
nemmeno fatto il concorso di ammissione. Tutti mi accolsero con un
applauso e sembravano entusiaste della mia decisone.
Per quasi un anno ho lavorato nella polizia, e per quasi un anno, ogni
settimana, andavo da Madame Antoniette per una chiaccherata, se
così si può definire, con mio fratello il tutto
senza dire niente a nessuno. Tutto sembrava volgere per il meglio,
almeno fino al giorno in cui la mia felicità stava per
essere nuovamente turbata.
Era il 17 Aprile, il sole picchiava e il caldo faceva pensare
più ad una giornata estiva, che ad una primaverile. Come di
consueto mi stavo dirigendo dalla vecchia indovina, quando notai un
gruppo di passanti curiosi ammassati nel tentativo di vedere cosa
stesse accadendo. Avvicinandomi notai i lampeggianti di una volante
allora, capendo che si trattava di un blitz della polizia, mi feci
strada tra la folla mostrando il mio distintivo in modo tale che mi
facessero passare. Raggiunto un cordone di segnalazione mi fermai e
osservai la scena. Un paio di pattuglie della polizia erano appostate
l'una di fronte all'altra, e un poliziotto scriveva qualcosa su un
blocco per gli appunti mentre un altro stringeva per i polsi una
signora. L'agente ammanettò la donna e le fece poggiare la
testa sul cofano della volante per poterla perquisire come imponeva la
procedura standard. La donna era sulla sessantina, aveva lunghi ed
esili capelli bianchi e dalle mani si vedeva una carnagione chiara
accompagnata da una corporatura molto magra. Finita la perquisizione,
l'agente tirò su la signora che con sguardo truce si
voltò verso la folla di curiosi e mi vide. Aveva gli occhi
azzurri chiarissimi, glaciali. Con fare amichevole mi fissò
e accennò un sorriso, fu allora che mi accorsi di una voglia
sul lato sinistro del mento e fu allora che mi resi conto di chi fosse
quella donna.
Rimasi un momento immobile mentre la facevano sedere sul sedile
posteriore della vettura, nel tentativo di rendermi conto della
situazione, poi oltrepassai il cordone per andare a chiedere
spiegazioni, sicuramente ci doveva essere uno sbaglio. Feci due passi
verso il mio obbiettivo quando venni fermato da una voce:
- Ehi, Raziel! Hanno mandato anche te? -
Era Alex, un collega del mio distretto. Pensai che lui potesse saperne
qualcosa di più sull'accaduto così chiesi.
- Ciao, Alex. No, ero solo di passaggio, ma cosa sta succedendo? -
- Abbiamo arrestato una truffatrice -
- Truffatrice? - chiesi con stupore
- Si, ingannava i suoi clienti dicendo di possedere strani poteri di
parlare con i morti... Le solite stronzate da chiromante insomma!
Riusciva a spillare ingenti somme ai poveri malcapitati. Ntz.. Certo
che la gente quando è disperata crede proprio a tutto eh,
Raziel? - chiese con tono sarcastico - Raziel?? Ehi Raziel??? -
Rimasi attonito. Non riuscivo a rispondere, ripensavo a tutte le volte
che ero andato da lei per un consulto, non potevo credere che fosse
tutto un imbroglio.
- Si, si... Credono proprio a tutto... Scusa ma ora devo scappare, ho
una cosa urgente da fare - risposi con sguardo truce
- Va tutto bene? Non hai una bella cera -
- Si si, non preoccuparti. Sono solo un po' stanco. Ah senti, dove la
stanno portando? -
- Da noi, nel nostro distretto. Perchè? -
- No no niente, semplice curiosità. Ora devo proprio andare,
ci vediamo alla centrale -
- Ok, a presto allora -
- Si, a presto... -
Iniziai a camminare senza meta, volevo riflettere sull'accaduto. Non
sapevo come avrei dovuto sentirmi, perchè non avevo
più nessuna certezza, non ero sicuro che gli agenti avessero
ragione sul suo conto, ma allo stesso modo non ero più
nemmeno sicuro di Madame Antoniette.
Nel corso della camminata mi fermai ad un distribuore automatico e
comprai un pacco di sigarette, uno qualunque, tanto non fumavo e non
avevo mai fumato prima. Qualcosa mi spinse tuttavia ad iniziare quel
vizio, forse perchè vedevo moltissime persone intorno a me
che fumavano col sorriso stampato sul volto, e allora credevo anzi, mi
illudevo che il fumare potesse rendermi felice. Fu pensando a questo
che mi resi conto che la mia felicità di colpo era
nuovamente svanita.
La storia non finisce
qui, aggiungerò nuovi capitoli con cadenza settimanale (se
riesco). Vi prego di avere pazienza e di recensire, anche le critiche
sono accettate =). Grazie a tutti.
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