Bentornato a casa. Bentornato da me.
Ok, ok, ok…
ho scritto questa storia così cortina (almeno per i miei standard XD) in un
momento di ispirazione.
Nonostante
tutto, devo dire che ci tengo molto, e mi piacerebbe tantissimo sapere cosa ne
pensate voi,
quiiiiiindi…
i commenti
sono richiestissimi e tutti bene accetti, anche le critiche costruttive!
E
naturalmente ringrazio anche i lettori silenziosi.
Detto
questo, vi lascio.
Buona
lettura!
Bentornato a casa.
Bentornato da me.
“Efestione senza
Alessandro non sarebbe nessuno”
“Alessandro senza
Efestione sarebbe ancor meno”
Dove siamo
finiti, mio Re?
Fino a che
punto ci siamo spinti?
Quanto
ancora ti lascerai inghiottire da questo Oriente di fuoco?
Ti aggiri
inquieto in questa tenda buia, la ferita che ancora sanguina leggermente
macchiando le bianche bende, i tuoi occhi brillano come fari. Quella freccia è
arrivata davvero vicina a toglierti la vita, troppo affinché io potessi non
morire un po’ con te.
Ma a te non
pare interessare: quanto ancora persevererai nella tua follia?
Io mi
confondo con le pareti, osservandoti in silenzio, la tua sofferenza che sento
anche mia. Ti blocchi improvvisamente, mi guardi, ed io ritorno a vivere, la
vita riprende a scorrere dentro di me come linfa. Ti sorrido.
- Vi siete
calmato, mio Re? – chiedo con calma.
Fai un gesto
nervoso – Ho dato tutto a questa gente, tutto,
e ho solo chiesto loro di credere nel mio sogno: cosa c’è di così sbagliato? –
L’ennesimo
malcontento, l’ennesima ribellione dopo l’ultimo massacro avuto nella recente
guerra, ti ha sfiancato più del solito. Con passo sicuro e cadenzato mi siedo
sul letto, guardandoti – La gente ha voglia di tornare a casa, ma il vostro
sogno potrebbe non avere mai fine, e potrebbe costare più di quel che vale –
- Efestione,
tu almeno credi in ciò in cui credo io? –
Taccio
assorto, poi parlo ancora – L’unica cosa di cui sono consapevole è che vi
seguirei fino alla fine del mondo e anche oltre, se fosse necessario. Amo voi,
ma voi ormai siete animato e mosso solo dalla vostra smodata voglia di
immortalità, grandezza e gloria, quindi come potrei non amare questo pazzo
sogno? Questo ideale che vi affannate a rincorrere con la tenacia che vi è peculiare
vi ha rubato l’anima, mio Re, ed io non sono stato capace di impedire che tutto
questo accadesse. Vi ho perso, eppure non posso che adorare questa colpevole follia
quanto una volta amavo il mio Alessandro – mi alzo, passandomi una mano sugli
occhi – I vostri occhi si sono spenti, sono persi a fissare qualcosa cui
tendete continuamente la mano, ma che non riuscirete a raggiungere mai, perché è qualcosa di troppo grande per essere
raggiunto da un uomo soltanto. Tuttavia, se voi volete continuare a crederci,
sappiate che sono disposto a morire per inseguire la vostra causa. Questo è
tutto ciò che posso dirvi –
Faccio il
saluto di rito, mi accingo ad andare
via, ma la tua mano mi impedisce di varcare la soglia di questa tenda sperduta
in lande troppo lontane e troppo desolate.
- C’è
amarezza nelle tue parole, Efestione –
- Non oserei
mai, sire. Tutto ciò che alberga fra queste vane frasi è solo malinconia di un
ingenuità che abbiamo entrambi perduto forse troppo presto –
- Sono
ancora qui – mormori – Sono ancora il tuo Alexàndros, quello che appartiene a
te e te soltanto –
Chiudo gli
occhi, poi sospiro – Il mio Xàndros si è perso nelle steppe tanto, tanto tempo
fa. Adesso tutto ciò che mi resta è un sire da onorare con tutto me stesso: un
Re che non ha bisogno di me per vivere, ma di qualcosa in cui credere, una luce
da seguire –
Così lascio la
tenda, il tuo silenzio che pesa sul mio cuore più di mille parole.
La mattina
arriva troppo presto per il mio corpo stanco: anche io sono stato ferito, e la
mia gamba protesta a gran voce quando le impongo di sostenere il mio peso e di
farlo con fierezza. Non sono mai stato uno a cui piacesse farsi vedere
tentennante o debole: in questo ci assomigliamo, vero Alexàndros?
Improvvisamente
mi accorgo che qualcosa di diverso anima l’accampamento, una sottile tensione
colora i discorsi di ognuno. Tolomeo mi si avvicina, facendomi un cenno verso
il podio che costituisce il cuore di questa piccola cittadella mobile.
- Pare che
il Re abbia annunciato un discorso al popolo per stamattina – mi informa – Dopo
l’ultima ribellione dell’altro giorno, sarebbe meglio che non si esponesse così
tanto –
Il mio volto
diventa di ghiaccio – Lui è il Re, questa gente è obbligata a portargli
rispetto – dico seccamente, e lo vedo diventare un po’ più pallido – Qualunque,
anche minimo, attentato alla vita del sire verrà punito con la morte istantanea.
Non è il Re a doversi sottomettere ai capricci del suo popolo – continuo.
Mi congedo
in fretta, irritato da questo improvviso malcontento che si è scatenato nei
confronti di Alessandro: è vero, forse il suo sogno sta trascinando tutti al
limite, ma non posso che dargli ragione quando afferma che ha donato a questi
popoli tutto se stesso, persino il
sangue di cui macchia la terra quando si scaglia tra i nemici, sempre in prima
linea, sempre accanto ai suoi soldati. Quindi che diritto hanno, adesso, queste
genti, di ferirlo così? Stringo i pugni, immobile nella mia posa statica,
imperturbabile all’esterno, ribollente d’ira e indignazione dentro. La folla si
riunisce lentamente attorno al palco di legno, in attesa che il Re si faccia
vedere, splendido come sempre. Un tiepido applauso saluta la sua comparsa,
quasi divino in quella veste che lo cinge alla perfezione, richiamando i
riflessi dorati che il sole accende fra i suoi capelli dorati.
Folle,
sconsiderato, visionario burattinaio di milioni di vite, pare un bambino che si
diverta a giocare con dei soldatini, senza sapere, o forse senza tenere conto
del fatto che quegli inermi pezzi di legno che egli rigira fra le dita sono
persone vere, con alle spalle delle famiglie, delle storie.
Mio Re, sai
tutto questo? Lo sai, eppure scegli di non dare ad ogni vita il giusto valore
che le spetta?
Che Tiranno
crudele e spietato sei diventato, mio Re?
Fino a dove
ti spingerai?
Fino a dove ci spingerai?
L’applauso
si spegne, il silenzio regna a lungo, il tempo che ti occorre per fermare il
tuo sguardo sul viso di ognuno per qualche secondo. I tuoi occhi, infine, si
scontrano con la mia figura, con il mio volto: non mi lasci andare, mi fissi a
lungo, e continui a farlo anche mentre spezzi il prolungato silenzio.
- Torniamo a
casa –
Poche,
pochissime parole. All’inizio tutti si guardano attoniti, indecisi se credere o
no a quelle parole tanto improvvise quanto sperate, poi, lentamente, le
acclamazioni riempiono l’aria, tutti cominciano ad osannarti, a rivolgerti le
migliori parole. Ma tu non sembri avvertire quelle grida, continui a guardarmi,
ed io, che fino ad allora sono rimasto impassibile ed immobile, mi apro in un
sorriso.
E so che l’hai
fatto per me.
E so che l’hai
fatto per dimostrarmi che il mio Xàndros non si è perso, ma vive ancora.
La sera
scende ancora una volta, stende il suo velo su una giornata piena di emozioni e
di febbricitante lavoro in previsione del rientro a Babilonia. La gente, di
nuovo piena di energie all’idea di tornare finalmente a casa, ha faticato
ridendo e cantando come non succedeva da anni ormai. Cammino lentamente,
aspirando con forza l’aria frizzante che sferza i miei capelli. Mi avvicino
alla tua tenda e le due guardie che ne sorvegliano l’ingresso non fanno una
piega quando entro senza nemmeno annunciarmi, conoscendo fin troppo bene il
rapporto che c’è tra noi. Non è mai stato un mistero: anche se non l’abbiamo
mai detto ufficialmente, tutti sanno che sono il tuo amante praticamente da
tutta una vita.
L’odore di
cibo mi investe immediatamente, così come il sentore di un profumo che non è il
tuo. Sento il cuore farsi immediatamente più piccolo: Roxane è stata qui?
Probabilmente si: nonostante da anni lei non riesca a darti l’erede che tu
tanto sogni, non ti arrendi, e continuate a provarci.
Tuttavia,
nonostante il dolore sembri squarciarmi da dentro, conosco fin troppo bene il
mio posto, e non mi azzardo a dire nulla, guardandoti disteso mollemente sopra
le coperte, gli occhi che seguono attentamente ogni mio movimento, quasi tu
fossi il cacciatore ed io la preda. Mi fermo, perfettamente dritto, e ti
guardo.
- Il popolo
ha accolto molto bene la vostra decisione –
Ti alzi con
calma, la vestaglia di seta che si gonfia attorno a te – E tu? Come hai accolto
la notizia? –
Sorrido
appena – Come uno splendido bentornato –
Ridi con
tono basso, poi mi baci appena. Ed anche se le tue labbra possiedono ancora una
vaga reminiscenza del sapore di quelle di Roxane, va bene così, perché ti sento
vicino, e questo mi basta.
- E’ senza
di te che non posso vivere, Efestione. Non me ne faccio niente di un sogno di
gloria, se questo distrugge la persona che amo di più al mondo – mormori.
Ti bacio di
nuovo, e sorrido.
- Bentornato
a casa – sussurro – Alexàndros, mio, mio Alessandro –
- Non me ne
sono mai andato – rispondi – Sono sempre stato qua –
E questa
notte è la più dolce della mia vita.
Alexàndros…
mio Re, amico, amante, fratello, compagno.
Alexàndros: tutta la mia vita.
Colui che,
unico, riuscì ad eguagliare e superare la gloria immortale di Achille.
Alessandro
il Grande. Alessandro Magno.
Ma per me,
per me che l’ho seguito fino ai confini della terra, e che ho potuto vedere la
dolcezza dei suoi occhi e avvertire la delicatezza delle sue mani…
Per me lui
sarà sempre soltanto Xàndros, l’amore della mia vita.
“Cratero è amico del Re,
Efestione è amico di Alessandro”
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