CAPITOLO
14°_ EPILOGO
…Nonostante la
punizione inflitta a Prometeo – che è durata 10.000 anni –, Giove non è ancora
soddisfatto e brava ancora vendetta per il torto subito. Così sceglie un modo
più subdolo e nascosto per farla pagare al titano: ordina a Vulcano di
fabbricare una donna di ammirabile bellezza, la prima. Tutti gli dei
dell’Olimpo festeggiano la creazione della fanciulla con un sontuoso banchetto
e le portano innumerevoli doni: Atena le regala le attitudini ai lavori
femminili, Afrodite accresce la sua già grande bellezza, Hermes le dà coraggio
ed astuzia ammaliatrice. Avendo in tal modo ricevuto tanti doni, la fanciulla è
chiamata Pandora (dal greco παν ogni e δορον doni; dunque colei che ha “ogni dono”). In seguito
la fanciulla è data in sposa da Zeus a Epimeteo che altri non è che il fratello
di Prometeo. Quest’ultimo scongiura il fratello di non accettare le nozze
perché è sicuramente un nuovo modo per punire lui di aver aiutato gli uomini,
ma non c’è alcun modo di convincere Epimeteo e soprattutto di evitare il
destino che ha già stabilito ciò che sarà in futuro. Dunque Epimeteo sposa la
fanciulla. La vita sembra scorrere tranquilla ed anche Prometeo – che
inizialmente temeva per la sorte degli uomini – rassicura il proprio animo.
Un giorno, però,
la giovane Pandora, sola in casa, è attratta particolarmente dal vaso donatole
inizialmente dai re degli dei e dal suo monito sul fatto di non aprirlo mai. La
curiosità la invade e la fa pericolosamente avvicinare al vaso.
Non
aprirlo mai… sente rimbombare nella sua
mente, ma ormai è troppo tardi per tirarsi indietro e fermare le proprie mani.
Senza quasi rendersene conto si ritrova con il tappo in una mano ed il vaso,
ormai aperto, nell’altra, dal quale, sottoforma di lieve nebbia, escono tutti i
mali che ora affliggono il mondo.
La vendetta di
Zeus è infine attuata: gli uomini, pur avendo migliorato le loro condizioni con
l’intervento di Prometeo, sono condannati a soffrire il dolore, la
fatica, la tristezza, la sofferenza…
L’orologio
segnava le 6:00 da quello che a Luca pareva un secolo. Steso in canottiera e
boxer sul divano del soggiorno, guardava l’aggeggio che con il suo ticchettio
scandiva il tempo e che quella mattina era particolarmente snervante. Nella
stanza il sole riusciva ad entrare solo grazie ad un piccolo spiraglio tra le
tende creando una piacevole atmosfera soffusa. Quella notte il commissario non
era riuscito a dormire: dopo tanto tempo era stato finalmente con Anna,
assaporando a peno la sua presenza ed infine l’aveva sentita addormentarsi. Ma
Morfeo non aveva voluto cullarlo tra le sue braccia neanche quella notte. Da
quanto non dormiva come si deve? Sicuramente dall’inizio della missione… ma se
allora aveva creduto che al termine di quello stress sarebbe tornato alle sue
vecchie abitudini, ora si rendeva conto di aver fatto male i calcoli. Anche se
la missione era finita, non lo erano ancora i pensieri che lo tormentavano e
che ora ruotavano intorno a Mauro, a quello che avrebbe potuto fare per
aiutarlo e all’inquietante possibilità – tra l’altro molto alta – di un suo
fallimento.
Sospirò,
aveva perso il conto di quante volte – anche inconsciamente – aveva fatto quel
gesto.
«Luca!
Luca!»
Il
grido di Anna ruppe il silenzio di quell’alba e fece sussultare Luca. Perché
urlava in quel modo? Il flash back dell’ultima volta che l’aveva sentita urlare
così – quando Anna aveva perso il bambino – tornò forte e reale nella sua mente
lasciandolo immobile per alcuni istanti mentre le urla continuavano, come se
ritardando il soccorso a quella richiesta d’aiuto avrebbe potuto evitare anche
di quella raccapricciante scena. Resistette solo alcuni istanti, poi scattò dal
divano e corse in camera da letto.
Entrando,
i suoi occhi erano già pronti al sangue ovunque e al suo contrasto con il
pallore della ragazza, ma Luca pregava ancora inconsciamente di sbagliarsi.
«Sono
qui….» sussurrò senza rifletterci e nella penombra della stanza sentì Anna
stringerlo a se tra gli spasmi di un silenzioso pianto. Non c’era sangue, da
nessuna parte… Luca sentì evaporare un peso enorme mentre ricambiava
amorevolmente l’abbraccio della ragazza.
«Cos’è
successo?» le chiese poi, prendendole il viso fra le mani e facendola sedere
sul letto.
Lei
scosse la testa abbassandola e sentendo lo sguardo del compagno che le trafiggeva
la nuca.
«Lo
sai che a me puoi dire tutto…» la incoraggiò lui.
Anna
parve riprendere coraggio perché alzò lo sguardo incrociando quello verde di
Luca.
«Mi
sono svegliata… e tu non eri nel letto… allora ho creduto di aver sognato tutto
quello che è successo ieri… in un attimo mi sono sentita morire, è stato
orribile…» e mentre parlava, per il ricordo della paura, alcune lacrime le
avevano rigato il viso.
Luca
le cacciò via con la mano: ogni volta che la vedeva piangere gli si chiudeva lo
stomaco; sapeva quanto lei avesse sofferto e non poteva sopportare altro
dolore: si chiedeva se ci fosse un limite per il dolore. Se, arrivati ad un
certo punto, si potesse raggiungere la soglia estrema di dolore provato e non
superarla in alcun caso oppure se si fosse destinati a soffrire sempre,
indifferentemente dalle esperienza provate. In ogni caso sembrava che tutto
quello che aveva provato fin’ora Anna non fosse ancora sufficiente.
«Ssh… sono qui, sono qui…» le ripeté mentre lei lo stringeva
poggiando la testa sul suo petto.
Luca
sentì nascere dentro di se emozioni che non avevano nome: si sentiva felice
come non mai e allo stesso tempo una tristezza opprimente gli attanagliava lo
stomaco e gli impediva di respirare. Sarebbe voluto rimanere così per sempre,
stringendo a se tutto ciò che lo faceva stare bene, protetti dalla penombra
della stanza e dall’inconsapevolezza del futuro… perché in quel momento voleva,
aveva bisogno di nascondersi dietro
quella finta ingenuità: pensare faceva male, faceva paura.
Il
silenzio fu interrotto da una domanda che aveva atteso fin troppo.
«Perché
non dormivi?» chiese Anna «Troppi pensieri?»
«Insicurezze…
non so cosa fare, Anna! Ho chiamato Roberto, ma già so che dirgli di Mauro sarà
difficile; e se anche ci riuscissi, se anche Roberto mi credesse e non volesse
portarmi in manicomio, come, invece, stavi per fare tu…» e qui – non seppero
davvero con che forza – entrambi risero «…chi ci dice che troveremo il modo di
far tornare le cose com’erano? Insomma stiamo parlando della DIA: non possiamo
semplicemente fare irruzione lì e dire che ci riprendiamo Mauro!»
«Luca,
Roberto è della DIA, per questo l’hai chiamato, no? Saprà cosa fare…»
«E
se invece desse ragione a loro proprio perché è della DIA?»
«Andrà
tutto per il meglio: nonostante se ne sia andato da tempo, Roberto è sempre il
vecchio Ardenzi del X!»
Luca
sfiorò con il mento ispido i morbidi capelli dell’ispettrice, illudendosi che
quelle parole lo avessero realmente rassicurato.
Non
ricordava com’era svegliarsi rilassata dopo una notte tranquilla, senza
pensieri o dolori. Per questo fu strano aprire gli occhi e sentire la mancanza
di quel peso sullo stomaco e la sensazione di dover vivere ancora una giornata
senza sole.
Quasi
con il timore che potesse svanire tutto, aprì lentamente gli occhi e guardò
verso il lato del letto dove i ricordi gli dicevano che avrebbe trovato Mauro.
Vuoto.
Non c’era nessuno accanto a lei. Rimase per qualche istante interdetta, come se
quella fosse una cosa assurda, nonostante suo marito fosse tornato da solo un
giorno.
«Avevo
dimenticato quanto fosse piacevole la brezza mattutina…» sussurrò Mauro
affacciato alla finestra della stanza, di spalle al letto.
Germana
sussultò, poi sorrise rassicurata da quella voce e dal fatto che non aveva
sognato nulla di tutto quello che era successo il giorno prima.
«Anch’io
avevo dimenticato la pace della mattina… la sensazione di un nuovo giorno che
comincia, come se fosse separato da tutti i precedenti e i problemi di questi
ultimi non lo riguardassero».
Mauro
si voltò verso di lei con un lieve sorriso: entrambi si stavano rendendo conto
di quanto avessero ritrovato. L’uomo tornò a letto stringendo a se la moglie:
avrebbe voluto che quel momento non finisse mai.
«Cosa
farai ora?» gli chiese ad un tratto lei con semplicità.
«Ho
detto a Luca che non sarei mai tornato indietro, che non avrei in alcun modo
riottenuto la mia vecchia vita… ma ora sono qui, sono tornato… Mi sembra il
minimo avvertirlo di questo cambiamento» e sorrise a Germana «Poi…»
«Poi..?»
continuò a chiedere lei con un sorriso: conosceva benissimo i pensieri e le
intenzioni del marito.
«È
difficile: mi ci sono voluti tra anni per decidermi a tornare e dirti tutto…
Ora non posso semplicemente tornare dai miei vecchi amici e dire: “Salve, non
sono mai morto!”. Eppure… io.. voglio, devo
dir loro quello che è successo!»
«Parlane
con Luca! Vedi lui cosa ne pensa a riguardo e quali soluzioni si posso
trovare…»
Mauro
la guardò per qualche istante ammirato: come aveva potuto farcela senza di lei
restava ancora una domanda senza risposta.
Si
vestì in fretta e furia – doveva essere da Luca prima che uscisse per prendere
servizio – e baciò la moglie con una passione che non provava da anni.
«Sono
perso senza di te…» le sussurrò, poi uscì di casa. Sì: parlare con Luca era la
soluzione migliore.
Non
ci mise molto ad arrivare sotto casa del commissario: fortunatamente Luca non
aveva cambiato domicilio dall’ultima volta che lo aveva “osservato”. Scese con
un ansia maggiore di quella che si aspettava e – sfruttando il fatto che il cancello
fosse rimasto aperto dopo l’uscita di
una macchina – riuscì ad entrare nello stabile senza che nessuno lo vedesse.
Secondo piano a
desta si
ripeté automaticamente, come se avesse fatto quel percorso milioni di volte,
invece quell’appartamento era stato affittato solo dopo la sua “scomparsa”.
Senza
neanche tentare di bloccare l’ormai abituale tremore alle mani, bussò ed attese
alcuni istanti prima di ricevere risposta.
«Arrivo!»
pronunciò una voce femminile.
Femminile? In un istante,
mentre dall’interno stavano per aprire, Mauro ebbe come un fulmineo flash: Luca
divideva l’appartamento con Anna, Luca stava con Anna… e quasi sicuramente Anna
non sapeva che lui…
Il
flusso dei suoi pensieri fu bloccato dalla faccia – prima distratta, poi seria
ed allibita – che gli aveva aperto la porta. Di fronte a lui una Anna in
pantaloncino e canottiera lo fissava senza riuscire a pronunciare parola. Mauro
la fissava a sua volta cercando un modo per spiegarle ciò che stava accadendo,
ma senza successo.
«Chi
è?» chiese intanto il commissario dalla cucina.
«Luca!
Luca: corri!» gridò lei spaventando entrambi gli uomini.
Quando
Luca fu di fronte alla porta d’ingresso il suo cuore fece una splendida
capriola.
«Ma…
ma tu… non avevi detto che… insomma sei andato via… Di Melli ha detto che avrei
dovuto dimenticare tutto» balbettò senza poter staccare gli occhi
dall’ex-ispettore.
Lui
sorrise cercando – con qualche successo – di trattenere l’emozione che lo stava
sopraffacendo.
«Anche
quelli della DIA possono sbagliare… Insomma io … ho fatto ciò che andava fatto.
Germana, mio padre e mio figlio» e sussultò a quell’ultima parola «Sanno già
tutto: ho parlato loro ieri…»
«Ed
ora sei qui!» pronunciò felice Anna saltando al collo dell’amico che la strinse
forte a se.
Abbracciati
così non sentirono il gemito di dolore di Luca, né lo videro scivolare, lento
ed affannato, contro la parete del
corridoio; solo quando si separarono Mauro notò con orrore l’accaduto.
«Luca!»
gridò e in un attimo Anna gli fu accanto «Oh, ma è possibile che, quando me
vedono, svengono tutti?» commentò poi avvicinandosi anche lui al ragazzo.
«Non
sono svenuto» replicò ansimando il
commissario «Ma questa ferita non vuole proprio lasciarmi in pace!»
«Ma
perché sei uscito così presto dall’ospedale?!» continuò – stavolta realmente
preoccupato – prendendo di peso Luca e stendendolo sul divano.
«Avevo
delle cose da concludere e chiarire…» disse lui guardando prima Anna e poi lo
stesso Mauro che sorrise.
«Tu
non ti arrendi mai, eh?»
«No…
non potevi chiedermi di farlo… Non dopo tutto quello che è successo, dopo tutto
il dolore che…» la voce gli si strozzo in gola.
Possibile
che dopo tutto quel tempo, dopo che aveva anche scoperto che in realtà Mauro
era vivo, potesse ancora soffrire tanto?
«Fa
ancora male, non è così?» chiese Mauro come se avesse letto il pensiero del
commissario.
Luca
annuì mettendosi a sedere con non poca difficoltà.
«Il
fatto è che uno pensa: è vivo, bisogna essere felici… Però non è che tutto il
dolore scompare come con semplice colpo di spugna! Sta lì, incurante del fatto
che non abbia più motivo di esistere e capita che torna a pungere di nuovo…
forse per vendetta: in fondo non gli stiamo togliendo la vita?»
I
due lo guardarono senza parole: il suo discorso era stato semplicemente
disarmante.
No,
non era stata affatto una buona idea accettare di rivedere Luca e soprattutto
era stata pessima la scelta di rivedersi a Roma. Perché poteva riuscire ad
ingannare tutti, ma non poteva ingannare se stesso: il passato faceva ancora
male.
Uno sparo dritto
allo stomaco. Era
bastato un semplice sparo a portarlo via… Ed erra stata tutta colpa sua: se
solo gli avesse parlato subito, se solo avesse messo le cose in chiaro dal
principio, forse ora… ora Mauro…
Respirò
a fatica accorgendosi che gli mancava il fiato al punto da fargli girare la
testa. In quegli anni aveva cercato di non pensarci, di andare avanti, vivere
la sua vita senza farsi condizionare – proprio come avrebbe voluto Mauro –
eppure certe notti le aveva passate in bianco
e anche se era passato del tempo le lacrime gli avevano ricordato quanto lui e Mauro fossero
legati: fratelli, più che fratelli.
«A data de
scadenza è ‘na giornata come n’altra» E per lui era arrivata troppo presto:
era stato già sparato, preso in ostaggio, si era scontrato con la mafia, con la
pedofilia, aveva rischiato di perdere sua moglie e di veder crollare tutto per
delle false accuse… Sembrava impossibile che la morte potesse sfiorarlo eppure
questa, incurante di niente e di nessuno, se l’era portato così, senza
preavviso, per uno stupido proiettile che in realtà avrebbe dovuto ferire lui…
Doveva essere lui a morire, non Mauro.
Il sangue tinge
una chiazza rossa sull’asfalto. Il freddo si impossessa delle ossa e non
c’è modo di ripararsi. Se ora avesse
provato a ricordare di quella mattina, la memoria – ancora una volta – lo
avrebbe tradito: c’erano così pochi ricordi di quell’episodio…. Dal momento in
cui vedeva Mauro cadere a terra e sentiva la propria voce gridare il
nome dell’ispettore, tutto si faceva confuso come se i ricordi non fossero
propriamente i suoi, ma fosse semplicemente un intruso che guardava la scena
senza poter intervenire. E in effetti lui non aveva potuto far nulla: le cose
si erano svolte sotto i suoi occhi senza
che potesse in alcun modo provare a porvi rimedio.
I pugni di
Germana sul suo petto fanno male, ma una parte di lui sa di meritarli: non è
stato in grado di proteggerlo, ha lasciato che la morte portasse via un marito,
un figlio e un padre, mentre il suo compito è proprio quello di vigilare sui suoi
uomini.
Il rischio di un capo, si era detto. Ma quante volte si era chiesto se ne fosse
valsa la pena? Non sarebbe stato meglio rimanere ispettore capo, sottoposto ad
un commissario più esperto e capace di lui, come la Scalise o la Corsi? Mauro
sicuramente sarebbe ancora vivo e poi…
Il
flusso dei suoi pensieri si bloccò in un istante. Aveva fatto quella strada
istintivamente; senza rendersene conto, né programmarlo con la mente – o
il cuore? – l’aveva portato lì: Al X
Tuscolano. E rivederlo fu come rincontrare un vecchio amico e in una sola volta
essere assalito da tutta la nostalgia che l’aveva accompagnato durante la
separazione, dai ricordi dei momenti trascorsi insieme e di quelli in cui,
invece, era stato solo. Non riusciva a dire quanto gli fosse mancato e mentre gli occhi scorrevano per quel abituale
luogo, un sentimento che non sapeva chiamare si impadroniva della sua anima,
facendogli prova allo stesso tempo gioia e dolore.
Ad
un tratto Vittoria uscì dal commissariato. Roberto sussultò: sembravano secoli
che non la vedeva. Ora riusciva a notare benissimo che era dimagrita, i capelli
erano più corti di come li ricordava e c’era qualcosa nel suo modo di camminare
che Roberto non aveva mai notato. Non sapeva definirlo, ma era come se il tempo
fosse passato segnando il suo passaggio su quella donna. Per un istante ebbe
paura di poter essere visto e riconosciuto – e perché, poi, paura? – ma subito
si rese conto di essere troppo lontano. Sorrise, mettendo in moto ed andò via:
forse, dopotutto, quella di venire a Roma non era stata poi un’idea tanto
cattiva.
Quando
busso al campanello che recava su i nomi Benvenuto/Gori
l’istinto gli aveva già ripetuto un paio di volte di fuggire via e chiamare
Luca per dirgli che non se ne faceva più nulla e che la discussione, per quanto
urgente che fosse, avrebbero potuto farla un’altra volta, magari a casa sua o
per telefono.
Ora non essere
sciocco! Si
ripeté mentalmente e si preparò a rincontrare Luca. Fu difficile estremamente difficile far coincidere il
viso da ragazzino imberbe con i capelli lunghi e lisci con quello da uomo,
serio con i capelli corti e la barbetta che gli contornava le labbra rosee. Per
qualche istante rimase spiazzato, quasi credette di aver sbagliato indirizzo,
eppure sul campanello c’era proprio scritto Benvenuto.
«Luca…»
sussurrò indeciso se dare alla frase intonazione di domanda.
«Roberto!»
lo chiamò quello e fu solo allora che l’ex commissario ebbe la certezza che
quello fosse il suo vecchio amico; con gli occhi lucidi entrò e lo abbracciò
con forza: era vero, Mauro non c’era più e questo faceva male, ma ora aveva
capito che era stato un grosso errore tagliare in una sola volta i rapporti con
tutti gli altri colleghi del X. Sarebbe stato tutto molto più facile con loro…
«Vieni:
Anna è in salone» lo invitò il commissario.
Roberto
lo seguì ancora un po’ indeciso: sentiva una strana tensione nell’aria.
Nonostante Luca sembrasse calmo, non aveva dimenticato la chiamata della sera
precedente, né il tono serio con cui Luca gli aveva chiesto di venire a Roma
quanto prima.
«Roberto!»
gridò Anna e i due si strinsero forte: senza sapere bene il perché, Roberto si
sentiva molto confortato dal fatto che, almeno fisicamente, la Gori non era
cambiata molto dall’ultima volta che si erano visti: aveva solo i capelli più
corti che ora le arrivava alle spalle.
«Come
stai?» le chiese mentre entrambi si sedevano sul divano.
«Bene,
ora bene…» disse lei, lanciando un’occhiata sfuggente al commissario, occhiata
che non passo inosservata a Roberto. Sorrise: si era mosso qualcosa fra quei
due, vero?
«Noto…»
sussurrò e Anna arrossì per il significato fin troppo chiaro delle sue
parole.
Mentre
ancora sorridevano e gli sguardi dicevano molto più delle parole circa gli
ultimi avvenimenti, il cellulare di Luca squillò interrompendo quella calma che
sia lui che Roberto potevano considerare solo la quiete prima della tempesta.
«Pronto?
Sì, Elena… No: sono ancora a casa…No, nessun problema: ho solo una faccenda da
sbrigare con un uomo della DIA. Ma sì, ti dico che è tutto ok! Ah… un
omicidio…? Sì, andate tu e Ale ok? Sì, a dopo. Ciao» ripose il cellulare con
lentezza.
«Problemi?»
chiese Anna.
«C’è
stato un omicidio: ho mandato Elena e Alessandro…»
«Hai mandato…?» ripeté Roberto con fare
interrogativo ed occhi sgranati.
I
due si voltarono e Luca sorrise riflettendo sul gran numero di volte che la
scena si era ripetuta in quegli ultimi mesi. Perché si erano persi di vista a
tal punto da non conoscere neanche i rispettivi gradi che ricoprivano? Era
stato davvero un grosso errore…
E ci voleva il
ritorno di Mauro per farci capire che stavamo sbagliando…? si chiese Luca.
«Sono
diventato il Commissario del X…» confessò con un sorriso modesto.
Roberto
lo guardò con occhi ammirati.
«E
pensare che io ti avevo lasciato Agente Scelto!» commentò felicemente sorpreso.
«Come
Mauro…» si lasciò scappare Luca credendo di aver soltanto pensato quelle parole
a cui, invece, aveva dato forma sonora.
In
un attimo si rese conto di ciò che aveva fatto e subito il suo sguardo fissò
Roberto che aveva sentito chiudersi lo stomaco al suono di quel nome.
«Se
potesse vederti, anche lui sarebbe fiero di te…» sussurrò triste l’uomo.
Lo sono. Da dietro la
porta del soggiorno Mauro ascoltava il dialogo con il cuore che batteva
all’impazzata e il fiato grosso. Rivedere Roberto dopo tutto quel tempo gli
aveva fatto uno strano effetto… diverso da quando aveva rivisto la sua
famiglia; ancora una volta stava provando l’impulso di uscire allo scoperto
fregandosene di tutto per placare quel dolore che aveva sentito nella sua voce:
perché lui lo sapeva, sapeva che l’amico non aveva mai smesso realmente di
soffrire.
Sta zitto e
fermo! Nu fa cazzate! si ripeté: Luca
aveva detto che ci avrebbe pensato lui ad introdurre l’argomento con tatto, ma
l’ansia e la tensione lo stavano consumando.
«Era
proprio di questo che volevo parlarti…» si buttò avanti il commissario cercando
di reprimere quanto più la tensione che sentiva salire e attanagliarlo. Roberto
sorrise.
«Beh,
ma allora non c’era bisogno di fare tanto il misterioso! Credevi che se mi
avessi dato la notizia per telefono non sarei venuto? Che scemo che sei! Mi sa
che dobbiamo proprio…»
«Non
è della promozione che volevo metterti al corrente» lo interruppe lui serio «Mi
hai frainteso: io volevo parlarti proprio di Mauro…»
Il
sorriso si spense dal volto di Roberto. Mauro? E perché mai, a tanti anni di
distanza, Luca voleva proprio parlargli di Mauro? In realtà lo aveva
sospettato: stranamente dal momento in cui aveva chiuso la chiamata, la sera
prima, aveva sentito incombere su di lui l’ombra del passato e particolarmente
quella di Mauro. Aveva voluto convincersi che tutto era stato causato solo dal
fatto che non sentiva Luca da tempo e che sarebbe dovuto tornare a Roma, ma ora
si rendeva conto che aveva intuito tutto dall’inizio.
«Perché
vuoi parlare di Mauro?» chiese con voce stranamente tesa.
«Perché
ci sono tante cose che non sai e che è arrivato il momento di conoscere…»
Roberto
e Luca rabbrividirono: a parlare non era stato il commissario del X, bensì
proprio Mauro entrato nella stanza sopraffatto dalla voglia di agire e
cosciente della reale difficoltà di Luca di spiegare l’accaduto. Lui aveva
convissuto per anni con quella difficoltà.
Roberto
non sapeva come reagire. Impossibile gli
gridava la sua mente, eppure il cuore era talmente lieto di vederlo, avrebbe
voluto illudersi che tutto ciò fosse reale: perché la razionalità doveva
spezzare anche quel bellissimo miraggio?
«Credimi…
non è altro che la realtà… Roberto…» lo rassicurò l’ex ispettore, leggendo con
facilità il pensiero del compagno.
«Ma
come… come è possibile che tu…» balbettò l’altro.
«La
DIA… è una storia lunga… che finalmente è venuta allo scoperto…»
E
poi non ce la fecero più a rimanere lì fermi, a guardarsi dopo tanto tempo
senza colmare quei centimetri che li separavano e furono l’uno nelle braccia
dell’altro, con le lacrime che festeggiavano felici l’incontro tra due
fratelli, due anime affini che si era ritrovate dopo tanto tempo, che avevano
condiviso sofferenza e gioia e che ora si sentivano finalmente felici e in
qualche modo completi.
«Voglio
sapere tutto… tu devi spiegarmi tutto…» pretese con voce ancora malferma
Roberto appena i due si separarono e si sedettero sul divano.
«È
per questo che sei qui…» lo rassicurò Luca con un sorriso e ancora commozione
negli occhi.
«Quando
sono stato portato in ospedale, i dottori hanno subito capito che le mie
condizioni erano gravi, ma non tanto quanto sembrasse: c’erano buone
possibilità che ce la facessi anche se il primario non voleva esprimersi. Poi
due uomini della DIA sono giunti e gli hanno intimato di dichiarare in ogni
caso la mia morte perché io “facevo al caso loro”… E così tutti siete stati
messi al corrente del mio decesso, mentre io sono stato trasportato in una
clinica privata fuori Roma. Ho visto il mio funerale Roberto… è stato
straziante e…»
«Io
ti ho visto…» sussurrò all’improvviso l’altro bloccando il racconto «Credevo
che fosse la mia mente… pensavo di averti immaginato… mi hai sorriso,
piangevi…»
«Avrei
voluto parlati, spiegarti ogni cosa, ma non ho potuto… Ho solo assurdamente
sperato che quel sorriso ti desse la forza di andare avanti… nient’altro…» e le
ultime parole parvero usate come per scusarsi.
«Non
importa… Mauro… io non so che dire… è tutto così surreale. E Tiberio? Germana?
Loro sanno?»
«Sì,
sono stato da loro ieri…»
Roberto
sorrise, non sapeva come altro reagire e temeva ancora che fosse tutto
un’illusione.
«Roberto»
lo chiamò Luca «Ti ho chiamato per una cosa importante: la DIA vuole di nuovo
portarlo via…»
«Ma
ormai non può! Ormai noi sappiamo tutto»
«Non
molleranno: mi hanno intimato il silenzio nonostante sapessi tutto pur di non
perdere il loro uomo…» lo informò serio il commissario.
«Il
commissariato sa?» si volle informare Roberto.
«No:
Mauro ha solo parlato come me, Anna, la sua famiglia ed ora con te… nessun
altro ne è a conoscenza»
«Dobbiamo
informare anche gli altri del X… subito! Più persone sanno più sarà difficile
per la DIA riportare le cose com’erano!»
«Falla
facile te!» li interruppe il diretto interessato indispettito dalla facilità
con cui i due parevano condurre la questione «Come mi presento a loro? “Salve a
tutti, non sono morto”?»
«Avanti
su! Non fare storie: i passi più difficili già li hai fatti!» lo incoraggiò il
vecchio amico.
«Già,
ma ci ho messo 3 anni per farli…»
«Beh,
ora hai decisamente meno tempo!» lo informò Anna e con uno scatto balzò dalla
poltrona e si lanciò fuori dall’appartamento trascinandosi Mauro e seguita
dagli altri due uomini.
«Quanto
entusiasmo!» esclamarono entrambi con un sorriso.
«Ohi
Ugo, Luca è arrivato?» chiese Elena di ritorno da un primo sopralluogo sulla
scena del delitto che aveva visto la morte di un meccanico.
«No…
non ancora…» riferì l’agente «Ah, eccolo!» si corresse immediatamente vedendo
che il commissario era appena entrato.
«Ah
Luca, eccoti! Senti: il morto si chiama Johan Alves, brasiliano, immigrato a
Roma qualche anno fa e… Ma mi stai sentendo?»
«Sì…
cioè no… Senti di questo ne parliamo dopo nel mio ufficio… ora ho bisogno che
tu mi faccia un favore: chiama tutti gli agenti del distretto e radunali qui.
Devo dirvi una cosa importantissima!»
Elena
rimase un po’ imbambolata per la strana richiesta del Commissario, ma c’era un
bagliore nei suoi occhi, una scintilla di luce che l’ispettrice non aveva mai
visto e che la convinse a fare quanto le era stato chiesto.
In
poco tutti erano radunati dinanzi a Luca, nel centro del commissariato come
spettatori riuniti nel foro, pronti a sentire un’importantissima orazione. Luca
sentì in un attimo tutto l’entusiasmo svanire ed esitò mentre anche Anna faceva
il suo ingresso nello stabile e lo affiancava sorridendo.
«Beh»
cominciò quello «diciamo che nella mia mente sembrava tutto molto più facile… o
forse sono io che mi sto facendo mille complessi per nulla… Fatto sta che sono
sicuro che nessuno di voi mi crederebbe se ve lo dicessi solo con le parole…
dunque penso che sarà più efficace darvi direttamente una dimostrazione
pratica…»
Le
facce degli uomini del X erano accomunate da un’espressione di puro stupore per
il discorso misterioso e pieno di giri di parole del loro commissario che –
finanche con un sorrisetto compiaciuto per l’atmosfera che aveva saputo creare
– si voltò verso l’entrata. Per alcuni secondi nella stanza cadde un silenzio
surreale, carico di ridicola suspance perché se avessero saputo cosa realmente
si nascondeva dietro le parole di Luca, di certo in nessuno di loro sarebbe
regnata una tale ansia. Ansia che si spezzò quando entrò dalla grossa porta di
ferro un uomo alto e robusto, con i capelli e gli occhi scuri ed un viso
stranamente teso. Mai come in quell’istante nel distretto regnarono le emozioni
più disparate: chi non comprendeva fino in fondo l’accaduto alternava lo
stupore per la teatralità della scena al sollievo che l’unico motivo di tanta
ansia fosse la venuta di un solo uomo; chi, al contrario, aveva riconosciuto in
quei tratti un amico, un collega o più semplicemente qualcuno che in ogni caso
non sarebbe dovuto essere lì, rimaneva sospeso in uno stato di irrealtà, senza
respirare e poter in alcun modo staccare lo guardo dal nuovo arrivato. Si sentì
chiaramente Vittoria trattenere il respiro e qualcuno scorse Alessandro, che
dietro a molti altri agenti, stava sorridendo senza esserne realmente
consapevole. Le parole o un qualsiasi altro suono che testimoniasse la vita in
quell’ambiente, faticava a rompere la spessa cortina di silenzio che aveva
avvolto tutti e poiché ora neanche coloro che erano a conoscenza dell’intera
vicenda osavano muoversi, tutto sembrava come fuori dal tempo, bloccato,
stampato su una vecchia fotografia dalla quale riuscivano ancora a trasparire
sensazioni, nonostante tutto fosse mortalmente immobile.
«Assurdo»
sussurrò Ugo riportando la vita in quella scena.
«Impossibile»
fece eco Giuseppe, mentre Alessandro continuava a sorridere senza riuscire a
spiaccicare una parola.
«Ma…
come… può essere…?» chiese Vittoria camminando verso Mauro e parendo l’unica
capace di farlo.
Quando
fu a pochi passi da lui, l’ex ispettore la strinse a se in un momento di felice
trasporto.
«La
storia è lunga… e l’ho ripetuta tante volte… ma credo che non mi stancherò mai
di raccontarla… ci sono tante così che devi sapere…»
«Già
Belli! E altrettante sono quelle che non dovresti raccontare!» gli fece eco una
voce alle sue spalle.
All’ingresso
del commissariato sostavano tre uomini tra i quali Luca riconobbe Di Melli; non
era praticamente cambiato dall’ultima volta che lo aveva visto, in ospedale: lo
stesso vestito nero, anonimo e lo stesso irritante sorriso, anche se, stavolta,
era un po’ tirato, meno naturale.
«Mi
spiega cosa sta facendo qui? Dovrebbe essere a chilometri di distanza!» disse
senza urlare, né scomporsi, ma le sue parole ebbero la stessa forza.
«Mi
sto riprendendo la mia vita» dichiarò Mauro con la stessa calma: ormai aveva
imparato a controllare le sue emozioni anche a proposito di quell’argomento
«Penso che sia il minimo che mi dobbiate dopo 3 anni di servizio»
«In
realtà avevamo intenzione di ripagarla in tutt’altro modo»
«Lo
credo bene!»
Impressionante
come il dialogo fosse stato tanto forte e tagliente nonostante i toni pacati e
falsamente cordiali.
«Ed
ora?» chiese Di Melli, senza perdere il sorriso.
«Me
lo dica lei cosa vuole fare… io le mie carte le sono giocate» rispose
tranquillamente Mauro.
«Non
potete più portarlo con voi: troppe sono le persone a conoscenza della sua
identità…» si intromise Roberto.
«E
lei sarebbe…?»
«Vicequestore
Ardenzi»
L’altro
sorrise ancora più vistosamente: non poteva fare a meno di notare come erano
riusciti ad orchestrare il tutto per renderselo quanto il più possibile favorevole,
addirittura chiamando l’intervento di un uomo della stessa DIA. Il suo sguardo
si posò su quello verde e fermo del Commissario: aveva capito da subito che
somigliava moltissimo a Belli e che non era abituato ad arrendersi con tanta
facilità ed ora vedere la fierezza in quello sguardo gli stava confermando che
non aveva sbagliato giudizio sul suo conto.
«In
pochi giorni credo di riuscire a sistemare tutto, Belli: sarà come se non fosse
mai morto… per il resto… ora non dipende più da noi. Arrivederci»
«A
lei…» rispose Mauro ma in cuor suo aveva gridato un possente, liberatorio
addio.
Non
gli pareva vero…. Non poteva essere vero: si era liberato di tutto quello,
della DIA, dei suoi infiniti nomi e di quella pressante sensazione di essere un
morto risputato dall’Inferno!
Ad
un tratto, un grido liberatorio si innalzò nel distretto, lanciato da coloro
che sapevano e anche da quelli che avevano compreso per pura intuizione
l’importanza e il significato di quel dialogo. Volarono abbracci, strette di
mano e baci ed un clima di incondizionata felicità invase tutti quanti.
Non
seppero dire per quanto tempo andarono avanti quei festeggiamenti, ma ad un
tratto Anna si rese conto che Luca non era più in commissariato e uscendo lo
trovò che guardava dritto davanti a se sotto il sole cocente.
«Aspetti
qualcuno?» gli chiese cortese.
«In
realtà sì» rispose lui senza staccare lo sguardo dall’orizzonte «Un uomo a cui
voglio provare a dare quella seconda possibilità che il destino ha provato a
negargli fino all’ultimo»
Anna
lo guardò interrogativa, ma lui sorrise senza guardarla finché una pattuglia
della polizia non si fermò proprio davanti a loro; dall’interno ne uscirono due
agenti ed un terzo uomo che osservava il commissario con stupore.
«Davide…»
sussurrò Luca.
«Che
ci faccio qui?» chiese l’ex componente dell’Organizzazione degli Uomini in
Nero.
«Sto
cercando quella verità che i miei colleghi ti hanno negato: troverò chi ha
ucciso tuo figlio!» dichiarò quello con un sorriso.
Gli
occhi di Davide si illuminarono di incredulità e in breve divennero lucidi: non
si era sbagliato sul conto di quel ragazzo, era davvero molto simile a suo
figlio.
«Portatelo
dentro… io vi raggiungo tra un istante» ordinò ai due agenti e i tre entrarono
mentre le labbra dell’uomo sussurravano un sommesso, sincero grazie.
…ma nonostante
Zeus sia molto vendicativo, di certo non è malvagio e per questo vuole dare una
possibilità di salvezza a tutti gli sciagurato mortali. Fa sì, infatti, che
Pandora chiuda il vaso prima che la sua ultima componente ne esca fuori,
rimanendo così per sempre sigillata in quell’anfora: la speranza che con la sua
luce verde illumina da quei tempi remoti la vita di tutti i mortali che pur
consapevoli di non poter raggiungere in alcun modo la perfezione divina non
smettono di guardare al domani con un sincero sorriso.
FINE
LO SPAZIO DELL’AUTRICE
Fine?!?!
Ho scritto la parola fine?!?! Beh forse voi starete esultando, ma credetemi per
me ci vogliono 30 secondi di raccoglimento, perché questa ff e voi che mi avete
seguito mi mancherete moltissimo!! Ç___Ç Giusto per non smentirmi fino alla
fine chiedo enormemente scusa per il solito, eccessivo ritardo… e ribadisco che
questo epilogo è stato il peggiore tra i capitoli scritti… ma ormai è una
storia che conoscete, no?!
Spero che
– a differenza di ciò che sostiene mio fratello – l’incipit iniziale e finale
sul mito di Pandora non abbia stonato con il resto, ma che si sia capito ciò
che volevo trasmettere scrivendolo proprio a questo punto… Eh, sì: la scuola mi
è proprio andata in testa.
Inoltre
dovete ritenervi fortunati perché, data la difficoltà che ho incontrato nello
scrivere quest’epilogo, più volte è tornata pressante ed ammaliatrice – e
oltretutto approvata in pieno da mio fra – l’idea di piazzare una bella bomba
al distretto proprio nel momento della riunione generale, così da concludere
tutto molto velocemente… (gli uomini del X rabbrividiscono per il pericolo
scampato). Alla fine però è prevalso il mio buon cuore e, come potete notare,
si è avverato, anche fin troppo (prega di non essere stata troppo smielata) il
motto shakespeariano “All’s weel that ends well” (ecco che ritorna la scuola!)
Infine
vorrei solo dirvi che personalmente tutto lo “scontro” tra gli uomini del X e
la DIA mi è parso molto banale… insomma non l’ho reso per niente bene e alla
fine tutto pare come uno scontro tra il bene e il male, i buoni e i cattivi…
molto, molto superficiale. Me ne scuso tantissimo… ma non sono riuscita meglio
di così!
Ok, ok la
smetto con questo assurdo scritto e intanto ringrazio i miei angeli.
Metapoid beh, cara sono felice di averti stupito ^^.
Una grande io? Non esagerare su! Mille, mille grazie per i tuoi importantissimi
complimenti! Mi spiace solo che tu abbia preso la storia quando ormai era già
praticamente conclusa. Che te ne pare dell’Epilogo?? Un bacio e ancora mille
grazie!
Barby_19 Cara! Mi spiace di causare allucinazioni ogni
volta che leggi un nuovo capitolo… e scusa tantissimo per l’attesa! Questo
capitolo è decisamente più breve dello scorso, ma ho cercato di esporre il
tutto con la massima chiarezza dilungandomi nonostante fosse l’epilogo. Mi fa
piacere che le scene di Anna ti siano piaciute: non ne ero molto convinta
perché non ho esperienze dirette… Luca… non vuole suicidarsi anche se ci è
andato vicino anche ‘sta volta… eh, eh ama fare degli scherzetti, eh? La parte
dell’aborto è la tua preferita?? E poi la sadica sarei io?! Scherzi a parte
devo confessare che mi è venuta abbastanza bene, sì, sì! Dunque mi pare proprio
che tutto si sia risolto nel migliore dei modi, no?? Roberto ha fatto la sua
parte e alla fine Di Melli non è stato così bastardo… Come farai senza questa
ff?? Beh, tu starai in grazia di Dio… mentre io soffrirò moltissimo!!! Scherzi
a parte che te ne pare dell’epilogo?? Mille grazie per la tua presenza attiva
cara!! Alla prossima, un bacione!
Uchiha_chan Carissima!!! Tu non potevi dirmi cosa
migliore che con la mia ff ti ho fatto apprezzare la serie e i singoli
personaggi! *-* è il più grande complimento che potevi farmi!! Eh, sì… la ff purtroppo
è finita… e credimi la prima a soffrirne sono io… ç_ç Mi fa piacere che fino
all’ultimo non ti abbia deluso e a proposito che te ne pare dell’epilogo??
Spero che sia all’altezza degli altri! Grazie mille per tutto il tuo appoggio!
A presto, un bacio.
Lyrapotter Hihihi… mi fa piacere che la notizia dell’arrivo
di Roberto ti faccio questo benefico effetto… suppongo che tu ne abbia fatti
altrettanto in questo epilogo! Dunque tutto si è risolto per il meglio,
giusto?? La strage alla DIA l’ho evitata… sarebbe stata complicata… ma Mauro,
Roberto e Luca sono stati fin troppo chiari e Di Melli non ha potuto fare
altrimenti… Evvai!!! La scena di Mauro e
Germana sulla tomba è la mia preferita: mi sono immedesimata a tal punto nella
rabbia della donna! Ansia soddisfatta??? So di aver ci messi fin troppo tempo…
ma.. che te ne pare?? Insomma un buon finale??? Mille grazie per avermi
sostenuta! Alla prossima, un bacio!
Luna95 Eh già… ultimo capitolo, mia cara! Mille
grazie per la tua infinita pazienza. I tuoi complimenti, come al solito
esagerati, mi fanno arrossire!! Sono in ritardo eh?? Vabbè… spero che almeno
sia soddisfacente… ç___ò mi mancherai tra gli angeli delle recensioni, cara!!!
Alla prossima, un grosso bacio!
Dani85 In ritardo?? Macché, sono io che sono come al
solito in ritardo… Mi fa davvero piacere e sono sollevata dal fatto che lo
scorso capitolo non sia risultato caotico: come dici tu, non è stato facile
strutturarlo in tal modo, ma solo contenta che abbia reso e ti sia piaciuto!
L’irresponsabilità di Luca ormai è diventata famosa, ma alla lunga dà i suoi
frutti! Mauro ha risolto tutto, no?? Grazie all’aiuto di Roberto e Luca, Di
Melli non ha potuto far altro che restituirgli la sua vita! Spero che l’epilogo
ti sia piaciuto… mille grazie per il tuo sostegno… un bacione e alla prossima!
Inoltre
voglio ringraziare:
Buffy86
dolcissima77
Mary899
SARAHPOXY
SHUN DI
ANDROMEDA
tinta87
Exentia_dream
isaisaisa
thia
Valentina78
Infine
(giuro che ho quasi finito) voglio dire un paio di cosine prima di concludere. Primo:
volevo avvisarvi che tra poco, il tempo di scriverla, pubblicherò una song-fic
sempre su Distretto e in particolare su Luca e Anna… sarebbe bello rivedervi lì…
^^
Come
ultima cosa, avrei un favore molto, molto importante da chiedere a tutti i
lettori, anche quelli che non si sono mai espressi: potreste indicarmi il
capitolo che vi è piaciuto di più?? Non importa se non vi dilungate con i
motivi o se non commentate l’epilogo o la storia, sarebbe bello anche solo
sapere il numero del capitolo. Ci conto, eh!
Beh, a
questo punto, con mio grande dispiacere, devo concludere quest’ultimo “Angolo
dell’autrice” ç___ç Ancora mille grazie a tutti voi, senza i quali questa
storia non sarebbe andata avanti! Un grosso bacio a tutti… miei angeli!! Alla
prossima!!!
La vostra
Alchimista <3<3