A
lei, che ha il nome di un fiore.
Io non
posso stare fermo
con le mani nelle mani,
tante cose devo fare
prima che venga
domani...
E se lei già
sta dormendo
io non posso riposare,
farò in modo
che al risveglio
non mi possa
più scordare.
La guardo dormire. Tenera piccola creaturina.
Aggomitolata su se stessa, in posizione fetale, con le piccole manine
congiunte accanto al viso paffuto.
I riccioli rossi le coprono il viso dal colorito pallido.
Quando dorme, sembra ancor di più un tenero angelo sceso dal
cielo ed entrato nella nostra vita. Nella mia vita.
E’ stato un sogno che si è realizzato. Il nostro
sogno d’amore divenuto realtà.
Le abbiamo dato il nome di un fiore. Il fiore più semplice.
Il fiore che illumina il verde dei prati con la sua purezza.
… Margherita.
La mia piccola dorme, e so che si sveglierà solo domani.
E’ una brava signorina di cinque anni. Tenera, dolce,
affettuosa, ma anche vivace e curiosa come tutti gli altri bambini.
La notte è ancora giovane, ma io non posso stare fermo, ho
troppe cose da fare. Probabilmente la passerò quasi del
tutto in bianco, per lavorare. Per scrivere storie che parlano di noi,
dell’affetto di un padre per la sua bambina. Per scrivere
quelle favole che le piacciono tanto, così che io possa
essere ricordato sempre da lei, anche quando non sarà
più così piccina.
Seppure, per me resterà sempre… la mia bambina.
Perché
questa lunga notte
non
sia nera più del nero,
fatti
grande, dolce Luna,
e
riempi il cielo intero...
Solo, nel mio studio, osservo dalla finestra, la notte così
oscura.
Nuvole sembrano nascondere l’astro argenteo che tanto piace
alla mia piccola.
Non riesco a concentrarmi, ho bisogno di quel fascio di luce per
lasciare sprigionare quella fantasia utile a buttare giù le
mie storie, le mie canzoni.
Lo sguardo va alla piccola.
Il suo sonno sembra farsi agitato. Si muove nel letto, la sento gemere
un poco.
Un incubo che tenta di tormentarla?
Vorrei proteggerla anche lì. Vorrei poter entrare nei suoi
sogni e combattere contro quei mostri che possano farle paura.
Lei è il mio tesoro, nessuno deve farle del male. Mai.
So benissimo che un giorno la vita la porterà davanti a
situazioni sgradevoli, ma finché posso, voglio proteggerla.
Poso la penna sul foglio ancor bianco.
Mi alzo, e mi avvicino alla porta-finestra da cui si vede la
città. Quelle luci artificiali non sono così
forti da prendere il posto della luna.
Luna.
La cerco, ma ancora non la trovo.
La invoco.
Luna, dolce luna, vieni fuori. Non lasciarti offuscare da quelle nubi
oscure.
Appari e non permettere all’oscurità di avvolgere
tutto.
Illumina la mia bambina. Sconfiggi i demoni dei suoi sogni.
E dopo qualche minuto, sembra che l’invocazione abbia sortito
l’effetto desiderato.
Eccola. Pallida. Lucente.
Ecco la luna piena, che la mia bambina tanto ama.
Eccola che ora sfiora con i suoi pallidi raggi la pelle della mia
Margherita, rendendola quasi perlacea.
Come per magia, lei sembra tranquillizzarsi.
La osservo. Sorrido. E torno al mio lavoro.
La notte è ancora giovane, ma le ore passano veloci. Ed io
ho un lavoro da finire.
E perché quel suo
sorriso
possa ritornare ancora,
splendi Sole domattina
come non hai fatto
ancora...
« Papone? »
La sua voce è un suono vellutato che mi risveglia.
Come al solito mi sono addormentato col capo chino sulla scrivania,
così perso nel mio racconto.
E’ sempre lei a svegliarmi, con il suo suono dolce come il
miele e trillante come quello di una fata.
Riapro gli occhi e, dinanzi a me, compare il suo viso, raggiante come
il sole che ora brilla in cielo.
« Papone, sveglia, sveglia! C’è il sole!
» squilla ancora, tutta saltellante, mentre con una manina mi
tira la manica della camicia azzurra che indosso dalla sera prima.
« Oh sì, piccola mia. C’è un
bellissimo sole e a te piace tanto vero? »
« Io Amo il Sole! » esclama, mentre i suoi grandi
occhi color dell’erba fresca, sembrano illuminarsi e sulle
sue gote affiorano due adorabili fossette.
« E allora, ora il tuo papone si veste, si lava e poi, dopo
aver mangiato, usciamo in giardino! Così possiamo vedere
meglio il sole, e lasciare che ci riscaldi per bene. »
« Oh
sìììììì!
Voglio il sole, il sole! »
La vedo saltellare e poi tendere le braccine verso di me. Subito la
prendo in braccio e la stringo a me, prima di alzarmi e farla
volteggiare in aria come al solito.
La mia piccola ride. E mi sembra di sentire come il trillo delle
campane a festa.
Mi fermo. La guardo e nei miei occhi color miele si riflettono i suoi
color dell’erba, come quelli di sua madre.
Lei afferra con le sue calde manine il mio volto e mi posa un bacio
sulle labbra.
La mia piccola. Il mio amore.
Se ogni giorno sono felice e affronto la vita con più forza,
è solo perché ho il mio piccolo angelo, che
m’illumina con il suo sorriso e il suo amore.
E per poi
farle cantare
le
canzoni che ha imparato,
io
le costruirò un silenzio
che
nessuno ha mai sentito...
Il getto dell’acqua fresca riesce a svegliarmi meglio. La
lascio scorrere sul mio corpo, socchiudo gli occhi e mi beo di quegli
istanti.
Una volta pulito e vestito, entro in cucina, dove i miei due grandi
amori stanno facendo colazione.
« Papone! »
Ancora la sua vocina trillante, e quel sorriso che mi scioglie
l’anima.
Mi avvicino a mia moglie, così simile alla mia bambina, dai
lunghi capelli ramati e due incantevoli occhi color smeraldo. Le dono
un bacio candido sulle labbra, per poi posarne uno delicato sulla
fronte della mia piccola, che ride come al solito.
« Buongiorno miei splendidi fiori. » mi rivolgo
alle mie “donne” in quel modo, in riferimento ai
loro nomi. Iris e Margherita. Due splendidi fiori, per due splendide
“donne”.
« Papone, oggi cantiamo insieme? » cinguetta la mia
piccola, ampliando i suoi grandi occhi verdi, nel quale spesso mi perdo.
Ovviamente, non posso dirle no.
« Certamente, piccola mia. Ce ne andiamo nel nostro piccolo
angolo di paradiso e ci fai sentire la tua splendida vocina. Va bene?
»
« Sì, papone! » esclama, mentre le gote
le si fanno ancor più rosse. « Vieni anche tu,
mammina? » si rivolge quindi a sua madre, la quale annuisce,
rivolgendole il più dolce dei sorrisi.
Come amo quella donna. Come amo quella bambina.
« Certo, mio piccolo tesoro. Voglio sentire le nuove canzoni
che hai imparato. »
Questa è la mia famiglia. Una famiglia unica.
Conclusa la colazione, ci dirigiamo tutti insieme verso il nostro
piccolo angolo di paradiso. Un giardino nel retro della nostra
abitazione.
So esattamente che lì, i rumori della città poco
distante non riescono ad arrivare, ergo ci sarà il massimo
silenzio, per poter lasciare Margherita libera di cantare le nuove
canzoni che le ho scritto.
Ci sediamo a terra, sul morbido prato, sotto quel sole che ancora ci
riscalda con i suoi caldi raggi.
La piccola indossa un abitino verde che risalta ancor di più
il colore dei suoi occhi. Come una piccola fata si posa a terra, e
attende che io sia pronto.
Iris si accomoda accanto a lei, vestita d’un abito rosso, che
le calza a meraviglia. E’ la donna più bella che
abbia mai incontrato e di cui, sin dal primo istante, mi sono
innamorato.
Prendo la chitarra e la poso sulle gambe, nella posizione migliore per
suonare.
Batto le nocche sulla parte di legno, per darle il ritmo e il via.
Quando è il suo turno, la piccola chiude la manina a pugno,
fingendo di stringere un microfono.
Socchiude appena gli occhi ed eccola sprigionare la sua voce
cristallina e piena d’incanto. Sembra quella delle
principesse Disney. Un suono delicato, che via, via, cresce
d’intensità. È ancora così
piccina, ma riesce a modulare la voce, come se cantasse da sempre.
Io continuo a far vibrare le corde della chitarra, per accompagnarla
con la mia musica, ma è lei la vera regina di quel piccolo
spettacolo.
Lei, la cui voce scalda i cuori.
Lei che ascolterei per ore e ore.
Mentre canta, sembra quasi che ogni altro suono, naturale o
artificiale, scompaia. Rimane il silenzio più totale, il
quale è rotto solo dalla sua voce e dal suono del mio
strumento.
Iris l’ascolta e sorride beata. E’ felice.
Felice, come lo sono io.
Sveglierò tutti gli
amanti
parlerò per
ore ed ore,
abbracciamoci
più forte
perché
lei vuole l'amore.
Come in tutte le famiglie, sfortunatamente possono esserci litigi tra
moglie e marito.
Iris ed io abbiamo sempre cercato di non farlo di fronte alla nostra
piccola, ma purtroppo lei quel giorno ci scopre.
I nostri litigi sono sempre stati causati da motivi futili, come quella
volta.
La mia piccola resta immobile sulla soglia della cucina, dove ci
eravamo rintanati per non farci sentire, ma a quanto pare non
è poi così stupida. Anzi, ha una grande
intelligenza per una bambina di soli cinque anni.
Ci guarda con due occhi pieni di lacrime, le manine che si congiungono.
Sembra impaurita. Mi fermo, seguito a mia volta da Iris, ed entrambi le
volgiamo il nostro sguardo.
Non possiamo vederla piangere.
Lei non deve soffrire, né vedere i suoi genitori non andare
d’accordo, anche se per motivi non gravi.
« Mammina, papone, pecché litigate? » ci
chiede con una vocina tale da struggermi dentro. Sembra quasi tremare,
forse per le lacrime che minacciano di uscire da un momento
all’altro, dai suoi splendidi occhi.
« Piccina mia, non stiamo litigando. La mamma e il
papà stavano solo parlando, forse a voce troppo alta, e mi
spiace averti disturbato mentre guardavi i tuoi adorati cartoni.
»
La piccola mi guarda, come non credendo alle mie parole. A volte, se
guardi attentamente negli occhi di un bambino, rischi di vedere
qualcosa di adulto. Come se quelle creature piene di purezza, capiscano
tutto, sin dalla più tenera età.
« Mammina, è davvelo così? »
chiede ancora. Un fremito di nuovo nella sua voce. Una piccola
lacrimuccia le scorre sulla guancia destra.
Iris si avvicina a lei, si abbassa in modo tale da essere
più o meno alla sua altezza.
« Sì, tesoro mio. Stavamo parlando. A volte i
grandi non si accorgono di parlare a voce troppo alta, e
così sembra che stavamo… litigando. Ma
così non è. Quindi, non piangere, e anzi, ora
andiamo tutti insieme a vedere un cartone splendido, pieno di colori!
»
Con l’indice della mano destra, le asciuga quella lacrima
ribelle che si è permessa di scendere sul volto della nostra
bambina.
Io mi avvicino alle mie piccole donne e poso una mano sulla spalla di
mia moglie, per poi sorridere alla mia piccola.
« Sì, ora andiamo tutti insieme a guardare il
cartone, e poi il tuo papone scriverà la storia
più bella e ti farà una sorpresa. »
A quelle mie parole, il volto della mia piccola s’illumina.
Un sorriso, seguito da due adorabili fossette sulle guance, occupano il
posto della tristezza e delle lacrime.
« Una soppesa? » quasi trilla. Ecco il tono che
adoro sentire. Torna a saltellare sul posto, mentre mi guarda con
quegli splendidi occhi dove ora brilla una luce.
« Che soppesa papone? Mi fai un regalo gande, gande, gande?
» mi chiede, euforica.
« Una sorpresa non si dice, altrimenti non è
più una sorpresa. » commento, portando una mano a
scompigliarle i riccioli rossi.
Lei mette un tenero broncio, ma poi annuisce.
« Va beeene! »
Si butta tra le braccia della sua mamma e poi con una manina mi cerca.
La nostra famiglia si stringe in un unico, grande, amorevole abbraccio,
che dura diversi, magici minuti.
Poco dopo, le sue piccole manine vanno a cercare le nostre, la mia e
quella di mia moglie.
Si mette in mezzo a noi e insieme sprofondiamo sul divano, ridendo nel
vedere il cartone pieno di colori, tanto amato da Margherita.
Il litigio ha fine. Lei vuole l’amore, ed è quello
che noi due amanti, possiamo offrirle.
Poi
corriamo per le strade
e
mettiamoci a ballare,
perché
lei vuole la gioia,
perché
lei odia il rancore,
poi
con secchi di vernice
coloriamo
tutti i muri,
case,
vicoli e palazzi,
perché
lei ama i colori,
raccogliamo
tutti i fiori,
che
può darci Primavera,
costruiamole
una culla,
per
amarci quando è sera
Poi
saliamo su nel cielo
e
prendiamole una stella,
perché
Margherita è buona,
perché
Margherita è bella,
perché
Margherita è dolce,
perché
Margherita è vera,
perché
Margherita ama,
e
lo fa una notte intera..
« Ho intenzione di mettere su uno spettacolino per la nostra
piccola. » mormoro a mia moglie, mentre restiamo sdraiati,
abbracciati, sul letto, dopo una notte d’amore. Sfioro con
delicatezza i suoi capelli ramati, ascoltando il suo respiro sul mio
petto nudo.
« Che genere di spettacolino vuoi fare? » mi
chiede, sollevando lo sguardo a incontrare il mio, curiosa.
« E’ un po’ particolare. Vorrei metterci
dentro tutto ciò che la piccina ama, e farla ridere. Adoro
sentire il suono soave della sua voce. Fiori, colori, un mondo
primaverile, il tutto condito con un tocco di magia. » i miei
occhi brillano, mentre Iris ride divertita.
« A volte ho l’impressione che tu ami troppo quella
bambina, anche più di me. » assume un buffo
broncio, ma so perfettamente che finge. La bacio sulle labbra, per poi
sorridere con lei.
« E’ bella e dolce come la sua mamma, ed io devo
riuscire a far star bene e ridere le mie due stupende principesse.
» so perfettamente che con quelle parole, Iris si scioglie
sempre. Il fascino dell’uomo romantico e sincero.
« Adulatore! Ma hai il mio appoggio e, se vuoi, posso
aiutarti. » commenta infine la mia amata, quando la voce
della nostra piccola ci fa voltare verso la porta.
Ed eccola lì, il mio piccolo sole tutto sorridente.
« Mammina, Papone! » esclama con quella vocina da
fatina, per poi correre verso di noi e buttarsi sopra al letto, pronta
ad accogliere le nostre coccole e a donarcene. « Oggi che
facciamo? » ci domanda, alternando quei grandi occhioni verdi
tra di noi.
« Oggi c’è una sorpresa per la nostra
piccolina. Ma, deve comportarsi bene, e attendere che sia pronta!
» rispondo, mentre noto l’espressione della
piccola: il sorriso si estende da un orecchio all’altro e gli
occhi s’illuminano di colpo.
« oh, sì sì! Io sono brava, brava!
Così il mio papone mi fa la soppesa! » ribatte,
per poi stamparmi un bacio dei suoi sulla guancia destra.
« Ora però vieni con la mamma, andiamo a fare
colazione! » le dice Iris, prima di prenderla in braccio, e
dirigersi con lei verso la cucina.
Guardo le mie due donne avviarsi, e poi è il mio turno di
alzarmi. Oggi mi aspetta una grande giornata.
Subito dopo la doccia e la colazione, mi
dirigo nel piccolo locale dove solitamente lavoro e realizzo delle
piccole scenette teatrali soprattutto per i bambini e i ragazzi. Ma
questa volta, più che un lavoro è un piccolo
piacere che mi riservo per un’unica persona, la mia piccola.
Arrivato nel locale, mi dirigo verso il palchetto di legno, dove
rappresento le storie frutto della mia fantasia. Inizio a disegnare
quello che potrebbe essere uno sfondo adatto: case, vicoli, palazzi,
muri… un po’ una piccola città.
Quando ecco che arriva Iris, in jeans e semplice maglia a maniche
corte, con una fascia a trattenerle i lunghi capelli.
« Eccomi qui, capo. Dimmi quello che devo fare! »
esclama, facendo un gesto da soldato, come pronta ad aspettare i miei
ordini.
« Dovresti raccogliere per me, quanti più fiori
puoi. Voglio colorare un poco questo luogo spento, ma…
Margherita? »
« Tranquillo, l’ho lasciata dai vicini, fino a
quando non sarà tutto pronto. » mi fa
l’occhiolino, per tranquillizzarmi. Io sorrido. «
Vado e torno! » è sempre così allegra
ed efficiente la mia Iris, siamo così in sintonia.
Dopo che lei se n’è andata, giungono altri
ragazzi, chiamati apposta per il piccolo evento che voglio mettere su.
Li accolgo con un sorriso raggiante, spiegando loro tutto
ciò che occorre, per rendere la serata magica come
non mai.
Una volta fatto ciò, riprendo quindi a disegnare, fino al
ritorno di Iris, avvolta da fiori di tutti i colori, mancano
solo… le margherite, ma dopotutto, il fiore più
bello sarebbe arrivato durante la serata.
Iniziamo a sistemare i fiori tutt’intorno al palchetto, per
poi affiggere i miei disegni, come sfondo. Il resto sarebbe stato
rappresentato quella sera stessa.
« Non ho ben capito qual è la tua idea, ma mi fido
del tuo estro e della tua fantasia. » mi confida Iris,
completato il nostro lavoro.
« Fidati di me, e vedrai che la nostra bambina
sarà felice. »
Torniamo entrambi a casa, per prepararci al meglio per la serata; prima
di tornare a casa, tuttavia, prendiamo Margherita dai nostri vicini e
la vestiamo con un abito bianco e giallo. Come il fiore più
bello.
« Dove andiamo ? » ci domanda, ponendo un ditino
sulle piccole labbra scarlatte.
« E’ tutto una sorpresa e non si può
dire nulla! » rispondo, gentile, mentre la piccola annuisce,
seppur poco convinta.
Ci ritroviamo in poco tempo di nuovo al locale e, mentre Iris tiene la
bambina ancora fuori, io m’intrufolo all’interno,
per andare sopra al palchetto. Lascio entrare le due donne, che
incedono con qualche difficoltà nel buio, ma
all’improvviso si accendono le luci, abbagliando per un
attimo la mia piccola, che si strofina gli occhi con le manine.
Quando torna a riaprirli, osserva sorpresa il palco e il suo
papà, ora vestito con una mantella
scura, come un vero e proprio mago.
« ooooh! » non riesce a esprimersi troppo la
piccina, ma batte le manine, entusiasta. « papone fai le
magiiie! » esclama ancora.
« Benvenuta piccola dolce spettatrice, ti prego di sedere per
assistere a uno spettacolo di pura magia! » esordisco, per
poi fare un piccolo inchino, mentre Iris e Margherita si siedono sulle
due sedie poste proprio davanti al palco, appositamente per loro. Le
mie uniche, splendide, spettatrici.
E così do l’avvio al mio spettacolo.
« Quello che stasera mostreremo è uno spettacolo
tutto dedicato a un’unica bambina: buona, dolce, vera e
amorevole. C’è una qualche bambina che qui ha
tutte queste caratteristiche? » domando, per poi posare gli
occhi sulla piccola, che subito si alza in piedi, saltellando.
« Io ! io ! »
« Ebbene sì, mio piccolo fiore. Preparati,
poiché questo spettacolo è solo per te.
» uno schiocco di dita e le luci tornano ad abbassarsi. La
piccola si ferma, aggrappandosi con le manine alla sua mamma, come
spaventata dal buio improvviso. Vengono accese delle luci che
illuminano solo il palco, per far vedere meglio la scena. Io mi pongo
in un lato, voce narrante dello spettacolo che tra qualche minuto ha
veramente inizio.
« Questa è la storia di una piccola bambina da
morbidi riccioli rossi e due occhi color delle foglie. Pallida di
carnagione, ma dal sorriso così luminoso che sembra di
vedere il sole. Lei ha il nome di un fiore: non il più
nobile, né quello più elegante; bensì
il fiore più semplice e delicato di tutti: la Margherita.
» mi fermo un attimo, soffermando lo sguardo sulla piccola e
sulle sue gote che si fanno rosse. Ma tace attenta spettatrice.
« La piccola ha pochi anni, ma si vede già il suo
amore per la vita. Le piace molto danzare e… allora
chiamiamo i violini, le arpe e pianoforti per allietare con le loro
note, questa serata. »
Al culmine del mio discorso, un mio “assistente”
lascia partire la musica ed ecco che sul palco giungono diverse coppie
di ragazzi, con costumi a forma di strumenti musicali, che prendono a
danzare, seguendo il ritmo dapprima delicato e poi sempre
più vivace della musica.
Margherita li guarda estasiata, mentre muove le gambine, sotto quel
vestito chiaro, con la voglia assurda di muoversi anche lei. Inizia a
battere le manine a ritmo, quando un ragazzo più piccino si
presenta davanti a lei e le s’inchina davanti, tendendole la
mano, come per invitarla a ballare. La piccola guarda la mamma, come
chiedendo il permesso e, al suo consenso, stringe la mano del giovane,
salendo insieme sul palco e iniziando a danzare. Nel salone uno scoppio
di risa si espande, allietando i cuori. Le risa di quel piccolo fiore,
pieno di gioia.
Li lascio ballare, fino al termine della musica. Lei, stanca ma felice,
sta per tornare al suo posto, ma i ragazzi, sotto mio ordine, la
trattengono sul palco.
« La piccola Margherita non ama solo danzare, ma adora i
colori e i fiori di ogni tipo! Lasciamo che la magia abbia inizio e
voi, strumenti musicali, permettetele di sorridere ancora! Che i colori
e i fiori siano presi, e il divertimento abbia inizio! » la
mia voce si fa più potente, prima di spegnersi di nuovo. Ora
è il turno nuovamente di quei ragazzi adorabili, che mi
aiutano a far divertire la mia bambina.
Tutti prendono dei secchi di vernice e dei pennelli, iniziando a
dipingere quel paesaggio sullo sfondo che io avevo solo disegnato e che
appariva troppo spento. Bianco e nero non sono allegri per una bambina.
Il giovane di prima dà un pennellino anche a lei, che tutta
contenta lo intinge in un bel giallo e inizia a dipingere una casa e
via, via, quello che era solo un disegno in bianco e nero, si trasforma
in uno sfondo pieno di colori che si amalgamano insieme, fino a creare
uno spettacolo forse assurdo, ma al contempo magico.
« Oh, oh! Così mi spocchi! » la sento
dire, a una delle ragazze, che la stuzzica, colorandole il nasino di
rosso. E poi inizia il divertimento totale. Tutti iniziano a giocare
tra loro, dipingendosi a vicenda e risate di ogni genere si spandono
nell’aria.
Altri ragazzi colgono alcuni fiori e li pongono nei capelli della
piccola che sorride entusiasta, volendo farlo anche lei con gli altri.
Inizia poi a volteggiare su se stessa, nel pieno
dell’allegria, ma sta di nuovo a me prendere parola.
« La musica e i colori hanno contribuito a far ridere la
piccola, ma manca ancora un ultimo tocco per completare la serata. Che
sia raccolta per lei la stella più luminosa del cielo e le
sia fatta in dono. »
Il solito ragazzino fa quello che ho richiesto: sullo sfondo, in quello
che doveva essere un cielo, ora pieno di colori,
c’è una stella di stoffa. La prende tra le sue
mani e si avvicina alla piccola, che lo guarda con due occhi pieni di
luce. Le fa un inchino, al quale lei risponde, divertita; poi le dona
la stella.
« A lei che ha il nome di un fiore viene donata la stella
più luminosa del cielo. » la mia voce risuona
calma, vellutata.
La piccola la prende tra le sue mani, ringraziando il ragazzo,
timidamente. La gira tra le sue mani paffute e poi sorride.
E’ felice, come non mai. Mi vengono gli occhi lucidi nel
vederla così, probabilmente sono solo uno sciocco
sentimentalista e sensibile.
« La magia e la nostra festa hanno qui fine. Il piccolo
fiorellino ora deve dormire, che sia portata per lei una culla, dove
possa riposare, stretta alla sua stella, ai suoi fiori, ai suoi colori.
» la voce narrante si spegne, mentre sul palco è
portata una sorta di culla più grande, per una bambina della
sua età. La piccola si lascia porre all’interno e,
sorridendo, ormai stanca per quella serie di emozioni, si addormenta.
Lo spettacolo ha fine. Mi avvicino, dunque, ai ragazzi:
« Vi ringrazio di cuore miei cari, siete riusciti a creare
quella magia che avevo sognato. » mi sorridono e, dopo i
saluti, resto solo con la mia piccola addormentata e mia moglie che si
avvicina, sfiorandomi il braccio.
« E’ stato delizioso. Non ho mai visto la nostra
piccola così felice. Sei strepitoso… »
mi guarda sognante, per poi posare un bacio sulle mie labbra. Quella
notte restiamo lì, persi nei nostri sogni, e nel guardare
quel piccolo angelo, dolce, buono e incantevole che giace addormentata
in quella sorta di culla.
Perché Margherita
è un sogno,
perché
Margherita è sale,
perché
Margherita è il vento,
e non sa che
può far male,
perché
Margherita è tutto,
ed è lei la
mia pazzia.
Margherita, Margherita,
Margherita adesso
è mia,
Margherita è
mia...
Forse vi
starete chiedendo come mai faccio tutto ciò.
Forse vi
sembrerò un pazzo, uno sciocco sentimentalista, che si
“abbassa” a fare queste cose per la sua bambina.
Quello che
vi posso dire è che non bisogna mai smettere di sognare e
far morire quel bambino che è dentro di noi. Non
è da sciocchi far ridere la propria bambina o bambino, anche
in questi modi un po’ assurdi.
Basta poco
per farli sorridere. Un po’ di magia, di colori, di fiori, di
musica, di allegria.
Non mi
vergogno di ciò che faccio, perché lei, insieme
alla mia splendida moglie, è tutto ciò che amo.
Lei
è il frutto del nostro amore, un’ulteriore forza
al nostro legame e, magari sì, anche la mia pazzia. Ma non
sempre la pazzia è qualcosa di brutto, tutt’altro!
Lasciarsi
andare un po’ alla follia non fa mai male.
Margherita
è il sogno che si è realizzato. La mia bambina.
Margherita
è il mio fiore, e a lei dedico tutto il mio amore.
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Questa
storia è nata per un concorso indetto da Vogue91, chiamato
"Quando una canzone prende vita".
L'ho
trovato molto interessante, e per questo avevo deciso di partecipare.
Sfortunatamente,
però, sono stata l'unica, e quindi il concorso non ha avuto
vita.
Ciò
nonostante, poichè l'avevo scritta e alla fine mi piace, la
posto ugualmente.
Spero
che vi possa piacere.
Amo
la canzone "Margherita" di Cocciante, e leggendone le parole, mi
è venuto in mente questo rapporto Padre - Figlia.
un
ringraziamento a Vogue91... nonostante il concorso non sia partito (e
francamente mi spiace...).
Se
volete lasciare qualche recensione, non vi mangio. Altrimenti vi
ringrazio anche solo per leggerla :)
ps:
Oltre che la canzone, bisognava inserire nel testo anche due parole. A
me sono state date: Magica e Mantella. Le ho sottolineate, per farle
risaltare un poco nel testo.
E'
tutto!
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