Ouverture
L’aeroporto
italiano era più o meno come tutti gli altri che aveva visto
fino a quel
momento della sua vita… affollato, caotico e, in un certo
qual modo,
puzzolente… di gente che va e viene e suda e trascina
valigie e piange e ride e
dice addio e/o bentrovato.
Shannon
recuperò la sua valigia dal tapisroulant aspettando
diligentemente il suo turno
e poi seguì Jared verso l’uscita. L’uomo
era a Venezia con il fratello, al
Festival del Cinema per la prima di ‘Mr Nobody’,
l’ultimo film di Jared.
Mentre
i flash
dei fotografi li investivano appena usciti dagli
“Arrivi” del Marco Polo,
Shannon si fermò e cominciò a guardarsi attorno
senza alcun interesse: aveva
seguito il fratello senza volontà, era stato obbligato da
Jared con la minaccia
che in caso contrario non sarebbe andato nemmeno lui, anche se il
contratto con
una major hollywoodiana glielo imponeva.
Un
ricatto
vero e proprio, fatto a fin di bene, e Shannon si era arreso.
Jared
rispondeva sorridendo alle domande dei pochi cronisti presenti, mentre
Shannon
si teneva in disparte, con nessuna voglia che qualcuno gli chiedesse
qualcosa.
Non aveva voglia di parlare del nuovo CD, né di altro, in
realtà, ed era un
bene che passasse quasi inosservato con la barba lunga, il berretto di
lana
calcato in testa e gli occhiali da sole con lenti nere ed impenetrabili.
Dopo
un po’,
cronisti e fotografi si allontanarono e Jared si avviò verso
il taxi, facendo
segno al fratello di seguirlo, cosa che Shannon fece, mettendo le
valigie
dentro il bagagliaio, in silenzio, per poi infilarsi sul sedile
posteriore.
Jared,
non
appena l’auto partì, si schiarì la
voce: “Sei riuscito a dormire un po’ in
aereo?”
“No.”,
la voce
di Shannon superava di poco il rombo del motore.
“Come
ti
senti?”
L’uomo
sbuffò:
“Di merda.”
“Mi
dispiace,
Shan.”
“L’hai
detto
mille volte ormai, lascia perdere, dai…”
“Lo
so ma… non
so cosa dirti…”, tentò di scusarsi
Jared, a bassa voce, quasi contrito.
Il
fratello
fece spallucce: “Non dire niente allora…
perché non c’è un cazzo da
dire… un
giorno… un giorno troverò una risposta, ma
ora… ora non ce l’ho e sto male, non
posso farci nulla.” Shannon si mise a guardare dal
finestrino, scocciato,
sbuffando nuovamente. “Era meglio se me ne rimanevo a
casa… non sono di
compagnia, Jay, mi dispiace…”
Jared
gli mise
una mano sulla spalla, stringendo le dita, cercando di sorridere, di
trovare un
modo per sollevare il fratello: “Ti ho costretto
io… non puoi rimanere chiuso
in casa per sempre… a farti crescere la barba lunga come
babbo natale, a
mangiare schifezze, guardare la TV, impasticcarti, bere e
fumare… Fai peggio…”
Shannon
lo
guardò di sfuggita, scuotendo di lato la testa:
“Non so se faccio peggio o
meglio… ma altro non voglio, non posso e soprattutto non SO
fare, al momento…
non so… non so cosa fare…”
Jared
non ebbe
il coraggio di dire più nulla.
Perché,
si
rese conto, in realtà non c’era più
nulla da dire.
Prese
dei
depliant sul Veneto da una tasca sul sedile davanti a lui e ne
passò qualcuno a
Shannon, tanto per non stare con le mani in mano.
Ma
si accorse
subito di avere sbagliato: suo fratello, sobbalzando di scatto,
cominciò a
fissarne uno e, soprattutto, cominciò a fare quello che non
avrebbe mai dovuto
né voluto.
Ricordare…
|